La Germania celebra il suo maestro a 250 anni dalla nascita
Caspar David Friedrich, il solitario pittore del Nord che comunicava l’infinito
Caspar David Friedrich, Monk by the Sea © Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie. Photo Andres Kilger
Samantha De Martin
30/04/2024
“Un mistico con il pennello”. Così lo scrittore svedese Per Daniel Amadeus Atterbom incoronava Caspar David Friedrich, il pittore romantico che con i suoi mari in tempesta increspati dal vento, i misteriosi paesaggi nordici, i monaci solitari, avviluppati nella loro solitudine di fronte all'incommensurabilità dell'universo, incantò i posteri e gli intellettuali del suo tempo.
Ad eccezione di qualcuno. Johann Wolfgang von Goethe ne derise qualche volta i dipinti, considerando Friedrich il "nuovo tedesco, religiosamente patriottico".
Eppure fu uno degli artisti più amati di sempre, e ancora oggi la sua massima più conosciuta rapisce pubblici diversi. “Il pittore non dovrebbe dipingere solo ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede dentro di sé. Se dentro di sé non vede nulla, allora eviti anche di dipingere ciò che vede davanti a sé” scriveva.
E a 250 anni dalla nascita la Germania non poteva non celebrare uno dei suoi maestri più celebri con un’agenda fittissima che per tutto il 2024 vedrà oltre 160 eventi e grandi mostre, da Greifswald, città natale del pittore, ad Amburgo, da Berlino - sede di una delle maggiori collezioni al mondo di opere di Friedrich - a Dresda, la “patria elettiva”. Un’occasione perfetta per un viaggio a tema, sulle tracce del maestro romantico.
Caspar David Friedrich, Città al chiaro di luna, 1817, olio su tela, cm 45,8x33. Winterthur, Museum Oskar Reinhart am Stadtgarten
Figlio di Sophie Dorothea Caspar David Friedrich e di Adolf Gottlieb Friedrich, produttore di sapone e venditore ambulante di Greifswald, Friedrich iniziò i suoi studi presso l'insegnante di architettura e disegno dell'Università di Greifswald, Johann Gottfried Quistorp, che lo incoraggiò a coltivare i suoi interessi artistici, nel 1794, presso l'Accademia d'arte di Copenaghen. Dal 1798 visse e lavorò a Dresda, dove morì il 7 maggio 1840.
Il pennello del sublime
Eccentrico e solitario, Friedrich lasciava la sua casa di Dresda solo per fare lunghe passeggiate dopo il tramonto. Il 21 gennaio 1818, alle 6 del mattino, sposò la venticinquenne Caroline Bommer. E sempre nel 1818, durante la loro luna di miele, dipinse Le bianche scogliere di Rügen, considerato uno dei suoi capoalvori più suggestivi. Come attraverso una finestra, la vista si apre sul Mar Baltico e su un cielo luminoso in lontananza. L'occhio segue i velieri che scivolano verso l'orizzonte. Oltre a fare evolvere la concezione classica di paesaggio, trasformandolo in un soggetto autosufficiente, sgomberandolo di folle, viandanti e pattinatori, il pittore di Greifswald, arricchì marine e vedute con il sentimento del sublime attraverso la contemplazione della natura.
Caspar David Friedrich, Le bianche scogliere di Rügen, 1818. Olio su tela. Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart I © SIK-ISEA Zurigo. Foto Philipp Hitz
Guardando le sue straordinarie opere senza tempo siamo ancora oggi chiamati a riconoscerci e immedesimarci nella rückenfigur, la figura ricorrente vista da dietro, assorta nella contemplazione del panorama, assimilando il potenziale sublime della natura che il pennello di Friedrich arricchisce di ideali romantici. Ma a sedurre di più i contemporanei è forse il misticismo religioso del quale sono impregnati molti suoi dipinti, a volte provocatori, come Croce in montagna dove il pittore pone chiesa e natura sul medesimo piano.
