Diario artistico di un veneziano alla corte degli Zar. Cosroe Dusi 1808-1859
Dal 07 Luglio 2012 al 14 Ottobre 2012
Marostica | Vicenza
Luogo: Castello Inferiore Marostica
Indirizzo: piazza Castello 1
Orari: 9-12.30/ 14.30-19.30
Curatori: Nico Stringa, Maurizio Mottin
Enti promotori:
- Comune di Marostica
- Regione del Veneto
Costo del biglietto: intero € 7, ridotto € 5
Telefono per informazioni: +39 0424 72127
E-Mail info: info@marosticascacchi.it
Sito ufficiale: http://www.eventi-marostica.it
Avete presente l’attuale fuga di cervelli
che tanto avvilisce l’Italia?
In un certo senso dalla fine del
Settecento e per gran parte del secolo
successivo a Venezia si assiste a una
sorta di “fuga” analoga, ma …di talenti
artistici.
Tra i pittori veneziani quello di Cosroe
Dusi (1808 – 1859), la cui vicenda
biografica si snoda nella prima metà del
XIX secolo tra Venezia, il Tirolo, Monaco e
San Pietroburgo, e a cui ora viene
dedicata una superba mostra
monografica curata da Nico Stringa a
Maurizio Mottin, è forse il caso più
eclatante.
Con lo sfaldarsi della stagione
napoleonica la vita a Venezia diventa
“internazionale” in forme molto diverse
dal cosmopolitismo che aveva improntato
i secoli precedenti. Francese, austriaca,
poi di nuovo francese e ancora austriaca,
la città, non più “dominante”, fin dagli
ultimi anni della Repubblica vive una
vera diaspora intellettuale-artistica.
Giambattista Tiepolo muore a Madrid nel
1770, Bellotto a Varsavia, Casanova a Dux
in Boemia, Goldoni a Parigi, Canaletto
torna a Venezia dopo aver trascorso a
Londra quasi vent’anni e Canova rientra
in laguna, per morirvi, dopo trent’anni di
permanenza romana. La stessa positiva
riforma dell’Accademia di Belle Arti -
trasformata da Napoleone nel 1807 in
vera e propria istituzione pubblica, dotata
di mezzi e strutture - non riesce a creare
un contesto adeguato al numero di
artisti, pur non elevato, che esce dalle
sue aule e, a differenza di quanto avviene
a Milano, sono sempre di più i pittori, gli
scultori e gli architetti che cercano
fortuna altrove: pensiamo ad Hayez e al
suo trasferimento nel capoluogo
lombardo e pensiamo al “vagabondare
irrequieto di Ippolito Caffi”.
Dusi fu uno di questi transfughi e gran
parte delle sue opere le realizzò fuori
Venezia e fuori dall’Italia, tanto che, dopo
la sua morte, inevitabilmente venne
dimenticato dai più, mentre la difficoltà
di reperire suoi dipinti e disegni, sparsi
in luoghi molto lontani se non
inaccessibili, ha reso finora impossibile
una valutazione complessiva della sua
attività.
A tutto ciò pone rimedio dal 7 luglio fino
al 14 ottobre 2012 un inedito evento
espositivo - promosso dal Comune di
Marostica e dalla Regione del Veneto,
con il patrocinio del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali e della Provincia di
Vicenza, il contributo quale main sponsor
dell’Azienda Agricola Casaria e
l’organizzazione di Villaggio Globale
International - che riporta luce sul Dusi
e sul ruolo di primo piano che egli ebbe
nel panorama artistico dell’Ottocento
veneto e internazionale.
Un evento che è stato possibile grazie
alla tenace e ferma volontà dei
discendenti del Dusi: lo stesso Maurizio
Mottin che per anni ha svolto indagini e
ricerche, rinvenendo numerose opere e
documenti inediti sull’artista e Toti, Pupa
e Laura Padovan che hanno sostenuto
fortemente l’evento.
