Alla Galleria Fumagalli di Milano
La leggerezza di Paolini, antidoto contro il vuoto
Giulio Paolini, Courtesy Luciano Romano, Napoli
Eleonora Zamparutti
24/01/2018
Milano - “Abbiamo selezionato una serie di lavori che ripercorrono il cammino artistico di Giulio Paolini, dagli anni Sessanta a oggi. Il pezzo più antico risale al 1969, il più recente al 2015” afferma Angela Madesani che insieme ad Annamaria Maggi è la curatrice dell’esposizione “Giulio Paolini. Teorie delle apparenze” alla Galleria Fumagalli di Milano fino al 14 aprile.
Artista molto apprezzato da un pubblico eterogeneo, Giulio Paolini si posiziona a un livello alto della ricerca, sofisticato e colto nelle citazioni, ancorato al pensiero concettuale.
Il primo lavoro esposto nella galleria milanese risale al ’69 ed è uno striscione, quasi un tazebao, che riporta la frase “Quam Raptim Ad Sublimia” (“Quanto prima verso il sublime”) che l’artista poté leggere ai Musei Vaticani, incisa in ottone sul pavimento di una sala.
“L’opera non è mai stata esposta in spazi pubblici all’aperto. Negli interni viene sospesa alla parete la prima estremità in alto, lasciando ricadere l’altro capo al suolo” continua Angela Madesani.
La retrospettiva è contenuta in una selezione di dodici opere che ben rendono in sintesi gli approdi a cui è pervenuta la ricerca dell’artista: dai disegni e tele degli anni Settanta che evocano la squadratura geometrica del quadro e che si rifanno tutte in qualche modo all’opera Disegno geometrico del 1960, alla dimensione citazionista delle opere realizzate negli anni Ottanta che guardano al teatro e alla letteratura, agli studi più recenti che indagano sull’identità dell’autore e sul suo ruolo di spettatore.
“I lavori di Paolini riflettono i motivi della sua ricerca, che tornano ricorrenti nelle opere, ma non è un artista che ama citarsi” afferma la Madesani. Come dichiarava lo stesso Paolini in un’intervista raccolta da Achille Bonito Oliva nel 1973: “Il ritorno alla dimensione del mio primo quadro non è evocativo né celebrativo, ma è semplicemente la constatazione che la dimensione è una sola”.
FOTO: "GIULIO PAOLINI. TEORIA DELLE APPARENZE"
E anche quando, in un fase successiva negli anni Ottanta, cita altri artisti riprendendone il soggetto, come ad esempio Jean-Antoine Watteau in L’Indifférent, opera del 1992, o Antonio Canova in Grandezza Naturale, opera del 1986, Giulio Paolini modifica le dimensione del soggetto originale, rendendolo più grande e ponendo l’interrogativo sulla nozione di naturalità della grandezza.
“E’ un artista classico, vivo che ha sempre qualcosa da dire e a cui non mancano gli argomenti. Ha avuto la fortuna di essere apprezzato sin dal primo momento: agli esordi della sua carriera ha potuto contare sull’appoggio della Galleria Sonnabend. Le sue opere sono esposte in modo permanente nei musei di Roma e in varie istituzioni internazionali pubbliche e private”.
Un artista in dialogo con la storia dell’arte, in particolar modo un grande estimatore dei lavori del Settecento, francese e italiano, e dell’arte antica. Ha inoltre un forte legame con il fondatore della Metafisica, Giorgio De Chirico.
Recentemente un’opera di Giulio Paolini, l’inedito Studio per “Estasi di San Sebastiano”, ha trovato posto nella sala 4 dell’Accademia Carrara di Bergamo in occasione dell’esposizione “Raffaello e l’eco del mito” dal 27 gennaio al 6 maggio 2018. Il lavoro, realizzato da Paolini per l’occasione espositiva, trae ispirazione da tre dettagli iconografici del dipinto di Raffaello (l’aureola, la freccia e la collana) restituendo un’opera diversa di senso pienamente compiuto.
Lavori dell’artista sono attualmente in mostra alla Fondazione Cosso presso il Castello di Mirandola nell’esposizione "Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura", dedicata al poliedrico pittore, scultore, ceramista, ma anche musicista, scrittore e ingegnere (fino al 25 febbraio) e nell’esposizione “Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire” allestita fino al 17 giugno al Museo e Real Bosco di Capodimonte dove artisti e personalità del mondo della cultura sono stati chiamati a interpretare le collezioni museali secondo le loro sensibilità, riallestendo dieci sale del museo. Un intervento non nuovo per Giulio Paolini che due anni fa fu chiamato a far soffiare nuova brezza di contemporaneità nelle sale del museo Poldi Pezzoli di Milano.
