L’Enigma di Omero, un’opera senza precedenti per le nuove sale del museo fiorentino
L'ultima acquisizione degli Uffizi è una tela con indovinello, capolavoro ritrovato di Bartolomeo Passerotti
Bartolomeo Passerotti, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela, 144 x 120 cm | Courtesy Gallerie degli Uffizi
Samantha De Martin
18/02/2021
Firenze - Era scomparsa dai radar degli studiosi e degli storici dell’arte a partire dal tardo Seicento, conosciuta esclusivamente attraverso le descrizioni delle fonti storiche e di alcuni disegni preparatori e d’après.
E adesso questa chicca di Bartolomeo Passerotti, carica di enigma e di mistero, descritta nel Cinquecento da Raffaello Borghini come “un quadro di colorito gagliardo a olio”, si svela agli Uffizi, appena acquistata dalle Gallerie per essere presto esposta nelle nuove sale dedicate alla pittura del XVI secolo, di prossima apertura.
Un indovinello sibillino, curiosamente inciso sulla poppa della barca, e un’insolita scena catturano l’attenzione del moderno osservatore. Non ha precedenze iconografiche quest'opera della quale si sono a lungo perdute le tracce, e affascina con il suo volto intrigante e il suo intento misterioso, forse didascalico.
Si tratta dell’Enigma di Omero del maestro bolognese Bartolomeo Passerotti, opera che costituisce un unicum nella storia dell’arte, per soggetto e narrazione, e che va ad affiancarsi al Ritratto di gentiluomo con cane, sempre del pittore bolognese, già nella collezione degli Uffizi.
A varcare i cancelli del museo fiorentino è insomma una nuova testimonianza della capacità del ritrattista cinquecentesco di rinnovare con formule comunicative efficaci la tipologia del ritratto, rendendolo animato, parlante, in grado di rivolgersi direttamente a chi guarda.
Il quadro ritrovato
La tela, dipinta tra il 1570 e il 1575, si trovava nel palazzo del letterato fiorentino Giovanni Battista Deti, collezionista e membro fondatore dell’Accademia della Crusca. Nel 1677, prima che se ne perdessero fino ad oggi le tracce, Giovanni Cinelli ricorda il dipinto nel palazzo di famiglia del senatore fiorentino Carlo Torrigiani, lo stesso presso cui l'opera è stata rintracciata.
Omero, le pulci e il fatale indovinello
La scena rappresentata da Passerotti, che vede anche coinvolta una zingara e un cane dai tratti estremamente realistici, è da ricondurre a un particolare tema legato alla fortuna riscossa dal mito omerico nella seconda metà del Cinquecento.
L’episodio dell’enigma di Omero, più raro rispetto alle scene tratte dall’Iliade e dall’Odissea, è riportato nelle edizioni in greco della Vita Homeri dello Pseudo-Plutarco, più volte stampate nel corso del Cinquecento e che Passerotti doveva aver conosciuto, forse attraverso il suo committente.
Osservando la tela proviamo a ripercorrerne l’episodio.
Bartolomeo Passerotti, Dettaglio, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela 144 x 120 cm
Secondo la tradizione, mentre si trovava sull’isola di Ios sedendo su una roccia in riva al mare, Omero, scorgendo avvicinarsi una barca di pescatori, avrebbe chiesto loro se avessero fatto buona pesca. Gli uomini, che in realtà non avevano pescato nulla, intenti a spidocchiarsi, a reti vuote, avrebbero risposto con un enigma.
“Quel che abbiamo preso, lo abbiamo lasciato, quel che non abbiamo preso, lo abbiamo tenuto” recitava l’indovinello la cui risposta avrebbe alluso ai pidocchi. Secondo il racconto dello Pseudo-Plutarco, questo quesito avrebbe fatto arrovellare Omero al punto che il poeta, senza venirne a capo, sarebbe morto di crepacuore.
Un quadro senza precedenti iconografici
Per la scena rappresentata e per il soggetto particolare mai trattato dalla pittura occidentale, il nuovo acquisto degli Uffizi costituisce un unicum. Non sappiamo cosa abbia spinto Passerotti a concentrarsi su questa scena, che potrebbe essere letta come un monito a rifuggire la superbia.