Dusi del resto, pittore romantico e
grande colorista cui è stata riconosciuta
finezza ed energia nel disegno,
precisione nei dettagli di ambientazione
storica, varietà ed equilibrio nelle
composizioni e grande naturalezza
nell’espressione degli affetti, colpisce
anche per la fascinosa personalità, che
emerge dalla sua vita avventurosa, dai
legami affettivi e dalle tante amicizie,
dalle curiosità culturali e dalle passioni
che affiorano nei racconti del prezioso
diario di viaggio (ora al centro perfino di
un romanzo giallo!) ed anche dalla
capacità dell’artista di cogliere i lati belli
e positivi di una società e di una terra
diversa dalla sua, come quella russa, ove
trascorse quasi vent’anni, divenendo
accademico e pittore di corte per lo Zar
Nicola I.
Insomma una vera sorpresa.
Così, a breve distanza dal 150°
anniversario della morte, Marostica, dove
Dusi volle trascorrere con la famiglia gli
ultimi giorni di vita e ove è sepolto,
propone la prima mostra monografica
sull’artista, dando modo d’indagare la
figura e l’opera del talentuoso pittore:
autore di magnifici ritratti, di tavole
d’altare, di opere di genere storico e
mitologico, ma anche di litografie, di
vignette e dei sipari di alcuni tra i più
famosi teatri d’Italia e Russia come La
Fenice di Venezia e il Bolshoi di Mosca.
Il percorso espositivo accuratamente
studiato dai curatori Nico Stringa e
Maurizio Mottin, testimonia la produzione
artistica del Dusi proponendo
cronologicamente una ricca selezione di
oltre 200 opere di cui moltissime inedite:
40 dipinti - anche di grandi dimensioni -
e oltre 150 tra disegni, acquarelli,
litografie e documenti originali
recuperati tra chiese, archivi collezioni
private e musei. A questo proposito di
eccezionale importanza risulta la
partecipazione del Museo Statale
Ermitage di San Pietroburgo, che ha
voluto rendere omaggio a questo artista
assicurando il prestito di ben 12 disegni
inediti e con un interessante saggio di
Natalia Demina pubblicato nel catalogo
della mostra: catalogo edito da Skira e
curato da Nico Stringa, con la
collaborazione scientifica di Natalia
Demina, Mikhail Dedinkin e Maurizio
Mottin, che diventerà un punto di
riferimento imprescindibile per gli studi
futuri, includendo anche un imponente
regesto con foto minimali di tutte e 344
opere note di Cosroe.
Cosroe Dusi aveva dimostrato fin da
bambino una forte e spiccata
predilezione per l’arte e altrettanta
propensione al disegno da convincere i
genitori, che faticavano a campare, a
iscriverlo all’Accademia di Belle Arti
Venezia. Siamo in un momento di
transizione, dal gusto neoclassico alla
svolta romantica, ma a Venezia, come
ricorda Stringa, nonostante l’impegno del
Presidente dell’Accademia Leopoldo
Cicognara e l’esempio di Canova, il
richiamo al classico fatica ad attecchire e
il “romanticismo” si presenta altrettanto
confuso.
Dusi si forma con Teodoro Mattini che
insegna un neoclassicismo blando. Al
suo fianco ha Michelangelo Grigoletti – di
alcuni anni più vecchio di lui – e davanti
agli occhi gli esempi del bolognese
Ludovico Lipparini, che si sta affermando
insieme a Politi e Demin, e del chioggioto
Natale Schiavon che troverà anch’egli
fortuna all’estero ai margini dell’impero
austro-ungarico.
L’artista si afferma tra i migliori studenti,
ottenendo borse di studio e anche una
residenza da parte dell’Accademia.
