Un ritratto “doppio” alla National Gallery of Art di Washington
Il destino di una donna in un ritratto: la Ginevra de' Benci di Leonardo
Leonardo da Vinci, Ritratto di Ginevra de' Benci, 1474-1478 circa, Olio su pannello, 37 x 42.7 cm, Washington, National Gallery of Art
Samantha De Martin
22/04/2020
“Ritrasse la Ginevra d'Amerigo Benci cosa bellissima" scriveva Giorgio Vasari a proposito di Leonardo. E all’autore delle Vite faceva eco un contemporaneo del Maestro: “la dipinse con una tale perfezione che sembrava non essere un ritratto ma Ginevra stessa".
Ed in effetti l’olio su tavola conservato oggi alla National Gallery of Art di Washington, a distanza di oltre 500 anni, non solo sembra restituirci il respiro della giovane figlia del ricco banchiere, forse amico del padre di Leonardo, andata in sposa nel 1474 a Luigi di Bernardo di Lapo Nicolini. Ma, attraverso un espediente geniale, che solo un Maestro come Leonardo da Vinci avrebbe saputo realizzare, si porta dentro la triste vicenda di una ragazza costretta a sposare un uomo che non amava, di 15 anni più grande di lei.
Leonardo ha appena 22 anni quando realizza il suo primo ritratto: un volto pensoso, concentrato, dall’epidermide levigatissima, e con l’effetto del controluce che viene da dietro, restituendo quella perfezione che trova un collegamento con l’arte fiamminga arrivata in Italia, a Firenze e a Ferrara, soprattutto con van Eyck.
Lorenzo il Magnifico ricordava Ginevra come una delle donne più colte nella Firenze del tempo. Le fronde verdi del ginepro, poste dal pittore proprio alle spalle della donna, e che alludono al suo nome per paronomasia, rafforzano l’identità della ragazza. Le folte fronde sembrano accarezzarle i capelli, raccolti sulla nuca lasciando liberi i ricci incorniciati sulla fronte, a comporre un’acconciatura in voga nella Firenze del Quattrocento.
Come a volersi distaccare dalla tradizione dei ritratti dell’alta borghesia, la donna, immortalata in uno spazio aperto e non tra le mura di famiglia com’era consuetudine, non ostenta accessori o gioielli.
Una pelle perfetta ne descrive piuttosto i tratti bianchissimi, come di porcellana, le cui delicate sfumature risentono del tocco diretto dei polpastrelli. Un’espressione impenetrabile su un volto irrigidito nella sua malinconica lontananza, riflette la raffinatezza e l’educazione della sedicenne Ginevra de' Benci, ritratta, con una scelta decisamente innovativa per l’epoca, a mezzo busto di tre quarti, leggermente rivolta verso destra.
Lo sguardo della donna sfugge all’osservatore, come a volere isolare la ragazza in una sua dimensione privata, distante da chi guarda.
Il busto è stretto in un abito dalla scollatura chiusa da lacci e in una camicia bianca molto sottile. Una sciarpa nera le avvolge il collo per metà, incorniciando petto e spalle.
Leonardo da Vinci, Studio di mani, Royal Library, Castello di Windsor
Un ritratto...senza mani
La tavola venne decurtata di almeno un terzo nella parte inferiore. Non sappiamo quando sia avvenuto il taglio, ma probabilmente l’espediente dovette servire per eliminare le mani che forse erano danneggiate. Stando ad alcune testimonianze dell’epoca, le mani - che possiamo tuttavia immaginare attraverso un disegno conservato nella Royal Library del Castello di Windsor - dovevano assomigliare, nella posa, a quelle della Dama col mazzolino di Verrocchio o della stessa Gioconda.
Cosa si intravede sullo sfondo?
Alle spalle della donna, in lontananza, si spalanca un paesaggio puntellato di elementi cari al pittore: uno specchio d'acqua limpidissimo accompagna lo sguardo verso campanili e torri appuntite, fino a fonderlo con le montagne.
I toni azzurrini obbediscono alle regole della prospettiva aerea.
Cosa si cela sul retro del dipinto?
Ginevra era nota per aver avuto diversi ammiratori. Tra questi Bernardo Bembo, l'ambasciatore della Serenissima a Firenze. Tra i due ci sarebbe stato anche uno scambio di poesie. Potrebbe essere stato lui a commissionare il ritratto della donna, forse per celebrare l'oggetto della sua stima. Ma in merito non abbiamo molte notizie.
Le indagini ai raggi infrarossi svolte sulla parte posteriore del dipinto hanno infatti contribuito a dare una nuova credibilità al ruolo svolto da Bernardo. Innanzitutto, osservando il retro del quadro, notiamo un ramoscello di ginepro posto al centro di una corona formata da un ramo di alloro e da uno di palma, quasi a suggerire l’idea della bellezza, delle virtù morali, ma anche delle inclinazioni artistiche e letterarie della ragazza. Un cartiglio con sopra l’iscrizione "virtutem forma decorat" lega i tre rami tra loro.
