Da martedì 9 giugno riprendono le visite
Riapre il Cenacolo di Leonardo, il capolavoro campione di rinascita
Leonardo da Vinci, Ultima Cena, 1494 -1497 circa, Intonaco, pittura a tempera grassa , 460 x 880 cm, Milano, Museo del Cenacolo Vinciano
Francesca Grego
08/06/2020
Quarantena terminata per il Cenacolo di Leonardo da Vinci: domani, martedì 9 giugno, il Refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano riaprirà le sue porte al pubblico. Per l’Ultina Cena il contingentamento degli ingressi non è una novità, ma per questa delicata fase di passaggio si è resa necessaria un’ulteriore riduzione del numero dei visitatori: 5 per volta, contro i 35 di prima, per 15 minuti di meraviglia di fronte al capolavoro del genio rinascimentale. Ridotto per il momento anche l’orario di apertura. Appuntamento dunque tutti i pomeriggi dalle 14.00 alle 18.45, al solito previa prenotazione. Come ha spiegato la direttrice del Polo Museale della Lombardia Emanuela Daffra, si tratta di un percorso sperimentale, a cui “potranno essere proposti dei correttivi una volta valutato l’impatto e la funzionalità”.
Intanto il Cenacolo si prepara a dare il benvenuto a chi non ne ha mai ammirato le bellezze e a chi negli ultimi mesi ne ha avuto nostalgia. Dalla profondità dei suoi 522 anni, è pronto a dispensare suggestioni vecchie e nuove, mettendo all'angolo gli affanni del presente. Che cosa sono infatti tre mesi di lockdown al cospetto di cinque secoli di traversie?
Punto di arrivo delle ricerche di Leonardo in fatto di luci, prospettiva, moti dell’animo e anatomia, il gioiello di Santa Maria delle Grazie iniziò a deteriorarsi subito dopo l’esecuzione. Colpa della tecnica che l’artista e inventore di Vinci decise di sperimentare, avendo notoriamente in odio il collaudato procedimento dell’affresco: una tempera mista su gesso, che gli permise di lavorare come in un dipinto su tavola, ma che non resse alla prova del tempo e all’umidità della parete. Ad appena vent’anni dall’ultima pennellata, dell’opera non restava che “una macchia abbagliata”, come registrò impietosamente Giorgio Vasari.
Ma il capolavoro di Leonardo era destinato a sopravvivere: non lo hanno annientato i restauri maldestri, le truppe di Napoleone che usarono il Refettorio come stalla e bivacco, né i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che nel ’43 polverizzarono il Chiostro dei Morti danneggiando le lunette proprio sopra il dipinto. Quella volta il Cenacolo se la vide brutta: furono erette impalcature per evitare il crollo del muro e si accatastarono sacchi di sabbia per proteggerlo, mentre il vicino cortile era ridotto a un cumulo di macerie.
Dettaglio con l'Apostolo Matteo
Dopo l’intervento del Maestro Mauro Pellicioli nel dopoguerra, nel ’77 iniziò il lavoro di Pinin Brambilla Barcilon, la restauratrice che in 22 anni restituì la vita a quest’opera mirabile e fragilissima. A confronto, dichiarò Madame Pinin al New York Times, l’intervento sulla Cappella Sistina era stato “semplice come lavare un vetro”. In qualche modo il restauro cambiò i connotati del dipinto. Vennero fuori dettagli inediti a memoria d’uomo, coperti nel corso dei secoli da strati di ridipinture. L’Apostolo Matteo, che tutti pensavano essere un anziano barbuto, si rivelò un giovane di bell’aspetto con i riccioli biondi e la bocca carnosa. “L’Ultina Cena è secondo me l’opera più oscura del mondo”, osservò nel 2015 la restauratrice ormai novantenne, in occasione dell’uscita del libro a cui è affidata la sua straordinaria esperienza. Leonardo “ha avuto la straordinaria capacità di ritrarre la natura dell’uomo, ma ha usato una tecnica destinata a scomparire e ciò ha reso ancora più misterioso il suo lavoro”.