All’inizio del quarto decennio, Dusi può
fregiarsi del titolo di “pittore di storia”,
riconosciutogli dall’Accademia che gli
assegna il titolo di socio, il più ambito da
parte dei pittori, perché vi è sottintesa la
formazione accademica più ampia e la
disponibilità dell’artista ad affrontare le
tematiche complesse relative a temi e
soggetti ispirati alle fonti letterarie
illustri. Dusi partecipa alle mostre
d’agosto di Venezia e quindi alle mostre
di Brera, tra la metà degli anni Venti e i
primi anni Trenta, con un repertorio
diversificato, volto a dimostrare tutte le
sue possibilità a un pubblico, si potrebbe
dire, indeterminato e ancora indeciso,
considerato che anche i maggiori
collezionisti del tempo (i Papadopoli, i
Giacomelli, i Parafava ecc.) appaino
disorientati e non sempre disposti ad
accettare le innovazioni e le nuove
proposte.
«Tra le prime opere – scrive Nico Stringa
nel suo saggio in catalogo - spicca un
dipinto davvero eccezionale, esposto ora
dopo quasi due secoli, l’Alcibiade, nel
1824 (l’opera è firmata e datata) all’età di
diciotto anni il principiante pittore si
esprime con tutta forza richiamandosi
forse al San Cristoforo del Pordenone
(Venezia, chiesa di San Rocco), in un
convincente esercizio di “traduzione” in
linguaggio neoclassico, degno del
miglior Hayez (...). La figura maschile
possente, isolata, sbilanciata in avanti,
eccepita dal contesto, appare di
un’insolita forza plastica e ci mostra di
cosa fosse capace il giovane artista in
quel momento.»
Ma Dusi mira a mostrarsi come pittore
“completo” tanto che accanto a opere a
tema religioso l’artista propone ed
espone a Venezia nel 1829 dipinti
“licenziosi” come La ninfa Salmace che
tenta di sedurre l’innocente Ermafrodito,
opera che, “prima delle analoghe prove di
Hayez e sulla scorta di un affresco
veneziano di Demin, vira la trama
classica in chiave romantica, sfiorando
accenti di inedito naturalismo”. Un
dipinto forse arrischiato per l’epoca, cui
fa da contraltare, due anni più tardi,
Francesca da Rimini presentata
all’Esposizione di Brera nel 1831 e
prestata nell’occasione dalla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Rimini.
Notevolissimo l’impegno di Dusi nella
ritrattistica fin dagli esordi della sua
attività: qui più che altrove si riscontra la
vena romantica che pervade tanta pittura
dusiana, dall’autoritratto giovanile fino
agli esiti estremi del periodo russo, in
particolare nei ritratti femminili venati di
profondo senso di attesa.
La mostra presenta in tal senso opere di
grande qualità che attestano una
tensione ulteriore rispetto al semplice
piano iconografico. Straordinario per
singolarità di impaginazione e scelta
iconografica è il giovanile Il caffè - in
realtà autoritratto (il primo personaggio a
destra è lui ) con la moglie Antonia
Ferrari e la famiglia di lei al completo –
dove il verde delle tazze di caffè e della
caffettiera “s’intrufola brioso e arguto tra
la sostanziale monocromia del dipinto”.
La ritrattistica viene affrontata dal Dusi
anche nell’ambito della grafica, in cui il
pittore mostra una grandissima forza
espressiva. Le incisioni esposte danno il
segno della raffinatezza del Dusi e nel
contempo documentano i rapporti che
legano l’artista a personalità come
Cicognara, Pindemonte, Defendi ecc., tra
gli intellettuali più in vista dell’epoca.
Oltre infatti a realizzare le vignette per il
giornale Il Gondoliere (è suo per esempio
il ritratto di Cicognara tratto da un
dipinto di Lipparini e pubblicato a
illustrazione della necrologia del 15
marzo 1834) il giovane Dusi lavora presso
lo stabilimento litografico Galvani,
regalandoci figure di genere e appunto
ritratti.
Ma anche gli studi preparatori, i disegni,
gli acquarelli - esposti ora per la prima
volta - mostrano la costante qualità del
lavoro e della ricerca di Cosroe.
