Time will tell. Zanele Muholi + Robert Hamblin
Dal 25 Giugno 2022 al 02 Ottobre 2022
Capalbio | Grosseto
Luogo: Galleria Il Frantoio
Indirizzo: Piazza della Provvidenza 10
Orari: da mercoledì a lunedì dalle 18.00 alle 23.00. Chiuso il martedì
Curatori: Francesca de' Medici e Davide Sarchioni
Enti promotori:
- Patrocinio di Comune di Capalbio e Ambasciatore della Repubblica del Sudafrica in Italia
Telefono per informazioni: +39 3357504436
E-Mail info: info@frantoiocapalbio.com
Maria Concetta Monaci, Presidente dell'Associazione Culturale Il Frantoio, è lieta di presentare la prima assoluta della mostra TIME WILL TELL. ZANELE MUHOLI + ROBERT HAMBLIN, a cura di Francesca de' Medici e Davide Sarchioni presso lo spazio espositivo della Galleria Il Frantoio a Capalbio .
Zanele Muholi e Robert Hamblin sono artisti e attivisti sudafricani per la prima volta insieme in Italia in un progetto espositivo a due voci del tutto eccezionale, che prosegue nell'intento condiviso da entrambi di sensibilizzare lo spettatore e spingere a riflettere sulle tematiche della discriminazione sociale, di genere e di razza.
Zanele Muholi (Umlazi, Durban, Sudafrica,1972) è attivista visiv*, umanitari* e fotograf* il cui lavoro, che è stato esposto in alcuni dei maggiori musei del mondo e presso il Padiglione Centrale nella mostra curata da Ralph Rugoff alla LVIII Biennale di Venezia, spazia dalla fotografia al video, dalla pittura alla scultura per esprimere anzitutto la condizione delle donne nere queer in Sudafrica. Il suo attivismo è impegnato contro le discriminazioni e le violenze affrontate dalla comunità LGBTQI+ nel tentativo di "riscrivere una storia visiva nera, queer e trans del Sudafrica, in modo che il mondo conosca la nostra resistenza ed esistenza al culmine dei crimini di odio in Sudafrica e altrove.” (Zanele Muholi). Robert Hamblin (Hillbrow, Johannesburg, Sudafrica, 1969) è attivista, artista e fotografo che, in quanto persona transgender, si concentra su questioni relative alla politica corporea della mascolinità queer e bianca evidenziando, tra le altre, le ingiustizie legate all'identità di genere nella società sudafricana. Hamblin ha vissuto come donna queer nell'era dell'Apartheid e successivamente come uomo transgender. I suoi lavori fotografici e pittorici testimoniano in pieno questa straordinaria e intima esplorazione.
Muholi e Hamblin sono legati da una forte amicizia e intesa, sia come artisti sia come attivisti, che li ha condotti a concepire un progetto espositivo nato appositamente per Capalbio. “Time Will Tell” è un messaggio di speranza per tutti: un monito a impegnarsi a lavorare su questioni di fondamentale importanza che potrebbero e dovrebbero cambiare nella società, nell'ambiente e nel paese di ognuno. “Le cose non possono cambiare dall'oggi al domani - dice Robert Hamblin - solo il tempo ti dirà dove andranno le cose, in che direzione andrà il tuo lavoro (sia artistico che di attivismo). Non si può controllare l'impatto del proprio lavoro: puoi solo fare il tuo lavoro e continuare a farlo”.
In mostra sono presentati 60 lavori, alcuni dei quali inediti. Anzitutto autoritratti. Di Muholi viene presentata una selezione di scatti fotografici di diverse dimensioni e rigorosamente in bianco e nero realizzati tra il 2009 e il 2022, tratti dalle celebri serie tutt'oggi in progress “Faces and Phases”, costituita da ritratti di donne queer nere sudafricane, e da “Somnyama Ngonyama: Hail the Dark Lioness”, autoritratti di grande intensità, in cui l'artista è acconciat* e vestit* con abiti, accessori e oggetti, legati metaforicamente a storie di discriminazione e violenza razziale e di genere. Ad essi si aggiungono i wallpaper fortemente evocativi e un nuovo autoritratto in bronzo del 2022. Tra i lavori di Muholi è emblematica la grande fotografia a stampa in gelatina d'argento “Massa + Maids, Hout Bay” del 2009, che ritrae tre donne nere in un interno vestite da collaboratrici domestiche (delle quali una è rappresentata dalla stessa Muholi) in posa con un uomo bianco impersonato proprio da Robert Hamblin.
