Dal 22 giugno al 2 ottobre a Palazzo Baldeschi
Nel segno del nero. Perugino e Burri a confronto a Perugia
Pietro Vannucci detto il Perugino, Madonna col Bambino e due cherubini, particolare, 1495 ca., olio su tavola, cm. 34,4x50,5. Collezioni di Fondazione Perugia
Samantha De Martin
14/06/2023
Perugia - A Palazzo Baldeschi due grandi artisti umbri dialogano nel segno del nero.
In occasione del Cinquecentenario dalla morte di Perugino, Fondazione Perugia in collaborazione con Fondazione Burri presenta la mostra NERO Perugino Burri, attesa a Perugia dal 22 giugno al 2 ottobre.
A unire le venti opere del percorso, a cura della storica dell’arte Vittoria Garibaldi e del presidente di Fondazione Burri Bruno Corà, è l’impiego di un colore comune da parte del pittore di Città della Pieve e del collega nato a Città di Castello oltre quattro secoli dopo.
“Il nero - spiega Bruno Corà - è pieno di possibili valenze simboliche. È un colore azzerante e difficile da usare, capace di isolare qualsiasi forma o immagine che gli sia avvicinata, così come la può rendere emblematica. È un colore che suscita molte domande e tocca il sentimento in profondità”. Ma soprattutto che rappreenta una grande innovazione per l’epoca del Perugino ed uno dei tratti più ricorrenti nell’opera di Burri. L’idea della mostra affonda le radici nell’opera del Perugino la Madonna con il Bambino e due cherubini, tavola conservata nella collezione permanente di Fondazione Perugia.
Il capolavoro ritrae la Vergine con il bambino che sbuca da uno sfondo completamente nero, facendo risaltare gli incarnati e i colori delle vesti, con una trovata assolutamente innovativa per l’epoca. Sono questi gli anni più belli del percorso del maestro, quando, attivo a Firenze, assorbe la pittura fiamminga e la luce di Leonardo, ma si fa anche coinvolgere dall’atmosfera di Venezia che visita più volte nel corso degli anni Novanta.
Pietro Vannucci detto il Perugino, Ritratto di giovinetto, 1497 ca., Firenze, Gallerie degli Uffizi
La volontà di indagare l’uso dello sfondo nero in alcune opere del Perugino passa attraverso altre opere di piccolo formato, realizzate tra il XV e il XVI secolo, dove un profondo nero accoglie i protagonisti della scena, come mai si era visto prima. Questa ricerca ha consentito al percorso di ottenere importanti prestiti, come il Ritratto di Francesco delle Opere, probabilmente dipinto a Venezia, e il Ritratto di giovinetto, in arrivo dalla Galleria degli Uffizi, e ancora la Madonna con Bambino tra San Giovanni e Santa Caterina del Museo del Louvre.
A dialogare con le tavole di Perugino sono una decina di opere di Alberto Burri, nelle quali il pubblico riconosce lo stesso interesse per il nero, inteso non come mancanza di colore, ma come buio che consente alla luce di emergere.
“Ho avuto l’onore di conoscere, ma soprattutto di frequentare Alberto Burri negli anni Ottanta - racconta la curatrice Vittoria Garibaldi -. Era solito ripercorrere le vie del Rinascimento dell’Italia centrale insieme ai suoi più cari amici come Nemo Sarteanesi. È questo un dialogo dalle radici lontane e che trova conferma nelle linee, nelle forme e nelle sensibilità cromatiche che uniscono i due grandi artisti”.
L’Umbria cara anche a Piero della Francesca, Raffaello, Perugino, ha lasciato radici indissolubili in Burri che trovano conferma nelle forme, tra i colori e nelle composizioni delle sue opere, da Catrame del 1949 a Nero Cellotex del 1968.
Le opere di Burri “il maestro dei neri”, instaurano una ideale dialettica con le tavole del Perugino: se nel Quattrocento il fondo nero serviva a mettere in risalto il soggetto principale dell’opera, in Burri il nero diventa materia viva che si espande ed emerge.