Una produzione meno nota è quella
relativa al paesaggio e alla natura morta:
di grande suggestione per esempio l’olio
su tela Paesaggio della Finlandia, o il
Poderetto di Marostica ma anche il
disegno dell’Ermitage con un suggestiva
veduta delle montagne del Cadore; così
come singolare è la sua attività sul
versante decorativo-illustrativo con i
sipari realizzati per alcuni dei più
importanti teatri italiani e russi.
In mostra, per la prima volta, due studi
con l’Apoteosi della Fenice e con Ebe
ministra l’Ambrosia per il sipario della
Fenice, per realizzare il quale - in vista
dell’inaugurazione del 1837, a seguito
dell’incendio del Teatro l’anno prima –
Dusi rientra velocemente da Monaco.
Ma si possono vedere anche il disegno
acquarello ritrovato all’Ermitage e
prestato per l’occasione del sipario
(perduto) del Teatro Nobile di Udine
(Michelangelo che presenta il giovane
Giovanni da Udine al Duca Gonzaga) e gli
studi per il sipario del Teatro Bolshoi di
Mosca. Anche qui il sipario di Dusi era
stato sostituito negli anni da altri ma in
occasione del colossale restauro del
teatro del 2011 è stato scelto proprio il
disegno del veneziano per la sua
ricostruzione filologica.
Poi ci sono i soggetti storici tipici
dell’Ottocento – da segnalare Socrate che
rimprovera Alcibiade fra le etere dal
Museo Rivoltella di Trieste, esposto
all’Accademia in occasione della visita
Venezia di Ferdinando I d’Austria, nel
1838 – e i soggetti sacri o le pale d’altare
in cui egli si richiama alla grande
tradizione veneta, commissionati a
Venezia, Treviso, in Dalmazia, Tirolo e
ancora a Monaco di Baviera prima di
trasferirsi in Russia.
AMarostica arriveranno eccezionalmente
un non convenzionale San Sebastiano
dalla parrocchiale di Zero Branco e la
pala con i Santi Erardo e Gottardo che
operano prodigi dalla Chiesa di Santa
Maria del Duomo di Bressanone ma
anche l’intensa Mater Dolorosa e l’Ecce
Homo dalMuseo Diocesano di Bressanone.
Sarà però a San Pietroburgo che Dusi –
accanto a ritratti e dipinti di storia -
riceverà soprattutto importanti
commissioni di soggetto sacro.
Giunto nel 1840 su invito del futuro Zar
Nicola I, che a Venezia aveva visitato il
suo studio e acquistato alcuni bozzetti,
Cosroe, come racconta nel suo
bellissimo diario esposto anch’esso in
mostra, frequenta la società
aristocratica e la corte russa e viene
messo alla prova anche nella
realizzazione di icone per la cattedrale di
Sant’Isacco.
Dello spirito, dei costumi e dell’anima
russa ci sono significative testimonianze
nel percorso espositivo: ritratti femminili,
disegni di costumi militari russi, ma
soprattutto due opere che ci piace
segnalare: l’Ingresso di Pojarsky e Minin al
Cremino di Mosca un olio su tela di
collezione privata propedeutico al sipario
del Teatro di Mosca e Il Suonatore di
balalaica identificato con uno dei suoi
migliori dipinti e forse il più
rappresentativo delle diverse vite del
Dusi.
I suoi contatti con Venezia, ove tornò tre
volte, continuarono anche durante la
lunghissima lontananza; le missive con la
moglie e i figli, che per alcuni periodi lo
raggiunsero a San Pietroburgo, erano
costanti e ricche d’amore, ma la
speranza di trovare una sistemazione
definitiva per il rientro in laguna svaniva
ogni volta. L’ultima delusione fu tra il
1856 e il 1858 per la nomina della
cattedra di pittura all’Accademia,
attribuita d’arbitrio a un pittore d’origine
austriaca.
Erano i chiari segnali di un’epoca diversa
da quella che in cui, ragazzo, si era
iscritto all’Accademia, pieno di speranze
e di illusioni.