Leonardo ci pone dinnanzi a un ritratto doppio, nel senso che la sua opera funge anche da ritratto interiore della protagonista. Esami ai raggi infrarossi condotti dalla National Gallery di Washington hanno poi scoperto un’altra frase: “virtus et honor”, il motto di Bembo, che aveva nello stemma nobiliare proprio la ghirlanda.
Anagrammando il motto "virtutem forma decorat", come in una “macchina alfabetica”, la ricercatrice Carla Glori ha scoperto 50 frasi in latino a firma del genio di Vinci, che, tutte insieme, raccontano la storia di Ginevra. Una ragazza virtuosa, casta e oppressa, innamorata dell’ambasciatore veneziano Bernardo Bembo, ma costretta al matrimonio con un uomo odiato, più grande di lei di 15 anni.
La chiave per risolvere l’anagramma è stata l’aggiunta al motto “virtutem forma decorat” la parola “iuniperus” e cioè il rametto di ginepro che compare al centro, simbolo di purezza. Il testo latino riflette l'angoscia dinnanzi allo spettro di quel "letto nuziale" trasformato in un "letto di morte", permeato da un senso di moralità e ribellione.
Il testo ottenuto dalla studiosa collegando tutti insieme gli anagrammi coincide con la storia documentata di Ginevra alla data del 1474, quando il notaio Simone Grazzini da Staggia stipulava a Firenze il contratto matrimoniale con Luigi di Bernardo Niccolini, datato 15 gennaio 1473.
Chi ha commissionato l’opera?
Alla luce di quanto detto è probabile che il ritratto sia stato commissionato da Bernardo Bembo. Ma a richiederlo a Leonardo, in occasione delle nozze della giovane, potrebbe essere stato anche il padre della sposa. Comunque sia, quello che è certo è che l’opera fu eseguita anche in virtù del rapporto di amicizia che legava Leonardo alla famiglia Benci. Anche il dipinto di San Giovanni Battista, attualmente esposto al Louvre, fu commissionato da un membro di questa famiglia.
Il Ritratto di Ginevra de’ Benci è l’unico dipinto di Leonardo negli Stati Uniti. Dal Palazzo de’ Benci l'opera lasciò Firenze per entrare, prima del 1733, nelle collezioni dei Principi del Liechtenstein a Vienna. Trasferita a Vaduz, come testimoniato da un sigillo in cera rossa sul retro con le armi del Liechtenstein, fu acquistata il 10 febbraio 1967 dalla National Gallery of Art di Washington che comprò il quadro dal principe Francesco Giuseppe II del Liechtenstein per oltre cinque milioni di dollari. Un record assoluto per quei tempi. Ma si trattava di Leonardo, il genio senza tempo.
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Ed in effetti l’olio su tavola conservato oggi alla National Gallery of Art di Washington, a distanza di oltre 500 anni, non solo sembra restituirci il respiro della giovane figlia del ricco banchiere, forse amico del padre di Leonardo, andata in sposa nel 1474 a Luigi di Bernardo di Lapo Nicolini. Ma, attraverso un espediente geniale, che solo un Maestro come Leonardo da Vinci avrebbe saputo realizzare, si porta dentro la triste vicenda di una ragazza costretta a sposare un uomo che non amava, di 15 anni più grande di lei.
Leonardo ha appena 22 anni quando realizza il suo primo ritratto: un volto pensoso, concentrato, dall’epidermide levigatissima, e con l’effetto del controluce che viene da dietro, restituendo quella perfezione che trova un collegamento con l’arte fiamminga arrivata in Italia, a Firenze e a Ferrara, soprattutto con van Eyck.
Lorenzo il Magnifico ricordava Ginevra come una delle donne più colte nella Firenze del tempo. Le fronde verdi del ginepro, poste dal pittore proprio alle spalle della donna, e che alludono al suo nome per paronomasia, rafforzano l’identità della ragazza. Le folte fronde sembrano accarezzarle i capelli, raccolti sulla nuca lasciando liberi i ricci incorniciati sulla fronte, a comporre un’acconciatura in voga nella Firenze del Quattrocento.
Come a volersi distaccare dalla tradizione dei ritratti dell’alta borghesia, la donna, immortalata in uno spazio aperto e non tra le mura di famiglia com’era consuetudine, non ostenta accessori o gioielli.
Una pelle perfetta ne descrive piuttosto i tratti bianchissimi, come di porcellana, le cui delicate sfumature risentono del tocco diretto dei polpastrelli. Un’espressione impenetrabile su un volto irrigidito nella sua malinconica lontananza, riflette la raffinatezza e l’educazione della sedicenne Ginevra de' Benci, ritratta, con una scelta decisamente innovativa per l’epoca, a mezzo busto di tre quarti, leggermente rivolta verso destra.
Lo sguardo della donna sfugge all’osservatore, come a volere isolare la ragazza in una sua dimensione privata, distante da chi guarda.