Artista molto apprezzato da un pubblico eterogeneo, Giulio Paolini si posiziona a un livello alto della ricerca, sofisticato e colto nelle citazioni, ancorato al pensiero concettuale.
Il primo lavoro esposto nella galleria milanese risale al ’69 ed è uno striscione, quasi un tazebao, che riporta la frase “Quam Raptim Ad Sublimia” (“Quanto prima verso il sublime”) che l’artista poté leggere ai Musei Vaticani, incisa in ottone sul pavimento di una sala.
“L’opera non è mai stata esposta in spazi pubblici all’aperto. Negli interni viene sospesa alla parete la prima estremità in alto, lasciando ricadere l’altro capo al suolo” continua Angela Madesani.
La retrospettiva è contenuta in una selezione di dodici opere che ben rendono in sintesi gli approdi a cui è pervenuta la ricerca dell’artista: dai disegni e tele degli anni Settanta che evocano la squadratura geometrica del quadro e che si rifanno tutte in qualche modo all’opera Disegno geometrico del 1960, alla dimensione citazionista delle opere realizzate negli anni Ottanta che guardano al teatro e alla letteratura, agli studi più recenti che indagano sull’identità dell’autore e sul suo ruolo di spettatore.
“I lavori di Paolini riflettono i motivi della sua ricerca, che tornano ricorrenti nelle opere, ma non è un artista che ama citarsi” afferma la Madesani. Come dichiarava lo stesso Paolini in un’intervista raccolta da Achille Bonito Oliva nel 1973: “Il ritorno alla dimensione del mio primo quadro non è evocativo né celebrativo, ma è semplicemente la constatazione che la dimensione è una sola”.
FOTO: "GIULIO PAOLINI. TEORIA DELLE APPARENZE"
E anche quando, in un fase successiva negli anni Ottanta, cita altri artisti riprendendone il soggetto, come ad esempio Jean-Antoine Watteau in L’Indifférent, opera del 1992, o Antonio Canova in Grandezza Naturale, opera del 1986, Giulio Paolini modifica le dimensione del soggetto originale, rendendolo più grande e ponendo l’interrogativo sulla nozione di naturalità della grandezza.
“E’ un artista classico, vivo che ha sempre qualcosa da dire e a cui non mancano gli argomenti. Ha avuto la fortuna di essere apprezzato sin dal primo momento: agli esordi della sua carriera ha potuto contare sull’appoggio della Galleria Sonnabend. Le sue opere sono esposte in modo permanente nei musei di Roma e in varie istituzioni internazionali pubbliche e private”.
Un artista in dialogo con la storia dell’arte, in particolar modo un grande estimatore dei lavori del Settecento, francese e italiano, e dell’arte antica. Ha inoltre un forte legame con il fondatore della Metafisica, Giorgio De Chirico.
Recentemente un’opera di Giulio Paolini, l’inedito Studio per “Estasi di San Sebastiano”, ha trovato posto nella sala 4 dell’Accademia Carrara di Bergamo in occasione dell’esposizione “Raffaello e l’eco del mito” dal 27 gennaio al 6 maggio 2018. Il lavoro, realizzato da Paolini per l’occasione espositiva, trae ispirazione da tre dettagli iconografici del dipinto di Raffaello (l’aureola, la freccia e la collana) restituendo un’opera diversa di senso pienamente compiuto.
Lavori dell’artista sono attualmente in mostra alla Fondazione Cosso presso il Castello di Mirandola nell’esposizione "Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura", dedicata al poliedrico pittore, scultore, ceramista, ma anche musicista, scrittore e ingegnere (fino al 25 febbraio) e nell’esposizione “Carta Bianca. Capodimonte Imaginaire” allestita fino al 17 giugno al Museo e Real Bosco di Capodimonte dove artisti e personalità del mondo della cultura sono stati chiamati a interpretare le collezioni museali secondo le loro sensibilità, riallestendo dieci sale del museo. Un intervento non nuovo per Giulio Paolini che due anni fa fu chiamato a far soffiare nuova brezza di contemporaneità nelle sale del museo Poldi Pezzoli di Milano.
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