In mostra a Torino fino al 7 settembre
I tesori della Genova dei Dogi alla Reggia di Venaria

Antoon van Dyck, Ritratto di Ansaldo Pallavicino, 1625 - 1626 ca. Olio su tela Musei Nazionali di Genova - Palazzo Spinola
Francesca Grego
11/04/2025
Torino - I fasti della Genova dei Dogi rivivono alla Reggia di Venaria. Cento opere ricostruiscono una delle più prestigiose collezioni d'arte dell'antica Repubblica ligure, illustrando la cultura e il gusto di un'aristocrazia facoltosa e raffinata. Capolavori di maestri come Pieter Paul Rubens, Antoon Van Dyck, Guido Reni, Orazio Gentileschi, Angelica Kauffmann sono testimoni di una storia illustre, accanto alle opere dei principali esponenti della scuola genovese, da Bernardo Strozzi al Grechetto, da Domenico Piola a Gregorio De Ferrari.
In programma fino al 7 settembre 2025, la mostra Magnifiche Collezioni. Arte e potere nella Genova dei Dogi ci trasporta indietro nel tempo, in viaggio tra il XVI e il XVIII secolo. Le opere esposte arrivano dalla straordinaria raccolta di Palazzo Spinola della Pellicceria, una "collezione di collezioni" cresciuta nel tempo grazie ad acquisizioni, matrimoni e passaggi ereditari, e poi smembrata tra la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola e la Galleria Nazionale della Liguria. Eccezionalmente ricomposto anche grazie a prestiti da altri musei e collezioni private, un corpus davvero notevole evoca i tempi in cui le tante e ricche famiglie del patriziato genovese gareggiavano per il prestigio e il potere anche a colpi di opere d'arte. Un'epoca che vide incontrarsi a Genova tradizioni diverse - fiamminghi, toscani, lombardi, svizzeri, francesi - dando luogo a una cultura figurativa sempre all'avanguardia.

Magnifiche collezioni, allestimento alla Reggia di Venaria. Foto Giuliano Berti
In primo piano, i grandi casati della Superba, chiamati ogni due anni a eleggere tra le proprie fila il doge, capo della Repubblica, e i loro esponenti più in vista, ritratti dagli artisti in dipinti straordinari. Giovan Carlo Doria, per esempio, fu mecenate e collezionista di elevatissima levatura, capace di mettere insieme anche grazie ai suggerimenti di ottimi consiglieri, una raccolta d'arte principesca. Rubens lo dipinse come un re in un celebre ritratto equestre, suscitando scalpore nell'alta società seicentesca. Agostino Pallavicino, invece, fu tra i primi estimatori di Van Dyck a Genova: lo racconta in mostra lo straordinario ritratto infantile di suo figlio Ansaldo, che diventato adulto acquisterà il Palazzo della Pellicceria. A Van Dyck Ansaldo preferirà il Grechetto, artefice di una fantasiosa pittura barocca e noto a Genova per i suoi quadri "di bestiami".
Tra scene sacre e mitologiche, ritratti di dogi, dame e gentiluomini, si ricompongono le più belle quadrerie genovesi, un tempo allestite nelle dimore che Rubens descrisse con ammirazione nel volume illustrato I palazzi di Genova, e confluite in tempi diversi a Palazzo della Pellicceria. La quadreria dei Balbi, facoltosi banchieri, spaziava dai grandi fiamminghi - Rubens e Van Dyck - al napoletano Luca Giordano, dal più vivido Bernardo Strozzi al rococò del francese Largillière. Protagonista di un celebre dipinto di Van Dyck è la nobildonna Caterina Balbi Durazzo, cugina del patrizio Stefano Balbi che diede il via alla costruzione del futuro Palazzo Reale: il grandioso ritratto a figura intera di Caterina sintetizza le qualità che renderanno Van Dyck richiestissimo dalle più altolocate corti europee.