Di Hamblin sono esposti un gran numero di autoritratti, molti dei quali eseguiti a inchiostro su carta con una gestualità impulsiva e a tratti irruente che, seppur intimamente meditata, si manifesta quale sfogo del tutto interiore in un'ampia varietà di immagini emotivamente toccanti e coinvolgenti. Ad essi fanno da controparte e supporto gli intensi autoritratti fotografici in cui l'artista esplora coraggiosamente il proprio corpo maschile in tutta la sua verità e umanità, immortalato in pose e atteggiamenti che travalicano pregiudizi e limiti di genere, rivelando le cicatrici degli interventi chirurgici quali segni e ferite esistenziali.
“Zanele Muholi e Robert Hamblin - scrive il curatore Davide Sarchioni - sono riusciti a trasferire, con modalità differenti, le proprie vicende ed esperienze di vita in un linguaggio artistico potente, diretto e poetico a un tempo, ma anche stratificato e denso di immagini emblematiche e significati profondi che affiorano lentamente sovvertendo lo stato delle cose, il pensiero comune legato a retaggi culturali, pregiudizi e consuetudini sull'identità di genere, razza e appartenenza sociale, per educare alla solidarietà e alla diversità, per spingere verso il cambiamento un mondo che, seppur faticosamente, si sta di fatto trasformando. Mettendo coraggiosamente in gioco anzitutto se stessi in prima persona, le loro immagini evocano storie nelle quali tutti noi siamo coinvolti, indistintamente, ogni giorno e in ogni luogo, da protagonisti o spettatori, e questo ci sprona a prendere una posizione consapevole, dura e necessaria, per migliorare e migliorarsi”.
Elevando l'intero progetto espositivo su un ulteriore piano di lettura, il lavoro di Hamblin trova un ricongiungimento tanto metaforico quanto reale con Muholi nella serie di scatti inediti in bianco e nero realizzati nel 2021 e nel 2022. Si ritrovano così all'interno di camere di albergo e in altri luoghi volutamente anonimi dove i loro corpi sono associati l'uno all'altro astraendosi dalla realtà e si intrecciano evocando l'intersezione tra due storie individuali differenti, cariche di sofferenze e di ingiustizie condivise, per offrire allo spettatore un messaggio di speranza, di apertura e possibilità. “Quando il Sudafrica cominciò a imporre dei lunghi periodi di isolamento per via del COVID-19, Zanele Muholi e Robert Hamblin, amici dal 2006, si ritrovarono confinati ciascuno a casa propria, impossibilitati a fare i loro mestieri ed a vivere le loro vocazioni di fotografi ed attivisti - racconta la curatrice Francesca de’ Medici - Muholi e Hamblin iniziarono a dialogare quotidianamente e quando Muholi suggerì a Hamblin di fare una mostra assieme, si rivolsero a me per organizzarla e curarla. Sono dunque davvero felice di collaborare con la Galleria Il Frantoio e con Davide Sarchioni a questo progetto straordinario”.
Zanele Muholi e Robert Hamblin si ritrovano per la prima volta, nell'ambito di questa inedita occasione espositiva, a far dialogare le proprie opere per lanciare un messaggio di denuncia e smuovere le coscienze di un pubblico sempre più ampio. L'espressione artistica è per entrambi un vero atto politico di sensibilizzazione nella lotta che da anni conducono strenuamente, veicolando le proprie storie personali per educare alla solidarietà e alla diversità, per abbattere i muri dell'intolleranza e dell'indifferenza.
