Valletta Capitale Europea della Cultura 2018
Caravaggio e Mattia Preti, due geni italiani a Malta
Michelangelo Merisi da Caravaggio, Decollazione di San Giovanni Battista, 1608, Olio su tela, 520 x 361 cm, Valletta, Concattedrale di San Giovanni | Courtesy of Visitmalta
Samantha De Martin
15/02/2018
Mondo - Il lombardo e il calabrese. Il primo, perseguitato da un’accusa di omicidio, raggiunse Malta da fuggitivo in cerca di protezione, preceduto dalla sua fama di genio di temperamento. L’altro sbarcò sull’isola, cinquant’anni dopo, che era già un pittore affermato e maturo. Eppure entrambi lasciarono nell’arte di questa perla sacra nel cuore del Mediterraneo tracce straordinarie del loro genio immenso.
Quando Caravaggio, fuggito da Roma, giunse a Valletta, nel 1607, pendeva su di lui una condanna a morte. L’artista 35enne che trovò asilo presso i Cavalieri, e che forse provò a ottenere la grazia da Alof De Wignacourt, Gran Maestro dell’Ordine all’epoca, era stato accusato di aver ucciso un uomo mentre si trovava nella capitale.
Non si hanno notizie circa il perdono ottenuto, ma quello che è certo è che, dopo un anno di noviziato, il Merisi, investito della carica di “Cavaliere di Grazia”, divenne membro dell’Ordine e per esso realizzò opere di straordinaria importanza nel proprio cammino artistico e personale, come la Decollazione di San Giovanni Battista e il San Girolamo Scrivente.
Ma qualcosa andò storto, e nel 1608 il pittore venne arrestato in seguito a un duro litigio con un Cavaliere del rango superiore. Rinchiuso nel carcere di Sant'Angelo, a Birgu, il 6 ottobre riuscì a organizzare una fuga rocambolesca e a rifugiarsi a Siracusa. Il 6 dicembre i Cavalieri espulsero con disonore Caravaggio dall'ordine, definendolo «membro fetido e putrido» attraverso una bolla che fu letta proprio davanti alla sua opera maltese più celebre, la Decollazione di San Giovanni Battista, che troneggia oggi, immensa, nell’oratorio della Concattedrale di San Giovanni, nel cuore di Valletta.
CARAVAGGIO E LA DECOLLAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Quando ci si avvicina alla maestosa tela della Decollazione di San Giovanni Battista (361 x 120 cm) lo sguardo si ammansisce davanti allo straordinario gioco di contrasti di questa drammatica scena immersa nella penombra dell’“orrido e tetro carcere”. Chiunque, anche senza conoscere dettagli, tecnica e personaggi dell’opera, resterebbe ore a contemplare il racconto drammatico firmato da “F(rà) Michelangelo” con il sangue che fuoriesce dalla testa del Battista.
C’è qualcosa di magnetico nel boia che si accinge a sferrare il colpo finale sul Santo, c’è struggente poesia nella giovane che porta un bacile che accoglierà la testa del Battista, o ancora nella vecchia che, con il volto tra le mani, sembra voler respingere l’orrore o nell’espressione “illuminata” dei due carcerati che, da una grata, assistono alla scena.
Una corda recisa e fissata ad un anello sulla parete a destra “racconta” la scena accaduta qualche istante prima, quando il Santo era stato slegato e portato avanti. Poi basta voltarsi per trovarsi davanti a un altro segno lasciato a Malta da Caravaggio. Il San Girolamo scrivente è un po’ un omaggio dell’artista ad Alof de Wignacourt. Il Gran Maestro dell'Ordine di Malta gli aveva prestato protezione, e lui ne aveva immortalato l’espressione nel volto del Santo.
IL CAVALIERE CALABRESE E LA CONCATTEDRALE DI SAN GIOVANNI
La Concattedrale di San Giovanni è un posto magico. Non soltanto per il sublime pavimento - un’interrotta sequenza di oltre 400 pietre tombali in marmi policromi di Cavalieri provenienti dalla più rappresentativa nobiltà europea - ma anche perché qui, a loro insaputa, due geni italiani, che in vita non si incontrarono mai - Preti nacque tre anni dopo la morte di Caravaggio - condividono, a pochissimi passi l’uno dall’altro, alcuni dei loro capolavori più celebri.
