Musei Virtuali e arte digitale
Guggenheim Virtual Museum
05/04/2001
Se il Guggenheim sarà il primo grande committente della storia dell’arte digitale, la rete di Internet già da tempo tra le sue maglie trattiene molte opere, diverse tra loro ma con un comun denominatore: confrontarsi e superare i limiti del mezzo tecnico, che in altre parole significa dominarlo, come avviene nel cinema e nella fotografia.
A tal proposito all’ “Alternative Museum”, organizzazione no-profit attiva solo sul web, a chi domanda se quella digitale è vera arte, rispondono di sì, come la fotografia si è poi dimostrata, nonostante i tanti dubbi che la accolsero inizialmente. Proposito del museo è quello di ospitare esibizioni stagionali, raccolte di opere appositamente commissionate ad artisti che si esprimono col linguaggio digitale. “Come la tela, la pittura, la pietra e la carta sono solo sistemi di trasmissione della magica esperienza che conosciamo come arte, così il computer e il monitor sono soltanto un nuovo set di strumenti e un mezzo per esprimere a disposizione di questi artisti” .
Fra le esibizioni attuali, (divise in tre categorie: “digital”, “non-digital” e “web-based”), interessante è la mostra fotografica digitale di Wang Qingsong, tra kitsch, pop e filosofia orientale. L’ironia dell’artista sulla società dei consumi e sull’attuale stile di vita cinese è fin troppo evidente in “Thinker” e nelle altre figure di pensatori orientali: una satira vera e propria con tanto di marchio “Mac Donald” stampato sul petto.
Nella “web-based” viene presentata “Closet Reality – Embryo”, un progetto interattivo dell’artista croato Andreja Kuluncic che vuole esaminare le possibili applicazioni dell’ingegneria genetica sulla razza umana.
Il progetto si basa sull’interazione dei visitatori che sono portati a fare delle scelte per dar vita a un bambino virtuale. Statisticamente e in base ai confronti della “gallery” di bambini creati, si delineerà una sorta di razza umana ideale, che poi verrà confrontarla con quella reale nella seconda parte del progetto.
Un altro punto di riferimento “dedicato all’arte, alla tecnologia e alla cultura del World Wide Web” è il MOWA (museum of web art, discendente del MOMA). Questo vuole essere un luogo non solo di esibizioni, ma anche di arricchimento e di scambio di idee ed esperienze per comprendere meglio la comunità globale in cui viviamo.
Tra le “special exhibit” molto interessante è “Gateways” una mostra di prime pagine di siti, ovvero quei concentrati di attrattiva estetica che impattano l’occhio del visitatore, catturandone l’attenzione. Forte delle ultime tecnologie Flash, il design delle pagine web si sta affinando sempre di più, arricchendosi di suoni, animazioni e interattività, il che non solo autorizza ad usare la parola arte, ma suggerisce anche le piene potenzialità di questo linguaggio, che è solo in attesa della diffusione della banda larga per esprimersi al di fuori delle web galleries.
Ad ogni punto cardinale virtuale del MOWA c’è una galleria, a seconda che vi siano raccolte “cose che si muovono, cose che funzionano, cose costanti, cose che cambiano”, (la linea tematica attuale è sempre quella che riguarda i siti web, con rassegne su sfondi, bottoni, e contatori). Infine un’ala del museo è dedicata ai bambini, con arte, divertimenti e storie interattive.
Al MOMA di San Francisco invece, il primo gennaio 2001 si è inaugurata “010101 : Art in Technological Times”, parallelamente alla versione on-line. Costruita quindi su una doppia architettura, reale e virtuale, la mostra intende esplorare la reazione dell’arte e degli artisti a un mondo che tra Internet, Incoming mails e squilli di cellulare si sta saturando di tecnologia. Videoarte, installazioni, sculture, dipinti, progetti di design e opere appositamente commissionate per il web sono esposti nella galleria e nel sito, la cui innovativa interfaccia, progettata da “Perimetre-Flux”, ovvero cinque designers ingaggiati dal SFMOMA, è parte integrante della mostra.
Lo spazio della galleria e quello del web sono interdipendenti, dando così allo spazio reale un’ulteriore profondità propria del linguaggio ipertestuale. Ad esempio i visitatori della galleria possono partecipare alle discussioni on-line (attraverso le postazioni in loco) interagendo con chiunque sia collegato in quel momento. Molto interessanti i temi proposti a partire da alcune parole evocative di diverse problematiche estetiche, politiche, sociali.
E da “technology” riportiamo questa citazione di Douglas Coupland, sintomatica delle inquietudini e dei profondi mutamenti che stanno avvenendo nella società del ventunesimo secolo:
"Cosa succederebbe se le macchine avessero un loro proprio inconscio? Se in questo momento fossero come degli umani bamnbini, muniti di cervello, ma senz’altro modo di esprimersi se non urlando (bloccandosi). A cosa somiglierebbe l’inconscio delle macchine? In che modo assorbirebbero quello che diamo loro? Se le macchine potessero parlarci, cosa ci direbbero?"
http://010101.sfmoma.org/
http://www.alternativemuseum.org
http://www.mowa.org/
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