Le contraddizioni della vita
Paula Fox
08/04/2009
Le nostre esistenze sono costellate da eventi che, seppur insignificanti, ci sembrano più complessi, quasi forieri di astrusi significati. A prima vista improvvisi ed inspiegabili, scatenano una serie di circostanze che ci portano ad esplorare luoghi solitamente dimenticati, forse perché estremamente familiari. La scrittura di Paula Fox è pervasa da questa sensazione di estraneità, ma sarebbe meglio dire di non appartenenza. Perché solo chi non appartiene a niente, può sviluppare una maggiore capacità di adattamento, una sensibilità che gli permetta di interpretare ciò che lo circonda.
La biografia di Paula Fox si specchia nella sua scrittura, nella sua sensibilità letteraria frutto di una vita piuttosto movimentata. Nata a New York il 22 aprile 1923, figlia di uno sceneggiatore alcolizzato e di una giovane ragazza, la Fox fu abbandonata in orfanotrofio e poi adottata. A sei anni viene affidata al padre per poi vivere due anni a Cuba con la nonna. Prima dei dodici anni ha già frequentato nove scuole diverse. Sviluppa la sua passione per la letteratura sin da piccola. In un’intervista racconta: “Avevo scoperto che le biblioteche pubbliche erano fonte di libertà, consolazione e verità. I racconti mi trasportavano in altri mondi”. Si sposa più volte ed ha tre figli, la prima dei quali viene affidata ad un orfanotrofio (diventerà la mamma di Courtney Love, moglie del fu Kurt Cobain). Frequenta poi la Columbia University. Dagli anni Sessanta ad oggi scrive sei romanzi ed alcune decine di racconti per bambini.
La sua opera è passata inosservata finché uno di quei paradossi della vita non ha fatto si che Jonathan Franzen, l'autore di “Le correzioni”, scrivesse dei suoi romanzi: “sono più belli e più intensi di quelli di John Updike, Philiph Roth e Saul Bellow”. Sopraggiunge una vera e propria rinascita artistica giunta all’età di ottant’anni, che consacra Paula Fox come uno dei massimi rappresentanti della letteratura americana contemporanea.
Le opere della Fox rivelano così al mondo il loro segreto, la loro idea della vita e della sua complessità. Emergono le contraddizioni delle istituzioni di cui ci siamo circondati. Affiorano rituali quotidiani che ci permettono di ordinare il mondo, ma si svela anche la loro imperfezione (un’altra contraddizione). Che senso ha dare un significato - specialmente un significato letterario - in un mondo moderno e rabbioso? Perché affannarsi a creare e preservare un ordine se la civiltà è minuziosamente omicida quanto l'anarchia alla quale si oppone? Che senso ha cercare di entrare in contatto, creare delle istituzioni come la famiglia, se siamo delle nomadi? Queste sono solo alcune delle domande che la Fox si pone, i paradossi che cerca di affrontare.
Il suo ultimo romanzo “II dio degli incubi”, edito da Fazi, è ambientato nel Sud degli Stati Uniti. È il 1941 e Helen Bynum, ventitré anni, per la prima volta lascia lo Stato di New York sulle tracce della zia Lulu, un’anziana attrice che vive rintanata a New Orleans. Intraprende così un viaggio iniziatico verso sud, fino ai polverosi incanti “della città del jazz” dove, tra le strade del French Market o gli artisti della bohème, Helen arriverà a sacrificare al “dio degli incubi” la propria innocenza e i propri sogni. Per crescere, per arricchirsi, bisogna rinunciare a qualcosa, perdere qualcosa. Ritorna un paradosso. Nasce dallo stesso sentimento che muove il rifiuto di offrire le facili risposte dell'ideologia, le cure di una cultura falsamente terapeutica, o i sogni tranquillizzanti dell'intrattenimento di massa. Come la letteratura. La Fox sembra volerci dire che nello stesso istante in cui ci distogliamo dalla comodità del pensiero unico, anestetizzato e di massa per cogliere la complessità delle nostre vite; in quello stesso istante ci apriamo alla possibilità di molteplici esperienze. Persino quella di “risorgere” ad ottanta anni suonati, come lei ha detto di se stessa. Che magnifica contraddizione!
