A Brescia un ciclo di incontri disegna i musei del futuro
Open Doors: il museo partecipativo secondo Francesca Bazoli
Francesca Bazoli, presidente di Fondazione Brescia Musei. Foto © Roberto Serra
Francesca Grego
26/05/2022
Brescia - Come si costruisce un museo partecipativo? In che modo le istituzioni culturali possono migliorare la vita di una comunità? È possibile sentirsi a casa negli spazi dell’arte? Come coinvolgere anche chi si sente estraneo? In Italia e nel mondo si moltiplicano le iniziative per rendere i musei sempre più accoglienti, aperti e inclusivi. E c’è chi su questi temi lavora da tempo, talvolta con risultati sorprendenti.
È il caso dei Musei di Brescia, promotori del convegno Open Doors. Il museo partecipativo oggi: otto incontri da seguire presso l’Auditorium di Santa Giulia o in streaming, in un confronto tra i protagonisti delle esperienze più innovative degli ultimi anni. Tra gli italiani troviamo il Castello di Rivoli, FARM Cultural Park, Fondazione Fitzcarraldo, Fondazione MAXXI, Fondazione Matera – Basilicata 2019, GAMeC di Bergamo, mudaC di Carrara, Fondazione Museo Egizio di Torino, mentre dall’estero interverranno la Chester Beatty Library di Dublino, i City Museums and Galleries di Nottingham, la Gallery of Matica Srpska di Novi Sad, la Manifacture di Avignone, la Mapadasideias di Lisbona, il Museo de Lisboa di Lisbona, il Museum of Broken Relationships di Zagabria, il Nationaal Museum van Wereldculturen di Amsterdam, il POLIN Museum di Varsavia, il Science Center Esplora di Malta, il network delle United Cities and Local Governments di Barcellona, la University of Pennsylvania di Philadelphia e il Zeeuws Museum di Middelburg.
Chiostro di San Salvatore, Brescia I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Organizzato da Fondazione Brescia Musei in collaborazione con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali e con NEMO – The Network of European Museum Organisations, e curato da Pierluigi Sacco, docente di politica economica presso l’Università di Chieti-Pescara, ricercatore associato presso il CNR-ISPC di Napoli e presso il metaLAB di Harvard nonché consulente internazionale nel campo dello sviluppo su base culturale, il ciclo di talk è iniziato nel pomeriggio di ieri, mercoledì 25 maggio, e proseguirà fino al prossimo 23 novembre, per condividere idee e competenze e immaginare insieme i musei del futuro.
“Confrontarci con le esperienze degli altri può aiutarci a capire come fare meglio e di più”, spiega Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei, in prima linea nella ricerca sul museo partecipativo: “Dopo anni di sperimentazione, inoltre, c’è l’esigenza di un inquadramento teorico e di una verifica dell’efficacia delle nostre azioni. A guidare i nostri passi è la Convenzione di Faro del 2005, ratificata dall’Italia nel 2020, che ha definito il concetto fondamentale di ‘comunità di eredità’: una comunità responsabile costruita attorno ai patrimoni che abbiamo ricevuto dal passato e abbiamo il compito di traghettare verso il futuro. Lo slancio programmatico della Convenzione di Faro è un motore potente, che ci spinge a esplorare a fondo le potenzialità dei musei. Credo che quella del museo partecipativo sia una dimensione affascinante e sempre più centrale per la vita delle istituzioni culturali ”.
Courtesy Fondazione Brescia Musei
Perché a Brescia avete scelto la strada del museo partecipativo?
“Il periodo della pandemia ci ha spinti a riflettere in maniera più stringente sul nostro ruolo e sulle relazioni con la comunità in cui operiamo. Noi non siamo il Colosseo di Roma, che per definizione è votato al turismo. Certo, tra gli obiettivi c’è quello di attrarre visitatori sempre nuovi in una città meravigliosa, con un patrimonio straordinario e ancora poco conosciuto, ma la nostra vocazione è soprattutto civica e il rapporto con il territorio è fondamentale. In questo senso si è rivelato cruciale il nostro sistema di governance. Siamo una pluralità di musei civici riuniti in una fondazione. Questo ci permette di avere una visione unitaria e quindi un indirizzo di gestione molto chiaro”.
Com’è cambiata la vita dei musei dopo questa scelta? In che modo vi siete rapportati al territorio?
