Upgrade
Dal 20 Giugno 2020 al 07 Settembre 2020
Milano
Luogo: Dimora Artica
Indirizzo: via Dolomiti 11
Orari: sabato, domenica, lunedì 16.00 – 20.00; altri giorni su appuntamento
Curatori: Dimora Artica
Telefono per informazioni: +39 380 5245917
E-Mail info: dimoraartica@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.dimoraartica.com
Dimora Artica presenta Upgrade, mostra collettiva che riunisce le opere di nove giovani artisti, nati tra il 1989 e il 1997. Il progetto nasce dalla volontà di indagare le diverse modalità espressive sviluppate nella produzione artistica più recente, unendo pittura, scultura, installazione e video. Nel rispetto delle norme di sicurezza, l’inaugurazione si svolgerà in tre giorni, dal 20 al 22 giugno dalle 16.00 alle 22.00.
L’adattamento alle mutate condizioni ambientali spinge ad aggiornare le proprie abitudini come i dispositivi tecnologici che vengono aggiornati attraverso le periodiche upgrade. Le difficoltà dovute alla pandemia e alle contestuali misure di distanziamento sociale hanno trasformato la vita dei cittadini, da una parte diffondendo una maggiore famigliarità con il mondo digitale e dall’altra rendendo più consapevoli del proprio corpo e dei processi della vita biologica. Gli eventi collettivamente traumatici accelerano le trasformazioni sociali già in atto, rendendo maggiormente coscienti dell’interdipendenza tra le diverse individualità e l’ambiente circostante, uniti in un complesso ecosistema di corpi, immagini e pensieri. Nel suo raccontare il presente attraverso l’immaginario individuale degli artisti, l’arte contribuisce alla costante rielaborazione della coscienza collettiva, contribuendo alla metabolizzazione dei cambiamenti in atto.
La ricerca di Giovanni Chiamenti (1992) parte dall’osservazione e dall’ascolto del paesaggio. Uno dei suoi obiettivi è approfondire il rapporto tra uomo e natura creando uno squilibrio percettivo, alterando il punto di vista. Il processo è quello di distanziarsi progressivamente dall’oggetto, rimuovendo gran parte delle coordinate spaziali e mantenendo soltanto le tracce necessarie per cogliere l’aura dell’elemento originario.
Per Ugrade Chiamenti presenta Overlayed Symbiosis, opera video che riflette sul ruolo e l’agire dell’uomo all’interno del suo ecosistema, come entità definita da un complesso sistema di relazioni e interdipendenze, partendo dal concetto di “simpoiesi” analizzato da Donna Haraway.
Il lavoro di Filippo Cristini (1989) affronta principalmente temi della storia e della filosofia occidentale attraverso immagini della cultura visiva contemporanea. Le ultime opere si concentrano sul tema della volontà di potenza, innescando al contempo una riflessione sull’immagine e sulla forma mitica.
Le opere in mostra fanno parte della serie Fitzcarraldo, nella quale la giungla è individuata come correlativo oggettivo della volontà di potenza mentre nei lavori più piccoli trovano spazio le condizioni di possibilità della volontà stessa.
Nelle proprie opere Lorenzo D’Alba (1998) predilige il mezzo scultoreo, di cui indaga l’interrelazione tra le pratiche più tradizionali e quelle sperimentali, tutto a servizio di una ricerca sulla dimensione archetipica dell'immaginazione e il riflesso di questa nell'atto creativo.
In mostra due sculture che raccontano la capacità della natura di sviluppare forme nuove attraverso la metamorfosi, in cui unisce oggetti trovati e aculei dalle forme affusolate, realizzati con cartapesta e materiali sintetici. Le protuberanze riproducono un elemento ricorrente in natura e vengono recuperate per dare corpo a una nuova identità fuori dall'ordinario.
Affascinato dalla storia dell'arte, dell'architettura e del design, ma più generalmente dalle forme in sé che si presentano, l’immaginario di Pietro Di Corrado (1995) tenta di costruire una grammatica visiva continua, analizzando le possibili relazioni tra forme apparentemente slegate tra loro per questioni temporali o culturali. Una sorta di rielaborazione e restituzione di tutto ciò che gli è più caro, che sia un manufatto architettonico, un oggetto banale, una vetrina di un negozio, la grafica di un prodotto commerciale, e così via; la sintesi è programmata secondo una certa logica.
Esaminando e ricomponendo le caratteristiche della fotografia, Alessandra Draghi (1994) chiarisce l’infedeltà di un mezzo considerato oggettivo. L’alterazione dei soggetti fotografati apre insolite direzioni di senso per la lettura delle immagini.
In mostra due opere, sviluppate partendo da studi sull’artigianato trentino e il Carnevale Ladino, che ruotano attorno alla decontestualizzazione e riproposizione degli oggetti della tradizione culturale, interpretati attraverso strumenti tecnologici. Sculture antropomorfe sono combinate con coralli e conchiglie naturali in delicate composizioni, mostrandosi come residui o reperti, ed una stampa presenta l'immagine ottenuta attraverso la rielaborazione digitale della scansione 3D di alcuni oggetti.
La pratica di Giacomo Giannantonio (1998) è multidisciplinare e sperimenta diversi processi di produzione, concentrandosi sull’energia della singola opera, sul suo senso e la sua complessità formale. L’approccio do-it-yourself, l’utilizzo di materiali appartenenti alla sfera domestica e l’immaginario pop sono bisogni primari nella costruzione di un unico scenario, dove sessualità e spazi vitali sono gli attori principali.
Intitolata Lebenslauf, l’opera in mostra è un autoritratto sintetico e naturale, insieme scarto organico e prodotto industriale.
Nelle proprie opere Matteo Messori (1993) vuole indagare le forme perturbanti che hanno segnato la crescita psicologica della fisionomia umana.
In mostra dipinti della serie Antiforma, in cui una forma vagamente antropomorfa s’interseca a diversi ulteriori livelli, tra i quali paesaggi, interni e forme geometriche. Nella serie Antiforma l’artista intende sviluppare una riflessione sulla condizione umana, comunicando l’impotenza dell’uomo di fronte a situazioni da lui stesso generate.
La ricerca di Viola Morini (1997) si occupa principalmente della relazione con la vita quotidiana e il subconscio, studiando questo rapporto con dei sistemi che mettono in crisi il lavoro.
L’opera in mostra è un rito di liberazione, immagine fortemente sognata e gioco per abolire l’austerità e procurare piacere.
La ricerca di Federico Polloni (1991) si sviluppa partendo dagli elementi dell’immaginario collettivo, con rimandi a un simbolismo mistico che nell’immagine primordiale unisce la dimensione naturale con quella artificiale. Esperienze personali si uniscono a studi di carattere storiografico, in una pratica pittorica in bilico tra astrazione e figurazione, alla continua ricerca di una sintesi oggettiva e di una verità intrinseca.
In mostra delle carte di piccolo formato, in cui i forti contrasti cromatici forniscono una sintesi degli elementi raffigurati, di natura onirica e immaginifica. Le luci e le ombre, accompagnate dalla stesura vaporosa e meccanica del colore, assumono un carattere teatrale e epico.
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