A Bergamo, Capitale Italiana della Cultura, dal 28 gennaio al 4 giugno

La "nuova" Accademia Carrara apre le porte a Cecco del Caravaggio, l'allievo modello

Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio, Interno con Natura Morta e Giovane con Flauto, Olio su tela, 1615-1616 circa, Oxford, Ashmolean Museum | Foto: © adicorbetta
 

Samantha De Martin

26/01/2023

Bergamo - A lungo una sorta di damnatio memoriae lo allontanò delle fonti consegnandolo a una trascuratezza sistematica che oggi potrebbe rientrare nell’ampio spettro della Cancel Culture.
Eppure Francesco Boneri, meglio conosciuto con il soprannome di Cecco del Caravaggio, reduce dai nuovi studi avviati da Gianni Papi a partire dagli anni Novanta, oltre che dalla scoperta di alcune sue opere, di strada ne ha fatta e oggi si appresta a varcare la soglia della rinnovata Accademia Carrara di Bergamo per la prima mostra a lui dedicata, evento di punta di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023.


Cecco del Caravaggio. L'allievo modello, allestimento | Foto: © adicorbetta

Il più misterioso degli allievi di Caravaggio, che ha dato il suo volto ad Amore nel celebre olio su tela della Gemäldegalerie di Berlino, Amor Vincit Omnia, che avrebbe interpretato il sensuale San Giovanni Battista della Capitolina, l’angelo nella Conversione di San Paolo delle collezioni Odescalchi, il David che esibisce la testa tagliata di Golia nel dipinto Borghese, è stato anche l’autore di composizioni che indicano la strada verso un iperrealismo ante literram.
Anticonformista, insofferente alle regole, destinato a suscitare contrasti e forse inimicizie, sebbene quasi del tutto assente dalle cronache storiche e da quelle giudiziarie, Cecco fu virtuoso interprete di una pittura straordinaria, implacabile nella definizione delle forme, dei contorni, nel colore, naturalista oltranzista, a tratti esplicito nei rimandi erotici e nei messaggi omosessuali. Roberto Longhi lo considerò “una delle più notevoli figure del caravaggismo nordico”, dove “nordico”, adesso, grazie all’aggiornamento degli studi, deve essere inteso come del Nord d’Italia, e non più d’Europa.

“Francesco garzone” o “that laid with him”, “his boy” come lo considerava un viaggiatore inglese presente a Roma intorno al 1650 in relazione a Caravaggio, visse a fianco del Merisi conducendo nel suo studio un apprendistato che doveva essere molto diverso da quello delle botteghe fiorentine o romane. Pressoché senza regole, gli allievi imparavano a dipingere osservando il maestro, ritraendo modelli dal vero e intrecciando vita e mestiere.
Seguiamo “Francesco detto Cecco del Caravaggio” nella “schola” del maestro insieme a Ribera, Spadarino e Manfredi.
Alla Carrara il pubblico è invitato ad apprezzare 43 opere all’interno di un allestimento che, per la prima volta, raccoglie 19 dipinti autografi dei circa 25 conosciuti di Cecco, conservati da importanti collezioni pubbliche e private, in Italia e nel mondo.
Autori come Merisi e Savoldo, da cui Cecco trasse ispirazione, incrociano in mostra artisti come Valentin de Boulogne, Bartolomeo Mendozzi e Pedro Núñez del Valle, a lui vicini, grazie a prestiti in arrivo dalle Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti di Firenze, dal Museo del Prado di Madrid, dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, dalla National Gallery di Atene, solo per citare alcuni prestatori.


Michelangelo Merisi detto Caravaggio, San Giovanni Battista, 1602-03, Olio su tela Roma, Pinacoteca Capitolina

Lo sguardo trasversale e completo sull’operato di Cecco sarà evidente in capolavori che si sono rivelati fondamentali nel percorso di ricostruzione del corpus dell’autore, come la Cacciata dei mercanti dal tempio (1613-1615 circa) dalla Gemäldegalerie di Berlino, tela che esprime l’adesione ai grandi maestri: da un lato Caravaggio, nella composizione movimentata e nelle espressioni di terrore delle figure, dall’altro Savoldo, nell’atmosfera, nei colori puri, nei panneggi schiacciati. Nell’elegante ragazzo un po’ dandy, all’estrema sinistra del quadro, che, con atteggiamento defilato osserva la scena, Gianni Papi ha individuato un autoritratto di Cecco. Il cappello rosso che il giovane indossa è un tema ricorrente nelle prime opere. Lo ritroviamo in mostra anche nelle tele di Varsavia e Bratislava, mentre l’elegante foggia degli abiti dei mercanti ritorna nei dipinti di figura in prestito da Atene, Londra e Oxford.

