Il Politecnico di Torino nella Valle dei Re

Gli archeofisici italiani alla ricerca di Nefertiti

By Kounosu (Self-photographed) [GFDL (http://www.gnu.org/copyleft/fdl.html) or CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons | La tomba di Tutankhamon nella Valle dei Re, Luxor
 

Francesca Grego

31/01/2018

Mondo - Nefertiti e Tutankhamon, le più celebri icone dell’Antico Egitto, potrebbero riposare a pochi metri l’una dall’altro nella stessa tomba.
È l’ipotesi alla base della missione dei ricercatori del Politecnico di Torino guidati dal professor Franco Porcelli nella Valle dei Re, presso Luxor.
Da oggi fino al 6 febbraio l’equipe di archeofisici italiani scandaglierà con sofisticati geo-radar la camera funeraria di Tutankhamon, per verificare la presenza di spazi vuoti o corridoi nascosti al di là delle preziose pitture murali della parete Nord, dove il "faraone bambino" è dipinto insieme al suo successore Ay.
 
Oltre un anno fa indagini condotte dall’esterno sulla base di mappature tridimensionali hanno rivelato la presenza di due cavità, una piuttosto grande, l’altra più ridotta.
Ottenute finalmente le autorizzazioni necessarie dal governo egiziano, per sei giorni Porcelli e i suoi condurranno nuovi rilievi con tre diverse tecnologie non invasive di ultima generazione, per capire se oltre il muro ci sia qualcosa per cui valga la pena scavare.

Una nuova storia per la tomba di Tutankhamon?
 
Ma dove nasce l’idea che la più bella regina d’Egitto sia nascosta, quasi come un’intrusa, in una stanza segreta della tomba di uno dei suoi figli?
La teoria è stata formulata per la prima volta nel 2015 dall’archeologo britannico Nicholas Reeves dell’Università dell’Arizona, ma per comprenderla appieno dobbiamo fare un passo indietro nel tempo, fino al 1922, quando una spedizione guidata dall’inglese Howard Carter sorprende il mondo con la scoperta più famosa della storia dell’egittologia: dopo 20 anni di scavi, la sepoltura egizia in assoluto più ricca e meglio conservata viene riportata alla luce.
Meravigliosi affreschi, carri regali, letti zoomorfi dedicati agli dei e oggetti preziosi stanno a guardia di un giovane faraone, protetto da una cappella di legno dorato che ne racchiude altre, fino a tre sarcofagi antropomorfi e alla maschera d'oro massiccio, lapislazzuli e paste di vetro in cui oggi anche chi non è mai stato al Museo Egizio del Cairo riconosce il volto di Tutankhamon.

Ma qualcosa non quadra. La tomba è stranamente piccola per essere quella di un faraone, se paragonata alle altre sepolture della Valle dei Re.
Qui entra in gioco Reeves che, esaminando le immagini ad alta definizione della camera funeraria, nota i segni della presenza di due porte nascoste e capovolge ogni assunto sull’argomento.
La sepoltura di Tutankhamon, sostiene l’archeologo, è in realtà parte di una tomba più spaziosa, riadattata frettolosamente in seguito all'improvvisa morte di un re appena diciottenne, che ancora non disponeva di un proprio monumento funebre. Probabilmente quella di un parente stretto, forse di sua madre, la grande regina Nefertiti la cui tomba non è mai stata ritrovata nella Valle delle Regine, dove finora sono state ragionevolmente condotte le ricerche.
 
L'archeoscienza nella Valle dei Re

I risultati dei rilievi della spedizione coordinata da Porcelli saranno pronti tra circa un mese, il tempo necessario per rielaborare i dati raccolti, che potranno offrire una risposta sicura al 99 per cento in merito alla presenza di ambienti nascosti di rilevanza archeologica.

La missione, sostenuta da Fondazione Novara Sviluppo e co-finanziata dal Politecnico di Torino, vede la partecipazione di aziende private come Geostudi Aster, 3DGeoimaging, National Geographic, Terravision e ha come obiettivo complessivo la nuova mappatura geofisica dell’intera Valle dei Re con strumenti che possono sondare il terreno fino a 10 metri di profondità.
Collaborano all'iniziativa il Centro Archeologico Italiano al Cairo e gli esperti del Ministero Egiziano delle Antichità sotto la guida dell’ex ministro Mamdou Eldamaty.
Un progetto ambizioso, che rinnova lo storico rapporto tra l’Antico Egitto e la città di Torino, custode del secondo museo egizio al mondo dopo quello del Cairo.

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