Nelle sale italiane il 27, il 28 e il 29 settembre 2021
Al cinema con The Arch. Parla la regista Alessandra Stefani
Un'immagine da The Arch., Chicago | Regia di Alessandra Stefani | Courtesy Scarabeo Entertainment / Adler Entertainment
Francesca Grego
23/09/2021
“Il giro del mondo in un’ora e quaranta minuti, per scoprire come l’architettura sta cambiando e cambierà ancora le nostre vite”. è l’esperienza che Alessandra Stefani propone al pubblico nel film The Arch., prodotto da Scarabeo Entertainment, nelle sale italiane il 27, il 28 e il 29 settembre. Dall’Australia al Messico, da Toronto a Pechino, Tbilisi, Seul, Berlino, nove architetti tra i più innovativi della scena contemporanea raccontano storie, idee e progetti, delineando le tendenze del futuro. A riunirli come in un’unica conversazione è Dada, un collega italiano con il gusto per l’esplorazione, che accompagna il pubblico lungo tutto il percorso. “The Arch. è la storia di un uomo che si immerge nel mondo”, spiega la regista. “Oltre che per ‘architetto’, Arch sta per ‘arco’ in senso geografico, come trait-d’union tra Est e Ovest, ma anche temporale perché nel film, come nella realtà, le grandi architetture del passato fanno da contrappunto a straordinarie opere contemporanee”.
“Abbiamo girato il documentario nel 2019, quando ancora era possibile viaggiare in totale libertà”, continua Stefani: “Ci spostavamo con una facilità oggi impensabile da un capo all’altro del mondo, passando da Chicago sotto la neve ai quaranta gradi di Città del Messico, dalle rovine di Teotihuacan alla Grande Muraglia cinese. Riassaporare quella libertà sullo schermo mi rende felice. Per questo dedico The Arch. ai giovani e ai viaggiatori cosmopoliti che oggi non possono muoversi con altrettanta immediatezza. Spero che al cinema possano rivivere le emozioni del viaggio, visitando quattro continenti in soli 104 minuti ”.
The Arch. tocca paesi e realtà urbane molto diverse tra loro. In che modo gli architetti stanno dando forma a questi mondi?
“I bravi architetti sono come oracoli: immaginano quello che noi ancora non riusciamo a vedere. Nello stesso tempo hanno un pensiero da sociologi e una spiccata umanità. Non si limitano a progettare l’estetica o l’involucro di uno spazio, ma sono attenti alla comunità che lo fruisce, si sentono responsabili delle relazioni che si svilupperanno al suo interno e si impegnano a migliorare la qualità della vita individuale e collettiva. Andrés Cajiga in Messico e Dermot Sweeny in Canada, per esempio, hanno lavorato entrambi su spazi polifunzionali che semplificano l’esistenza di chi vive nelle megalopoli: luoghi dove oltre ad andare in ufficio le persone possono fare sport, portare i bambini all’asilo, rilassarsi nel verde di un parco. Sven Fuchs, invece, in un ospedale di Berlino si è preso cura del benessere fisico ed emotivo dei pazienti con speciali luci a led che migliorano il tono dell’umore, pannelli in legno che favoriscono la respirazione… Architetti come questi usano l’intelligenza per abbracciare le comunità e le persone. Come non amarli?”
Quali sono state le scoperte più affascinanti del viaggio di The Arch.?
“Fin da ragazza ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo, ma ci sono luoghi che sono riusciti ugualmente a sorprendermi. Tbilisi è uno di questi: una città dalle mille risorse e piena di voglia di emergere, con le ultra contemporanee Twisting Towers di Alexander Mezhevidze e il bellissimo Gorky Park, dove ammirare opere di architetti di tutto il mondo tra i quali c’è anche l’italiano De Lucchi. L’aspetto vintage e polveroso convive con l’avanguardia high-tech creando contrasti davvero interessanti.