Se nel Ritratto di giovane con colletto a lattuga, proveniente da Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti di Firenze, come anche in Amore al fonte, da collezione privata, e ancora nel San Giovanni Battista della Pinacoteca Capitolina e nel David con la testa di Golia della Galleria Borghese, riconosciamo il volto del pittore, nell’esecuzione tormentata dei panneggi, nei bianchi quasi fosforescenti, nella precisa definizione degli occhi e delle palpebre e nel disegno delle labbra percepiamo il linguaggio di Boneri, sempre più riconoscibile.


 Caravaggio (Michelangelo Merisi), David con la testa di Golia, 1606-1607; 1609 (?), Olio su tela, 101 x 125 cm, Roma, Galleria Borghese

Grazie a questo progetto curato da Gianni Papi e M. Cristina Rodeschini, possiamo adesso apprezzare le influenze che il pittore ha ricevuto ed esercitato soprattutto sulla scena romana e napoletana dell’epoca (tra le ipotesi spicca quella che Boneri abbia seguito Caravaggio nella sua fuga a Napoli dopo l’omicidio di Ranuccio Tomassoni nel maggio 1606).

“La mostra di Cecco - spiega Maria Cristina Rodeschini, direttore dell’Accademia Carrara - presenta un pittore che merita di entrare nell’Olimpo dei più interessanti caravaggeschi italiani. Inoltre l’interesse del pittore per la magnifica pittura di Savoldo e l’influenza esercitata su Evaristo Baschenis, declina un trait d’union tra Brescia e Bergamo - città e territori che nel 2023 avranno insieme il titolo di Capitale italiana della cultura - di sicura prospettiva".


Francesco Boneri detto Cecco del Caravaggio, Ragazza con Colombe, 1620-1622 circa, Olio su tela Madrid, Museo del Prado

In un’Accademia Carrara sempre più “Casa del collezionismo”, resa ancora più attrattiva nei suoi spazi interni, la mostra dedicata a Cecco segna l’inizio di un nuovo percorso.
Un nuovo corso che punta alla valorizzazione del patrimonio, alla flessibilità e all’attrattività dell’offerta espositiva e alla sostenibilità gestionale attraverso un progetto di riallestimento finalizzato a fornire maggiore enfasi evidenza al cuore della collezione rivolgendo l’attenzione alle diverse esigenze del pubblico e ai cambiamenti della società.
Memoria e simbolo del collezionismo italiano, la Carrara, che in oltre duecento anni di storia ha vissuto diversi cambiamenti, facendosi sempre interprete dello spirito del tempo, vedrà coesistere in un’unica sede proposte temporanee e la collezione permanente. 


Accademia Carrara 2023 | Foto: © adicorbetta

Il secondo piano ospiterà una selezione di oltre 300 opere della collezione permanente in 16 sale, per un viaggio, dal Quattrocento all’Ottocento, attraverso cinque secoli di storia dell’arte, mentre il primo piano vedrà alternarsi mostre temporanee e, dal 2024, focus dedicati alla parte di collezione, di norma non esposta e visibile a rotazione, prestiti nazionali e internazionali che consolidano gli ottimi rapporti istituzionali tra la Carrara e i musei d’Europa e del mondo.
Per quanto riguarda gli spazi esterni, per la prima volta, dalla prossima estate, si potrà godere dell’apertura dell’area verde denominata I Giardini di PwC, oltre 3.000 metri quadrati di patrimonio finora inaccessibile. Al piano terra, l’Ala Vitali ospiterà spazi destinati al restauro e alle operazioni di controllo dello stato di conservazione delle opere, mentre interni ed esterni saranno raccordati da un percorso coperto che collegherà i tre piani, offrendo un’inedita prospettiva della Carrara nel contesto delle mura venete, patrimonio Unesco.

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