Fino al 31 ottobre all’aeroporto di Malpensa Un ritratto di chiunque, ovunque
Tra le città di Daniele Sigalot, l'illusionista del metallo che insegna a viaggiare restando fermi
Daniele Sigalot, Un ritratto di chiunque, ovunque, Buenos Aires | Foto: © Williams Tattoli
Samantha De Martin
12/04/2021
Al Terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa è in corso un appuntamento che, contrariamente alle altre mostre travolte dal balletto di aperture e interruzioni, non ha mai chiuso i battenti.
A costruire, assieme all’artista Daniele Sigalot, questa che più che una mostra è un’esperienza, nel luogo del viaggio per eccellenza, sono gli infiniti viaggiatori - gli stessi lasciati nell'hangar della pandemia per oltre un anno - le cui immagini, riflesse in dodici lastre d’acciaio disposte in un semicerchio, restituite come un caleidoscopio di lineamenti rimodellati e plasmati dalle strade e dagli edifici della città incisa sull'acciaio, si sovrappongono alle mappe di altrettante capitali del mondo scolpite sul supporto specchiante.
Così, pur restando fermo, ogni viaggiatore è invitato a compiere il giro del mondo in 50 passi raggiungendo Londra, New York, Pechino, Mosca, Buenos Aires, Berlino, Roma, Città del Capo.
Con Un ritratto di chiunque, ovunque, curato da Luca Beatrice e realizzato in collaborazione con Wetzel&Magistris, allestito fino al 31 ottobre presso il Terminal 1 - Porta di Milano, Daniele Sigalot affida alle città, trasformate in grandi specchi, il compito di accogliere, stravolgere e modificare l'immagine di chi vi si rifletta.
“Lo spunto di questa installazione è autobiografico - spiega l'artista -. Sono nato a Roma, ma cambio i tetti sotto i quali dormo con una frequenza degna di un latitante. Ho iniziato a lavorare a Milano, a Barcellona, e poi a Londra, Berlino, mentre da due anni vivo a Napoli dove ho creato il mio studio, La Pizzeria, l’unica in città dove non si mangi. Sono sempre stato un topo di città, non saprei vivere altrove. Cambiando città mi accorgevo come fossero loro a cambiare me. Roma mi ha insegnato a essere ironico e goliardico, da Londra ho imparato che non ci si può fermare neanche per allacciarsi le scarpe. Sono le città a decidere e a definire chi siamo”.
Daniele Sigalot, Panoramica, Un ritratto di chiunque, ovunque | Foto: © Williams Tattoli
L’illusionista del metallo che trova conforto nel movimento non interviene sull’opera, si limita, a creare delle mappe, a dettare le regole del gioco, lasciando la palla al pubblico che aggiunge fantasia ad ogni lavoro. Alla maniera di Alighiero Boetti con le sue Mappe, Sigalot perde volutamente il controllo sul risultato.
“Io non scelgo le geometrie che si celano dietro la fotografia di ogni capitale - commenta l'artista - non ho alcun controllo sui lineamenti di chi vi si specchia, sui colori che ogni persona si porta addosso”. Così, anche per questa installazione al Terminal 1 dell’aeroporto milanese, Sigalot - profondamente ispirato dalla Pop Art, dal mondo dei fumetti e dai sette anni in pubblicità, “trascorsi senza riuscire a convincere nessuno a comprare cose di cui non avesse bisogno” - gioca come un illusionista. In questo cortocircuito di energia libera il pubblico da qualsiasi inibizione, sviluppando un legame di empatia che proietta lo spettatore in una giocosa atmosfera di estasi e leggerezza.
Daniele Sigalot, Dettaglio, Un ritratto di chiunque, ovunque | Foto: © Williams Tattoli
“Sono stato abituato a produrre moltissime idee e ad accettare che il 99% di queste finisse nella spazzatura. Mi rendo conto di essere uno dei più attivi produttori di cattive idee al mondo, perché per averne una ho la necessità di sbagliare. Tutta la serie dei “fogli accartocciati” nasce da questa estetica basata sul fallimento. I miei lavori, all’apparenza di carta, ma che in realtà sono in metallo (da qui l’ambiguità del linguaggio illusionista di Sigalot, a cavallo tra l’essenza e l’apparenza ndr) nascono da idee sbagliate, simili ai cartocci che finiscono nel cestino. Mi affascina il pensiero che sommando una serie di fallimenti si possa ottenere un successo”.
A questa idea di errore è in qualche modo legata anche l’installazione di Malpensa.
“La collaborazione con la fabbrica metalmeccanica Wetzel&Magistris mi ha permesso di ovviare a due anni di errori. La realizzazione di Un ritratto di chiunque, ovunque sarebbe stata impossibile senza i loro strumenti. Anche in questo caso gli errori sono stati molteplici per arrivare a un livello di finitura che è quello esposto a Malpensa. In realtà l’idea di trasformare le città in artisti nasce nel 2013, quando avrei voluto realizzare queste mappe con degli specchi. Ma il risultato non mi aveva lasciato soddisfatto. Poi nel 2017 la collaborazione con questa fabbrica e la possibilità di utilizzare un’infinità di macchine che non avrei potuto utilizzare nel mio studio”.
Daniele Sigalot, Untitled Capsule vuote, Museo di Palazzo Poggi, Bologna, 2015
Nonostante la stasi imposta dal coronavirus Daniele guarda ai prossimi progetti che lo porteranno, a maggio a Palazzo Tagliaferro di Marina di Andora (Savona) (dove è attesa la terza edizione di ENOUGH, un display digitale che mostra il conto alla rovescia di 1000 anni), a luglio nella cittadina olandese di Den Haag per la Biennale Le latitudini dell’arte e a ottobre alla Palermo Art Week.
