Visual Intelligence
Dal 02 Agosto 2014 al 05 Settembre 2014
Pietrasanta | Lucca
Luogo: Accesso Galleria
Indirizzo: via del Marzocco 68-70
Orari: da lunedì a giovedì 18-23; da venerdì a domenica 10.30-12.30 / 18-24
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 340 4104004
E-Mail info: accessogalleria@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.accessogalleria.com
Sempre coerente con la volontà di creare un ponte tra l’Italia e la proposta artistica internazionale, la Accesso Galleria di Pietrasanta presenta dal 2 agosto al 5 settembre, la collettiva “Visual Intelligence. Opere recenti dalla New York Academy of Art”. In mostra, gli ultimi lavori di sette artisti provenienti dalla prestigiosa accademia newyorkese, accuratamente selezionati dal gallerista Brad Brubaker dopo un periodo trascorso presso lo stesso istituto alla ricerca delle personalità e dei talenti più brillanti.
A Peter Simon Mühlhäußer, Nicolas V. Sanchez, Amber Sena -già appartenenti alla “scuderia” di Accesso- si aggiungono Aleah Chapin, Ian Factor, Zoë Sua Kay, Elliot Purse, che espongono nello spazio pietrasantino dipinti, su tela e carta, e sculture.
È Eileen Guggenheim a presentare il lavoro dei giovani artisti, attraverso un testo in catalogo e la presenza durante la serata di inaugurazione. Personaggio di spicco del mondo accademico americano, Eileen Guggenheim è storico dell’arte, docente e presidente del consiglio d’amministrazione della New York Academy of Art, ha insegnato alla Princeton University, alla Fletcher School della Tufts University, alla University of California ed è fondatrice e presidente della Fondazione Villore, organizzazione di beneficenza a favore dell'istruzione e delle arti.
Visual Intelligence -spiega Peter Drake, decano della NYAA e autore insieme alla Guggenheim di uno dei due testi critici della mostra- è un “esperimento culturale” in linea con i principi che portarono artisti -come Andy Warhol-, mecenati e studiosi a fondare nel 1982 la New York Academy of Art. Conoscere il passato per emanciparsene; non ripetere ed imitare, ma essere partecipi del proprio tempo e della propria storia e cultura: sono queste le linee guida dell’ateneo newyorkese. Tutti gli artisti in mostra, infatti, utilizzano tecniche classiche come la pittura, il disegno e la scultura bronzea, in chiave contemporanea lanciando una latente sfida allo spettatore a riconsiderare i propri (pre)giudizi estetici.
Aleah Chapin -vincitrice del prestigioso BP Portrait Award- presenta, in via del tutto eccezionale, proprio l’opera che l’ha portata alla vittoria: Auntie rappresenta un completo riesame della bellezza femminile. La zia di Aleah offre al pubblico -sfacciatamente e con orgoglio- la visione del suo corpo, maturo, e ciononostante bello. Anche Niccolò V. Sanchez propone soggetti familiari ma le sue tele trasudano disagio e lacerazione, come a voler dire che a guardarla da vicino, l’archeologia familiare potrebbe svelare dettagli inaspettati e talvolta scabrosi. Ambra Sena ci mostra la sua abilità nello scovare la bellezza ovunque: disegna infatti il posteriore di un cane la cui pelliccia crea correnti allucinogene ipnotiche che portano lo spettatore a contemplare un lato, da sempre, lasciato in secondo piano. Ian Factor racconta il silenzio, la malinconia di certi luoghi urbani di New York. Peter Simon Mühlhäußer presenta un alter ego contemporaneo del “David” di Donatello, guerriero piegato, ma non spezzato. Elliot Purse compendia nella sua tela un’ideale enciclopedia della tecnica pittorica per ritrarre un ambiente paludoso in cui s’intravede qualcosa/qualcuno galleggiare lungo il fiume. Zoë Sua Kay dipinge il dettaglio di un corpo umano che sembra steso sul lettino di un coroner: è la meticolosità della pittura a riportarlo in vita, trasformandolo quasi in un paesaggio, solchi e valli di una geografia umana.