Antoon van Dyck, (Anversa, 1599 – Londra, 1641), Ritratto di Caterina Balbi Durazzo, 1624. Olio su tela. Musei Nazionali di Genova – Palazzo Reale
Una sfavillante cornice di Filippo Parodi, massimo scultore del Barocco genovese, circonda poi il ritratto di una giovane dama: probabilmente la nobildonna Maria Mancini, nipote del cardinal Mazzarino e favorita del Re Sole. Finemente intagliate nel legno dorato si distinguono le figure di Paride e Mercurio, che consegna al principe troiano la mela per la più bella tra le dee. Tra Giunone e Minerva campeggia una conchiglia, simbolo di Venere, vincitrice della contesa. La più bella è nel ritratto, sembra dirci la composizione di Parodi, ma pare che un tempo al posto della tela ci fosse uno specchio, gioco barocco tra realtà e finzione.
Anche gli oggetti d'argento presenti in mostra hanno interessanti storie da raccontare. Nel Seicento l'argento era il più prezioso pagamento con cui la Corona spagnola saldava i suoi debiti con i banchieri genovesi. Lo testimoniano il piatto e i vasi cesellati realizzati da maestri fiamminghi per Agostino Pallavicino. Al centro del piatto brilla l'immagine di Cristoforo Colombo in partenza da Palos, emblema della forza e dell’indipendenza della Superba rispetto alle ingerenze spagnole, mentre i vasi mostrano l’approdo di Colombo nel Nuovo Mondo e il navigatore intento a combattere contro il rivoltoso Francisco de Porras.

Magnifiche collezioni, allestimento alla Reggia di Venaria. Foto Giuliano Berti
Da Guido Reni a Battistello Caracciolo, da Orazio Gentileschi ad Angelica Kauffmann, le opere di Palazzo della Pellicceria raccontano come i nobili genovesi fossero sempre perfettamente aggiornati sulle ultime tendenze artistiche europee. Fino alla fine, quando il vento della Rivoluzione francese si abbatté anche sulla Superba, che perse la sua autonomia nel 1805 con l'annessione della Liguria all'Impero di Napoleone. Ancora nel 1792, poco prima della decapitazione di Luigi XVI, il doge Michelangelo Cambiaso si faceva ritrarre dall'austriaco Anton von Maron, un pittore allora molto in voga, con tutti gli attributi di un sovrano, epigono di un antico regime al tramonto, che a lui appariva invece immutabile ed eterno.

Guido Reni (Bologna, 1575 –1642), Amor sacro e Amor profano, 1622- 1623 ca. Olio su tela. Musei Nazionali di Genova – Palazzo Spinola
In programma fino al 7 settembre 2025, la mostra Magnifiche Collezioni. Arte e potere nella Genova dei Dogi ci trasporta indietro nel tempo, in viaggio tra il XVI e il XVIII secolo. Le opere esposte arrivano dalla straordinaria raccolta di Palazzo Spinola della Pellicceria, una "collezione di collezioni" cresciuta nel tempo grazie ad acquisizioni, matrimoni e passaggi ereditari, e poi smembrata tra la Galleria Nazionale di Palazzo Spinola e la Galleria Nazionale della Liguria. Eccezionalmente ricomposto anche grazie a prestiti da altri musei e collezioni private, un corpus davvero notevole evoca i tempi in cui le tante e ricche famiglie del patriziato genovese gareggiavano per il prestigio e il potere anche a colpi di opere d'arte. Un'epoca che vide incontrarsi a Genova tradizioni diverse - fiamminghi, toscani, lombardi, svizzeri, francesi - dando luogo a una cultura figurativa sempre all'avanguardia.

