Parla l’artista dissidente in mostra a Brescia
Come una foresta, o il fondo del mare. La Russia al bivio di Victoria Lomasko
Victoria Lomasko al Museo di Santa Giulia, mentre lavora all'opera site-specific "Five Steps" I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Francesca Grego
22/11/2022
Brescia - Negli ultimi anni ha conquistato la critica e il pubblico occidentale, ma le sue opere - un mix di immagini e parole che lascia il segno - non sono mai state ufficialmente pubblicate in lingua originale. Artista, russa e dissidente, classe 1978, oggi Victoria Lomasko sperimenta le difficoltà, talvolta grottesche, dell’esilio. In fuga dal suo paese da marzo 2022, è approdata a Brescia dove, per il terzo anno, il Festival della Pace dà spazio alle voci di artisti fuori dal coro provenienti dalle più svariate realtà del pianeta. Dopo Zehra Doğan. Avremo anche giorni migliori. Opere dalle carceri turche e Badiucao. La Cina (non) è vicina. Opere di un artista dissidente, Victoria è la protagonista del terzo atto del progetto “Arte contemporanea e diritti umani” curato da Elettra Stamboulis.
In residenza artistica al Museo di Santa Giulia ha creato Five Steps, un vasta installazione site-specific in cinque tempi, per condividere con il pubblico italiano le esperienze vissute nell’ultimo anno. Ma non finisce qui. In un itinerario espositivo che è esso stesso una creazione d’artista, Lomasko ci invita a guardare con i suoi occhi la storia sociale e politica della Russia dal 2011 a oggi, rivelando in coinvolgenti e originali reportage “la geografia nascosta del paese più esteso al mondo”, dalle manifestazioni anti-Putin alla vita degli ultimi, dei dimenticati, nelle province profonde dell’impero.
Inaugurata lo scorso 11 novembre in un clima di partecipazione e curiosità, Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist animerà la vita culturale bresciana fino all’8 gennaio 2023.
“Essere ‘l’ultima artista sovietica’ - racconta Victoria - significa non fissare lo sguardo su un unico punto (la guerra russa in Ucraina), ma riconoscere in quello che accade un cambiamento epocale, un cambio di generazione. Vedere la trasformazione dell’enorme spazio che fino a poco fa veniva descritto come ‘post-sovietico’, quando il ‘post-sovietico’ non è più possibile”.
Victoria Lomasko, Showdrop Generation, 2021. Acquarello, acrilico e inchiostro su carta, 41.5 x 118 cm e 41.5 x 59 cm. Collezione privata
“Per descrivere questi cambiamenti - prosegue l’artista - è necessario capire bene l’epoca che sta tramontando, conoscere la realtà sovietica non attraverso film, libri, racconti altrui, ma per esperienza diretta. L’Unione Sovietica è crollata quando ero adolescente, ma il trauma della vita in un paese chiuso e totalitario è ancora dentro di me. Tre settimane prima dell’inizio della guerra in Ucraina ho finito di scrivere un libro per il quale avevo cominciato a raccogliere materiale nel 2014. Il libro ha lo stesso titolo di questa mostra. Solo un autore della mia generazione poteva scrivere un libro del genere: è come fare da tramite tra i vecchi che si sono formati completamente nel periodo sovietico e i giovani che non riescono a percepire né a comprendere quella realtà surreale”.
Come sono cambiati la tua vita e il tuo lavoro dopo lo scoppio della guerra?
“Si potrebbe dire che la guerra mi ha fatto diventare un’artista in esilio. Anche se in realtà già alla fine del 2020 mi ero resa conto che prima o poi sarei dovuta scappare dalla Russia. In quel periodo avevano modificato la legge sugli ‘agenti stranieri’ in modo che potesse essere inserito nell’elenco chiunque svolgesse attività collegate a temi politici e collaborasse con organizzazioni occidentali (che erano le sole cose che facevo io). Quando è stata approvata questa legge ho cominciato subito a rivedere il mio enorme archivio di disegni, con l’idea che probabilmente avrei dovuto mandarlo all’estero. Il 5 marzo 2022 ho abbandonato la Russia, e qualche giorno dopo l’Ambasciata francese a Mosca mi ha aiutata a far arrivare il mio archivio in Europa. La mostra The Last Sovier Artist non sarebbe mai esistita senza questo aiuto.