“Credo fermamente nell’arte come strumento necessario per realizzare processi di coesione e di cambiamento sociale - dichiara Maria Concetta Monaci. Per questo sono orgogliosa di organizzare e presentare negli spazi espositivi della Galleria Il Frantoio - insieme a Francesca de' Medici e Davide Sarchioni - la mostra di Zanele Muholi e Robert Hamblin, due “artivisti” che lottano da tempo contro le discriminazioni sociali e di genere, con la voglia di suscitare riflessioni profonde su una tematica oggi più che mai urgente e imprescindibile, per ispirare il nostro pubblico e soprattutto le nuove generazioni. Proprio ora in Italia, a Capalbio, abbiamo bisogno di dare ulteriore forza ad un movimento di cambiamento attraverso questa mostra. Time will tell…”
La mostra “TIME WILL TELL. ZANELE MUHOLI + ROBERT HAMBLIN” è organizzata dall'Associazione Il Frantoio, con il supporto di Fondazione Capalbio e gode del patrocinio del Comune di Capalbio e dell'Ambasciatore del Sudafrica in Italia. Successivamente all'inaugurazione della mostra sarà pubblicato un catalogo corredato dagli apparati fotografici delle opere e dell'allestimento, con testi in italiano e inglese dei curatori e altri contributi. Durante il periodo di apertura al pubblico l'Associazione Il Frantoio organizzerà momenti incontri, talk e tavole rotonde per approfondire da diverse angolazioni e in maniera sempre più ampia e trasversale le questioni sulle discriminazioni sociali, di razza e di genere.
Zanele Muholi (Umlazi, Durban, Sudafrica, 1972), attivista visiv* e artivista. Dopo aver seguito un corso di Advanced Photography al Market Photo Workshop di Johannesburg Muholi ha conseguito un Master of Fine Arts in Documentary Media alla Ryerson University di Toronto. Ha iniziato a lavorare come fotograf* e giornalista per Behind the Mask, una fanzine online che si occupa di questioni LGBTQI+ in Africa. Nel 2002 ha contribuito a fondare il FEW-Forum for the Empowerment of Women, organizzazione di lesbiche nere dedicata a fornire un safe space che permetta alle donne di incontrarsi e combattere ogni forma di discriminazione. Nel 2009 fonda Inkanyiso, forum per l’attivismo visivo queer e contestualmente documenta i crimini commessi contro la comunità queer, in particolare per quanto riguarda lo stupro correttivo. Nel 2013 diventa docente onorario della University of the Arts/Hochschule für Künste di Brema. Ha ricevuto il Index on Censorship - Freedom of Expression art award e nel 2013 è stat* nominat* un* dei Foreign Policy's Global Thinkers. Fra i numerosi premi, ha ricevuto il titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres e l’Infinity Award dell’International Center of Photography. Le più recenti esposizioni personali includono una retrospettiva alla Tate Modern di Londra, (2020-21) e mostre alla Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2022), alla Bildmuseet, Umeå,(2021) al Gropius Bau di Berlino (2021), allo Sprengel Museum di Hannover (2021); al Cummer Museum, Florida (2021); alla Norval Foundation, Cape Town (2020), ed alla Ethelbert Cooper Gallery of African and African American Art at Harvard University (2020). La serie Faces and Phases è stata esposta nel padiglione sudafricano alla 55° Biennale di Venezia, a dOCUMENTA 13 (2012), e alla 29° biennale di São Paulo (2010). L’artista ha prodotto un progetto urbano intitolato Masihambisane – on Visual Activism per Performa 17, New York (2017). Muholi prosegue instancabilmente il suo lavoro con i giovani studenti del KwaZulu-Natal con laboratori fotografici ed artistici, creando innumerevoli opportunità di studio, ricerca e lavoro.
Robert Hamblin (Hillbrow, Johannesburg, Sudafrica, 1969) è artista, padre e attivista di genere nato a Johannesburg in Sudafrica. Vive e lavora a Città del Capo. Sia i dipinti che le opere fotografiche di Hamblin sono stati esposti e sono presenti in collezioni in Sud Africa e a livello internazionale. L'artista ha ricevuto il plauso della critica per il suo lavoro che contribuisce ai dibattiti sulla politica del corpo in un'era post-Apartheid. Il lavoro di Hamblin si occupa di questioni di mascolinità queer come persona transgender. Oltre alle sue esperienze come fotografo nell'era dell'Apartheid, è stato presidente di Iranti-Org (formata nel 2012 in aiuto dei movimenti sudafricani di lesbiche, trans, intersex e genere non conformi), ha co-fondato Gender Dynamix Org, la prima organizzazione sudafricana dedicata alle comunità transgender e per il rispetto delle diversità di genere e ha collaborato con organizzazioni quali SWEAT e The Sistaaz Hood. Gode da più di vent'anni dell’amicizia e del tutoraggio di Nel Erasmus, artista astratta sudafricana dell’Académie Ranson della quale sta contribuendo a costituirne l’archivio. Nel giugno 2021 è uscito il suo libro di memorie “Robert. A Queer & Crooked Memoir for the not so Straight or Narrow” edito da NB Publishers/ Melinda Ferguson Books, storia di un essere umano determinato ad affrontare e guarire dai confini di genere e di razzismo, rifiutandosi di vivere in un costruzionismo sociale.