Anche Berlino non smetterà mai di stupirmi, adoro la mente e la capacità di progettazione delle persone che ci lavorano, mentre Città del Messico mi ha lasciata senza fiato: il cemento ti divora, la sovrappopolazione quasi si respira, ma c’è spazio per soluzioni innovative”.
Un'immagine da The Arch. | Regia di Alessandra Stefani | Courtesy Scarabeo Entertainment / Adler Entertainment
Dal punto di vista artistico, quali scelte hanno definito il carattere del film?
“The Arch. è un documentario di creazione, che cerca di aderire il più possibile alla verità dei fatti, con alcune pennellate artistiche che rappresentano la mia cifra espressiva: momenti per immergerci nella vita delle città, dal blues a Chicago al karatè in Corea. Trovo che donino freschezza e libertà all’insieme.
Il mio non è un film per addetti ai lavori, ma credo che per la ricchezza di contenuti piacerà anche ad architetti e designer. È costruito come un crescendo: inizia lentamente, per farsi sempre più caldo e coinvolgente con lo scorrere dei minuti.
C’è un’attenzione speciale per la fotografia e una colonna sonora strepitosa, scelta insieme al compositore Valerio Semplici, ex produttore dei mitici Black Box. Con la sua musica, che accompagna tutto il film, abbiamo vinto due importanti riconoscimenti. Nel complesso ho cercato di restituire qualcosa di vivo e pulsante, che cercasse anche un contatto emotivo con gli spettatori”.
Un'immagine da The Arch., Chicago | Regia di Alessandra Stefani | Courtesy Scarabeo Entertainment / Adler Entertainment
Da uno a dieci, quanto conta l’architettura nelle nostre vite?
“Nove: siamo molto più sereni se abbiamo a disposizione spazi ampi e progettati a misura delle nostre esigenze, con la natura a portata di mano”.
Alla luce della sua lunga ricerca, come immagina il futuro dell’architettura?
“Luminoso, se la maggior parte degli architetti si comporterà come quelli che abbiamo incontrato nel film. La parola d’ordine di questo periodo è sostenibilità. Tuttavia non basta essere genericamente green: un edificio sostenibile deve essere anche duraturo, altrimenti non si fa che sprecare tempo e risorse. Occorre essere lungimiranti e poter permettersi di investire su materiali d’avanguardia e di qualità. Come si fa in Germania per esempio, dove c’è grande attenzione verso l’architettura, specie per quella pubblica”.
Locandina del film documentario The Arch. di Alessandra Stefani, prodotto da Scarabeo Entertainment, al cinema il 27, 28 e 29 settembre 2021
Leggi anche:
• Arriva al cinema The Arch., un viaggio tra i segreti (e nel futuro) dell'architettura
• FOTO - The Arch.
“Abbiamo girato il documentario nel 2019, quando ancora era possibile viaggiare in totale libertà”, continua Stefani: “Ci spostavamo con una facilità oggi impensabile da un capo all’altro del mondo, passando da Chicago sotto la neve ai quaranta gradi di Città del Messico, dalle rovine di Teotihuacan alla Grande Muraglia cinese. Riassaporare quella libertà sullo schermo mi rende felice. Per questo dedico The Arch. ai giovani e ai viaggiatori cosmopoliti che oggi non possono muoversi con altrettanta immediatezza. Spero che al cinema possano rivivere le emozioni del viaggio, visitando quattro continenti in soli 104 minuti ”.
The Arch. tocca paesi e realtà urbane molto diverse tra loro. In che modo gli architetti stanno dando forma a questi mondi?