In questo edificio, il cui interno fu descritto da Sir Walter Scott come “il più straordinario” che avesse mai visto, Mattia Preti realizzò una delle opere più importanti della sua carriera.
Chiamato a Malta dal Gran Maestro dell’Ordine, Raphael Cotoner, il Cavaliere Calabrese ricevette l’incarico di decorare il soffitto e diverse cappelle della Concattedrale.
Sulla volta a botte dipinse una serie di affreschi che ripercorrono l’intera vita del Battista, fino al martirio, utilizzando un espediente innovativo per creare un’illusione tridimensionale delle figure. Impiegando l’originale tecnica dell’olio applicato direttamente sulla pietra, sfruttando la porosità del calcare maltese, Preti affrescò, nel giro di cinque anni, 18 episodi della vita del Battista, descrivendoli con il suo linguaggio intenso, dall’impostazione luministica a forti contrasti chiaroscurali, carica di impeto barocco.
L'interno della Concattedrale di San Giovanni Battista, Valletta. Courtesy of Visitmalta
Quello che ne risultò fu un autentico capolavoro. Lo si può scrutare in silenzio, con lo sguardo all’insù, dalla prima formella dedicata all’Annunciazione a Zaccaria della nascita di S. Giovanni fino alla Decollazione.
La Concattedrale è un autentico scrigno di opere dell’artista calabrese.
Nella cappella di Francia spicca la Conversione di San Paolo, mentre in quella d’Aragona campeggia l’“outstanding performance” con la quale il pittore italiano si guadagnò fama e fiducia sulla scena artistica maltese. Il San Giorgio e il drago che il Cavaliere Calabrese inviò a Malta al Gran Maestro de Redin come esempio delle sue capacità artistiche, per convincerlo ad affidargli la decorazione della volta, resta infatti uno dei suoi più capolavori più celebri.
Mattia Preti, San Giorgio e il drago, 1656 circa, olio su tela, Valletta, Concattedrale di San Giovanni. Foto: © Samantha De Martin
Sarebbe difficile ripercorrere tutte le opere, circa 400 tra tele e affreschi, lasciate a Malta dal Preti. Quello che è certo, è che sull’isola fu una sorta di beniamino. E anche adesso, quando si parla di arte, il nome di Preti affianca quello del Caravaggio, sebbene la fama del calabrese sia stata, in generale, di gran lunga inferiore. A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo si formò addirittura una scuola di pittura che trasse le sue origini dagli allievi di Preti e che raccolse artisti fortemente influenzati dal barocco napoletano, come Giuseppe D’Arena e Stefano Erardi.
Da Valletta a Vittoriosa, da Luqa a Siggiewi, da Zejtun a Mdina - dove spiccano, nella Cattedrale di San Paolo, la Vergine con bambino, il Martirio di San Publio nella fossa dei leoni, l’Annunciazione - il pittore italiano, profondamente ispirato da Caravaggio e dai suoi seguaci - lasciò sull’isola - ma anche a Gozo, nella Basilica di San Giorgio - la sua generosa impronta.
MATTIA PRETI E LA CHIESA DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA
La chiesa di Santa Caterina di Alessandria, nel cuore di Valletta - nota anche come chiesa di Santa Caterina d’Italia - è un posto indubbiamente da non perdere nel percorso sulle tracce del maestro. Specie quando l’edificio è avvolto dal silenzio e la luce filtra dalla preziosa lanterna della cupola centrale, la superficie dipinta a monocromo trompe-l'œil decorata in stucco dipinto e motivi ornamentali in grigio e oro, simili a raffinati cammei, si accende e gli otto ovali raffiguranti episodi salienti della vita di Santa Caterina, opere del pittore Leonardo Romeo, diretto, nel 1660 da Mattia Preti, sembrano prendere vita, avvolgendo il visitatore in un abbraccio mistico.
Mattia Preti morì a Valletta. Caravaggio fuggì dall’isola come il più disprezzato dei criminali. Morirà a Porto Ercole, due anni dopo il suo esilio maltese.
Insomma nemmeno quell’isola che per il Merisi avrebbe dovuto rappresentare “rifugio” e “asilo”, riuscì a sottrarre l’anima turbolenta dal carattere tenebroso e il “cervello stravagantissimo” al suo oscuro destino.