Indubbiamente il pittore era molto sensibile, in quegli anni, a ciò che accadeva a Firenze.
“Del quadro - spiega Daniele Benati, professore ordinario di Storia dell’arte moderna - sussistevano due disegni di Passarotti con lo stesso soggetto. Uno è conservato al British Museum, l’altro al Louvre. Si tratta di disegni nei quali la zingara sulla destra è stata dipinta in un secondo momento. In realtà non si tratta di disegni preparatori, ma è probabile che il pittore li abbia realizzati in seguito per ripetere una propria invenzione”.
Cosa simboleggia il passero nella tela?
Anche in questo caso l’artista appone la propria firma attraverso il disegno di un passero, allusione al proprio cognome. L’animale sembra voler mettere in guardia Omero dal tranello teso dai giovani marinai.
Bartolomeo Passerotti, Dettaglio, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela 144 x 120 cm
Un volume monografico a cura di Marzia Faietti
“Il ritrovamento di questo dipinto è di tale importanza che, nell’occasione della sua acquisizione da parte delle Gallerie, ad esso è stato appositamente dedicato un libro che presentiamo oggi insieme all'opera” ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt.
Il volume, dal titolo “Il pittore, il poeta e i pidocchi. Bartolomeo Passerotti e l’Omero di Giovan Battista Deti”, a cura di Marzia Faietti, contiene studi approfonditi di un gruppo di specialisti dell’arte bolognese provenienti dall’Università degli Studi di Bologna.
Una galleria aperta e diffusa
“L’acquisto di questo importantissimo dipinto - commenta il presidente delle Regione Toscana Eugenio Giani - dà il senso di una Galleria degli Uffizi che si allarga sempre di più".
E in effetti il versatile Passerotti si formò tra Bologna e Roma, dapprima al seguito del Vignola, poi con il coetaneo Taddeo Zuccari. Nell’Urbe approfondì il disegno dall’antico e si perfezionò nelle incisioni ad acquaforte. La sua spiccata attività di ritrattista gli valse non poche commissioni da parte di influenti personaggi. I suoi interessi naturalistici e lo studio dal vero, stimolato dall’amicizia con il botanico Ulisse Aldrovandi, fecero dell’artista una figura chiave per la formazione dei Carracci e per lo sviluppo della pittura bolognese tra Cinque e Seicento.
Bartolomeo Passerotti, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela, 144 x 120 cm
Leggi anche:
• La prima volta della Street art nelle collezioni degli Uffizi
E adesso questa chicca di Bartolomeo Passerotti, carica di enigma e di mistero, descritta nel Cinquecento da Raffaello Borghini come “un quadro di colorito gagliardo a olio”, si svela agli Uffizi, appena acquistata dalle Gallerie per essere presto esposta nelle nuove sale dedicate alla pittura del XVI secolo, di prossima apertura.
Un indovinello sibillino, curiosamente inciso sulla poppa della barca, e un’insolita scena catturano l’attenzione del moderno osservatore. Non ha precedenze iconografiche quest'opera della quale si sono a lungo perdute le tracce, e affascina con il suo volto intrigante e il suo intento misterioso, forse didascalico.
Si tratta dell’Enigma di Omero del maestro bolognese Bartolomeo Passerotti, opera che costituisce un unicum nella storia dell’arte, per soggetto e narrazione, e che va ad affiancarsi al Ritratto di gentiluomo con cane, sempre del pittore bolognese, già nella collezione degli Uffizi.
A varcare i cancelli del museo fiorentino è insomma una nuova testimonianza della capacità del ritrattista cinquecentesco di rinnovare con formule comunicative efficaci la tipologia del ritratto, rendendolo animato, parlante, in grado di rivolgersi direttamente a chi guarda.
Il quadro ritrovato
La tela, dipinta tra il 1570 e il 1575, si trovava nel palazzo del letterato fiorentino Giovanni Battista Deti, collezionista e membro fondatore dell’Accademia della Crusca. Nel 1677, prima che se ne perdessero fino ad oggi le tracce, Giovanni Cinelli ricorda il dipinto nel palazzo di famiglia del senatore fiorentino Carlo Torrigiani, lo stesso presso cui l'opera è stata rintracciata.