Magnifiche collezioni, allestimento alla Reggia di Venaria. Foto Giuliano Berti
In primo piano, i grandi casati della Superba, chiamati ogni due anni a eleggere tra le proprie fila il doge, capo della Repubblica, e i loro esponenti più in vista, ritratti dagli artisti in dipinti straordinari. Giovan Carlo Doria, per esempio, fu mecenate e collezionista di elevatissima levatura, capace di mettere insieme anche grazie ai suggerimenti di ottimi consiglieri, una raccolta d'arte principesca. Rubens lo dipinse come un re in un celebre ritratto equestre, suscitando scalpore nell'alta società seicentesca. Agostino Pallavicino, invece, fu tra i primi estimatori di Van Dyck a Genova: lo racconta in mostra lo straordinario ritratto infantile di suo figlio Ansaldo, che diventato adulto acquisterà il Palazzo della Pellicceria. A Van Dyck Ansaldo preferirà il Grechetto, artefice di una fantasiosa pittura barocca e noto a Genova per i suoi quadri "di bestiami".
Tra scene sacre e mitologiche, ritratti di dogi, dame e gentiluomini, si ricompongono le più belle quadrerie genovesi, un tempo allestite nelle dimore che Rubens descrisse con ammirazione nel volume illustrato I palazzi di Genova, e confluite in tempi diversi a Palazzo della Pellicceria. La quadreria dei Balbi, facoltosi banchieri, spaziava dai grandi fiamminghi - Rubens e Van Dyck - al napoletano Luca Giordano, dal più vivido Bernardo Strozzi al rococò del francese Largillière. Protagonista di un celebre dipinto di Van Dyck è la nobildonna Caterina Balbi Durazzo, cugina del patrizio Stefano Balbi che diede il via alla costruzione del futuro Palazzo Reale: il grandioso ritratto a figura intera di Caterina sintetizza le qualità che renderanno Van Dyck richiestissimo dalle più altolocate corti europee.

Antoon van Dyck, (Anversa, 1599 – Londra, 1641), Ritratto di Caterina Balbi Durazzo, 1624. Olio su tela. Musei Nazionali di Genova – Palazzo Reale
Una sfavillante cornice di Filippo Parodi, massimo scultore del Barocco genovese, circonda poi il ritratto di una giovane dama: probabilmente la nobildonna Maria Mancini, nipote del cardinal Mazzarino e favorita del Re Sole. Finemente intagliate nel legno dorato si distinguono le figure di Paride e Mercurio, che consegna al principe troiano la mela per la più bella tra le dee. Tra Giunone e Minerva campeggia una conchiglia, simbolo di Venere, vincitrice della contesa. La più bella è nel ritratto, sembra dirci la composizione di Parodi, ma pare che un tempo al posto della tela ci fosse uno specchio, gioco barocco tra realtà e finzione.
Anche gli oggetti d'argento presenti in mostra hanno interessanti storie da raccontare. Nel Seicento l'argento era il più prezioso pagamento con cui la Corona spagnola saldava i suoi debiti con i banchieri genovesi. Lo testimoniano il piatto e i vasi cesellati realizzati da maestri fiamminghi per Agostino Pallavicino. Al centro del piatto brilla l'immagine di Cristoforo Colombo in partenza da Palos, emblema della forza e dell’indipendenza della Superba rispetto alle ingerenze spagnole, mentre i vasi mostrano l’approdo di Colombo nel Nuovo Mondo e il navigatore intento a combattere contro il rivoltoso Francisco de Porras.

Magnifiche collezioni, allestimento alla Reggia di Venaria. Foto Giuliano Berti
Da Guido Reni a Battistello Caracciolo, da Orazio Gentileschi ad Angelica Kauffmann, le opere di Palazzo della Pellicceria raccontano come i nobili genovesi fossero sempre perfettamente aggiornati sulle ultime tendenze artistiche europee. Fino alla fine, quando il vento della Rivoluzione francese si abbatté anche sulla Superba, che perse la sua autonomia nel 1805 con l'annessione della Liguria all'Impero di Napoleone. Ancora nel 1792, poco prima della decapitazione di Luigi XVI, il doge Michelangelo Cambiaso si faceva ritrarre dall'austriaco Anton von Maron, un pittore allora molto in voga, con tutti gli attributi di un sovrano, epigono di un antico regime al tramonto, che a lui appariva invece immutabile ed eterno.

Guido Reni (Bologna, 1575 –1642), Amor sacro e Amor profano, 1622- 1623 ca. Olio su tela. Musei Nazionali di Genova – Palazzo Spinola
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