Sarà il tempo a riconoscere ai due artisti italiani la comune grandezza, ricongiungendone i differenti destini attraverso la consacrazione nell’Olimpo dell’arte.
Leggi anche:
• 7mila anni di arte sull'isola sacra del Mediterraneo: dai templi megalitici a Renzo Piano
• In attesa del MUZA, il museo concepito per far comprendere l'arte
Quando Caravaggio, fuggito da Roma, giunse a Valletta, nel 1607, pendeva su di lui una condanna a morte. L’artista 35enne che trovò asilo presso i Cavalieri, e che forse provò a ottenere la grazia da Alof De Wignacourt, Gran Maestro dell’Ordine all’epoca, era stato accusato di aver ucciso un uomo mentre si trovava nella capitale.
Non si hanno notizie circa il perdono ottenuto, ma quello che è certo è che, dopo un anno di noviziato, il Merisi, investito della carica di “Cavaliere di Grazia”, divenne membro dell’Ordine e per esso realizzò opere di straordinaria importanza nel proprio cammino artistico e personale, come la Decollazione di San Giovanni Battista e il San Girolamo Scrivente.
Ma qualcosa andò storto, e nel 1608 il pittore venne arrestato in seguito a un duro litigio con un Cavaliere del rango superiore. Rinchiuso nel carcere di Sant'Angelo, a Birgu, il 6 ottobre riuscì a organizzare una fuga rocambolesca e a rifugiarsi a Siracusa. Il 6 dicembre i Cavalieri espulsero con disonore Caravaggio dall'ordine, definendolo «membro fetido e putrido» attraverso una bolla che fu letta proprio davanti alla sua opera maltese più celebre, la Decollazione di San Giovanni Battista, che troneggia oggi, immensa, nell’oratorio della Concattedrale di San Giovanni, nel cuore di Valletta.
CARAVAGGIO E LA DECOLLAZIONE DI SAN GIOVANNI BATTISTA
Quando ci si avvicina alla maestosa tela della Decollazione di San Giovanni Battista (361 x 120 cm) lo sguardo si ammansisce davanti allo straordinario gioco di contrasti di questa drammatica scena immersa nella penombra dell’“orrido e tetro carcere”. Chiunque, anche senza conoscere dettagli, tecnica e personaggi dell’opera, resterebbe ore a contemplare il racconto drammatico firmato da “F(rà) Michelangelo” con il sangue che fuoriesce dalla testa del Battista.
C’è qualcosa di magnetico nel boia che si accinge a sferrare il colpo finale sul Santo, c’è struggente poesia nella giovane che porta un bacile che accoglierà la testa del Battista, o ancora nella vecchia che, con il volto tra le mani, sembra voler respingere l’orrore o nell’espressione “illuminata” dei due carcerati che, da una grata, assistono alla scena.
Una corda recisa e fissata ad un anello sulla parete a destra “racconta” la scena accaduta qualche istante prima, quando il Santo era stato slegato e portato avanti. Poi basta voltarsi per trovarsi davanti a un altro segno lasciato a Malta da Caravaggio. Il San Girolamo scrivente è un po’ un omaggio dell’artista ad Alof de Wignacourt. Il Gran Maestro dell'Ordine di Malta gli aveva prestato protezione, e lui ne aveva immortalato l’espressione nel volto del Santo.
IL CAVALIERE CALABRESE E LA CONCATTEDRALE DI SAN GIOVANNI
La Concattedrale di San Giovanni è un posto magico. Non soltanto per il sublime pavimento - un’interrotta sequenza di oltre 400 pietre tombali in marmi policromi di Cavalieri provenienti dalla più rappresentativa nobiltà europea - ma anche perché qui, a loro insaputa, due geni italiani, che in vita non si incontrarono mai - Preti nacque tre anni dopo la morte di Caravaggio - condividono, a pochissimi passi l’uno dall’altro, alcuni dei loro capolavori più celebri.
In questo edificio, il cui interno fu descritto da Sir Walter Scott come “il più straordinario” che avesse mai visto, Mattia Preti realizzò una delle opere più importanti della sua carriera.
