Appuntamento da ArtNoble Gallery dal 20 settembre
Tre modi di dire pittura. Emilio Gola, Martina Cassatella e Roberto de Pinto in mostra a Milano
Emilio Gola, Carosello, 2022. Olio e gessetto su lino, 185 x 134.5 cm I Courtesy the artist, ph credit Michela Pedranti
Francesca Grego
17/09/2022
Milano - Tre corpi che si incastrano e si ingarbugliano. Sguardi che si cercano. Con le mani ognuno riesce ad arrivare ai piedi dell’altro e a slacciargli le scarpe, mentre il cumulo di libri e sneakers sullo sfondo ricorda le onde del mare. Il quadro di grandi dimensioni (185 x 134.5 cm) è di Emilio Gola e senza volerlo dice molto sul suo modo di vivere l’arte. “Il titolo Manovre correnti – racconta Emilio – è un termine velistico: indica il momento in cui sulla barca tiri le funi, aggiusti i nodi e le vele: una metafora del gruppo, di giovani che insieme vanno verso qualcosa aiutandosi a vicenda, come su un mare burrascoso”. La meta (o il mare?) è forse la pittura stessa: Emilio – milanese, classe 1994, discendente di un celebre pittore della Scapigliatura suo omonimo – sta vivendo la propria avventura artistica accanto a due giovani amici, Martina Cassatella e Roberto de Pinto – con i quali condivide uno studio a Milano in via Piero della Francesca e il progetto di una mostra in scena dal 20 settembre al 24 novembre negli spazi di ArtNoble Gallery.
Curata da Antonio Grulli, Tre modi di dire la stessa cosa – ovvero di dire pittura – è un viaggio nella galassia di un’arte antichissima ma in pieno rinnovamento attraverso lo sguardo fresco di tre giovani che l’hanno scelta senza indugio. Non importa se siamo nell’era del digitale, se l’intelligenza artificiale inizia a sfidarci anche sul terreno dell’arte, se maestri del pennello come David Hockney si sono convertiti alla tavoletta dell’Ipad. “La pittura non è solo un’immagine, è materia, è un oggetto nella sua fisicità. Esiste da sempre, anche se passa di medium in medium”, spiega Emilio. “È il mezzo con cui siamo più a nostro agio e con cui riusciamo a esprimerci con totale sincerità: tutto quello che vogliamo dire passa attraverso la pittura”, conclude Martina.
Emilio Gola, Poltrona Blu, 2020. Olio su lino, 185 x 134.5 cm I Courtesy the artist, photo credit Michela Pedranti
Diversissimi sono invece i linguaggi pittorici scelti dai componenti del trio. Olio, gessetti e acrilico usati in modo spesso non convenzionale da Emilio, che guarda alle pennellate rapide di Rainer Fetting, dei Nuovi Selvaggi e agli inglesi come Hockney nel loro legame con il qui e ora. La rara e ricercata tecnica dell’encausto per Roberto, innamorato di Francesco Clemente e della sua “stanza” al MADRE di Napoli. Purissimo olio su tela per Martina, alla ricerca del trascendente e intrigata dalle connessioni tra le arti, vicina agli universi sognanti di Gino De Domicis e alla poesia di Osvaldo Licini. Il loro è un confronto continuo e senza tabù: “Lavorare insieme in studio è stato fondamentale per crescere. Ciascuno di noi è un occhio amico che osserva il lavoro degli altri. Ogni pennellata diventa un’occasione di scambio”, raccontano. “Ognuno, naturalmente, conserva la propria identità. E tra noi siamo assolutamente sinceri, a costo di dirci cattiverie”.
L’itinerario pensato per ArtNoble Gallery riflette la trama che li unisce. “Abbiamo immaginato la mostra come un dialogo tra i nostri lavori, in un percorso dai ritmi lenti e dilatati”, racconta Emilio. “Lo spazio, ampio e labirintico, sarà diviso in stanze con delle tende per scandire la visita in diversi momenti e invitare l’osservatore a cogliere le relazioni tra i quadri”, anticipa Roberto. “Abbiamo scelto un’illuminazione molto calda, diversa da quella del solito white cube, dove i visitatori si inoltreranno via via in situazioni sempre più intime”, spiega Martina: “I nostri lavori sono molto diversi in tutto, anche nel formato. Metterli insieme è stata una bella sfida per il curatore Antonio Grulli, ma questa varietà è diventata un punto di forza della mostra, riflette il gioco che tiene insieme le nostre individualità in studio e nella vita”.
Roberto de Pinto, Petto, 2021. Encausto e pastelli su tela, 30 x 30 cm I Courtesy Collezione Diego Bergamaschi
Lungo il percorso incontreremo opere come I Baffi di Roberto de Pinto. È il viso di un uomo accaldato, che ha appena fatto una doccia dopo essere tornato dal mare: ingrandito su una tela di 180 x 135 cm, è rappresentato mentre si taglia i baffi ridefinendo i propri connotati. “Lavorare con dimensioni così ampie mi ha dato l’opportunità di soffermarmi sulla pelle erotica e sensibile. È una pelle arrossata, quasi irritata, che chiede di essere toccata e accarezzata, come rimarcano anche le gocce che scendono dalla fronte dell’uomo e i peli appena tagliati che cadono sulle dita”, spiega l’autore, aggiungendo: “I protagonisti dei miei dipinti sono come alter ego, personaggi fissi senza nessun riferimento a immagini reali, che rappresento ogni volta in situazioni diverse, come in un racconto”.