Il maestro e l’infinito
Fu nel 1794, all'accademia d'arte di Copenaghen, che Friedrich conobbe per la prima volta quel misticismo che avrebbe influenzato così fortemente le sue opere. Anche se questo dialogo profondo del singolo con l'incommensurabilità dell'universo si fa ancora più travolgente nel suo Monaco in riva al mare, tanto amato da Arthur Schopenhauer che vide in questo quadro la traduzione pittorica del sentimento dell'infinito.
Un enorme cielo che si estende su quasi tutta la superficie dell'immagine si scurisce verso l'orizzonte per fondersi con il blu nero notturno del mare. In fondo all'immagine, come smarrito, un minuscolo essere umano. Secondo Florian Illies sarebbe stato Georg Friedrich Kersting ad aiutare Friedrich nella rappresentazione delle figure nei suoi dipinti. Il pittore era infatti considerato un ritrattista poco talentuoso. È questo il motivo per il quale le figure nei dipinti di Friedrich sono solitamente viste da dietro? Chissà. Quello che è certo è che allo spettatore di oggi piace smarrirsi nei suoi paesaggi stilizzati, tra le atmosfere idilliache o malinconiche. “Chiudi il tuo occhio fisico, al fine di vedere il tuo quadro con l'occhio dello spirito. Poi porta alla luce ciò che hai visto nell'oscurità, affinché la tua visione agisca su altri esseri dall'esterno verso l'interno” esortava il maestro.
Al contrario di quanto si possa immaginare, Friedrich non dipingeva all'aperto, ma nel chiuso del suo studio, attingendo le figure dal ricordo e dall'immaginazione, inquadrandole in strutture rigorose, costruite su simmetrie e contrasti tra elementi orizzontali e verticali. Nonostante il pennello e la sua matita catturassero fedelmente ogni albero, scogliera, montagna o vela spiegata, nelle sue opere il maestro riassemblava liberamente quegli elementi osservati singolarmente. La natura era un'ispirazione più che un modello. Talvolta a stupire di più sono le sue impressioni, comunicate all’osservatore attraverso paesaggi inventati dalla sua immaginazione, come nel caso de Il mare di ghiaccio, un dipinto apocalittico che trasforma il fiume Elba ghiacciato in un mare, con un relitto schiacciato tra lastre di ghiaccio, minacciosamente ammucchiate al centro, una scena che di certo Friedrich non vide che che riuscì a immaginare.
“Il più solitario dei solitari” “Perché, mi son sovente domandato / scegli sì spesso a oggetto di pittura / la morte, la caducità, la tomba? / È perché, per vivere in eterno / bisogna spesso abbandonarsi alla morte” scriveva il pittore, morto a Dresda il 7 maggio nel 1840 in povertà, con la sua reputazione da artista cresciuta e scemata nell’arco di 66 anni di vita.
Tempeste, nebbia, cieli infiniti, ruderi, croci, foreste si affastellano sempre di più sulla tela, specie negli ultimi anni. La morte si fa immagine sotto forma di querce, salici piangenti, barche che si allontanano dalla costa, come è evidente nell'Abbazia nel querceto, dove una processione di monaci, intenti a reggere una bara, si dirige verso il cancello di una chiesa in rovina, in uno scenario di funebre desolazione.
Caspar David Friedrich, Moonrise by the Sea © Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie. Photo Andres Kilger
Mentre negli ultimi vent’anni di vita la reputazione andava scemando, il maestro delle tempeste era sempre più considerato una figura tanto eccentrica quanto malinconica. Gradualmente anche i suoi committenti vennero meno. Nel 1820 viveva come un recluso e i suoi amici lo descrivevano come “il più solitario dei solitari”, travolto da una situazione finanziaria disastrosa, la salute in declino, alle dipendenze dei pochi spiccioli concessi da qualche conoscente. Nel giugno 1835, colpito da un malore, manifestò i primi sintomi di una malattia che lo costrinse a ridurre la sua attività artistica.