“L’idea centrale è stata quella di aprirci verso l’esterno e di offrire tutti i servizi possibili per migliorare la vita della comunità, dall’educazione al welfare, coinvolgendo famiglie, ragazzi, disabili, istituzioni. Una peculiarità della nostra esperienza è lo stretto legame instaurato con le imprese, che a Brescia sono molto numerose e attive. Abbiamo cercato di far percepire agli imprenditori che la loro creatività è in qualche modo legata alla creatività culturale che nel territorio si è espressa. Perciò la loro vicinanza va oltre la semplice sponsorizzazione di una mostra: lavoriamo insieme per creare una comunità di valore. Al museo le imprese trovano uno spazio per le proprie attività e nelle loro sedi all’estero si fanno ambasciatrici del patrimonio culturale bresciano. Imprese piccole e grandi ci sostengono a 360 gradi, con una partnership di tre anni che le coinvolge in ogni iniziativa dei musei. Credo che questa sia stata una delle idee vincenti: si sposa la Fondazione perché è parte dello sviluppo della propria città. Oserei dire che i risultati sono entusiasmanti: ben trenta imprese ci hanno dato il loro appoggio e le ultime hanno chiesto spontaneamente di entrare nella rete. Questo perché in città la percezione di quello che stiamo facendo è molto forte”.
La Vittoria Alata dopo il restauro nel Capitolium con il nuovo allestimento di Juan Navarro Baldeweg. Credits: Archivio fotografico Musei di Brescia ©Alessandra Chemollo
Quali sono state le vostre iniziative in campo sociale?
“Con le istituzioni ospedaliere della nostra città stiamo sperimentando una collaborazione quasi strutturale per portare la cultura e l’arte nei luoghi della cura. Durante le celebrazioni per il ritorno della Vittoria Alata, lo straordinario bronzo romano simbolo di Brescia, nei corridoi di ingresso alla Poliambulanza abbiamo allestito una bella mostra di fotografie d’autore della statua, che comunicava immediatamente il senso dell’accoglienza. Al centro vaccinale, invece, abbiamo creato un itinerario sulle vicende della scultura, da percorrere inquadrando un qr code con il telefonino: un modo piacevole e interessante per alleggerire l’attesa. In questi anni, inoltre, abbiamo organizzato visite museali per soggetti fragili e con esigenze speciali. Abbiamo portato in Pinacoteca persone cieche e con disagi mentali, nella convinzione, supportata dall’opinione degli scienziati, che il bello possa funzionare anche come cura”.
Courtesy Fondazione Brescia Musei
Coinvolgere fruitori sempre più giovani oggi sembra essere un must delle istituzioni museali…
“Quello dei servizi educativi è un altro grande tema sul quale abbiamo lavorato: i nostri summer camp con il tempo si sono trasformati anche in winter camp e oggi coprono tutte le occasioni di vacanza dalla scuola. Quest’anno abbiamo esteso l’offerta dai ragazzi delle elementari ai preadolescenti, organizzando attività su temi diversi all’interno dei musei. È uno dei servizi più preziosi che possiamo offrire: educare i giovani al bello, anche perché saranno i nostri fruitori di domani. Abbiamo riaperto già nel 2020, dopo la prima fase della pandemia, assumendoci la responsabilità perché sapevamo che i ragazzi erano rimasti chiusi per mesi. È stato un servizio apprezzatissimo dalle famiglie bresciane e oggi i summer camp sono sold out a pochi giorni dall’apertura delle iscrizioni. Devo dire che in tutte le attività proposte la partecipazione è stata veramente notevole: la città ha compreso pienamente il percorso che stiamo facendo. Questo ci dà grande soddisfazione e ci stimola ad andare avanti”.
"Io e te al museo" I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Guardando al panorama italiano, quali sono a suo parere le esperienze più interessanti sviluppate sul tema del museo partecipativo?
“Per conoscerle basta scorrere il programma di Open Doors, dove abbiamo cercato di riunire il meglio delle esperienze nazionali e internazionali cresciute negli ultimi anni. Per l’Italia avremo il Castello di Rivoli e la Fondazione Fitzcarraldo di Torino, Farm Cultural Park di Favara, in provincia di Agrigento, la Fondazione Matera Basilicata 2019, la Gamec di Bergamo, solo per citarne alcuni. Inoltre, trovo veramente interessanti le attività portate avanti da un grande museo come il MANN di Napoli. Gli esempi non mancano insomma. Si tratta di mettere a sistema queste esperienze per capire se e come siano replicabili al di fuori dei singoli contesti”.
Che cosa si aspetta dagli incontri di Open Doors?