Il busto è stretto in un abito dalla scollatura chiusa da lacci e in una camicia bianca molto sottile. Una sciarpa nera le avvolge il collo per metà, incorniciando petto e spalle.
Leonardo da Vinci, Studio di mani, Royal Library, Castello di Windsor
Un ritratto...senza mani
La tavola venne decurtata di almeno un terzo nella parte inferiore. Non sappiamo quando sia avvenuto il taglio, ma probabilmente l’espediente dovette servire per eliminare le mani che forse erano danneggiate. Stando ad alcune testimonianze dell’epoca, le mani - che possiamo tuttavia immaginare attraverso un disegno conservato nella Royal Library del Castello di Windsor - dovevano assomigliare, nella posa, a quelle della Dama col mazzolino di Verrocchio o della stessa Gioconda.
Cosa si intravede sullo sfondo?
Alle spalle della donna, in lontananza, si spalanca un paesaggio puntellato di elementi cari al pittore: uno specchio d'acqua limpidissimo accompagna lo sguardo verso campanili e torri appuntite, fino a fonderlo con le montagne.
I toni azzurrini obbediscono alle regole della prospettiva aerea.
Cosa si cela sul retro del dipinto?
Ginevra era nota per aver avuto diversi ammiratori. Tra questi Bernardo Bembo, l'ambasciatore della Serenissima a Firenze. Tra i due ci sarebbe stato anche uno scambio di poesie. Potrebbe essere stato lui a commissionare il ritratto della donna, forse per celebrare l'oggetto della sua stima. Ma in merito non abbiamo molte notizie.
Le indagini ai raggi infrarossi svolte sulla parte posteriore del dipinto hanno infatti contribuito a dare una nuova credibilità al ruolo svolto da Bernardo. Innanzitutto, osservando il retro del quadro, notiamo un ramoscello di ginepro posto al centro di una corona formata da un ramo di alloro e da uno di palma, quasi a suggerire l’idea della bellezza, delle virtù morali, ma anche delle inclinazioni artistiche e letterarie della ragazza. Un cartiglio con sopra l’iscrizione "virtutem forma decorat" lega i tre rami tra loro.
Leonardo ci pone dinnanzi a un ritratto doppio, nel senso che la sua opera funge anche da ritratto interiore della protagonista. Esami ai raggi infrarossi condotti dalla National Gallery di Washington hanno poi scoperto un’altra frase: “virtus et honor”, il motto di Bembo, che aveva nello stemma nobiliare proprio la ghirlanda.
Anagrammando il motto "virtutem forma decorat", come in una “macchina alfabetica”, la ricercatrice Carla Glori ha scoperto 50 frasi in latino a firma del genio di Vinci, che, tutte insieme, raccontano la storia di Ginevra. Una ragazza virtuosa, casta e oppressa, innamorata dell’ambasciatore veneziano Bernardo Bembo, ma costretta al matrimonio con un uomo odiato, più grande di lei di 15 anni.
La chiave per risolvere l’anagramma è stata l’aggiunta al motto “virtutem forma decorat” la parola “iuniperus” e cioè il rametto di ginepro che compare al centro, simbolo di purezza. Il testo latino riflette l'angoscia dinnanzi allo spettro di quel "letto nuziale" trasformato in un "letto di morte", permeato da un senso di moralità e ribellione.
Il testo ottenuto dalla studiosa collegando tutti insieme gli anagrammi coincide con la storia documentata di Ginevra alla data del 1474, quando il notaio Simone Grazzini da Staggia stipulava a Firenze il contratto matrimoniale con Luigi di Bernardo Niccolini, datato 15 gennaio 1473.
Chi ha commissionato l’opera?
Alla luce di quanto detto è probabile che il ritratto sia stato commissionato da Bernardo Bembo. Ma a richiederlo a Leonardo, in occasione delle nozze della giovane, potrebbe essere stato anche il padre della sposa. Comunque sia, quello che è certo è che l’opera fu eseguita anche in virtù del rapporto di amicizia che legava Leonardo alla famiglia Benci. Anche il dipinto di San Giovanni Battista, attualmente esposto al Louvre, fu commissionato da un membro di questa famiglia.
E sempre in casa Benci fu conservata l'Adorazione dei Magi, lasciata incompiuta, dopo la partenza del pittore per Milano.
Un acquisto da recordIl Ritratto di Ginevra de’ Benci è l’unico dipinto di Leonardo negli Stati Uniti. Dal Palazzo de’ Benci l'opera lasciò Firenze per entrare, prima del 1733, nelle collezioni dei Principi del Liechtenstein a Vienna. Trasferita a Vaduz, come testimoniato da un sigillo in cera rossa sul retro con le armi del Liechtenstein, fu acquistata il 10 febbraio 1967 dalla National Gallery of Art di Washington che comprò il quadro dal principe Francesco Giuseppe II del Liechtenstein per oltre cinque milioni di dollari. Un record assoluto per quei tempi. Ma si trattava di Leonardo, il genio senza tempo.
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