La mostra è un esperimento percettivo e prospettico. Cos’è “bello”, la giovinezza o la maturità? Il fronte o il retro? La conoscenza o l’ignoranza? La vista o l’immaginazione? Il mito o la storia? Ogni artista, utilizzando un linguaggio straniante, crea lavori visivamente intelligenti e analizza aspetti banali e per certi versi anche retorici della cultura occidentale tout court, spostando la messa a fuoco della macchina fotografica umana.
A Peter Simon Mühlhäußer, Nicolas V. Sanchez, Amber Sena -già appartenenti alla “scuderia” di Accesso- si aggiungono Aleah Chapin, Ian Factor, Zoë Sua Kay, Elliot Purse, che espongono nello spazio pietrasantino dipinti, su tela e carta, e sculture.
È Eileen Guggenheim a presentare il lavoro dei giovani artisti, attraverso un testo in catalogo e la presenza durante la serata di inaugurazione. Personaggio di spicco del mondo accademico americano, Eileen Guggenheim è storico dell’arte, docente e presidente del consiglio d’amministrazione della New York Academy of Art, ha insegnato alla Princeton University, alla Fletcher School della Tufts University, alla University of California ed è fondatrice e presidente della Fondazione Villore, organizzazione di beneficenza a favore dell'istruzione e delle arti.
Visual Intelligence -spiega Peter Drake, decano della NYAA e autore insieme alla Guggenheim di uno dei due testi critici della mostra- è un “esperimento culturale” in linea con i principi che portarono artisti -come Andy Warhol-, mecenati e studiosi a fondare nel 1982 la New York Academy of Art. Conoscere il passato per emanciparsene; non ripetere ed imitare, ma essere partecipi del proprio tempo e della propria storia e cultura: sono queste le linee guida dell’ateneo newyorkese. Tutti gli artisti in mostra, infatti, utilizzano tecniche classiche come la pittura, il disegno e la scultura bronzea, in chiave contemporanea lanciando una latente sfida allo spettatore a riconsiderare i propri (pre)giudizi estetici.
Aleah Chapin -vincitrice del prestigioso BP Portrait Award- presenta, in via del tutto eccezionale, proprio l’opera che l’ha portata alla vittoria: Auntie rappresenta un completo riesame della bellezza femminile. La zia di Aleah offre al pubblico -sfacciatamente e con orgoglio- la visione del suo corpo, maturo, e ciononostante bello. Anche Niccolò V. Sanchez propone soggetti familiari ma le sue tele trasudano disagio e lacerazione, come a voler dire che a guardarla da vicino, l’archeologia familiare potrebbe svelare dettagli inaspettati e talvolta scabrosi. Ambra Sena ci mostra la sua abilità nello scovare la bellezza ovunque: disegna infatti il posteriore di un cane la cui pelliccia crea correnti allucinogene ipnotiche che portano lo spettatore a contemplare un lato, da sempre, lasciato in secondo piano. Ian Factor racconta il silenzio, la malinconia di certi luoghi urbani di New York. Peter Simon Mühlhäußer presenta un alter ego contemporaneo del “David” di Donatello, guerriero piegato, ma non spezzato. Elliot Purse compendia nella sua tela un’ideale enciclopedia della tecnica pittorica per ritrarre un ambiente paludoso in cui s’intravede qualcosa/qualcuno galleggiare lungo il fiume. Zoë Sua Kay dipinge il dettaglio di un corpo umano che sembra steso sul lettino di un coroner: è la meticolosità della pittura a riportarlo in vita, trasformandolo quasi in un paesaggio, solchi e valli di una geografia umana.
La mostra è un esperimento percettivo e prospettico. Cos’è “bello”, la giovinezza o la maturità? Il fronte o il retro? La conoscenza o l’ignoranza? La vista o l’immaginazione? Il mito o la storia? Ogni artista, utilizzando un linguaggio straniante, crea lavori visivamente intelligenti e analizza aspetti banali e per certi versi anche retorici della cultura occidentale tout court, spostando la messa a fuoco della macchina fotografica umana.
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