Zanele Muholi e Robert Hamblin sono artisti e attivisti sudafricani per la prima volta insieme in Italia in un progetto espositivo a due voci del tutto eccezionale, che prosegue nell'intento condiviso da entrambi di sensibilizzare lo spettatore e spingere a riflettere sulle tematiche della discriminazione sociale, di genere e di razza.
Zanele Muholi (Umlazi, Durban, Sudafrica,1972) è attivista visiv*, umanitari* e fotograf* il cui lavoro, che è stato esposto in alcuni dei maggiori musei del mondo e presso il Padiglione Centrale nella mostra curata da Ralph Rugoff alla LVIII Biennale di Venezia, spazia dalla fotografia al video, dalla pittura alla scultura per esprimere anzitutto la condizione delle donne nere queer in Sudafrica. Il suo attivismo è impegnato contro le discriminazioni e le violenze affrontate dalla comunità LGBTQI+ nel tentativo di "riscrivere una storia visiva nera, queer e trans del Sudafrica, in modo che il mondo conosca la nostra resistenza ed esistenza al culmine dei crimini di odio in Sudafrica e altrove.” (Zanele Muholi). Robert Hamblin (Hillbrow, Johannesburg, Sudafrica, 1969) è attivista, artista e fotografo che, in quanto persona transgender, si concentra su questioni relative alla politica corporea della mascolinità queer e bianca evidenziando, tra le altre, le ingiustizie legate all'identità di genere nella società sudafricana. Hamblin ha vissuto come donna queer nell'era dell'Apartheid e successivamente come uomo transgender. I suoi lavori fotografici e pittorici testimoniano in pieno questa straordinaria e intima esplorazione.
Muholi e Hamblin sono legati da una forte amicizia e intesa, sia come artisti sia come attivisti, che li ha condotti a concepire un progetto espositivo nato appositamente per Capalbio. “Time Will Tell” è un messaggio di speranza per tutti: un monito a impegnarsi a lavorare su questioni di fondamentale importanza che potrebbero e dovrebbero cambiare nella società, nell'ambiente e nel paese di ognuno. “Le cose non possono cambiare dall'oggi al domani - dice Robert Hamblin - solo il tempo ti dirà dove andranno le cose, in che direzione andrà il tuo lavoro (sia artistico che di attivismo). Non si può controllare l'impatto del proprio lavoro: puoi solo fare il tuo lavoro e continuare a farlo”.
In mostra sono presentati 60 lavori, alcuni dei quali inediti. Anzitutto autoritratti. Di Muholi viene presentata una selezione di scatti fotografici di diverse dimensioni e rigorosamente in bianco e nero realizzati tra il 2009 e il 2022, tratti dalle celebri serie tutt'oggi in progress “Faces and Phases”, costituita da ritratti di donne queer nere sudafricane, e da “Somnyama Ngonyama: Hail the Dark Lioness”, autoritratti di grande intensità, in cui l'artista è acconciat* e vestit* con abiti, accessori e oggetti, legati metaforicamente a storie di discriminazione e violenza razziale e di genere. Ad essi si aggiungono i wallpaper fortemente evocativi e un nuovo autoritratto in bronzo del 2022. Tra i lavori di Muholi è emblematica la grande fotografia a stampa in gelatina d'argento “Massa + Maids, Hout Bay” del 2009, che ritrae tre donne nere in un interno vestite da collaboratrici domestiche (delle quali una è rappresentata dalla stessa Muholi) in posa con un uomo bianco impersonato proprio da Robert Hamblin.
