A Roma fino al 27 ottobre
Il "nuovo" Claudio Imperatore al Museo dell'Ara Pacis

Una sezione della mostra Claudio Imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia
Samantha De Martin
08/04/2019
Roma - Se Seneca ne aveva fatto una parodia, immaginandone nel suo Apokolokýntosis la trasfigurazione in zucca, l’arte rivaluta Claudio, il primo imperatore nato fuori dal territorio italico, con il suo destino singolare, costellato di intrighi di corte, fatti di sangue, scelte politiche ardite.
A porre al centro della scena artistica il discusso imperatore nato a Lugdunum (Lione) nel 10 a.C e morto a Roma nel 54 d.C., forse in seguito ad un avvelenamento da funghi escogitato dalla moglie Agrippina che ne fece adottare il figlio Nerone nato da una precedente relazione, un affascinante percorso espositivo, allestito al Museo dell’Ara Pacis fino al 27 ottobre.
Nell’anno in cui ricorre il bimillenario della morte di Germanico, fratello dell’imperatore Claudio, la mostra Claudio imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia vuole essere la prosecuzione naturale, adattata tuttavia al contesto romano, della mostra al Musée des Beaux-Arts de Lyon, terminata lo scorso 4 marzo nella città natale dell’imperatore.
Curato da Claudio Parisi Presicce e Lucia Spagnuolo, con la collaborazione di Orietta Orsini su progetto curatoriale di Geneviève Galliano e Francois Chausson, il percorso esplora la personalità di Claudio, il legame con Augusto e con Germanico, il tragico rapporto con due delle quattro mogli, Messalina e Agrippina, cui fanno da cornice la corte imperiale romana e le controverse vicende della dinastia giulio-claudia.
Supportato dal lavoro aggiornato di storici e archeologi, il percorso al Museo dell’Ara Pacis traccia un’immagine dell’imperatore un po’ diversa rispetto a quella cupa e poco lusinghiera trasmessa dagli autori antichi. Ne emerge il ritratto di un uomo forte e colto, autore di opere in latino e in greco, di un capo di stato autorevole, capace di prendersi cura del suo popolo, promuovendo utili riforme economiche, porti e acquedotti, contribuendo, con la sua legislazione, allo sviluppo amministrativo dell’Impero, ampliandone notevolmente i confini (con la conquista della Britannia) e affidando ai liberti il compito di gestire la comunicazione tra le province e il potere imperiale.
È il colore rosso a guidare il visitatore attraverso un allestimento moderno, molto ben costruito e reso a tratti sorprendente da suggestive immagini, ologrammi, visioni sonore, tabulae parlanti, cammei, monete, tele, grandi statue.
Dalle parole di Svetonio e Giovenale che ripercorrono i vizi, veri o presunti, di Messalina che avrebbe portato “l'ignobile odore del lupanare nel talamo nuziale” ai vecchi film del cinema muto con Rina De Liguoro, la mostra, un avvincente flusso di immagini e rimandi piuttosto che un rigido percorso suddiviso in sezioni, si fa apprezzare soprattutto per i suoi riferimenti di ampio respiro e i molteplici ammiccamenti culturali.
Si inizia con il plastico ricostruttivo del “Palazzo del Governatore” a Lione, dove Claudio sarebbe nato nel 10 a.C. per proseguire con le opere più interessanti parte dell’esposizione, come la Tabula Claudiana con impresso il celebre discorso tenuto da Claudio in Senato nel 48 d.C. sull’apertura ai notabili galli del consesso senatorio. Oltre ad ascoltare il discorso in latino, il visitatore può individuarne i caratteri scritti sulla Tabula, illuminata riga per riga e contemporaneamente leggerne la traduzione. Molto belli anche il cammeo con il ritratto dell’Imperatore arrivato a Roma dal Kunsthistorisches Museum, il ritratto in bronzo dorato di Agrippina minore proveniente da Alba Fucens e quello di Germanico della Fondazione Sorgente Group, esposto per la prima volta, e che celebra il giovane principe colpito da un avverso destino.
Tra le opere arrivate dal Louvre, il rilievo storico, detto “Dei pretoriani”, forse parte della decorazione dell’arco che Claudio fece costruire sulla via Lata, tra il 51 e il 52 d.C per celebrare la vittoria sui Britanni. Curioso anche il bicchiere in vetro soffiato (metà I secolo d.C) con scene di corsa dei carri, prestato dal British Museum di Londra o l’iscrizione onoraria per Drusilla divinizzata - figlia di Agrippina e Germanico - con il nome di Caligola cancellato in seguito alla damnatio memoriae.
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Nell’anno in cui ricorre il bimillenario della morte di Germanico, fratello dell’imperatore Claudio, la mostra Claudio imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia vuole essere la prosecuzione naturale, adattata tuttavia al contesto romano, della mostra al Musée des Beaux-Arts de Lyon, terminata lo scorso 4 marzo nella città natale dell’imperatore.
Curato da Claudio Parisi Presicce e Lucia Spagnuolo, con la collaborazione di Orietta Orsini su progetto curatoriale di Geneviève Galliano e Francois Chausson, il percorso esplora la personalità di Claudio, il legame con Augusto e con Germanico, il tragico rapporto con due delle quattro mogli, Messalina e Agrippina, cui fanno da cornice la corte imperiale romana e le controverse vicende della dinastia giulio-claudia.
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Tra le opere arrivate dal Louvre, il rilievo storico, detto “Dei pretoriani”, forse parte della decorazione dell’arco che Claudio fece costruire sulla via Lata, tra il 51 e il 52 d.C per celebrare la vittoria sui Britanni. Curioso anche il bicchiere in vetro soffiato (metà I secolo d.C) con scene di corsa dei carri, prestato dal British Museum di Londra o l’iscrizione onoraria per Drusilla divinizzata - figlia di Agrippina e Germanico - con il nome di Caligola cancellato in seguito alla damnatio memoriae.
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