Dal 25 marzo al 24 agosto 2025
L’America di Joel Meyerowitz al Brescia Photo Festival
Joel Meyerowitz, New York City, 1963 | © Joel Meyerowitz
Francesca Grego
24/03/2025
Brescia - Prima grande antologica in Italia per Joel Meyerowitz (New York, 1938), tra le voci più significative della fotografia contemporanea. L’appuntamento è al Museo di Santa Giulia di Brescia, che da domani, martedì 25 marzo, fino al prossimo 14 agosto ospiterà oltre 90 scatti del maestro statunitense in un progetto curato da Denis Curti e realizzato in collaborazione con il Joel Meyerowitz Photography Archive di New York: un viaggio lungo sei decenni di carriera, dagli anni Sessanta ai nostri giorni, impreziosito da immagini mai esposte nel nostro Paese. “Guardare questa mostra significa guardare me stesso”, ha affermato Meyerowitz durante la presentazione di questa mattina al Museo di Santa Giulia: “Tutto ciò che ho appreso dai 24 agli 87 anni l'ho imparato attraverso la mia camera sempre sulla spalla. La fotografia è un momento di connessione tra me e il mondo, un vero dono”.

Joel Meyerowitz, Florida,1978 | © Joel Meyerowitz
Noto soprattutto per il rinnovamento portato nella Street Photography, Meyerowitz emerge negli anni Sessanta tra i più interessanti fotografi d’avanguardia presenti sulla scena di New York. La sua strada corre in parallelo con grandi autori come Robert Frank, Gerry Winogrand, Diane Arbus, distinguendosi per la capacità di immergersi e immedesimarsi in ciò che vede attorno a sé e traduce in immagine: la cifra più caratteristica della sua fotografia è quello che gli americani chiamano intimacy, ovvero l’abilità di avvicinarsi il più possibile al soggetto per riconoscere e accogliere l’inaspettato. “Camminando lungo i marciapiedi della città, Meyerowitz osserva i movimenti della folla dall’interno” - spiega Curti - “In questo modo svela gli aspetti nascosti dei luoghi, delle persone, della vita stessa, illuminando gli angoli bui dei linguaggi sociali e culturali del nostro tempo”.

Joel Meyerowitz, New York City, 1975 | © Joel Meyerowitz
L'altro elemento che distingue Meyerowitz tra i fotografi della sua generazione è la scelta del colore, che negli anni Sessanta richiede notevole coraggio: “Ero giovane e inesperto - ricorda - non mi rendevo conto che esisteva una questione fastidiosa riguardo al colore nel serio mondo della fotografia. A quei tempi, il colore era considerato troppo commerciale, troppo da dilettante o semplicemente troppo sgargiante. Ma il mondo è a colori!”. Da ex pittore e graphic designer, Meyerowitz ha per il colore una sensibilità naturale. Alcuni dei suoi scatti sembrano dipinti, ricordano Hopper o De Chirico, osserva Curti. E poi c’è la passione per il cinema: “Quando vidi Otto e mezzo di Fellini mi cambiò la vita”, confessa il Maestro ai giornalisti italiani.

Joel Meyerowitz, Los Angeles Airport, California, 1976 | © Joel Meyerowitz
Nella mostra bresciana troveremo tutto questo, ma anche molto altro. Ci sono le foto realizzate nel ‘67 quando, dopo un anno trascorso in Europa, Meyerowitz trova gli Stati Uniti in preda a forti turbamenti in seguito alle notizie provenienti dal Vietnam. Il suo obiettivo offre un punto di vista originale sulla società americana dell’epoca, riflettendo sull’identità del Paese in un momento di profonda crisi. Tutt’altra atmosfera caratterizza le immagini degli anni Ottanta, quando lo sguardo del fotografo si sposta dalla strada alla natura. Un mood contemplativo pervade gli scatti realizzati a Cape Cod, sulla costa del Massachusetts, ma l’incanto si rompe nel 2001 dopo l’attentato alle Torri gemelle, quando, unico fotografo autorizzato a documentare il distretto del World Trade Center nei mesi successivi all’attentato, Meyerowitz darà vita alla serie Ground Zero, austera e appassionata. È completamente inedita in Italia, infine, la selezione dei 365 autoscatti realizzati dal fotografo durante il lockdown del 2020, protagonista di un focus espositivo che svela un’ulteriore sfaccettatura della sua opera.

Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022, Brescia Museo di Santa Giulia | Foto: Alberto Mancini
“Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022 è una mostra straordinariamente appropriata al tempo che stiamo vivendo”, ha affermato il direttore di Fondazione Brescia Musei Stefano Karadjov: “Benché questo progetto sia partito, in collaborazione con Denis Curti, prima delle recenti elezioni americane, raramente avremmo potuto identificare un racconto dell’identità statunitense in trasformazione così appropriato quanto quello di Meyerowitz, che con il suo lavoro si interroga continuamente sul rapporto tra individuo e società e, in particolare nel portfolio dedicato all’America durante la guerra del Vietnam, su quello tra pace e conflitto. La mostra è dedicata a Giovanni Chiaramonte, grande intellettuale e fotografo mancato recentemente, con il quale più di vent’anni fa sono entrato in contatto con il lavoro umanistico di Joel Meyerowitz”.
Tra gli appuntamenti più attesi del Brescia Photo Festival 2025, l’esposizione rappresenta il primo capitolo della trilogia Americana. Un’antologia per immagini, a cura di Denis Curti, promossa dal Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei: il progetto proseguirà nel 2026 con Bruce Gilden, colonna portante dell’Agenzia Magnum, e nel 2027 con gli scatti statunitensi di Francesco Jodice.

Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022, Museo di Santa Giulia, Brescia, Allestimento di Maria Repossi, Fondazione Brescia Musei | Foto: © ARTE.it

Joel Meyerowitz, Florida,1978 | © Joel Meyerowitz
Noto soprattutto per il rinnovamento portato nella Street Photography, Meyerowitz emerge negli anni Sessanta tra i più interessanti fotografi d’avanguardia presenti sulla scena di New York. La sua strada corre in parallelo con grandi autori come Robert Frank, Gerry Winogrand, Diane Arbus, distinguendosi per la capacità di immergersi e immedesimarsi in ciò che vede attorno a sé e traduce in immagine: la cifra più caratteristica della sua fotografia è quello che gli americani chiamano intimacy, ovvero l’abilità di avvicinarsi il più possibile al soggetto per riconoscere e accogliere l’inaspettato. “Camminando lungo i marciapiedi della città, Meyerowitz osserva i movimenti della folla dall’interno” - spiega Curti - “In questo modo svela gli aspetti nascosti dei luoghi, delle persone, della vita stessa, illuminando gli angoli bui dei linguaggi sociali e culturali del nostro tempo”.

Joel Meyerowitz, New York City, 1975 | © Joel Meyerowitz
L'altro elemento che distingue Meyerowitz tra i fotografi della sua generazione è la scelta del colore, che negli anni Sessanta richiede notevole coraggio: “Ero giovane e inesperto - ricorda - non mi rendevo conto che esisteva una questione fastidiosa riguardo al colore nel serio mondo della fotografia. A quei tempi, il colore era considerato troppo commerciale, troppo da dilettante o semplicemente troppo sgargiante. Ma il mondo è a colori!”. Da ex pittore e graphic designer, Meyerowitz ha per il colore una sensibilità naturale. Alcuni dei suoi scatti sembrano dipinti, ricordano Hopper o De Chirico, osserva Curti. E poi c’è la passione per il cinema: “Quando vidi Otto e mezzo di Fellini mi cambiò la vita”, confessa il Maestro ai giornalisti italiani.

Joel Meyerowitz, Los Angeles Airport, California, 1976 | © Joel Meyerowitz
Nella mostra bresciana troveremo tutto questo, ma anche molto altro. Ci sono le foto realizzate nel ‘67 quando, dopo un anno trascorso in Europa, Meyerowitz trova gli Stati Uniti in preda a forti turbamenti in seguito alle notizie provenienti dal Vietnam. Il suo obiettivo offre un punto di vista originale sulla società americana dell’epoca, riflettendo sull’identità del Paese in un momento di profonda crisi. Tutt’altra atmosfera caratterizza le immagini degli anni Ottanta, quando lo sguardo del fotografo si sposta dalla strada alla natura. Un mood contemplativo pervade gli scatti realizzati a Cape Cod, sulla costa del Massachusetts, ma l’incanto si rompe nel 2001 dopo l’attentato alle Torri gemelle, quando, unico fotografo autorizzato a documentare il distretto del World Trade Center nei mesi successivi all’attentato, Meyerowitz darà vita alla serie Ground Zero, austera e appassionata. È completamente inedita in Italia, infine, la selezione dei 365 autoscatti realizzati dal fotografo durante il lockdown del 2020, protagonista di un focus espositivo che svela un’ulteriore sfaccettatura della sua opera.

Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022, Brescia Museo di Santa Giulia | Foto: Alberto Mancini
“Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022 è una mostra straordinariamente appropriata al tempo che stiamo vivendo”, ha affermato il direttore di Fondazione Brescia Musei Stefano Karadjov: “Benché questo progetto sia partito, in collaborazione con Denis Curti, prima delle recenti elezioni americane, raramente avremmo potuto identificare un racconto dell’identità statunitense in trasformazione così appropriato quanto quello di Meyerowitz, che con il suo lavoro si interroga continuamente sul rapporto tra individuo e società e, in particolare nel portfolio dedicato all’America durante la guerra del Vietnam, su quello tra pace e conflitto. La mostra è dedicata a Giovanni Chiaramonte, grande intellettuale e fotografo mancato recentemente, con il quale più di vent’anni fa sono entrato in contatto con il lavoro umanistico di Joel Meyerowitz”.
Tra gli appuntamenti più attesi del Brescia Photo Festival 2025, l’esposizione rappresenta il primo capitolo della trilogia Americana. Un’antologia per immagini, a cura di Denis Curti, promossa dal Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei: il progetto proseguirà nel 2026 con Bruce Gilden, colonna portante dell’Agenzia Magnum, e nel 2027 con gli scatti statunitensi di Francesco Jodice.

Joel Meyerowitz. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022, Museo di Santa Giulia, Brescia, Allestimento di Maria Repossi, Fondazione Brescia Musei | Foto: © ARTE.it
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