Emigrare non è mai semplice. Sugli emigrati con passaporto russo pesano ancora le sanzioni occidentali. Devo lottare per visti sempre nuovi. E ad oggi non ho la possibilità di iniziare a costruire una nuova vita in un paese europeo.
Non ho parenti vicini o amici ucraini. Il fatto che io sia contraria alla guerra in Ucraina e che già nel 2014 mi sia espressa contro l’annessione della Crimea per la maggior parte dei miei conoscenti artisti ucraini non ha alcuna importanza, hanno smesso di parlarmi, alcuni hanno anche detto che con l’inizio della guerra in Ucraina la mia arte ha perso qualsiasi significato. Nel corso di questi mesi ho meditato sulla guerra, su questa tragedia, e anche sul ruolo dell’artista. Il risultato delle mie riflessioni è che l’arte sta al di sopra di qualsiasi evento politico, e che il compito più importante dell’artista è servire l’arte in qualsiasi situazione”.
Victoria Lomasko I Courtesy of Fondazione Brescia Musei
Quale significato ha per te la mostra da poco inaugurata a Brescia?
“A una mostra come questa un artista ci arriva in diversi anni. È evidente che un’esposizione museale così grande è molto significativa per la mia carriera, ma è molto più importante il fatto che io sia riuscita a mostrare ‘Lomasko’s World’, il mio piccolo universo.
La curatrice Elettra Stamboulis e i collaboratori del museo hanno fatto tutto il necessario per tradurre in realtà la mia idea di una mostra perfetta, che ricordasse uno show teatrale. Mi piace moltissimo sollevare quella pesante tenda in velluto, passare attraverso il labirinto blu scuro e poi nello spazio della foresta oscura.
Ho creato appositamente per la mostra una nuova serie monumentale, Five Steps. Questi pannelli, Isolation, Escape, Exile, Shame, Humanity sono situati in una sala oblunga, che ricorda un po’ una chiesa. Percorrendo i cinque passi i visitatori mi accompagnano nel viaggio che ho compiuto. Ho trascorso un mese e mezzo a disegnare nell’atelier allestito in una delle sale del museo, è stato meraviglioso. Sono stata davvero felice di donare i Five Steps alla collezione di Fondazione Brescia Musei”.
"Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist" © Alberto Mancini I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Il libro Other Russias ha vinto il Pushkin House Book Prize, ma non è mai stato pubblicato nel tuo paese...
“Quando, nel 2008, ho cominciato a fare i primi reportage grafici non immaginavo che ne sarebbe venuto fuori un libro, e che il libro sarebbe stato pubblicato a New York e a Londra. In quel momento non ero ancora mai stata in Europa, tanto meno negli Stati Uniti, e non avevo mai pensato che avrei avuto un pubblico occidentale. Volevo raccontare le storie della gente semplice che sopravvive come può in Russia, invisibile e inascoltata, a persone altrettanto semplici. Per esempio a chi vive nella mia Serpukhov e in altri luoghi di provincia. Inizialmente tutti i reportage sono stati pubblicati in internet in russo, gratis, su siti di attivisti per i diritti e dell’opposizione. Erano siti con un pubblico molto limitato, ma ora non si può più neanche pensare che siti come quelli esistano (sono tutti bloccati o vietati). Pubblicavo anche sui miei social media.
Dopo l’enorme successo di Other Russias (in Italia Altre Russie, edito da Becco Giallo, n.d.r.) in Occidente un editore russo ha proposto di pubblicare il libro in russo. Prima, però, abbiamo deciso di consultare un avvocato: la risposta è stata che se il libro fosse uscito senza nessuna auto-censura ci sarebbero state altissime probabilità che sia all’editore che a me avrebbero dato qualche anno di galera. Poiché sono contraria a qualsiasi tipo di auto-censura, abbiamo deciso di rimandare la pubblicazione. Adesso anche questo editore si trova in esilio e gli ho già chiesto: ora forse possiamo pubblicarlo?”.
Victoria Lomasko, Diptych #1, 2012. Tecnica mista su carta, 210 x 300 cm. Cartoon Museum, Basel
I tuoi lavori sono reportage grafici, un cocktail esplosivo di immagini e parole…
“Il mio lavoro è una sintesi di testo e immagini. È come il lavoro del compositore che crea un’opera musicale. Supponiamo che il testo sia un violino e i disegni un flauto e il mio compito sia stabilire quando in primo piano emerge la melodia del violino e quando quella del flauto, come interagiscono questi suoni così diversi e come si intrecciano creando qualcosa di ancora differente.