Albe e crepuscoli si caricano adesso di uno stile più scuro, più monumentale, più terribile. Innamorato della propria patria, amore che si rifletteva anche nei gusti letterari, che vertevano su poesie anti-napoleoniche di Ernst Moritz Arndt e Theodor Körner, e sugli scritti patriottici di Adam Müller e Heinrich von Kleist, profondamente scosso dalle campagne militari napoleoniche e dalla presenza incombente delle truppe francesi, sognò una Germania unita popolando talvolta le sue tele di figure vestite con abiti tradizionali. Molte sue opere andarono perdute nel corso degli anni.
Il 10 ottobre 1901, ad esempio, la sua casa natale in Lange Strasse 28, a Greifswald, bruciò. Fortunatamente alcuni dipinti lì conservati furono salvati. Diversi lavori andarono perduti durante i bombardamenti alleati su Dresda al tempo della seconda guerra mondiale, mentre oggi per ammirare il suo patrimonio basta addentrarsi nelle affascinanti collezioni dei musei di Amburgo, Dresda e Berlino.
Caspar David Friedrich, Mare al Chiaro di Luna, 1835-1836, olio su tela. Amburgo, Hamburger Kunsthalle
Un artista “riscoperto”
La riscoperta della sua arte avvenne in realtà solo nel 1906 grazie a una mostra a Berlino che presentava dipinti e sculture del periodo dal 1775 al 1875 e comprendeva 32 sue opere. Nel Novecento, Friedrich fu apprezzato dallo storico dell'arte Andreas Aubert e dai poeti surrealisti che valorizzavano i suoi paesaggi visionari e allegorici. Fonte d'ispirazione anche per Max Ernst e René Magritte che nel 1934 omaggiò il pittore di Greifswald con la sua opera La condizione umana, dove si gioca sul tema del punto di vista e delle impressioni, il pennello tedesco ispirò, tra i moderni, artisti come Mark Rothko, Gerhard Richter, Gotthard Graubner e Anselm Kiefer. Se negli anni Trenta, l'operato di Friedrich venne utilizzato per promuovere l'ideologia nazista attraverso il tentativo di adeguare il pittore con la filosofia del Blut und Boden, Walt Disney ne incluse le tele nei suoi cortometraggi horror.
Friedrich non firmò mai nessuno dei suoi dipinti. Credeva che il suo nome non sarebbe mai stato dimenticato. E forse è stato davvero così.
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Ad eccezione di qualcuno. Johann Wolfgang von Goethe ne derise qualche volta i dipinti, considerando Friedrich il "nuovo tedesco, religiosamente patriottico".
Eppure fu uno degli artisti più amati di sempre, e ancora oggi la sua massima più conosciuta rapisce pubblici diversi. “Il pittore non dovrebbe dipingere solo ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede dentro di sé. Se dentro di sé non vede nulla, allora eviti anche di dipingere ciò che vede davanti a sé” scriveva.
E a 250 anni dalla nascita la Germania non poteva non celebrare uno dei suoi maestri più celebri con un’agenda fittissima che per tutto il 2024 vedrà oltre 160 eventi e grandi mostre, da Greifswald, città natale del pittore, ad Amburgo, da Berlino - sede di una delle maggiori collezioni al mondo di opere di Friedrich - a Dresda, la “patria elettiva”. Un’occasione perfetta per un viaggio a tema, sulle tracce del maestro romantico.
Caspar David Friedrich, Città al chiaro di luna, 1817, olio su tela, cm 45,8x33. Winterthur, Museum Oskar Reinhart am Stadtgarten
Figlio di Sophie Dorothea Caspar David Friedrich e di Adolf Gottlieb Friedrich, produttore di sapone e venditore ambulante di Greifswald, Friedrich iniziò i suoi studi presso l'insegnante di architettura e disegno dell'Università di Greifswald, Johann Gottfried Quistorp, che lo incoraggiò a coltivare i suoi interessi artistici, nel 1794, presso l'Accademia d'arte di Copenaghen. Dal 1798 visse e lavorò a Dresda, dove morì il 7 maggio 1840.
