24Grana, il ritorno

Ghostwriters
 

11/02/2008

Erano gli anni immediatamente successivi a La Pantera (movimento studentesco di protesta contro la riforma Ruberti delle università italiane, partito il 6 dicembre del 1989 e terminato nella primavera del 1990), anni di contestazioni giovanili, di movimenti studenteschi, di occupazioni e autogestioni.

Sullo sfondo, una scena musicale ‘ribelle’ a coronare il clima di fermento e movimento di quegli anni. E proprio sui palchi delle università e dei centri sociali, si è fatta conoscere, per poi affermarsi pienamente, la band partenopea dal nome alquanto eloquente, 24 Grana, dal numero della teca in cui era contenuta una moneta coniata da Ferdinando D'Aragona, la grana appunto. Una moneta dal valore basso, infimo, un po’ come dire “il denaro che non ha valore”, una sorta di manifesto che urla “non lo facciamo per soldi”.

Francesco Di Bella (chitarra e voce), Armando Cotugno (basso), Renato Minale (batteria) e Giuseppe Fontanella (chitarra), sono coloro che 10 anni fa hanno scommesso su questo progetto partorendo ben quattro album e ora, dopo quasi 5 anni di silenzio, tornano sotto i riflettori con un nuovo lavoro “Ghostwriters”. Stile.it ha incontrato Francesco Di Bella, anima del gruppo, che ha raccontato con la stessa sincerità che contraddistingue la loro musica, ciò che sono stati e sono tutt’ora…

Francesco rispetto agli anni in cui siete ‘nati’, quel fermento che animava gli studenti, quella voglia di combattere e di creare una cultura nuova, credi alimenti ancora la nuova generazione?
“Noi come gruppo, portiamo avanti il ‘testimone’, il DNA di ciò che accadeva in passato. Sicuramente ogni movimento inizia e finisce e ciò che può consegnare di importante è affidato alle generazioni successive. Prima eravamo più svegli rispetto ad oggi, più ribelli, prima si ‘sfondava’ per imporre una cultura nuova”

Credi sia imputabile ad una mancanza di entusiasmo?
"Credo che oggi si subisce di più, anche perché la società ha creato una sorta di anticorpo verso la sottocultura più deviante, insomma finito l’effetto sorpresa, la società ha imparato a controllare meglio i fenomeni di auto organizzazione e auto gestione”.

Nei testi che componete è spesso presente Napoli. Una Napoli in qualche modo dark, fatta di chiaro-scuri
“Si, anche se in teoria dovrebbe essere ‘il paese del sole’. Nei dischi precedenti abbiamo ‘subito’ le influenze dark della band inglese Joy Division che ci ha aiutato a descrivere la realtà napoletana in bilico tra l’essere allegro e l’essere depresso, una convivenza di chiari e scuri, appunto, una dialettica pericolosa che può produrre disastri, come in questo momento. E’ una città a tratti meravigliosa che, come altre metropoli, risente una perdita di identificazione, di scollamento dalla società civile, ma nello stesso tempo si affrontano le tragedie con positività, non ci prendiamo mai troppo sul serio, anche perché, in caso contrario, bruceremmo con tutta l’immondizia!”

Il vostro sound cerca di unire l'energia tribale e la dinamicità del digitale in una miscela di dub, reggae e rock. E’ voglia di sperimentare? Di non farsi ingabbiare in un genere specifico?
“E’ il risultato della contemporaneità, cerchiamo di suonare ciò che vediamo attorno, di segnare i nostri umori con la musica che a volte può avere derive reggae, o rock o di  cantautorato. Ci piace perché in concerto possiamo essere caleidoscopici, suoniamo la musica in maniera libera e divertente non ci siamo mai sentiti come ‘i 24 grana che devono fare i 24 grana’. E’ un impegno artistico che abbiamo preso tra di noi e con le nostre vite: se ciò che sentiamo dentro ha un ritmo differente da quello precedente, che sia così”.

E’ quindi un discorso di sincerità…
“Certo, verso noi stessi, verso la sottocultura da cui proveniamo e verso il pubblico che ci da la possibilità di fare questo mestiere venendo ai nostri concerti e facendo girare a modo loro il nostro materiale”.

Passiamo al nuovo album uscito il 31 gennaio, dal titolo “Ghostwriter”
“Con “Ghostwriters” intendiamo dire ‘scrittori fantasma’, ‘fantasmi che scrivono’, storie di chi non ha voce, immagini impresse sui muri della tua città. Sono nove canzoni, nove episodi di vita ambientate a Napoli e quindi vissute con l’umore napoletano. Inoltre al CD è abbinato un volume a fumetti, acquistabile solo on line sul sito de La Canzonetta, in cui i disegni di Roberto Amoroso raccontano per immagini le canzoni dell'album”.

Altra novità dell’album è la collaborazione con Marina Rei, Filippo Gatti e Riccardo Sinigallia.
“Si motivi di questa scelta sono tanti, intanto perché avevamo voglia di aprire il disco a degli ospiti e poi perché è la prima volta che abbiamo registrato un disco a Roma e loro, durante la fase di registrazione, passavano spesso a studio, tra consigli e chiacchierate è nata la collaborazione”.

Ascoltando il singolo “Avere una vita davanti” l’impressione è che sia molto diverso dai lavori precedenti.
“Chiaramente il singolo è da contestualizzare all’album, è un filo conduttore tra le varie storie e stati d’animo del disco. Rispetto all’intero album il singolo può essere fuorviante, diciamo che appartiene allo stesso filone di “La neve” dell’album Underpop”.

Alcune canzoni sono scritte in napoletano altre. come il singolo, in italiano. E’ una scelta per essere compresi anche al di fuori del confine partenopeo?
”Per fortuna i 24Grana non finiscono a Napoli. Sono semplicemente modelli di espressione. Riesco a scrivere in italiano così come in napoletano. Fa parte del nostro essere: non siamo mai preoccupati di cosa risulterà. Continuiamo a fare le cose con sincerità, i giudizi possono essere positivi o negativi, ma la nostra soddisfazione è sempre piena”.

Siete nati nei centri sociali e dopo 10 anni continuate su questo filone
“Si e lo facciamo con orgoglio, a noi non interessa né la tv, né le radio o i soldi”.

E’ una scelta? Non vorreste ‘uscire’ dal precariato?
“E’ pur vero che nella società odierna se non canti canzoni d’amore ma piuttosto tematiche e problematiche sociali, sei inevitabilmente ghettizzato. Ovviamente se le cose cambiassero, ci farebbe molto piacere”

Insomma, dopo 5 anni di silenzio, siete tornati. Prima tappa del tour?
“Abbiamo aspettato una buona idea per tornare. Prima tappa, Roma il 15 febbraio al centro sociale Strike spa, non ci sono mai stato, ma sembra sia uno spazio molto grande ed accogliente”

E i fan napoletani? Non saranno un po’ piccati per questa scelta?
“A Napoli faremo una data il 6 marzo al Teatro Bolivar per poi tornare verso aprile/maggio. Vogliamo essere più rodati per la nostra città”.

Due parole sul copyright
“Il discorso è particolare, stanno nascendo nuove forme di tutela che si racchiudono sotto la parola ‘copyleft’ in grado di tutelare l’artista ma non in grado di far fruttare almeno un minimo il lavoro, bisogna ancora fare tanta strada”.

Ultima cosa, il futuro, il vostro, come lo vedi?
“Il futuro è adesso, è qui, e sorrido”

More info: www.24grana.it
info@strike-spa.net