“I bravi architetti sono come oracoli: immaginano quello che noi ancora non riusciamo a vedere. Nello stesso tempo hanno un pensiero da sociologi e una spiccata umanità. Non si limitano a progettare l’estetica o l’involucro di uno spazio, ma sono attenti alla comunità che lo fruisce, si sentono responsabili delle relazioni che si svilupperanno al suo interno e si impegnano a migliorare la qualità della vita individuale e collettiva. Andrés Cajiga in Messico e Dermot Sweeny in Canada, per esempio, hanno lavorato entrambi su spazi polifunzionali che semplificano l’esistenza di chi vive nelle megalopoli: luoghi dove oltre ad andare in ufficio le persone possono fare sport, portare i bambini all’asilo, rilassarsi nel verde di un parco. Sven Fuchs, invece, in un ospedale di Berlino si è preso cura del benessere fisico ed emotivo dei pazienti con speciali luci a led che migliorano il tono dell’umore, pannelli in legno che favoriscono la respirazione… Architetti come questi usano l’intelligenza per abbracciare le comunità e le persone. Come non amarli?”
Quali sono state le scoperte più affascinanti del viaggio di The Arch.?
“Fin da ragazza ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo, ma ci sono luoghi che sono riusciti ugualmente a sorprendermi. Tbilisi è uno di questi: una città dalle mille risorse e piena di voglia di emergere, con le ultra contemporanee Twisting Towers di Alexander Mezhevidze e il bellissimo Gorky Park, dove ammirare opere di architetti di tutto il mondo tra i quali c’è anche l’italiano De Lucchi. L’aspetto vintage e polveroso convive con l’avanguardia high-tech creando contrasti davvero interessanti.
Anche Berlino non smetterà mai di stupirmi, adoro la mente e la capacità di progettazione delle persone che ci lavorano, mentre Città del Messico mi ha lasciata senza fiato: il cemento ti divora, la sovrappopolazione quasi si respira, ma c’è spazio per soluzioni innovative”.
Un'immagine da The Arch. | Regia di Alessandra Stefani | Courtesy Scarabeo Entertainment / Adler Entertainment
Dal punto di vista artistico, quali scelte hanno definito il carattere del film?
“The Arch. è un documentario di creazione, che cerca di aderire il più possibile alla verità dei fatti, con alcune pennellate artistiche che rappresentano la mia cifra espressiva: momenti per immergerci nella vita delle città, dal blues a Chicago al karatè in Corea. Trovo che donino freschezza e libertà all’insieme.
Il mio non è un film per addetti ai lavori, ma credo che per la ricchezza di contenuti piacerà anche ad architetti e designer. È costruito come un crescendo: inizia lentamente, per farsi sempre più caldo e coinvolgente con lo scorrere dei minuti.
C’è un’attenzione speciale per la fotografia e una colonna sonora strepitosa, scelta insieme al compositore Valerio Semplici, ex produttore dei mitici Black Box. Con la sua musica, che accompagna tutto il film, abbiamo vinto due importanti riconoscimenti. Nel complesso ho cercato di restituire qualcosa di vivo e pulsante, che cercasse anche un contatto emotivo con gli spettatori”.
Un'immagine da The Arch., Chicago | Regia di Alessandra Stefani | Courtesy Scarabeo Entertainment / Adler Entertainment
Da uno a dieci, quanto conta l’architettura nelle nostre vite?
“Nove: siamo molto più sereni se abbiamo a disposizione spazi ampi e progettati a misura delle nostre esigenze, con la natura a portata di mano”.
Alla luce della sua lunga ricerca, come immagina il futuro dell’architettura?
“Luminoso, se la maggior parte degli architetti si comporterà come quelli che abbiamo incontrato nel film. La parola d’ordine di questo periodo è sostenibilità. Tuttavia non basta essere genericamente green: un edificio sostenibile deve essere anche duraturo, altrimenti non si fa che sprecare tempo e risorse. Occorre essere lungimiranti e poter permettersi di investire su materiali d’avanguardia e di qualità. Come si fa in Germania per esempio, dove c’è grande attenzione verso l’architettura, specie per quella pubblica”.
Locandina del film documentario The Arch. di Alessandra Stefani, prodotto da Scarabeo Entertainment, al cinema il 27, 28 e 29 settembre 2021
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