Omero, le pulci e il fatale indovinello
La scena rappresentata da Passerotti, che vede anche coinvolta una zingara e un cane dai tratti estremamente realistici, è da ricondurre a un particolare tema legato alla fortuna riscossa dal mito omerico nella seconda metà del Cinquecento.
L’episodio dell’enigma di Omero, più raro rispetto alle scene tratte dall’Iliade e dall’Odissea, è riportato nelle edizioni in greco della Vita Homeri dello Pseudo-Plutarco, più volte stampate nel corso del Cinquecento e che Passerotti doveva aver conosciuto, forse attraverso il suo committente.
Osservando la tela proviamo a ripercorrerne l’episodio.
Bartolomeo Passerotti, Dettaglio, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela 144 x 120 cm
Secondo la tradizione, mentre si trovava sull’isola di Ios sedendo su una roccia in riva al mare, Omero, scorgendo avvicinarsi una barca di pescatori, avrebbe chiesto loro se avessero fatto buona pesca. Gli uomini, che in realtà non avevano pescato nulla, intenti a spidocchiarsi, a reti vuote, avrebbero risposto con un enigma.
“Quel che abbiamo preso, lo abbiamo lasciato, quel che non abbiamo preso, lo abbiamo tenuto” recitava l’indovinello la cui risposta avrebbe alluso ai pidocchi. Secondo il racconto dello Pseudo-Plutarco, questo quesito avrebbe fatto arrovellare Omero al punto che il poeta, senza venirne a capo, sarebbe morto di crepacuore.
Un quadro senza precedenti iconografici
Per la scena rappresentata e per il soggetto particolare mai trattato dalla pittura occidentale, il nuovo acquisto degli Uffizi costituisce un unicum. Non sappiamo cosa abbia spinto Passerotti a concentrarsi su questa scena, che potrebbe essere letta come un monito a rifuggire la superbia.
Indubbiamente il pittore era molto sensibile, in quegli anni, a ciò che accadeva a Firenze.
“Del quadro - spiega Daniele Benati, professore ordinario di Storia dell’arte moderna - sussistevano due disegni di Passarotti con lo stesso soggetto. Uno è conservato al British Museum, l’altro al Louvre. Si tratta di disegni nei quali la zingara sulla destra è stata dipinta in un secondo momento. In realtà non si tratta di disegni preparatori, ma è probabile che il pittore li abbia realizzati in seguito per ripetere una propria invenzione”.
Cosa simboleggia il passero nella tela?
Anche in questo caso l’artista appone la propria firma attraverso il disegno di un passero, allusione al proprio cognome. L’animale sembra voler mettere in guardia Omero dal tranello teso dai giovani marinai.
Bartolomeo Passerotti, Dettaglio, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela 144 x 120 cm
Un volume monografico a cura di Marzia Faietti
“Il ritrovamento di questo dipinto è di tale importanza che, nell’occasione della sua acquisizione da parte delle Gallerie, ad esso è stato appositamente dedicato un libro che presentiamo oggi insieme all'opera” ha commentato il direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt.
Il volume, dal titolo “Il pittore, il poeta e i pidocchi. Bartolomeo Passerotti e l’Omero di Giovan Battista Deti”, a cura di Marzia Faietti, contiene studi approfonditi di un gruppo di specialisti dell’arte bolognese provenienti dall’Università degli Studi di Bologna.
Una galleria aperta e diffusa
“L’acquisto di questo importantissimo dipinto - commenta il presidente delle Regione Toscana Eugenio Giani - dà il senso di una Galleria degli Uffizi che si allarga sempre di più".
E in effetti il versatile Passerotti si formò tra Bologna e Roma, dapprima al seguito del Vignola, poi con il coetaneo Taddeo Zuccari. Nell’Urbe approfondì il disegno dall’antico e si perfezionò nelle incisioni ad acquaforte. La sua spiccata attività di ritrattista gli valse non poche commissioni da parte di influenti personaggi. I suoi interessi naturalistici e lo studio dal vero, stimolato dall’amicizia con il botanico Ulisse Aldrovandi, fecero dell’artista una figura chiave per la formazione dei Carracci e per lo sviluppo della pittura bolognese tra Cinque e Seicento.
Bartolomeo Passerotti, L’enigma di Omero, 1570-1575 circa, Olio su tela, 144 x 120 cm
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