Il pennello del sublime
Eccentrico e solitario, Friedrich lasciava la sua casa di Dresda solo per fare lunghe passeggiate dopo il tramonto. Il 21 gennaio 1818, alle 6 del mattino, sposò la venticinquenne Caroline Bommer. E sempre nel 1818, durante la loro luna di miele, dipinse Le bianche scogliere di Rügen, considerato uno dei suoi capoalvori più suggestivi. Come attraverso una finestra, la vista si apre sul Mar Baltico e su un cielo luminoso in lontananza. L'occhio segue i velieri che scivolano verso l'orizzonte. Oltre a fare evolvere la concezione classica di paesaggio, trasformandolo in un soggetto autosufficiente, sgomberandolo di folle, viandanti e pattinatori, il pittore di Greifswald, arricchì marine e vedute con il sentimento del sublime attraverso la contemplazione della natura.
Caspar David Friedrich, Le bianche scogliere di Rügen, 1818. Olio su tela. Kunst Museum Winterthur, Fondazione Oskar Reinhart I © SIK-ISEA Zurigo. Foto Philipp Hitz
Guardando le sue straordinarie opere senza tempo siamo ancora oggi chiamati a riconoscerci e immedesimarci nella rückenfigur, la figura ricorrente vista da dietro, assorta nella contemplazione del panorama, assimilando il potenziale sublime della natura che il pennello di Friedrich arricchisce di ideali romantici. Ma a sedurre di più i contemporanei è forse il misticismo religioso del quale sono impregnati molti suoi dipinti, a volte provocatori, come Croce in montagna dove il pittore pone chiesa e natura sul medesimo piano.
Il maestro e l’infinito
Fu nel 1794, all'accademia d'arte di Copenaghen, che Friedrich conobbe per la prima volta quel misticismo che avrebbe influenzato così fortemente le sue opere. Anche se questo dialogo profondo del singolo con l'incommensurabilità dell'universo si fa ancora più travolgente nel suo Monaco in riva al mare, tanto amato da Arthur Schopenhauer che vide in questo quadro la traduzione pittorica del sentimento dell'infinito.
Un enorme cielo che si estende su quasi tutta la superficie dell'immagine si scurisce verso l'orizzonte per fondersi con il blu nero notturno del mare. In fondo all'immagine, come smarrito, un minuscolo essere umano. Secondo Florian Illies sarebbe stato Georg Friedrich Kersting ad aiutare Friedrich nella rappresentazione delle figure nei suoi dipinti. Il pittore era infatti considerato un ritrattista poco talentuoso. È questo il motivo per il quale le figure nei dipinti di Friedrich sono solitamente viste da dietro? Chissà. Quello che è certo è che allo spettatore di oggi piace smarrirsi nei suoi paesaggi stilizzati, tra le atmosfere idilliache o malinconiche. “Chiudi il tuo occhio fisico, al fine di vedere il tuo quadro con l'occhio dello spirito. Poi porta alla luce ciò che hai visto nell'oscurità, affinché la tua visione agisca su altri esseri dall'esterno verso l'interno” esortava il maestro.
Al contrario di quanto si possa immaginare, Friedrich non dipingeva all'aperto, ma nel chiuso del suo studio, attingendo le figure dal ricordo e dall'immaginazione, inquadrandole in strutture rigorose, costruite su simmetrie e contrasti tra elementi orizzontali e verticali. Nonostante il pennello e la sua matita catturassero fedelmente ogni albero, scogliera, montagna o vela spiegata, nelle sue opere il maestro riassemblava liberamente quegli elementi osservati singolarmente. La natura era un'ispirazione più che un modello. Talvolta a stupire di più sono le sue impressioni, comunicate all’osservatore attraverso paesaggi inventati dalla sua immaginazione, come nel caso de Il mare di ghiaccio, un dipinto apocalittico che trasforma il fiume Elba ghiacciato in un mare, con un relitto schiacciato tra lastre di ghiaccio, minacciosamente ammucchiate al centro, una scena che di certo Friedrich non vide che che riuscì a immaginare.