Tornato in Russia, dopo alcuni mesi di
grave malattia e nonostante la difficoltà
del viaggio, rientra a Marostica, il paese
di sua moglie, dove nel frattempo aveva
comprato caso con un podere, e lì si
spegne il 9 ottobre del 1859
che tanto avvilisce l’Italia?
In un certo senso dalla fine del
Settecento e per gran parte del secolo
successivo a Venezia si assiste a una
sorta di “fuga” analoga, ma …di talenti
artistici.
Tra i pittori veneziani quello di Cosroe
Dusi (1808 – 1859), la cui vicenda
biografica si snoda nella prima metà del
XIX secolo tra Venezia, il Tirolo, Monaco e
San Pietroburgo, e a cui ora viene
dedicata una superba mostra
monografica curata da Nico Stringa a
Maurizio Mottin, è forse il caso più
eclatante.
Con lo sfaldarsi della stagione
napoleonica la vita a Venezia diventa
“internazionale” in forme molto diverse
dal cosmopolitismo che aveva improntato
i secoli precedenti. Francese, austriaca,
poi di nuovo francese e ancora austriaca,
la città, non più “dominante”, fin dagli
ultimi anni della Repubblica vive una
vera diaspora intellettuale-artistica.
Giambattista Tiepolo muore a Madrid nel
1770, Bellotto a Varsavia, Casanova a Dux
in Boemia, Goldoni a Parigi, Canaletto
torna a Venezia dopo aver trascorso a
Londra quasi vent’anni e Canova rientra
in laguna, per morirvi, dopo trent’anni di
permanenza romana. La stessa positiva
riforma dell’Accademia di Belle Arti -
trasformata da Napoleone nel 1807 in
vera e propria istituzione pubblica, dotata
di mezzi e strutture - non riesce a creare
un contesto adeguato al numero di
artisti, pur non elevato, che esce dalle
sue aule e, a differenza di quanto avviene
a Milano, sono sempre di più i pittori, gli
scultori e gli architetti che cercano
fortuna altrove: pensiamo ad Hayez e al
suo trasferimento nel capoluogo
lombardo e pensiamo al “vagabondare
irrequieto di Ippolito Caffi”.
Dusi fu uno di questi transfughi e gran
parte delle sue opere le realizzò fuori
Venezia e fuori dall’Italia, tanto che, dopo
la sua morte, inevitabilmente venne
dimenticato dai più, mentre la difficoltà
di reperire suoi dipinti e disegni, sparsi
in luoghi molto lontani se non
inaccessibili, ha reso finora impossibile
una valutazione complessiva della sua
attività.
A tutto ciò pone rimedio dal 7 luglio fino
al 14 ottobre 2012 un inedito evento
espositivo - promosso dal Comune di
Marostica e dalla Regione del Veneto,
con il patrocinio del Ministero per i Beni
e le Attività Culturali e della Provincia di
Vicenza, il contributo quale main sponsor
dell’Azienda Agricola Casaria e
l’organizzazione di Villaggio Globale
International - che riporta luce sul Dusi
e sul ruolo di primo piano che egli ebbe
nel panorama artistico dell’Ottocento
veneto e internazionale.
Un evento che è stato possibile grazie
alla tenace e ferma volontà dei
discendenti del Dusi: lo stesso Maurizio
Mottin che per anni ha svolto indagini e
ricerche, rinvenendo numerose opere e
documenti inediti sull’artista e Toti, Pupa
e Laura Padovan che hanno sostenuto
fortemente l’evento.