Alle storie magnetiche di Roberto si contrappongono le “apparizioni” di Martina Cassatella, che prende spunto dall’iconografia tradizionale – l’arte sacra del passato, ma anche le immagini della meditazione orientale – per lavorare sulla sua vera passione: le mani. “Il grande olio su tela Capriccioso, per esempio, nasce dall’osservazione del Cristo dodicenne tra i dottori, uno dei quadri più belli di Albrecht Dürer”, spiega l’artista: “Qui le mani sono il vero centro dell’opera: io le ho ribaltate e reinterpretate inserendo filamenti e bagliori che sono la cifra distintiva dei miei dipinti. Ho scelto una luce tiepida, stratificata, per dare all’immagine un’atmosfera magica. Mi sono divertita a creare un quadro apparentemente ben leggibile da lontano, al quale però bisogna avvicinarsi per vederlo e comprenderlo realmente”.
Martina Cassatella, Allegro con spirito, 2022. Olio su lino, 70 x 50 cm I Courtesy Rizzuto Gallery
I dipinti di Emilio Gola, invece, nascono per caso: spesso dalle visite in studio di amici e conoscenti, che immediatamente diventano i soggetti di un disegno dal vero. Le loro figure si avvolgono e interagiscono in intrecci sempre nuovi, rigorosamente indipendenti dalla volontà dell’artista. Infine entrano in scena gli oggetti: “masse di libri e scarpe anche loro ‘capitati’ in studio, che in un certo senso chiudono la composizione” diventandone coprotagonisti, spiega Emilio: “I miei quadri raccontano il senso della scoperta dell’identità, che spesso avviene proprio nella relazione con gli altri. È una ricerca che si sviluppa attraverso lo stare insieme delle figure, alla quale partecipano anche le cose: non a caso, libri e scarpe sono oggetti che aiutano a definire la propria identità”.
E a proposito di scarpe, impossibile non citare un aneddoto riportato dall’artista durante questa lunga intervista: “Uno dei miei quadri era esposto in una banca di Milano, in via Manzoni. Leggendo il nome dell’autore, Emilio Gola, una signora ha pensato a un mio famoso omonimo, un antenato pittore che ha fatto parte della Scapigliatura. Così ha chiesto se nell’Ottocento esistessero già le scarpe da ginnastica”.
In Italia le sneakers sono arrivate solo nel XX secolo e per fortuna questa è un’altra storia. A tirare le fila dei dipinti di Emilio sono spesso tre personaggi: tre, come i “velisti” di Manovre correnti, tre come gli amici di via Piero della Francesca, tre come i modi di dire Pittura che scopriremo in mostra.
Emilio Gola, Carosello, 2022. Olio e gessetto su lino, 185 x 134.5 cm I Courtesy the artist, ph credit Michela Pedranti
Curata da Antonio Grulli, Tre modi di dire la stessa cosa – ovvero di dire pittura – è un viaggio nella galassia di un’arte antichissima ma in pieno rinnovamento attraverso lo sguardo fresco di tre giovani che l’hanno scelta senza indugio. Non importa se siamo nell’era del digitale, se l’intelligenza artificiale inizia a sfidarci anche sul terreno dell’arte, se maestri del pennello come David Hockney si sono convertiti alla tavoletta dell’Ipad. “La pittura non è solo un’immagine, è materia, è un oggetto nella sua fisicità. Esiste da sempre, anche se passa di medium in medium”, spiega Emilio. “È il mezzo con cui siamo più a nostro agio e con cui riusciamo a esprimerci con totale sincerità: tutto quello che vogliamo dire passa attraverso la pittura”, conclude Martina.
Emilio Gola, Poltrona Blu, 2020. Olio su lino, 185 x 134.5 cm I Courtesy the artist, photo credit Michela Pedranti
Diversissimi sono invece i linguaggi pittorici scelti dai componenti del trio. Olio, gessetti e acrilico usati in modo spesso non convenzionale da Emilio, che guarda alle pennellate rapide di Rainer Fetting, dei Nuovi Selvaggi e agli inglesi come Hockney nel loro legame con il qui e ora. La rara e ricercata tecnica dell’encausto per Roberto, innamorato di Francesco Clemente e della sua “stanza” al MADRE di Napoli. Purissimo olio su tela per Martina, alla ricerca del trascendente e intrigata dalle connessioni tra le arti, vicina agli universi sognanti di Gino De Domicis e alla poesia di Osvaldo Licini. Il loro è un confronto continuo e senza tabù: “Lavorare insieme in studio è stato fondamentale per crescere. Ciascuno di noi è un occhio amico che osserva il lavoro degli altri. Ogni pennellata diventa un’occasione di scambio”, raccontano. “Ognuno, naturalmente, conserva la propria identità. E tra noi siamo assolutamente sinceri, a costo di dirci cattiverie”.