“Mi aspetto molto da questi incontri, che abbiamo organizzato con grande impegno e curiosità. Siamo riusciti a mettere insieme ospiti di alto livello e numerosi relatori internazionali. Anche questa è una declinazione del concetto di museo partecipativo: aprirsi alle esperienze degli altri e condividere le proprie per cercare insieme nuove piste.
Credo che sia una strada davvero molto promettente”.
Photo Cristian Penocchio I Courtesy Comune di Brescia
È il caso dei Musei di Brescia, promotori del convegno Open Doors. Il museo partecipativo oggi: otto incontri da seguire presso l’Auditorium di Santa Giulia o in streaming, in un confronto tra i protagonisti delle esperienze più innovative degli ultimi anni. Tra gli italiani troviamo il Castello di Rivoli, FARM Cultural Park, Fondazione Fitzcarraldo, Fondazione MAXXI, Fondazione Matera – Basilicata 2019, GAMeC di Bergamo, mudaC di Carrara, Fondazione Museo Egizio di Torino, mentre dall’estero interverranno la Chester Beatty Library di Dublino, i City Museums and Galleries di Nottingham, la Gallery of Matica Srpska di Novi Sad, la Manifacture di Avignone, la Mapadasideias di Lisbona, il Museo de Lisboa di Lisbona, il Museum of Broken Relationships di Zagabria, il Nationaal Museum van Wereldculturen di Amsterdam, il POLIN Museum di Varsavia, il Science Center Esplora di Malta, il network delle United Cities and Local Governments di Barcellona, la University of Pennsylvania di Philadelphia e il Zeeuws Museum di Middelburg.
Chiostro di San Salvatore, Brescia I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Organizzato da Fondazione Brescia Musei in collaborazione con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali e con NEMO – The Network of European Museum Organisations, e curato da Pierluigi Sacco, docente di politica economica presso l’Università di Chieti-Pescara, ricercatore associato presso il CNR-ISPC di Napoli e presso il metaLAB di Harvard nonché consulente internazionale nel campo dello sviluppo su base culturale, il ciclo di talk è iniziato nel pomeriggio di ieri, mercoledì 25 maggio, e proseguirà fino al prossimo 23 novembre, per condividere idee e competenze e immaginare insieme i musei del futuro.
“Confrontarci con le esperienze degli altri può aiutarci a capire come fare meglio e di più”, spiega Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei, in prima linea nella ricerca sul museo partecipativo: “Dopo anni di sperimentazione, inoltre, c’è l’esigenza di un inquadramento teorico e di una verifica dell’efficacia delle nostre azioni. A guidare i nostri passi è la Convenzione di Faro del 2005, ratificata dall’Italia nel 2020, che ha definito il concetto fondamentale di ‘comunità di eredità’: una comunità responsabile costruita attorno ai patrimoni che abbiamo ricevuto dal passato e abbiamo il compito di traghettare verso il futuro. Lo slancio programmatico della Convenzione di Faro è un motore potente, che ci spinge a esplorare a fondo le potenzialità dei musei. Credo che quella del museo partecipativo sia una dimensione affascinante e sempre più centrale per la vita delle istituzioni culturali ”.
Courtesy Fondazione Brescia Musei
Perché a Brescia avete scelto la strada del museo partecipativo?
“Il periodo della pandemia ci ha spinti a riflettere in maniera più stringente sul nostro ruolo e sulle relazioni con la comunità in cui operiamo. Noi non siamo il Colosseo di Roma, che per definizione è votato al turismo. Certo, tra gli obiettivi c’è quello di attrarre visitatori sempre nuovi in una città meravigliosa, con un patrimonio straordinario e ancora poco conosciuto, ma la nostra vocazione è soprattutto civica e il rapporto con il territorio è fondamentale. In questo senso si è rivelato cruciale il nostro sistema di governance. Siamo una pluralità di musei civici riuniti in una fondazione. Questo ci permette di avere una visione unitaria e quindi un indirizzo di gestione molto chiaro”.
Com’è cambiata la vita dei musei dopo questa scelta? In che modo vi siete rapportati al territorio?