Alberto Burri, Cretto, 1974, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri
“L’intuizione di mettere a confronto i due maestri - spiega la presidente di Fondazione Perugia Cristina Colaiacovo - si è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino Madonna con il Bambino e due cherubini. Il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci, successivamente ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo”.
La mostra si potrà visitare dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.30. Sabato e domenica dalle 10.30 alle 19.30.
In occasione del Cinquecentenario dalla morte di Perugino, Fondazione Perugia in collaborazione con Fondazione Burri presenta la mostra NERO Perugino Burri, attesa a Perugia dal 22 giugno al 2 ottobre.
A unire le venti opere del percorso, a cura della storica dell’arte Vittoria Garibaldi e del presidente di Fondazione Burri Bruno Corà, è l’impiego di un colore comune da parte del pittore di Città della Pieve e del collega nato a Città di Castello oltre quattro secoli dopo.
“Il nero - spiega Bruno Corà - è pieno di possibili valenze simboliche. È un colore azzerante e difficile da usare, capace di isolare qualsiasi forma o immagine che gli sia avvicinata, così come la può rendere emblematica. È un colore che suscita molte domande e tocca il sentimento in profondità”. Ma soprattutto che rappreenta una grande innovazione per l’epoca del Perugino ed uno dei tratti più ricorrenti nell’opera di Burri. L’idea della mostra affonda le radici nell’opera del Perugino la Madonna con il Bambino e due cherubini, tavola conservata nella collezione permanente di Fondazione Perugia.
Il capolavoro ritrae la Vergine con il bambino che sbuca da uno sfondo completamente nero, facendo risaltare gli incarnati e i colori delle vesti, con una trovata assolutamente innovativa per l’epoca. Sono questi gli anni più belli del percorso del maestro, quando, attivo a Firenze, assorbe la pittura fiamminga e la luce di Leonardo, ma si fa anche coinvolgere dall’atmosfera di Venezia che visita più volte nel corso degli anni Novanta.
Pietro Vannucci detto il Perugino, Ritratto di giovinetto, 1497 ca., Firenze, Gallerie degli Uffizi
La volontà di indagare l’uso dello sfondo nero in alcune opere del Perugino passa attraverso altre opere di piccolo formato, realizzate tra il XV e il XVI secolo, dove un profondo nero accoglie i protagonisti della scena, come mai si era visto prima. Questa ricerca ha consentito al percorso di ottenere importanti prestiti, come il Ritratto di Francesco delle Opere, probabilmente dipinto a Venezia, e il Ritratto di giovinetto, in arrivo dalla Galleria degli Uffizi, e ancora la Madonna con Bambino tra San Giovanni e Santa Caterina del Museo del Louvre.
A dialogare con le tavole di Perugino sono una decina di opere di Alberto Burri, nelle quali il pubblico riconosce lo stesso interesse per il nero, inteso non come mancanza di colore, ma come buio che consente alla luce di emergere.
“Ho avuto l’onore di conoscere, ma soprattutto di frequentare Alberto Burri negli anni Ottanta - racconta la curatrice Vittoria Garibaldi -. Era solito ripercorrere le vie del Rinascimento dell’Italia centrale insieme ai suoi più cari amici come Nemo Sarteanesi. È questo un dialogo dalle radici lontane e che trova conferma nelle linee, nelle forme e nelle sensibilità cromatiche che uniscono i due grandi artisti”.
L’Umbria cara anche a Piero della Francesca, Raffaello, Perugino, ha lasciato radici indissolubili in Burri che trovano conferma nelle forme, tra i colori e nelle composizioni delle sue opere, da Catrame del 1949 a Nero Cellotex del 1968.
Le opere di Burri “il maestro dei neri”, instaurano una ideale dialettica con le tavole del Perugino: se nel Quattrocento il fondo nero serviva a mettere in risalto il soggetto principale dell’opera, in Burri il nero diventa materia viva che si espande ed emerge.
Alberto Burri, Cretto, 1974, Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri
“L’intuizione di mettere a confronto i due maestri - spiega la presidente di Fondazione Perugia Cristina Colaiacovo - si è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino Madonna con il Bambino e due cherubini. Il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci, successivamente ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo”.
La mostra si potrà visitare dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 19.30. Sabato e domenica dalle 10.30 alle 19.30.
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