L’itinerario pensato per ArtNoble Gallery riflette la trama che li unisce. “Abbiamo immaginato la mostra come un dialogo tra i nostri lavori, in un percorso dai ritmi lenti e dilatati”, racconta Emilio. “Lo spazio, ampio e labirintico, sarà diviso in stanze con delle tende per scandire la visita in diversi momenti e invitare l’osservatore a cogliere le relazioni tra i quadri”, anticipa Roberto. “Abbiamo scelto un’illuminazione molto calda, diversa da quella del solito white cube, dove i visitatori si inoltreranno via via in situazioni sempre più intime”, spiega Martina: “I nostri lavori sono molto diversi in tutto, anche nel formato. Metterli insieme è stata una bella sfida per il curatore Antonio Grulli, ma questa varietà è diventata un punto di forza della mostra, riflette il gioco che tiene insieme le nostre individualità in studio e nella vita”.
Roberto de Pinto, Petto, 2021. Encausto e pastelli su tela, 30 x 30 cm I Courtesy Collezione Diego Bergamaschi
Lungo il percorso incontreremo opere come I Baffi di Roberto de Pinto. È il viso di un uomo accaldato, che ha appena fatto una doccia dopo essere tornato dal mare: ingrandito su una tela di 180 x 135 cm, è rappresentato mentre si taglia i baffi ridefinendo i propri connotati. “Lavorare con dimensioni così ampie mi ha dato l’opportunità di soffermarmi sulla pelle erotica e sensibile. È una pelle arrossata, quasi irritata, che chiede di essere toccata e accarezzata, come rimarcano anche le gocce che scendono dalla fronte dell’uomo e i peli appena tagliati che cadono sulle dita”, spiega l’autore, aggiungendo: “I protagonisti dei miei dipinti sono come alter ego, personaggi fissi senza nessun riferimento a immagini reali, che rappresento ogni volta in situazioni diverse, come in un racconto”.
Alle storie magnetiche di Roberto si contrappongono le “apparizioni” di Martina Cassatella, che prende spunto dall’iconografia tradizionale – l’arte sacra del passato, ma anche le immagini della meditazione orientale – per lavorare sulla sua vera passione: le mani. “Il grande olio su tela Capriccioso, per esempio, nasce dall’osservazione del Cristo dodicenne tra i dottori, uno dei quadri più belli di Albrecht Dürer”, spiega l’artista: “Qui le mani sono il vero centro dell’opera: io le ho ribaltate e reinterpretate inserendo filamenti e bagliori che sono la cifra distintiva dei miei dipinti. Ho scelto una luce tiepida, stratificata, per dare all’immagine un’atmosfera magica. Mi sono divertita a creare un quadro apparentemente ben leggibile da lontano, al quale però bisogna avvicinarsi per vederlo e comprenderlo realmente”.
Martina Cassatella, Allegro con spirito, 2022. Olio su lino, 70 x 50 cm I Courtesy Rizzuto Gallery
I dipinti di Emilio Gola, invece, nascono per caso: spesso dalle visite in studio di amici e conoscenti, che immediatamente diventano i soggetti di un disegno dal vero. Le loro figure si avvolgono e interagiscono in intrecci sempre nuovi, rigorosamente indipendenti dalla volontà dell’artista. Infine entrano in scena gli oggetti: “masse di libri e scarpe anche loro ‘capitati’ in studio, che in un certo senso chiudono la composizione” diventandone coprotagonisti, spiega Emilio: “I miei quadri raccontano il senso della scoperta dell’identità, che spesso avviene proprio nella relazione con gli altri. È una ricerca che si sviluppa attraverso lo stare insieme delle figure, alla quale partecipano anche le cose: non a caso, libri e scarpe sono oggetti che aiutano a definire la propria identità”.
E a proposito di scarpe, impossibile non citare un aneddoto riportato dall’artista durante questa lunga intervista: “Uno dei miei quadri era esposto in una banca di Milano, in via Manzoni. Leggendo il nome dell’autore, Emilio Gola, una signora ha pensato a un mio famoso omonimo, un antenato pittore che ha fatto parte della Scapigliatura. Così ha chiesto se nell’Ottocento esistessero già le scarpe da ginnastica”.
In Italia le sneakers sono arrivate solo nel XX secolo e per fortuna questa è un’altra storia. A tirare le fila dei dipinti di Emilio sono spesso tre personaggi: tre, come i “velisti” di Manovre correnti, tre come gli amici di via Piero della Francesca, tre come i modi di dire Pittura che scopriremo in mostra.
Emilio Gola, Carosello, 2022. Olio e gessetto su lino, 185 x 134.5 cm I Courtesy the artist, ph credit Michela Pedranti
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