A Firenze dal 10 febbraio
Un capolavoro di Giotto al Museo dell'Opera del Duomo
Giotto, Madonna di San Giorgio alla Costa, 1295 circa, tempera e oro su tavola, 90 x 180 cm, Firenze, Museo diocesano. Foto © Antonio Quattrone
Samantha De Martin
13/02/2018
Firenze - Sulla veste dell’angelo posto a sinistra della Madonna sono ancora visibili le lesioni provocate dalla scheggia scaturita dall’esplosione dell’autobomba in via dei Georgofili, la notte tra il 26 e 27 maggio del 1993.
A 25 anni da quell’attentato che sconvolse Firenze, la Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto, realizzata in tempera e olio su tavola, è esposta dal 10 febbraio al Museo dell’Opera del Duomo, in prestito a lungo termine dal Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte, chiuso al pubblico. Ritenuta per lungo tempo perduta, alcuni studiosi, dal 1930, identificarono questa Madonna col Bambino - uno dei dipinti più emblematici del rinnovamento assoluto del linguaggio artistico attuato da Giotto sul finire del XIII secolo - con la tavola menzionata dal Ghiberti e dal Vasari come opera realizzata del pittore toscano per la chiesa di San Giorgio alla Costa.
L’opera fu al centro di diverse vicessitudini. Nel primo Settecento fu ad esempio manomessa per essere adattata agli arredi della chiesa in ristrutturazione, mentre nel Novecento fu trasferita al Museo Diocesano presso la chiesa di Santo Stefano al Ponte di Firenze, danneggiato a sua volta dalla strage mafiosa del 1993 e chiuso al pubblico.
Per rendere fruibile questo capolavoro, che rischiava di rimanere inaccessibile, chiuso in un deposito, l’Arcivescovo Giuseppe Betori ha chiesto all’Opera di Santa Maria del Fiore la disponibilità a ospitare la tavola nel Museo dell’Opera del Duomo, che al momento conta 800mila visitatori l'anno.
Secondo la critica moderna l'opera è ascrivibile alla prima maturità di Giotto, nonostante permangano alcune divergenze sulla datazione. Potrebbe essere stata realizzata intorno al 1295, considerando lo stile posteriore a quello sviluppato dall’artista negli affreschi della Basilica Superiore di Assisi. «Questa ipotesi - spiega Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo - avvicina la tavola agli anni di progettazione e di avvio dei lavori della Cattedrale di Firenze, tra il 1294 e il 1296, anch’essa dedicata a Maria. Sia la forma gotica dello schienale del trono che l’utilizzo di inserti musivi e modanature di marmo rosa rientrano nel lessico decorativo elaborato da Arnolfo di Cambio, il primo architetto della cattedrale. Un confronto, che la collocazione del dipinto nello spazio del museo denominato ‘Belvedere’, da cui si vede la ricostruzione della facciata arnolfiana, vuole suggerire».
E infatti l’immagine di Maria e del Bambino che l'artista propone in questa tavola potrà essere messa in dialogo con le forme della scultura di Arnolfo di Cambio e degli altri maestri che hanno scavato, attraverso il loro genio, un’impronta illustre all’interno della cattedrale.
La Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto, assieme alla statua di Arnolfo, appartiene alla tipologia nota in Toscana con il nome di “Maestà”. Il pittore e lo scultore celebrano Maria come regina, presentandola seduta su un trono.
Di Cambio aggiunge anche una corona regale, anticipando l’incoronazione della Madre per mano del Figlio, raffigurata ai primi del Trecento nel mosaico della controfacciata del Duomo di Firenze.
Leggi anche:
• Il Museo dell'Opera del Duomo di Firenze si arricchisce di tre preziose sculture
• Dalla Toscana a Venezia sulle orme di Giotto
A 25 anni da quell’attentato che sconvolse Firenze, la Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto, realizzata in tempera e olio su tavola, è esposta dal 10 febbraio al Museo dell’Opera del Duomo, in prestito a lungo termine dal Museo Diocesano di Santo Stefano al Ponte, chiuso al pubblico. Ritenuta per lungo tempo perduta, alcuni studiosi, dal 1930, identificarono questa Madonna col Bambino - uno dei dipinti più emblematici del rinnovamento assoluto del linguaggio artistico attuato da Giotto sul finire del XIII secolo - con la tavola menzionata dal Ghiberti e dal Vasari come opera realizzata del pittore toscano per la chiesa di San Giorgio alla Costa.
L’opera fu al centro di diverse vicessitudini. Nel primo Settecento fu ad esempio manomessa per essere adattata agli arredi della chiesa in ristrutturazione, mentre nel Novecento fu trasferita al Museo Diocesano presso la chiesa di Santo Stefano al Ponte di Firenze, danneggiato a sua volta dalla strage mafiosa del 1993 e chiuso al pubblico.
Per rendere fruibile questo capolavoro, che rischiava di rimanere inaccessibile, chiuso in un deposito, l’Arcivescovo Giuseppe Betori ha chiesto all’Opera di Santa Maria del Fiore la disponibilità a ospitare la tavola nel Museo dell’Opera del Duomo, che al momento conta 800mila visitatori l'anno.
Secondo la critica moderna l'opera è ascrivibile alla prima maturità di Giotto, nonostante permangano alcune divergenze sulla datazione. Potrebbe essere stata realizzata intorno al 1295, considerando lo stile posteriore a quello sviluppato dall’artista negli affreschi della Basilica Superiore di Assisi. «Questa ipotesi - spiega Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo - avvicina la tavola agli anni di progettazione e di avvio dei lavori della Cattedrale di Firenze, tra il 1294 e il 1296, anch’essa dedicata a Maria. Sia la forma gotica dello schienale del trono che l’utilizzo di inserti musivi e modanature di marmo rosa rientrano nel lessico decorativo elaborato da Arnolfo di Cambio, il primo architetto della cattedrale. Un confronto, che la collocazione del dipinto nello spazio del museo denominato ‘Belvedere’, da cui si vede la ricostruzione della facciata arnolfiana, vuole suggerire».
E infatti l’immagine di Maria e del Bambino che l'artista propone in questa tavola potrà essere messa in dialogo con le forme della scultura di Arnolfo di Cambio e degli altri maestri che hanno scavato, attraverso il loro genio, un’impronta illustre all’interno della cattedrale.
La Madonna di San Giorgio alla Costa di Giotto, assieme alla statua di Arnolfo, appartiene alla tipologia nota in Toscana con il nome di “Maestà”. Il pittore e lo scultore celebrano Maria come regina, presentandola seduta su un trono.
Di Cambio aggiunge anche una corona regale, anticipando l’incoronazione della Madre per mano del Figlio, raffigurata ai primi del Trecento nel mosaico della controfacciata del Duomo di Firenze.
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