Dal 21 giugno al 17 settembre al Museo d'Arte contemporanea di Roma
Il Giardino del Tempo di Giancarlo Limoni al MACRO
Giancarlo Limoni, Siepe cinese 2004, olio su tela 216x186 cm. Collezione De Filippo, Bari. Courtesy of MACRO
Samantha De Martin
20/06/2017
Roma - Un pittore “di lagune e paludi”. Si definisce così Giancarlo Limoni, l'artista dei giardini e dei paesaggi d'inverno, protagonista da sempre, attraverso una pittura «che si adegua allo scorrere della vita», di un lavoro rigoroso e poetico sulla luce e sul colore, strumenti di un'intensa ricerca che associa alla natura, intense riflessioni letterarie e filosofiche.
I 25 quadri in grandissimo formato realizzati tra il 1980 e il 2017 da uno dei protagonisti della Nuova Scuola Romana degli anni Ottanta - che ha avuto tra i suoi maggiori punti di riferimento la Galleria L'Attico di Fabio Sargentini - saranno esposti al MACRO Testaccio - Museo d'Arte Contemporanea di Roma - dal 21 giugno al 17 settembre.
«La natura di Limoni - spiega Lorenzo Canova, curatore della mostra - viene interpretata attraverso il filtro mentale di un dialogo con la storia dell’arte e con l’opera di grandi maestri tra Impressionismo, Espressionismo e Informale. Queste suggestioni sono tuttavia rilette con uno sguardo indipendente, influenzato anche dalla pittura orientale, che rende unica la ricerca dell’artista».
Come spiega Canova, «la natura per Limoni è una metafora iconica di una possibile ricostruzione del mondo attraverso gli strumenti poveri e sontuosi della pittura». Pittura che col tempo si trasforma in un vero e proprio metodo gnoseologico legato a una reinterpretazione del reale «attraverso il filtro della cultura e della memoria».
Tra le tele dell'artista romano penetrano la luce di Turner e le Ninfee di Monet, ma la sua opera diventa sempre più complessa nella sua stratificazione di stesure pittoriche.
Dal Giardino italiano (1984) al Grande Stagno (1993-1994) dalla Siepe Cinese (2004) al Giardino Indiano sotto la pioggia (2004), le tele di Limoni descrivono la ricerca dell'artista di una perduta età dell'oro, sognano di annullare il tempo, alludendo a una continua rigenerazione e a un processo di rinnovamento in cui piante e fiori crescono e sbocciano senza sosta.
Negli ultimi lavori, dal 2000 a oggi, il paesaggio diventa più invadente, dona potenza al respiro del mare, mentre fiori e giardini si trasformano in tagli di luce e di schiuma. Allora siepi e mare si mescolano, confondendosi in un vortice di colore.
I più recenti Giardini di Neve, lasciano invece spazio al bianco che si anima di presenze enigmatiche e impercettibili, di oggetti immobili avvolti dal silenzio, di figure leggere cariche di suggestione.
Leggi anche:
• Giancarlo Limoni, Paesaggi
I 25 quadri in grandissimo formato realizzati tra il 1980 e il 2017 da uno dei protagonisti della Nuova Scuola Romana degli anni Ottanta - che ha avuto tra i suoi maggiori punti di riferimento la Galleria L'Attico di Fabio Sargentini - saranno esposti al MACRO Testaccio - Museo d'Arte Contemporanea di Roma - dal 21 giugno al 17 settembre.
«La natura di Limoni - spiega Lorenzo Canova, curatore della mostra - viene interpretata attraverso il filtro mentale di un dialogo con la storia dell’arte e con l’opera di grandi maestri tra Impressionismo, Espressionismo e Informale. Queste suggestioni sono tuttavia rilette con uno sguardo indipendente, influenzato anche dalla pittura orientale, che rende unica la ricerca dell’artista».
Come spiega Canova, «la natura per Limoni è una metafora iconica di una possibile ricostruzione del mondo attraverso gli strumenti poveri e sontuosi della pittura». Pittura che col tempo si trasforma in un vero e proprio metodo gnoseologico legato a una reinterpretazione del reale «attraverso il filtro della cultura e della memoria».
Tra le tele dell'artista romano penetrano la luce di Turner e le Ninfee di Monet, ma la sua opera diventa sempre più complessa nella sua stratificazione di stesure pittoriche.
Dal Giardino italiano (1984) al Grande Stagno (1993-1994) dalla Siepe Cinese (2004) al Giardino Indiano sotto la pioggia (2004), le tele di Limoni descrivono la ricerca dell'artista di una perduta età dell'oro, sognano di annullare il tempo, alludendo a una continua rigenerazione e a un processo di rinnovamento in cui piante e fiori crescono e sbocciano senza sosta.
Negli ultimi lavori, dal 2000 a oggi, il paesaggio diventa più invadente, dona potenza al respiro del mare, mentre fiori e giardini si trasformano in tagli di luce e di schiuma. Allora siepi e mare si mescolano, confondendosi in un vortice di colore.
I più recenti Giardini di Neve, lasciano invece spazio al bianco che si anima di presenze enigmatiche e impercettibili, di oggetti immobili avvolti dal silenzio, di figure leggere cariche di suggestione.
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