Dusi del resto, pittore romantico e
grande colorista cui è stata riconosciuta
finezza ed energia nel disegno,
precisione nei dettagli di ambientazione
storica, varietà ed equilibrio nelle
composizioni e grande naturalezza
nell’espressione degli affetti, colpisce
anche per la fascinosa personalità, che
emerge dalla sua vita avventurosa, dai
legami affettivi e dalle tante amicizie,
dalle curiosità culturali e dalle passioni
che affiorano nei racconti del prezioso
diario di viaggio (ora al centro perfino di
un romanzo giallo!) ed anche dalla
capacità dell’artista di cogliere i lati belli
e positivi di una società e di una terra
diversa dalla sua, come quella russa, ove
trascorse quasi vent’anni, divenendo
accademico e pittore di corte per lo Zar
Nicola I.
Insomma una vera sorpresa.
Così, a breve distanza dal 150°
anniversario della morte, Marostica, dove
Dusi volle trascorrere con la famiglia gli
ultimi giorni di vita e ove è sepolto,
propone la prima mostra monografica
sull’artista, dando modo d’indagare la
figura e l’opera del talentuoso pittore:
autore di magnifici ritratti, di tavole
d’altare, di opere di genere storico e
mitologico, ma anche di litografie, di
vignette e dei sipari di alcuni tra i più
famosi teatri d’Italia e Russia come La
Fenice di Venezia e il Bolshoi di Mosca.
Il percorso espositivo accuratamente
studiato dai curatori Nico Stringa e
Maurizio Mottin, testimonia la produzione
artistica del Dusi proponendo
cronologicamente una ricca selezione di
oltre 200 opere di cui moltissime inedite:
40 dipinti - anche di grandi dimensioni -
e oltre 150 tra disegni, acquarelli,
litografie e documenti originali
recuperati tra chiese, archivi collezioni
private e musei. A questo proposito di
eccezionale importanza risulta la
partecipazione del Museo Statale
Ermitage di San Pietroburgo, che ha
voluto rendere omaggio a questo artista
assicurando il prestito di ben 12 disegni
inediti e con un interessante saggio di
Natalia Demina pubblicato nel catalogo
della mostra: catalogo edito da Skira e
curato da Nico Stringa, con la
collaborazione scientifica di Natalia
Demina, Mikhail Dedinkin e Maurizio
Mottin, che diventerà un punto di
riferimento imprescindibile per gli studi
futuri, includendo anche un imponente
regesto con foto minimali di tutte e 344
opere note di Cosroe.
Cosroe Dusi aveva dimostrato fin da
bambino una forte e spiccata
predilezione per l’arte e altrettanta
propensione al disegno da convincere i
genitori, che faticavano a campare, a
iscriverlo all’Accademia di Belle Arti
Venezia. Siamo in un momento di
transizione, dal gusto neoclassico alla
svolta romantica, ma a Venezia, come
ricorda Stringa, nonostante l’impegno del
Presidente dell’Accademia Leopoldo
Cicognara e l’esempio di Canova, il
richiamo al classico fatica ad attecchire e
il “romanticismo” si presenta altrettanto
confuso.
Dusi si forma con Teodoro Mattini che
insegna un neoclassicismo blando. Al
suo fianco ha Michelangelo Grigoletti – di
alcuni anni più vecchio di lui – e davanti
agli occhi gli esempi del bolognese
Ludovico Lipparini, che si sta affermando
insieme a Politi e Demin, e del chioggioto
Natale Schiavon che troverà anch’egli
fortuna all’estero ai margini dell’impero
austro-ungarico.
L’artista si afferma tra i migliori studenti,
ottenendo borse di studio e anche una
residenza da parte dell’Accademia.
All’inizio del quarto decennio, Dusi può
fregiarsi del titolo di “pittore di storia”,
riconosciutogli dall’Accademia che gli
assegna il titolo di socio, il più ambito da
parte dei pittori, perché vi è sottintesa la
formazione accademica più ampia e la
disponibilità dell’artista ad affrontare le
tematiche complesse relative a temi e
soggetti ispirati alle fonti letterarie
illustri. Dusi partecipa alle mostre
d’agosto di Venezia e quindi alle mostre
di Brera, tra la metà degli anni Venti e i
primi anni Trenta, con un repertorio
diversificato, volto a dimostrare tutte le
sue possibilità a un pubblico, si potrebbe
dire, indeterminato e ancora indeciso,
considerato che anche i maggiori
collezionisti del tempo (i Papadopoli, i
Giacomelli, i Parafava ecc.) appaino
disorientati e non sempre disposti ad
accettare le innovazioni e le nuove
proposte.