“Il più solitario dei solitari” “Perché, mi son sovente domandato / scegli sì spesso a oggetto di pittura / la morte, la caducità, la tomba? / È perché, per vivere in eterno / bisogna spesso abbandonarsi alla morte” scriveva il pittore, morto a Dresda il 7 maggio nel 1840 in povertà, con la sua reputazione da artista cresciuta e scemata nell’arco di 66 anni di vita.
Tempeste, nebbia, cieli infiniti, ruderi, croci, foreste si affastellano sempre di più sulla tela, specie negli ultimi anni. La morte si fa immagine sotto forma di querce, salici piangenti, barche che si allontanano dalla costa, come è evidente nell'Abbazia nel querceto, dove una processione di monaci, intenti a reggere una bara, si dirige verso il cancello di una chiesa in rovina, in uno scenario di funebre desolazione.
Caspar David Friedrich, Moonrise by the Sea © Staatliche Museen zu Berlin, Nationalgalerie. Photo Andres Kilger
Mentre negli ultimi vent’anni di vita la reputazione andava scemando, il maestro delle tempeste era sempre più considerato una figura tanto eccentrica quanto malinconica. Gradualmente anche i suoi committenti vennero meno. Nel 1820 viveva come un recluso e i suoi amici lo descrivevano come “il più solitario dei solitari”, travolto da una situazione finanziaria disastrosa, la salute in declino, alle dipendenze dei pochi spiccioli concessi da qualche conoscente. Nel giugno 1835, colpito da un malore, manifestò i primi sintomi di una malattia che lo costrinse a ridurre la sua attività artistica.
Albe e crepuscoli si caricano adesso di uno stile più scuro, più monumentale, più terribile. Innamorato della propria patria, amore che si rifletteva anche nei gusti letterari, che vertevano su poesie anti-napoleoniche di Ernst Moritz Arndt e Theodor Körner, e sugli scritti patriottici di Adam Müller e Heinrich von Kleist, profondamente scosso dalle campagne militari napoleoniche e dalla presenza incombente delle truppe francesi, sognò una Germania unita popolando talvolta le sue tele di figure vestite con abiti tradizionali. Molte sue opere andarono perdute nel corso degli anni.
Il 10 ottobre 1901, ad esempio, la sua casa natale in Lange Strasse 28, a Greifswald, bruciò. Fortunatamente alcuni dipinti lì conservati furono salvati. Diversi lavori andarono perduti durante i bombardamenti alleati su Dresda al tempo della seconda guerra mondiale, mentre oggi per ammirare il suo patrimonio basta addentrarsi nelle affascinanti collezioni dei musei di Amburgo, Dresda e Berlino.
Caspar David Friedrich, Mare al Chiaro di Luna, 1835-1836, olio su tela. Amburgo, Hamburger Kunsthalle
Un artista “riscoperto”
La riscoperta della sua arte avvenne in realtà solo nel 1906 grazie a una mostra a Berlino che presentava dipinti e sculture del periodo dal 1775 al 1875 e comprendeva 32 sue opere. Nel Novecento, Friedrich fu apprezzato dallo storico dell'arte Andreas Aubert e dai poeti surrealisti che valorizzavano i suoi paesaggi visionari e allegorici. Fonte d'ispirazione anche per Max Ernst e René Magritte che nel 1934 omaggiò il pittore di Greifswald con la sua opera La condizione umana, dove si gioca sul tema del punto di vista e delle impressioni, il pennello tedesco ispirò, tra i moderni, artisti come Mark Rothko, Gerhard Richter, Gotthard Graubner e Anselm Kiefer. Se negli anni Trenta, l'operato di Friedrich venne utilizzato per promuovere l'ideologia nazista attraverso il tentativo di adeguare il pittore con la filosofia del Blut und Boden, Walt Disney ne incluse le tele nei suoi cortometraggi horror.
Friedrich non firmò mai nessuno dei suoi dipinti. Credeva che il suo nome non sarebbe mai stato dimenticato. E forse è stato davvero così.
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