Scelta inedita e coraggiosa: la Pietà Rondanini a S. Vittore, simbolo del dolore nel luogo del dolore
Michelangelo Buonarroti, Pietà Rondanini, 1564
21/11/2012
Milano -
Uno dei commenti più profondi sull’ultima opera del grande Michelangelo, quella a cui si dice che lavorò fino agli ultimi suoi giorni di vita, è di un presbitero e teologo nato sul finire degli anni Trenta del Novecento, Luigi Serenthà, che parla della Pietà Rondanini come di un «movimento inarrestabile del corpo del Cristo morto dentro il corpo della Madre, [...] genialmente fusi nel sublime non finito».
In questi giorni, come documentato dal Corriere della Sera, la Pietà Rondanini è al centro di una grande mobilitazione culturale a Milano, dove l’opera è custodita presso la Sala degli Scarlioni del Castello Sforzesco. Così ora per l’ultimo dei capolavori michelangioleschi potrebbe aprirsi una nuova epoca, che la vedrebbe uscire da quell’allestimento firmato nel 1954 dallo studio BBPR di Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers, prestigioso ma soffocante, perché - come scrive l’assessore alla Cultura Stefano Boeri - non valorizza l’opera come meriterebbe, limitando l’affluenza dei visitatori (pochi 350.000 in un anno) e rendendone praticamente impossibile la fruizione per i disabili.
Dove andrà dunque ora la Pietà Rondanini? Si tratta di un’opera che nel tempo ha subito tante vicissitudini: rinvenuta nello studio di Michelangelo e da lì, non si sa come, finita in una bottega romana dove Pietro da Cortona la vide nel 1652; nel 1744 acquistata dai marchesi Rondanini, da cui il nome attuale, per il proprio palazzo in via del Corso a Roma; nel 1904 divenuta ornamento di un'ara funeraria romana di epoca traianea, per poi, infine, dopo l’ennesimo trasferimento, essere acquistata nel 1952 dal Comune di Milano grazie ad una lungimirante sottoscrizione pubblica promossa dall’allora sindaco Ferrari per essere destinata alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco.
La risposta è arrivata ieri dalla giunta milanese che ha approvato un progetto che prevede, con un finanziamento di 6 milioni di euro stanziato dalla Fondazione Cariplo, un nuovo allestimento, sempre all’interno del Castello Sforzesco, ma presso gli ampi spazi dell’Ospedale Spagnolo, su una superficie di 600 metri quadri, che ospiterà anche bookshop, biglietteria, laboratori didattici, per diventare una sorta di museo nel museo. Tempi previsti: meno di un anno e mezzo perché nella primavera del 2014 i lavori dovrebbero essere conclusi.
Nel frattempo – questa la grande novità – la Pietà Rondanini sarà ospitata in un luogo particolarissimo: il carcere di San Vittore, dove sarà in esposizione presso la cappella del Panottico, al centro dei sei raggi del penitenziario. In questo modo Milano tenta una sfida che ha un senso molto preciso e forte: partecipare al dolore di chi vive l’esperienza della detenzione attraverso una grande opera simbolo della sofferenza.
Nicoletta Speltra
Uno dei commenti più profondi sull’ultima opera del grande Michelangelo, quella a cui si dice che lavorò fino agli ultimi suoi giorni di vita, è di un presbitero e teologo nato sul finire degli anni Trenta del Novecento, Luigi Serenthà, che parla della Pietà Rondanini come di un «movimento inarrestabile del corpo del Cristo morto dentro il corpo della Madre, [...] genialmente fusi nel sublime non finito».
In questi giorni, come documentato dal Corriere della Sera, la Pietà Rondanini è al centro di una grande mobilitazione culturale a Milano, dove l’opera è custodita presso la Sala degli Scarlioni del Castello Sforzesco. Così ora per l’ultimo dei capolavori michelangioleschi potrebbe aprirsi una nuova epoca, che la vedrebbe uscire da quell’allestimento firmato nel 1954 dallo studio BBPR di Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers, prestigioso ma soffocante, perché - come scrive l’assessore alla Cultura Stefano Boeri - non valorizza l’opera come meriterebbe, limitando l’affluenza dei visitatori (pochi 350.000 in un anno) e rendendone praticamente impossibile la fruizione per i disabili.
Dove andrà dunque ora la Pietà Rondanini? Si tratta di un’opera che nel tempo ha subito tante vicissitudini: rinvenuta nello studio di Michelangelo e da lì, non si sa come, finita in una bottega romana dove Pietro da Cortona la vide nel 1652; nel 1744 acquistata dai marchesi Rondanini, da cui il nome attuale, per il proprio palazzo in via del Corso a Roma; nel 1904 divenuta ornamento di un'ara funeraria romana di epoca traianea, per poi, infine, dopo l’ennesimo trasferimento, essere acquistata nel 1952 dal Comune di Milano grazie ad una lungimirante sottoscrizione pubblica promossa dall’allora sindaco Ferrari per essere destinata alle Raccolte Civiche del Castello Sforzesco.
La risposta è arrivata ieri dalla giunta milanese che ha approvato un progetto che prevede, con un finanziamento di 6 milioni di euro stanziato dalla Fondazione Cariplo, un nuovo allestimento, sempre all’interno del Castello Sforzesco, ma presso gli ampi spazi dell’Ospedale Spagnolo, su una superficie di 600 metri quadri, che ospiterà anche bookshop, biglietteria, laboratori didattici, per diventare una sorta di museo nel museo. Tempi previsti: meno di un anno e mezzo perché nella primavera del 2014 i lavori dovrebbero essere conclusi.
Nel frattempo – questa la grande novità – la Pietà Rondanini sarà ospitata in un luogo particolarissimo: il carcere di San Vittore, dove sarà in esposizione presso la cappella del Panottico, al centro dei sei raggi del penitenziario. In questo modo Milano tenta una sfida che ha un senso molto preciso e forte: partecipare al dolore di chi vive l’esperienza della detenzione attraverso una grande opera simbolo della sofferenza.
Nicoletta Speltra
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