«Tra le prime opere – scrive Nico Stringa
nel suo saggio in catalogo - spicca un
dipinto davvero eccezionale, esposto ora
dopo quasi due secoli, l’Alcibiade, nel
1824 (l’opera è firmata e datata) all’età di
diciotto anni il principiante pittore si
esprime con tutta forza richiamandosi
forse al San Cristoforo del Pordenone
(Venezia, chiesa di San Rocco), in un
convincente esercizio di “traduzione” in
linguaggio neoclassico, degno del
miglior Hayez (...). La figura maschile
possente, isolata, sbilanciata in avanti,
eccepita dal contesto, appare di
un’insolita forza plastica e ci mostra di
cosa fosse capace il giovane artista in
quel momento.»
Ma Dusi mira a mostrarsi come pittore
“completo” tanto che accanto a opere a
tema religioso l’artista propone ed
espone a Venezia nel 1829 dipinti
“licenziosi” come La ninfa Salmace che
tenta di sedurre l’innocente Ermafrodito,
opera che, “prima delle analoghe prove di
Hayez e sulla scorta di un affresco
veneziano di Demin, vira la trama
classica in chiave romantica, sfiorando
accenti di inedito naturalismo”. Un
dipinto forse arrischiato per l’epoca, cui
fa da contraltare, due anni più tardi,
Francesca da Rimini presentata
all’Esposizione di Brera nel 1831 e
prestata nell’occasione dalla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Rimini.
Notevolissimo l’impegno di Dusi nella
ritrattistica fin dagli esordi della sua
attività: qui più che altrove si riscontra la
vena romantica che pervade tanta pittura
dusiana, dall’autoritratto giovanile fino
agli esiti estremi del periodo russo, in
particolare nei ritratti femminili venati di
profondo senso di attesa.
La mostra presenta in tal senso opere di
grande qualità che attestano una
tensione ulteriore rispetto al semplice
piano iconografico. Straordinario per
singolarità di impaginazione e scelta
iconografica è il giovanile Il caffè - in
realtà autoritratto (il primo personaggio a
destra è lui ) con la moglie Antonia
Ferrari e la famiglia di lei al completo –
dove il verde delle tazze di caffè e della
caffettiera “s’intrufola brioso e arguto tra
la sostanziale monocromia del dipinto”.
La ritrattistica viene affrontata dal Dusi
anche nell’ambito della grafica, in cui il
pittore mostra una grandissima forza
espressiva. Le incisioni esposte danno il
segno della raffinatezza del Dusi e nel
contempo documentano i rapporti che
legano l’artista a personalità come
Cicognara, Pindemonte, Defendi ecc., tra
gli intellettuali più in vista dell’epoca.
Oltre infatti a realizzare le vignette per il
giornale Il Gondoliere (è suo per esempio
il ritratto di Cicognara tratto da un
dipinto di Lipparini e pubblicato a
illustrazione della necrologia del 15
marzo 1834) il giovane Dusi lavora presso
lo stabilimento litografico Galvani,
regalandoci figure di genere e appunto
ritratti.
Ma anche gli studi preparatori, i disegni,
gli acquarelli - esposti ora per la prima
volta - mostrano la costante qualità del
lavoro e della ricerca di Cosroe.
Una produzione meno nota è quella
relativa al paesaggio e alla natura morta:
di grande suggestione per esempio l’olio
su tela Paesaggio della Finlandia, o il
Poderetto di Marostica ma anche il
disegno dell’Ermitage con un suggestiva
veduta delle montagne del Cadore; così
come singolare è la sua attività sul
versante decorativo-illustrativo con i
sipari realizzati per alcuni dei più
importanti teatri italiani e russi.