Chiamato a Malta dal Gran Maestro dell’Ordine, Raphael Cotoner, il Cavaliere Calabrese ricevette l’incarico di decorare il soffitto e diverse cappelle della Concattedrale.
Sulla volta a botte dipinse una serie di affreschi che ripercorrono l’intera vita del Battista, fino al martirio, utilizzando un espediente innovativo per creare un’illusione tridimensionale delle figure. Impiegando l’originale tecnica dell’olio applicato direttamente sulla pietra, sfruttando la porosità del calcare maltese, Preti affrescò, nel giro di cinque anni, 18 episodi della vita del Battista, descrivendoli con il suo linguaggio intenso, dall’impostazione luministica a forti contrasti chiaroscurali, carica di impeto barocco.
L'interno della Concattedrale di San Giovanni Battista, Valletta. Courtesy of Visitmalta
Quello che ne risultò fu un autentico capolavoro. Lo si può scrutare in silenzio, con lo sguardo all’insù, dalla prima formella dedicata all’Annunciazione a Zaccaria della nascita di S. Giovanni fino alla Decollazione.
La Concattedrale è un autentico scrigno di opere dell’artista calabrese.
Nella cappella di Francia spicca la Conversione di San Paolo, mentre in quella d’Aragona campeggia l’“outstanding performance” con la quale il pittore italiano si guadagnò fama e fiducia sulla scena artistica maltese. Il San Giorgio e il drago che il Cavaliere Calabrese inviò a Malta al Gran Maestro de Redin come esempio delle sue capacità artistiche, per convincerlo ad affidargli la decorazione della volta, resta infatti uno dei suoi più capolavori più celebri.
Mattia Preti, San Giorgio e il drago, 1656 circa, olio su tela, Valletta, Concattedrale di San Giovanni. Foto: © Samantha De Martin
Sarebbe difficile ripercorrere tutte le opere, circa 400 tra tele e affreschi, lasciate a Malta dal Preti. Quello che è certo, è che sull’isola fu una sorta di beniamino. E anche adesso, quando si parla di arte, il nome di Preti affianca quello del Caravaggio, sebbene la fama del calabrese sia stata, in generale, di gran lunga inferiore. A cavallo tra il XVII e il XVIII secolo si formò addirittura una scuola di pittura che trasse le sue origini dagli allievi di Preti e che raccolse artisti fortemente influenzati dal barocco napoletano, come Giuseppe D’Arena e Stefano Erardi.
Da Valletta a Vittoriosa, da Luqa a Siggiewi, da Zejtun a Mdina - dove spiccano, nella Cattedrale di San Paolo, la Vergine con bambino, il Martirio di San Publio nella fossa dei leoni, l’Annunciazione - il pittore italiano, profondamente ispirato da Caravaggio e dai suoi seguaci - lasciò sull’isola - ma anche a Gozo, nella Basilica di San Giorgio - la sua generosa impronta.
MATTIA PRETI E LA CHIESA DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA
La chiesa di Santa Caterina di Alessandria, nel cuore di Valletta - nota anche come chiesa di Santa Caterina d’Italia - è un posto indubbiamente da non perdere nel percorso sulle tracce del maestro. Specie quando l’edificio è avvolto dal silenzio e la luce filtra dalla preziosa lanterna della cupola centrale, la superficie dipinta a monocromo trompe-l'œil decorata in stucco dipinto e motivi ornamentali in grigio e oro, simili a raffinati cammei, si accende e gli otto ovali raffiguranti episodi salienti della vita di Santa Caterina, opere del pittore Leonardo Romeo, diretto, nel 1660 da Mattia Preti, sembrano prendere vita, avvolgendo il visitatore in un abbraccio mistico.
Mattia Preti morì a Valletta. Caravaggio fuggì dall’isola come il più disprezzato dei criminali. Morirà a Porto Ercole, due anni dopo il suo esilio maltese.
Insomma nemmeno quell’isola che per il Merisi avrebbe dovuto rappresentare “rifugio” e “asilo”, riuscì a sottrarre l’anima turbolenta dal carattere tenebroso e il “cervello stravagantissimo” al suo oscuro destino.
Sarà il tempo a riconoscere ai due artisti italiani la comune grandezza, ricongiungendone i differenti destini attraverso la consacrazione nell’Olimpo dell’arte.
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