In Occidente ti considerano la più importante artista sociale grafica russa. Come ha preso forma il tuo linguaggio artistico?
“Non ho mai voluto dipingere su tela, ma mi è sempre interessato il genere del libro d’artista. Da bambina mi piaceva scrivere poesie e piccoli racconti che spesso illustravo. A 19 anni mi sono iscritta al Moscow State University of Printing Arts, Graphic Art and Book Design, nel quale sognavo di studiare fin da bambina visto che proprio lì insegnavano l’arte grafica dei libri. Dopo l’università ho lavorato come illustratrice commerciale, cercando parallelamente di occuparmi di ciò che chiamiamo ‘arte contemporanea’. Mi sentivo irrealizzata e infelice. Mi sono invece sentita felice solo quando ho provato ad aggiungere ai ritratti dei personaggi delle frasi che gli avevo sentito pronunciare. ‘Devo muovermi in questa direzione!’, mi sono detta. Avevo già trent’anni allora. Più scrivo e più sono felice”.
Victoria Lomasko, Behind the Forest, 2021. Acquerello, inchiostro nero e colorato, matite e pastelli colorati su carta, 587 x 415 mm I Courtesy Edel Assanti, London
Nelle tue opere usi spesso usa metafore legate alla natura, agli animali e alle piante. Come mai?
“Inizialmente, per diversi anni, ho studiato la società russa; è stato un lavoro all’incrocio tra giornalismo e sociologia. Poi, quando ho raccolto abbastanza materiale perché in testa mi si formasse un’immagine completa, gli sketch dei reportage hanno cominciato a trasformarsi in composizioni simboliche complesse. La Russia mi è apparsa come una foresta oscura piena di esseri strani e talvolta pericolosi. Le radici degli alberi sono i nostri nonni, i nostri genitori, la generazione sovietica traumatizzata per sempre. I rami, la generazione giovane, non riescono in alcun modo a liberarsi dall’influenza delle radici. In questa foresta c’è l’albero della violenza, il cui tronco è composto dal violento e dalla sua vittima. Altre volte, invece, ho pensato di vivere negli abissi del mare: in superficie c’è solo il mondo occidentale, e da lì fino noi, che stiamo sul fondale, cadono oggetti, piatti sporchi e calici vuoti dopo il banchetto.
Quando guardo le persone in Russia, me le immagino come erbacce che crescono a fatica tra le rovine dell’impero sovietico. Nessuno si occupa di loro, al contrario, spesso vengono strappate alla radice. Ma queste erbacce hanno una forza vitale selvatica. Quando guardo gli europei, mi sembrano dei fiori da esposizione, fatti crescere in condizioni artificiali, in una serra. Ma mi piacerebbe che fossimo tutti fiori esposti al sole, in un prato, dove ci fosse allo stesso tempo cura e libertà”.
"Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist" © Alberto Mancini I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Leggi anche:
• A Brescia la Russia dei dimenticati nei lavori dell’artista e dissidente sovietica Victoria Lomasko
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Inaugurata lo scorso 11 novembre in un clima di partecipazione e curiosità, Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist animerà la vita culturale bresciana fino all’8 gennaio 2023.
“Essere ‘l’ultima artista sovietica’ - racconta Victoria - significa non fissare lo sguardo su un unico punto (la guerra russa in Ucraina), ma riconoscere in quello che accade un cambiamento epocale, un cambio di generazione. Vedere la trasformazione dell’enorme spazio che fino a poco fa veniva descritto come ‘post-sovietico’, quando il ‘post-sovietico’ non è più possibile”.
Victoria Lomasko, Showdrop Generation, 2021. Acquarello, acrilico e inchiostro su carta, 41.5 x 118 cm e 41.5 x 59 cm. Collezione privata
“Per descrivere questi cambiamenti - prosegue l’artista - è necessario capire bene l’epoca che sta tramontando, conoscere la realtà sovietica non attraverso film, libri, racconti altrui, ma per esperienza diretta. L’Unione Sovietica è crollata quando ero adolescente, ma il trauma della vita in un paese chiuso e totalitario è ancora dentro di me. Tre settimane prima dell’inizio della guerra in Ucraina ho finito di scrivere un libro per il quale avevo cominciato a raccogliere materiale nel 2014. Il libro ha lo stesso titolo di questa mostra. Solo un autore della mia generazione poteva scrivere un libro del genere: è come fare da tramite tra i vecchi che si sono formati completamente nel periodo sovietico e i giovani che non riescono a percepire né a comprendere quella realtà surreale”.