In mostra, per la prima volta, due studi
con l’Apoteosi della Fenice e con Ebe
ministra l’Ambrosia per il sipario della
Fenice, per realizzare il quale - in vista
dell’inaugurazione del 1837, a seguito
dell’incendio del Teatro l’anno prima –
Dusi rientra velocemente da Monaco.
Ma si possono vedere anche il disegno
acquarello ritrovato all’Ermitage e
prestato per l’occasione del sipario
(perduto) del Teatro Nobile di Udine
(Michelangelo che presenta il giovane
Giovanni da Udine al Duca Gonzaga) e gli
studi per il sipario del Teatro Bolshoi di
Mosca. Anche qui il sipario di Dusi era
stato sostituito negli anni da altri ma in
occasione del colossale restauro del
teatro del 2011 è stato scelto proprio il
disegno del veneziano per la sua
ricostruzione filologica.
Poi ci sono i soggetti storici tipici
dell’Ottocento – da segnalare Socrate che
rimprovera Alcibiade fra le etere dal
Museo Rivoltella di Trieste, esposto
all’Accademia in occasione della visita
Venezia di Ferdinando I d’Austria, nel
1838 – e i soggetti sacri o le pale d’altare
in cui egli si richiama alla grande
tradizione veneta, commissionati a
Venezia, Treviso, in Dalmazia, Tirolo e
ancora a Monaco di Baviera prima di
trasferirsi in Russia.
AMarostica arriveranno eccezionalmente
un non convenzionale San Sebastiano
dalla parrocchiale di Zero Branco e la
pala con i Santi Erardo e Gottardo che
operano prodigi dalla Chiesa di Santa
Maria del Duomo di Bressanone ma
anche l’intensa Mater Dolorosa e l’Ecce
Homo dalMuseo Diocesano di Bressanone.
Sarà però a San Pietroburgo che Dusi –
accanto a ritratti e dipinti di storia -
riceverà soprattutto importanti
commissioni di soggetto sacro.
Giunto nel 1840 su invito del futuro Zar
Nicola I, che a Venezia aveva visitato il
suo studio e acquistato alcuni bozzetti,
Cosroe, come racconta nel suo
bellissimo diario esposto anch’esso in
mostra, frequenta la società
aristocratica e la corte russa e viene
messo alla prova anche nella
realizzazione di icone per la cattedrale di
Sant’Isacco.
Dello spirito, dei costumi e dell’anima
russa ci sono significative testimonianze
nel percorso espositivo: ritratti femminili,
disegni di costumi militari russi, ma
soprattutto due opere che ci piace
segnalare: l’Ingresso di Pojarsky e Minin al
Cremino di Mosca un olio su tela di
collezione privata propedeutico al sipario
del Teatro di Mosca e Il Suonatore di
balalaica identificato con uno dei suoi
migliori dipinti e forse il più
rappresentativo delle diverse vite del
Dusi.
I suoi contatti con Venezia, ove tornò tre
volte, continuarono anche durante la
lunghissima lontananza; le missive con la
moglie e i figli, che per alcuni periodi lo
raggiunsero a San Pietroburgo, erano
costanti e ricche d’amore, ma la
speranza di trovare una sistemazione
definitiva per il rientro in laguna svaniva
ogni volta. L’ultima delusione fu tra il
1856 e il 1858 per la nomina della
cattedra di pittura all’Accademia,
attribuita d’arbitrio a un pittore d’origine
austriaca.
Erano i chiari segnali di un’epoca diversa
da quella che in cui, ragazzo, si era
iscritto all’Accademia, pieno di speranze
e di illusioni.
Tornato in Russia, dopo alcuni mesi di
grave malattia e nonostante la difficoltà
del viaggio, rientra a Marostica, il paese
di sua moglie, dove nel frattempo aveva
comprato caso con un podere, e lì si
spegne il 9 ottobre del 1859
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