Come nel 1999, il Cenacolo torna a respirare sotto i nostri occhi. Rivedremo il teatro dei gesti orchestrato dal genio per mettere in scena il momento più drammatico dell’episodio evangelico, in cui Cristo annuncia il tradimento e gli apostoli reagiscono ognuno a proprio modo. Ci immergeremo ancora una volta in un tempo altro, quello del banchetto che precede Passione e quello del desinare dei frati nel Refettorio che Leonardo, con eccezionale virtuosismo illusionistico, espanse senza soluzione di continuità nello spazio del dipinto. Torneremo a poter avvicinare un’opera che è un’icona universale, una porta socchiusa sul mistero, un alfabeto aperto agli interventi di artisti contemporanei delle provenienze più svariate, da Andy Warhol a Wang Guangyi, da David LaChapelle ad Anish Kapoor. E chissà che non ne venga fuori un’ispirazione nuova, una risposta saggia alle domande del presente.
Vai alla photo gallery:
L'Ultima Cena nell'arte, da Leonardo a Warhol
Le più belle Ultime Cene ispirate al capolavoro di Leonardo.
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Punto di arrivo delle ricerche di Leonardo in fatto di luci, prospettiva, moti dell’animo e anatomia, il gioiello di Santa Maria delle Grazie iniziò a deteriorarsi subito dopo l’esecuzione. Colpa della tecnica che l’artista e inventore di Vinci decise di sperimentare, avendo notoriamente in odio il collaudato procedimento dell’affresco: una tempera mista su gesso, che gli permise di lavorare come in un dipinto su tavola, ma che non resse alla prova del tempo e all’umidità della parete. Ad appena vent’anni dall’ultima pennellata, dell’opera non restava che “una macchia abbagliata”, come registrò impietosamente Giorgio Vasari.
Ma il capolavoro di Leonardo era destinato a sopravvivere: non lo hanno annientato i restauri maldestri, le truppe di Napoleone che usarono il Refettorio come stalla e bivacco, né i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che nel ’43 polverizzarono il Chiostro dei Morti danneggiando le lunette proprio sopra il dipinto. Quella volta il Cenacolo se la vide brutta: furono erette impalcature per evitare il crollo del muro e si accatastarono sacchi di sabbia per proteggerlo, mentre il vicino cortile era ridotto a un cumulo di macerie.
Dettaglio con l'Apostolo Matteo
Dopo l’intervento del Maestro Mauro Pellicioli nel dopoguerra, nel ’77 iniziò il lavoro di Pinin Brambilla Barcilon, la restauratrice che in 22 anni restituì la vita a quest’opera mirabile e fragilissima. A confronto, dichiarò Madame Pinin al New York Times, l’intervento sulla Cappella Sistina era stato “semplice come lavare un vetro”. In qualche modo il restauro cambiò i connotati del dipinto. Vennero fuori dettagli inediti a memoria d’uomo, coperti nel corso dei secoli da strati di ridipinture. L’Apostolo Matteo, che tutti pensavano essere un anziano barbuto, si rivelò un giovane di bell’aspetto con i riccioli biondi e la bocca carnosa. “L’Ultina Cena è secondo me l’opera più oscura del mondo”, osservò nel 2015 la restauratrice ormai novantenne, in occasione dell’uscita del libro a cui è affidata la sua straordinaria esperienza. Leonardo “ha avuto la straordinaria capacità di ritrarre la natura dell’uomo, ma ha usato una tecnica destinata a scomparire e ciò ha reso ancora più misterioso il suo lavoro”.
Come nel 1999, il Cenacolo torna a respirare sotto i nostri occhi. Rivedremo il teatro dei gesti orchestrato dal genio per mettere in scena il momento più drammatico dell’episodio evangelico, in cui Cristo annuncia il tradimento e gli apostoli reagiscono ognuno a proprio modo. Ci immergeremo ancora una volta in un tempo altro, quello del banchetto che precede Passione e quello del desinare dei frati nel Refettorio che Leonardo, con eccezionale virtuosismo illusionistico, espanse senza soluzione di continuità nello spazio del dipinto. Torneremo a poter avvicinare un’opera che è un’icona universale, una porta socchiusa sul mistero, un alfabeto aperto agli interventi di artisti contemporanei delle provenienze più svariate, da Andy Warhol a Wang Guangyi, da David LaChapelle ad Anish Kapoor. E chissà che non ne venga fuori un’ispirazione nuova, una risposta saggia alle domande del presente.
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BIOGRAFIE
Vinci, 1452 - Amboise, 1519Leonardo da Vinci
Biografia Candia, 1541 - Toledo, 1614Dominikos Theotokopoulos
BiografiaCAPOLAVORI
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