Di Hamblin sono esposti un gran numero di autoritratti, molti dei quali eseguiti a inchiostro su carta con una gestualità impulsiva e a tratti irruente che, seppur intimamente meditata, si manifesta quale sfogo del tutto interiore in un'ampia varietà di immagini emotivamente toccanti e coinvolgenti. Ad essi fanno da controparte e supporto gli intensi autoritratti fotografici in cui l'artista esplora coraggiosamente il proprio corpo maschile in tutta la sua verità e umanità, immortalato in pose e atteggiamenti che travalicano pregiudizi e limiti di genere, rivelando le cicatrici degli interventi chirurgici quali segni e ferite esistenziali.
“Zanele Muholi e Robert Hamblin - scrive il curatore Davide Sarchioni - sono riusciti a trasferire, con modalità differenti, le proprie vicende ed esperienze di vita in un linguaggio artistico potente, diretto e poetico a un tempo, ma anche stratificato e denso di immagini emblematiche e significati profondi che affiorano lentamente sovvertendo lo stato delle cose, il pensiero comune legato a retaggi culturali, pregiudizi e consuetudini sull'identità di genere, razza e appartenenza sociale, per educare alla solidarietà e alla diversità, per spingere verso il cambiamento un mondo che, seppur faticosamente, si sta di fatto trasformando. Mettendo coraggiosamente in gioco anzitutto se stessi in prima persona, le loro immagini evocano storie nelle quali tutti noi siamo coinvolti, indistintamente, ogni giorno e in ogni luogo, da protagonisti o spettatori, e questo ci sprona a prendere una posizione consapevole, dura e necessaria, per migliorare e migliorarsi”.
Elevando l'intero progetto espositivo su un ulteriore piano di lettura, il lavoro di Hamblin trova un ricongiungimento tanto metaforico quanto reale con Muholi nella serie di scatti inediti in bianco e nero realizzati nel 2021 e nel 2022. Si ritrovano così all'interno di camere di albergo e in altri luoghi volutamente anonimi dove i loro corpi sono associati l'uno all'altro astraendosi dalla realtà e si intrecciano evocando l'intersezione tra due storie individuali differenti, cariche di sofferenze e di ingiustizie condivise, per offrire allo spettatore un messaggio di speranza, di apertura e possibilità. “Quando il Sudafrica cominciò a imporre dei lunghi periodi di isolamento per via del COVID-19, Zanele Muholi e Robert Hamblin, amici dal 2006, si ritrovarono confinati ciascuno a casa propria, impossibilitati a fare i loro mestieri ed a vivere le loro vocazioni di fotografi ed attivisti - racconta la curatrice Francesca de’ Medici - Muholi e Hamblin iniziarono a dialogare quotidianamente e quando Muholi suggerì a Hamblin di fare una mostra assieme, si rivolsero a me per organizzarla e curarla. Sono dunque davvero felice di collaborare con la Galleria Il Frantoio e con Davide Sarchioni a questo progetto straordinario”.
Zanele Muholi e Robert Hamblin si ritrovano per la prima volta, nell'ambito di questa inedita occasione espositiva, a far dialogare le proprie opere per lanciare un messaggio di denuncia e smuovere le coscienze di un pubblico sempre più ampio. L'espressione artistica è per entrambi un vero atto politico di sensibilizzazione nella lotta che da anni conducono strenuamente, veicolando le proprie storie personali per educare alla solidarietà e alla diversità, per abbattere i muri dell'intolleranza e dell'indifferenza.
“Credo fermamente nell’arte come strumento necessario per realizzare processi di coesione e di cambiamento sociale - dichiara Maria Concetta Monaci. Per questo sono orgogliosa di organizzare e presentare negli spazi espositivi della Galleria Il Frantoio - insieme a Francesca de' Medici e Davide Sarchioni - la mostra di Zanele Muholi e Robert Hamblin, due “artivisti” che lottano da tempo contro le discriminazioni sociali e di genere, con la voglia di suscitare riflessioni profonde su una tematica oggi più che mai urgente e imprescindibile, per ispirare il nostro pubblico e soprattutto le nuove generazioni. Proprio ora in Italia, a Capalbio, abbiamo bisogno di dare ulteriore forza ad un movimento di cambiamento attraverso questa mostra. Time will tell…”
La mostra “TIME WILL TELL. ZANELE MUHOLI + ROBERT HAMBLIN” è organizzata dall'Associazione Il Frantoio, con il supporto di Fondazione Capalbio e gode del patrocinio del Comune di Capalbio e dell'Ambasciatore del Sudafrica in Italia. Successivamente all'inaugurazione della mostra sarà pubblicato un catalogo corredato dagli apparati fotografici delle opere e dell'allestimento, con testi in italiano e inglese dei curatori e altri contributi. Durante il periodo di apertura al pubblico l'Associazione Il Frantoio organizzerà momenti incontri, talk e tavole rotonde per approfondire da diverse angolazioni e in maniera sempre più ampia e trasversale le questioni sulle discriminazioni sociali, di razza e di genere.