Titolo: Il dio degli incubi
Autore: Paula Fox
Prezzo: € 18,50
Traduttore: Guerzoni G.
Editore: Fazi
Collana: Le strade
La biografia di Paula Fox si specchia nella sua scrittura, nella sua sensibilità letteraria frutto di una vita piuttosto movimentata. Nata a New York il 22 aprile 1923, figlia di uno sceneggiatore alcolizzato e di una giovane ragazza, la Fox fu abbandonata in orfanotrofio e poi adottata. A sei anni viene affidata al padre per poi vivere due anni a Cuba con la nonna. Prima dei dodici anni ha già frequentato nove scuole diverse. Sviluppa la sua passione per la letteratura sin da piccola. In un’intervista racconta: “Avevo scoperto che le biblioteche pubbliche erano fonte di libertà, consolazione e verità. I racconti mi trasportavano in altri mondi”. Si sposa più volte ed ha tre figli, la prima dei quali viene affidata ad un orfanotrofio (diventerà la mamma di Courtney Love, moglie del fu Kurt Cobain). Frequenta poi la Columbia University. Dagli anni Sessanta ad oggi scrive sei romanzi ed alcune decine di racconti per bambini.
La sua opera è passata inosservata finché uno di quei paradossi della vita non ha fatto si che Jonathan Franzen, l'autore di “Le correzioni”, scrivesse dei suoi romanzi: “sono più belli e più intensi di quelli di John Updike, Philiph Roth e Saul Bellow”. Sopraggiunge una vera e propria rinascita artistica giunta all’età di ottant’anni, che consacra Paula Fox come uno dei massimi rappresentanti della letteratura americana contemporanea.
Le opere della Fox rivelano così al mondo il loro segreto, la loro idea della vita e della sua complessità. Emergono le contraddizioni delle istituzioni di cui ci siamo circondati. Affiorano rituali quotidiani che ci permettono di ordinare il mondo, ma si svela anche la loro imperfezione (un’altra contraddizione). Che senso ha dare un significato - specialmente un significato letterario - in un mondo moderno e rabbioso? Perché affannarsi a creare e preservare un ordine se la civiltà è minuziosamente omicida quanto l'anarchia alla quale si oppone? Che senso ha cercare di entrare in contatto, creare delle istituzioni come la famiglia, se siamo delle nomadi? Queste sono solo alcune delle domande che la Fox si pone, i paradossi che cerca di affrontare.
Il suo ultimo romanzo “II dio degli incubi”, edito da Fazi, è ambientato nel Sud degli Stati Uniti. È il 1941 e Helen Bynum, ventitré anni, per la prima volta lascia lo Stato di New York sulle tracce della zia Lulu, un’anziana attrice che vive rintanata a New Orleans. Intraprende così un viaggio iniziatico verso sud, fino ai polverosi incanti “della città del jazz” dove, tra le strade del French Market o gli artisti della bohème, Helen arriverà a sacrificare al “dio degli incubi” la propria innocenza e i propri sogni. Per crescere, per arricchirsi, bisogna rinunciare a qualcosa, perdere qualcosa. Ritorna un paradosso. Nasce dallo stesso sentimento che muove il rifiuto di offrire le facili risposte dell'ideologia, le cure di una cultura falsamente terapeutica, o i sogni tranquillizzanti dell'intrattenimento di massa. Come la letteratura. La Fox sembra volerci dire che nello stesso istante in cui ci distogliamo dalla comodità del pensiero unico, anestetizzato e di massa per cogliere la complessità delle nostre vite; in quello stesso istante ci apriamo alla possibilità di molteplici esperienze. Persino quella di “risorgere” ad ottanta anni suonati, come lei ha detto di se stessa. Che magnifica contraddizione!
Titolo: Il dio degli incubi
Autore: Paula Fox
Prezzo: € 18,50
Traduttore: Guerzoni G.
Editore: Fazi
Collana: Le strade
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