Come sono cambiati la tua vita e il tuo lavoro dopo lo scoppio della guerra?
“Si potrebbe dire che la guerra mi ha fatto diventare un’artista in esilio. Anche se in realtà già alla fine del 2020 mi ero resa conto che prima o poi sarei dovuta scappare dalla Russia. In quel periodo avevano modificato la legge sugli ‘agenti stranieri’ in modo che potesse essere inserito nell’elenco chiunque svolgesse attività collegate a temi politici e collaborasse con organizzazioni occidentali (che erano le sole cose che facevo io). Quando è stata approvata questa legge ho cominciato subito a rivedere il mio enorme archivio di disegni, con l’idea che probabilmente avrei dovuto mandarlo all’estero. Il 5 marzo 2022 ho abbandonato la Russia, e qualche giorno dopo l’Ambasciata francese a Mosca mi ha aiutata a far arrivare il mio archivio in Europa. La mostra The Last Sovier Artist non sarebbe mai esistita senza questo aiuto.
Emigrare non è mai semplice. Sugli emigrati con passaporto russo pesano ancora le sanzioni occidentali. Devo lottare per visti sempre nuovi. E ad oggi non ho la possibilità di iniziare a costruire una nuova vita in un paese europeo.
Non ho parenti vicini o amici ucraini. Il fatto che io sia contraria alla guerra in Ucraina e che già nel 2014 mi sia espressa contro l’annessione della Crimea per la maggior parte dei miei conoscenti artisti ucraini non ha alcuna importanza, hanno smesso di parlarmi, alcuni hanno anche detto che con l’inizio della guerra in Ucraina la mia arte ha perso qualsiasi significato. Nel corso di questi mesi ho meditato sulla guerra, su questa tragedia, e anche sul ruolo dell’artista. Il risultato delle mie riflessioni è che l’arte sta al di sopra di qualsiasi evento politico, e che il compito più importante dell’artista è servire l’arte in qualsiasi situazione”.
Victoria Lomasko I Courtesy of Fondazione Brescia Musei
Quale significato ha per te la mostra da poco inaugurata a Brescia?
“A una mostra come questa un artista ci arriva in diversi anni. È evidente che un’esposizione museale così grande è molto significativa per la mia carriera, ma è molto più importante il fatto che io sia riuscita a mostrare ‘Lomasko’s World’, il mio piccolo universo.
La curatrice Elettra Stamboulis e i collaboratori del museo hanno fatto tutto il necessario per tradurre in realtà la mia idea di una mostra perfetta, che ricordasse uno show teatrale. Mi piace moltissimo sollevare quella pesante tenda in velluto, passare attraverso il labirinto blu scuro e poi nello spazio della foresta oscura.
Ho creato appositamente per la mostra una nuova serie monumentale, Five Steps. Questi pannelli, Isolation, Escape, Exile, Shame, Humanity sono situati in una sala oblunga, che ricorda un po’ una chiesa. Percorrendo i cinque passi i visitatori mi accompagnano nel viaggio che ho compiuto. Ho trascorso un mese e mezzo a disegnare nell’atelier allestito in una delle sale del museo, è stato meraviglioso. Sono stata davvero felice di donare i Five Steps alla collezione di Fondazione Brescia Musei”.
"Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist" © Alberto Mancini I Courtesy Fondazione Brescia Musei
Il libro Other Russias ha vinto il Pushkin House Book Prize, ma non è mai stato pubblicato nel tuo paese...
“Quando, nel 2008, ho cominciato a fare i primi reportage grafici non immaginavo che ne sarebbe venuto fuori un libro, e che il libro sarebbe stato pubblicato a New York e a Londra. In quel momento non ero ancora mai stata in Europa, tanto meno negli Stati Uniti, e non avevo mai pensato che avrei avuto un pubblico occidentale. Volevo raccontare le storie della gente semplice che sopravvive come può in Russia, invisibile e inascoltata, a persone altrettanto semplici. Per esempio a chi vive nella mia Serpukhov e in altri luoghi di provincia. Inizialmente tutti i reportage sono stati pubblicati in internet in russo, gratis, su siti di attivisti per i diritti e dell’opposizione. Erano siti con un pubblico molto limitato, ma ora non si può più neanche pensare che siti come quelli esistano (sono tutti bloccati o vietati). Pubblicavo anche sui miei social media.