Zanele Muholi (Umlazi, Durban, Sudafrica, 1972), attivista visiv* e artivista. Dopo aver seguito un corso di Advanced Photography al Market Photo Workshop di Johannesburg Muholi ha conseguito un Master of Fine Arts in Documentary Media alla Ryerson University di Toronto. Ha iniziato a lavorare come fotograf* e giornalista per Behind the Mask, una fanzine online che si occupa di questioni LGBTQI+ in Africa. Nel 2002 ha contribuito a fondare il FEW-Forum for the Empowerment of Women, organizzazione di lesbiche nere dedicata a fornire un safe space che permetta alle donne di incontrarsi e combattere ogni forma di discriminazione. Nel 2009 fonda Inkanyiso, forum per l’attivismo visivo queer e contestualmente documenta i crimini commessi contro la comunità queer, in particolare per quanto riguarda lo stupro correttivo. Nel 2013 diventa docente onorario della University of the Arts/Hochschule für Künste di Brema. Ha ricevuto il Index on Censorship - Freedom of Expression art award e nel 2013 è stat* nominat* un* dei Foreign Policy's Global Thinkers. Fra i numerosi premi, ha ricevuto il titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres e l’Infinity Award dell’International Center of Photography. Le più recenti esposizioni personali includono una retrospettiva alla Tate Modern di Londra, (2020-21) e mostre alla Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2022), alla Bildmuseet, Umeå,(2021) al Gropius Bau di Berlino (2021), allo Sprengel Museum di Hannover (2021); al Cummer Museum, Florida (2021); alla Norval Foundation, Cape Town (2020), ed alla Ethelbert Cooper Gallery of African and African American Art at Harvard University (2020). La serie Faces and Phases è stata esposta nel padiglione sudafricano alla 55° Biennale di Venezia, a dOCUMENTA 13 (2012), e alla 29° biennale di São Paulo (2010). L’artista ha prodotto un progetto urbano intitolato Masihambisane – on Visual Activism per Performa 17, New York (2017). Muholi prosegue instancabilmente il suo lavoro con i giovani studenti del KwaZulu-Natal con laboratori fotografici ed artistici, creando innumerevoli opportunità di studio, ricerca e lavoro.
Robert Hamblin (Hillbrow, Johannesburg, Sudafrica, 1969) è artista, padre e attivista di genere nato a Johannesburg in Sudafrica. Vive e lavora a Città del Capo. Sia i dipinti che le opere fotografiche di Hamblin sono stati esposti e sono presenti in collezioni in Sud Africa e a livello internazionale. L'artista ha ricevuto il plauso della critica per il suo lavoro che contribuisce ai dibattiti sulla politica del corpo in un'era post-Apartheid. Il lavoro di Hamblin si occupa di questioni di mascolinità queer come persona transgender. Oltre alle sue esperienze come fotografo nell'era dell'Apartheid, è stato presidente di Iranti-Org (formata nel 2012 in aiuto dei movimenti sudafricani di lesbiche, trans, intersex e genere non conformi), ha co-fondato Gender Dynamix Org, la prima organizzazione sudafricana dedicata alle comunità transgender e per il rispetto delle diversità di genere e ha collaborato con organizzazioni quali SWEAT e The Sistaaz Hood. Gode da più di vent'anni dell’amicizia e del tutoraggio di Nel Erasmus, artista astratta sudafricana dell’Académie Ranson della quale sta contribuendo a costituirne l’archivio. Nel giugno 2021 è uscito il suo libro di memorie “Robert. A Queer & Crooked Memoir for the not so Straight or Narrow” edito da NB Publishers/ Melinda Ferguson Books, storia di un essere umano determinato ad affrontare e guarire dai confini di genere e di razzismo, rifiutandosi di vivere in un costruzionismo sociale.
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