“L’idea centrale è stata quella di aprirci verso l’esterno e di offrire tutti i servizi possibili per migliorare la vita della comunità, dall’educazione al welfare, coinvolgendo famiglie, ragazzi, disabili, istituzioni. Una peculiarità della nostra esperienza è lo stretto legame instaurato con le imprese, che a Brescia sono molto numerose e attive. Abbiamo cercato di far percepire agli imprenditori che la loro creatività è in qualche modo legata alla creatività culturale che nel territorio si è espressa. Perciò la loro vicinanza va oltre la semplice sponsorizzazione di una mostra: lavoriamo insieme per creare una comunità di valore. Al museo le imprese trovano uno spazio per le proprie attività e nelle loro sedi all’estero si fanno ambasciatrici del patrimonio culturale bresciano. Imprese piccole e grandi ci sostengono a 360 gradi, con una partnership di tre anni che le coinvolge in ogni iniziativa dei musei. Credo che questa sia stata una delle idee vincenti: si sposa la Fondazione perché è parte dello sviluppo della propria città. Oserei dire che i risultati sono entusiasmanti: ben trenta imprese ci hanno dato il loro appoggio e le ultime hanno chiesto spontaneamente di entrare nella rete. Questo perché in città la percezione di quello che stiamo facendo è molto forte”.
La Vittoria Alata dopo il restauro nel Capitolium con il nuovo allestimento di Juan Navarro Baldeweg. Credits: Archivio fotografico Musei di Brescia ©Alessandra Chemollo
Quali sono state le vostre iniziative in campo sociale?
“Con le istituzioni ospedaliere della nostra città stiamo sperimentando una collaborazione quasi strutturale per portare la cultura e l’arte nei luoghi della cura. Durante le celebrazioni per il ritorno della Vittoria Alata, lo straordinario bronzo romano simbolo di Brescia, nei corridoi di ingresso alla Poliambulanza abbiamo allestito una bella mostra di fotografie d’autore della statua, che comunicava immediatamente il senso dell’accoglienza. Al centro vaccinale, invece, abbiamo creato un itinerario sulle vicende della scultura, da percorrere inquadrando un qr code con il telefonino: un modo piacevole e interessante per alleggerire l’attesa. In questi anni, inoltre, abbiamo organizzato visite museali per soggetti fragili e con esigenze speciali. Abbiamo portato in Pinacoteca persone cieche e con disagi mentali, nella convinzione, supportata dall’opinione degli scienziati, che il bello possa funzionare anche come cura”.
Courtesy Fondazione Brescia Musei
Coinvolgere fruitori sempre più giovani oggi sembra essere un must delle istituzioni museali…
“Quello dei servizi educativi è un altro grande tema sul quale abbiamo lavorato: i nostri summer camp con il tempo si sono trasformati anche in winter camp e oggi coprono tutte le occasioni di vacanza dalla scuola. Quest’anno abbiamo esteso l’offerta dai ragazzi delle elementari ai preadolescenti, organizzando attività su temi diversi all’interno dei musei. È uno dei servizi più preziosi che possiamo offrire: educare i giovani al bello, anche perché saranno i nostri fruitori di domani. Abbiamo riaperto già nel 2020, dopo la prima fase della pandemia, assumendoci la responsabilità perché sapevamo che i ragazzi erano rimasti chiusi per mesi. È stato un servizio apprezzatissimo dalle famiglie bresciane e oggi i summer camp sono sold out a pochi giorni dall’apertura delle iscrizioni. Devo dire che in tutte le attività proposte la partecipazione è stata veramente notevole: la città ha compreso pienamente il percorso che stiamo facendo. Questo ci dà grande soddisfazione e ci stimola ad andare avanti”.
"Io e te al museo" I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Guardando al panorama italiano, quali sono a suo parere le esperienze più interessanti sviluppate sul tema del museo partecipativo?
“Per conoscerle basta scorrere il programma di Open Doors, dove abbiamo cercato di riunire il meglio delle esperienze nazionali e internazionali cresciute negli ultimi anni. Per l’Italia avremo il Castello di Rivoli e la Fondazione Fitzcarraldo di Torino, Farm Cultural Park di Favara, in provincia di Agrigento, la Fondazione Matera Basilicata 2019, la Gamec di Bergamo, solo per citarne alcuni. Inoltre, trovo veramente interessanti le attività portate avanti da un grande museo come il MANN di Napoli. Gli esempi non mancano insomma. Si tratta di mettere a sistema queste esperienze per capire se e come siano replicabili al di fuori dei singoli contesti”.
Che cosa si aspetta dagli incontri di Open Doors?
“Mi aspetto molto da questi incontri, che abbiamo organizzato con grande impegno e curiosità. Siamo riusciti a mettere insieme ospiti di alto livello e numerosi relatori internazionali. Anche questa è una declinazione del concetto di museo partecipativo: aprirsi alle esperienze degli altri e condividere le proprie per cercare insieme nuove piste.
Credo che sia una strada davvero molto promettente”.
Photo Cristian Penocchio I Courtesy Comune di Brescia
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