Dopo l’enorme successo di Other Russias (in Italia Altre Russie, edito da Becco Giallo, n.d.r.) in Occidente un editore russo ha proposto di pubblicare il libro in russo. Prima, però, abbiamo deciso di consultare un avvocato: la risposta è stata che se il libro fosse uscito senza nessuna auto-censura ci sarebbero state altissime probabilità che sia all’editore che a me avrebbero dato qualche anno di galera. Poiché sono contraria a qualsiasi tipo di auto-censura, abbiamo deciso di rimandare la pubblicazione. Adesso anche questo editore si trova in esilio e gli ho già chiesto: ora forse possiamo pubblicarlo?”.
Victoria Lomasko, Diptych #1, 2012. Tecnica mista su carta, 210 x 300 cm. Cartoon Museum, Basel
I tuoi lavori sono reportage grafici, un cocktail esplosivo di immagini e parole…
“Il mio lavoro è una sintesi di testo e immagini. È come il lavoro del compositore che crea un’opera musicale. Supponiamo che il testo sia un violino e i disegni un flauto e il mio compito sia stabilire quando in primo piano emerge la melodia del violino e quando quella del flauto, come interagiscono questi suoni così diversi e come si intrecciano creando qualcosa di ancora differente.
In Occidente ti considerano la più importante artista sociale grafica russa. Come ha preso forma il tuo linguaggio artistico?
“Non ho mai voluto dipingere su tela, ma mi è sempre interessato il genere del libro d’artista. Da bambina mi piaceva scrivere poesie e piccoli racconti che spesso illustravo. A 19 anni mi sono iscritta al Moscow State University of Printing Arts, Graphic Art and Book Design, nel quale sognavo di studiare fin da bambina visto che proprio lì insegnavano l’arte grafica dei libri. Dopo l’università ho lavorato come illustratrice commerciale, cercando parallelamente di occuparmi di ciò che chiamiamo ‘arte contemporanea’. Mi sentivo irrealizzata e infelice. Mi sono invece sentita felice solo quando ho provato ad aggiungere ai ritratti dei personaggi delle frasi che gli avevo sentito pronunciare. ‘Devo muovermi in questa direzione!’, mi sono detta. Avevo già trent’anni allora. Più scrivo e più sono felice”.
Victoria Lomasko, Behind the Forest, 2021. Acquerello, inchiostro nero e colorato, matite e pastelli colorati su carta, 587 x 415 mm I Courtesy Edel Assanti, London
Nelle tue opere usi spesso usa metafore legate alla natura, agli animali e alle piante. Come mai?
“Inizialmente, per diversi anni, ho studiato la società russa; è stato un lavoro all’incrocio tra giornalismo e sociologia. Poi, quando ho raccolto abbastanza materiale perché in testa mi si formasse un’immagine completa, gli sketch dei reportage hanno cominciato a trasformarsi in composizioni simboliche complesse. La Russia mi è apparsa come una foresta oscura piena di esseri strani e talvolta pericolosi. Le radici degli alberi sono i nostri nonni, i nostri genitori, la generazione sovietica traumatizzata per sempre. I rami, la generazione giovane, non riescono in alcun modo a liberarsi dall’influenza delle radici. In questa foresta c’è l’albero della violenza, il cui tronco è composto dal violento e dalla sua vittima. Altre volte, invece, ho pensato di vivere negli abissi del mare: in superficie c’è solo il mondo occidentale, e da lì fino noi, che stiamo sul fondale, cadono oggetti, piatti sporchi e calici vuoti dopo il banchetto.
Quando guardo le persone in Russia, me le immagino come erbacce che crescono a fatica tra le rovine dell’impero sovietico. Nessuno si occupa di loro, al contrario, spesso vengono strappate alla radice. Ma queste erbacce hanno una forza vitale selvatica. Quando guardo gli europei, mi sembrano dei fiori da esposizione, fatti crescere in condizioni artificiali, in una serra. Ma mi piacerebbe che fossimo tutti fiori esposti al sole, in un prato, dove ci fosse allo stesso tempo cura e libertà”.
"Victoria Lomasko. The Last Soviet Artist" © Alberto Mancini I Courtesy Fondazione Brescia Musei
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