Il canale mondo di Philip Tsiaras
Opera di Philip Tsiaras
17/07/2003
Se due gemelli perfettamente identici sono poco più che uno scherzo della natura, se due dissimili ma complementari possono dare luogo a un risultato paranoico e inquietante che interessa la psichiatria piuttosto che la letteratura, la vera invenzione artistica capace di spalancare le porte dell'immaginazione e dell'equivoco, dell'orrore e del divertimento, è quella della coppia d'uguali opposti. Ovvero – che si tratti di individui, di oggetti o di universi – gemelli clonati nella forma ma non nella sostanza, evidentemente imparentati ma contraddittori, consequenziali eppure speculari. Fratelli siamesi in cui è impossibile discernere dove finisca la somiglianza e cominci la diversità, dove s'interrompa una logica interpretativa e un'altra ne prenda il posto, e che comunque sembrano sempre condannati all'ambivalenza. Gemelli diversi che al medesimo aspetto fanno corrispondere caratteri inconciliabili, e che allo stesso sembiante coniugano rispettivamente – a volte addirittura indifferentemente, tanto gli elementi della coppia possano apparire fotocopiati uno dall'altro – forza e debolezza, grandezza e miseria, bontà e malvagità, raziocinio e follia, rigore e anarchia. Anche Philip Tsiaras, come il Cronenberg di "Inseparabili" e il Lewis Carrol di "Attraverso lo specchio", come il Ben Bova di "Il presidente moltiplicato" e il Plauto di "Amphitruo", ha ora deciso di attingere ai fulgidi miti del sosia e del mondo parallelo, e adoperando vetro e bronzo, sfruttando le caratteristiche opposte di questi materiali, ha creato una nuova serie intitolata Transparent Mirrors. Si tratta di una dozzina di sculture in vetro che portano avanti una ricerca elevata sul kitsch controllato, edulcorato, nascosto tra le pieghe di una monocromia praticamente irreale per un progetto partorito e realizzato a Venezia, una tra le patrie del barocco e del broccato. A forme nate sullo studio dei vetri lagunari, create spesso esasperando in senso antropomorfo le linee dei vetri e dei prodotti muranesi, l'artista ha attribuito trasparenze inaspettate, capaci di spiazzare lo spettatore, di nascondergli in un primo momento il senso e la forma dell'opera. L'armonia delle curve, la calcolata alternanza di pieni e vuoti, la liquida e fluida consistenza della materia non permettono d'individuare con immediatezza le figure protagoniste delle creazioni, non consentono di leggere in quei corpi trasparenti le sembianze di oggetti, armi, scarpe, animali e uomini. Gli aerei che attraversano grandi teste per poi diventarne – come in una creazione contemporanea dell'Arcimboldi – occhi e bocca, i volti che si tramutano in musi da rinoceronte, i serpenti che si avvolgono intorno ai visi e diventano una sciarpa erotica. Solo a un'occhiata più attenta i lavori di Tsiaras si svelano essere per quello che sono: trappole. Spietati strumenti di cattura. Anche perfidi a volte, perché in quel loro kitsch al rovescio nascondono folli e ossessive analisi del feticismo (la scarpa femminile più e più volte chiamata in causa) e della mutazione genetica. Raccontano un mondo complesso, dominato da immagini e icone che si fondono tra loro a creare spettri, fantasmi, creature nuove e provocanti. Pistole e tacchi a spillo si sprecano, e – pur nell'equilibrio e nella morbida compostezza delle composizioni – richiamano immediatamente alla mente l'idea della ferita, da arma da fuoco e da seduzione amorosa. Fisionomie umane si fondono a fisionomie animali, i capelli si mutano in spire, un revolver fiorisce, come per malvagio incanto, sul capo di un gorilla. Gli oggetti si animano e, grazie a una paradossale pinna caudale, una scarpa può diventare l'accessorio perfetto di un'aspirante sirena. Tsiaras lavora di zapping, come un telespettatore armato di telecomando davanti alla tivù: passa da un canale all'altro, da un'immagine all'altra, accostando programmi lontani e incompatibili, costruendo creature fatte di "objects trouvés" e pezzi di ricambio. Solo che non guarda la televisione ma il mondo, e di questo osserva con estremo interesse le parti più strane, quelle che suscitano soprattutto interessi nascosti e morbosi. Come se visionasse il canale-mondo durante le ore notturne, quando vanno in onda programmi davvero curiosi e improbabili, sul telecomando della sua arte mette insieme i simboli del feticismo con quelli del vizio, le icone dell'illegalità con quelle della violenza. Le bestie gli servono per evocare i peccati e gli istinti immediati dell'uomo, negli oggetti scova l'aspetto illogico e assurdo. La mutazione genetica messa in atto nelle sculture dell'artista non ha più niente di naturale, è il frutto di una correlazione tra uomo, natura e tecnologia evidentemente forzata e inquietante, e il risultato finale dello zapping-collage, pur divertito e divertente, ha un nocciolo duro e indigesto, difficile da metabolizzare per chi lo voglia valutare con la dovuta attenzione. Nonostante l'accurata bellezza e leggiadria, si tratta di sculture scherzosamente cattive, aggressive, che fingono d'essere buone per attirarci in trappola, nel pantano che a Tsiaras piace tanto creare.
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