E soprattutto a Procida, dove, pandemia permettendo, dovrebbe svolgersi la prossima edizione della Coppa Pizzeria il torneo di calcio più bizzarro della storia dell’arte, un piccolo carnevale dove artisti, collezionisti, galleristi, in un campo asimmetrico dove sarà lecito persino corrompere l’arbitro, sovvertiranno le regole del gioco.
“Tengo molto a questa sorta di matrimonio laico dove ognuno apporterà la sua creatività - scherza Daniele -. È forse la cosa che più mi è mancata durante la pandemia”. Atto performativo o puro agonismo? La risposta al pubblico.
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Così, pur restando fermo, ogni viaggiatore è invitato a compiere il giro del mondo in 50 passi raggiungendo Londra, New York, Pechino, Mosca, Buenos Aires, Berlino, Roma, Città del Capo.
Con Un ritratto di chiunque, ovunque, curato da Luca Beatrice e realizzato in collaborazione con Wetzel&Magistris, allestito fino al 31 ottobre presso il Terminal 1 - Porta di Milano, Daniele Sigalot affida alle città, trasformate in grandi specchi, il compito di accogliere, stravolgere e modificare l'immagine di chi vi si rifletta.
“Lo spunto di questa installazione è autobiografico - spiega l'artista -. Sono nato a Roma, ma cambio i tetti sotto i quali dormo con una frequenza degna di un latitante. Ho iniziato a lavorare a Milano, a Barcellona, e poi a Londra, Berlino, mentre da due anni vivo a Napoli dove ho creato il mio studio, La Pizzeria, l’unica in città dove non si mangi. Sono sempre stato un topo di città, non saprei vivere altrove. Cambiando città mi accorgevo come fossero loro a cambiare me. Roma mi ha insegnato a essere ironico e goliardico, da Londra ho imparato che non ci si può fermare neanche per allacciarsi le scarpe. Sono le città a decidere e a definire chi siamo”.
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L’illusionista del metallo che trova conforto nel movimento non interviene sull’opera, si limita, a creare delle mappe, a dettare le regole del gioco, lasciando la palla al pubblico che aggiunge fantasia ad ogni lavoro. Alla maniera di Alighiero Boetti con le sue Mappe, Sigalot perde volutamente il controllo sul risultato.
“Io non scelgo le geometrie che si celano dietro la fotografia di ogni capitale - commenta l'artista - non ho alcun controllo sui lineamenti di chi vi si specchia, sui colori che ogni persona si porta addosso”. Così, anche per questa installazione al Terminal 1 dell’aeroporto milanese, Sigalot - profondamente ispirato dalla Pop Art, dal mondo dei fumetti e dai sette anni in pubblicità, “trascorsi senza riuscire a convincere nessuno a comprare cose di cui non avesse bisogno” - gioca come un illusionista. In questo cortocircuito di energia libera il pubblico da qualsiasi inibizione, sviluppando un legame di empatia che proietta lo spettatore in una giocosa atmosfera di estasi e leggerezza.
Daniele Sigalot, Dettaglio, Un ritratto di chiunque, ovunque | Foto: © Williams Tattoli
“Sono stato abituato a produrre moltissime idee e ad accettare che il 99% di queste finisse nella spazzatura. Mi rendo conto di essere uno dei più attivi produttori di cattive idee al mondo, perché per averne una ho la necessità di sbagliare. Tutta la serie dei “fogli accartocciati” nasce da questa estetica basata sul fallimento. I miei lavori, all’apparenza di carta, ma che in realtà sono in metallo (da qui l’ambiguità del linguaggio illusionista di Sigalot, a cavallo tra l’essenza e l’apparenza ndr) nascono da idee sbagliate, simili ai cartocci che finiscono nel cestino. Mi affascina il pensiero che sommando una serie di fallimenti si possa ottenere un successo”.
A questa idea di errore è in qualche modo legata anche l’installazione di Malpensa.
“La collaborazione con la fabbrica metalmeccanica Wetzel&Magistris mi ha permesso di ovviare a due anni di errori. La realizzazione di Un ritratto di chiunque, ovunque sarebbe stata impossibile senza i loro strumenti. Anche in questo caso gli errori sono stati molteplici per arrivare a un livello di finitura che è quello esposto a Malpensa. In realtà l’idea di trasformare le città in artisti nasce nel 2013, quando avrei voluto realizzare queste mappe con degli specchi. Ma il risultato non mi aveva lasciato soddisfatto. Poi nel 2017 la collaborazione con questa fabbrica e la possibilità di utilizzare un’infinità di macchine che non avrei potuto utilizzare nel mio studio”.
Daniele Sigalot, Untitled Capsule vuote, Museo di Palazzo Poggi, Bologna, 2015
Nonostante la stasi imposta dal coronavirus Daniele guarda ai prossimi progetti che lo porteranno, a maggio a Palazzo Tagliaferro di Marina di Andora (Savona) (dove è attesa la terza edizione di ENOUGH, un display digitale che mostra il conto alla rovescia di 1000 anni), a luglio nella cittadina olandese di Den Haag per la Biennale Le latitudini dell’arte e a ottobre alla Palermo Art Week.
E soprattutto a Procida, dove, pandemia permettendo, dovrebbe svolgersi la prossima edizione della Coppa Pizzeria il torneo di calcio più bizzarro della storia dell’arte, un piccolo carnevale dove artisti, collezionisti, galleristi, in un campo asimmetrico dove sarà lecito persino corrompere l’arbitro, sovvertiranno le regole del gioco.
“Tengo molto a questa sorta di matrimonio laico dove ognuno apporterà la sua creatività - scherza Daniele -. È forse la cosa che più mi è mancata durante la pandemia”. Atto performativo o puro agonismo? La risposta al pubblico.
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