Dal 18 ottobre al 30 novembre
La modernità dei divisionisti in mostra a Milano. Parla il curatore Niccolò D’Agati
Benvenuto Benvenuti, Paesaggio, 1907, olio su cartone, 35 x 36 cm
Francesca Grego
17/10/2024
Milano - Che in Italia l’arte moderna inizi con il Futurismo è un assioma generalmente accettato. Ma quanto c’è di vero? A sollevare l'interrogativo è la mostra inaugurata oggi presso la galleria milanese Bottegantica, che risponde esplorando storia e natura di un altro importante fenomeno artistico tutto italiano. In programma dal 18 ottobre al 30 novembre, Divisionismi. Un’altra modernità getta nuova luce sul movimento di Segantini e compagni, uscendo dalle definizioni tradizionali per evidenziare quanto radicali furono le innovazioni introdotte dai pittori divisionisti. Un cambio di prospettiva notevole, che dilata i confini del movimento nello spazio e nel tempo, illustrandone la multiforme varietà e l’evoluzione nell’arco di quarant’anni.
“Il percorso della mostra si snoda dalle esperienze dei maestri storici del movimento - Segantini, Morbelli, Previati, Longoni, Pellizza da Volpedo - negli anni Novanta dell’Ottocento, fino al Futurismo, con le sperimentazioni di artisti come Balla, Boccioni, Russolo, a metà degli anni Venti del XX secolo”, racconta il curatore Niccolò D’Agati. “L’obiettivo è indagare sull’eredità del Divisionismo nella pittura del Novecento italiano. Come suggerisce l’idea di un’altra modernità presente nel titolo, il Divisionismo fu, ben prima del Futurismo, una forma di avanguardia”.
“L’impressione è già evidente nei commenti dei contemporanei”, prosegue D’Agati: “Nel 1904 a Roma si tiene un’esposizione di amatori e cultori a cui partecipa anche Balla, che ovviamente non è ancora un futurista. Un critico parla dei divisionisti romani come alfieri di un’avanguardia alla conquista della Capitale, considerata allora una città piuttosto attardata dal punto di vista artistico”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Che cosa fa dei divisionisti un’avanguardia? In che modo questi pittori rompono con il passato?
“Quando guardiamo un quadro dipinto prima della fine dell’Ottocento ciò che balza all’occhio è il soggetto, solo in seguito ci soffermiamo a osservarne la tecnica. Con i divisionisti per la prima volta la materialità diventa l’essenza della pittura, la tecnica diventa il contenuto dell’opera d’arte. Quello che prima era solo un mezzo, ora è il messaggio. Anche qui sono significativi i commenti dell’epoca: i critici parlano di una pittura ‘ricamata’, fatta di puntini, trattini, conchigliette, margheritine, come se per la prima volta un diaframma si interponesse tra l’occhio e il contenuto del quadro. Con i divisionisti, insomma, si afferma il concetto di opacità della pittura, un’idea inedita che sarà alla base di tutto il Modernismo”.
Come si arriva a un’innovazione così radicale?
“Nel titolo della mostra si parla di Divisionismi al plurale, sottolineando l’idea di un movimento tutt’altro che unitario. Come per gli impressionisti o i puntinisti francesi, non esiste un manifesto del Divisionismo che ne regoli le espressioni: ogni autore porta avanti le proprie ricerche, dando luogo a un fenomeno estremamente complesso, che varia nel tempo e nello spazio oltre che a livello individuale. I libri di storia dell'arte hanno spesso confinato il Divisionismo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando pionieri come Segantini, Pellizza, de Grubicy portano avanti le prime sperimentazioni. In realtà ha una vita molto più lunga, nel corso della quale va incontro a profonde trasformazioni. La fortissima base teorica degli inizi - cioè l’idea di una pittura basata su un procedimento scientifico - gradualmente si ammorbidisce: i pittori che si avvicinano al Divisionismo all’inizio del Novecento lo fanno in modo molto più istintuale, seguendo i valori emotivi del colore. Una libertà che porta a sperimentazioni sempre più audaci, fino agli albori del Futurismo. Molti maestri futuristi - Balla, Boccioni, Russolo - provengono da esperienze divisioniste. Per loro il Divisionismo non è una teoria, ma pura intuizione, pura espressione dei concetti di luce, energia, movimento… Dopo quarant’anni di trasformazioni, il Divisionismo potrà a pieno titolo definirsi il linguaggio dell’avanguardia italiana”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Insomma, senza il Divisionismo il Futurismo non sarebbe esistito?
“Proprio così. L’idea futurista della pittura come espressione delle dissonanze del mondo moderno trova nella libertà del segno e del colore, nell’esasperazione della luce divisionista, l’unico mezzo in grado di realizzarla. Nel tempo il linguaggio dei divisionisti cambia pelle, incarnandosi nel complementarismo congenito futurista. Come affermano i futuristi stessi, il Divisionismo è la base imprescindibile, il sostrato senza il quale la pittura futurista non sarebbe mai esistita. La sua enfasi sulla specificità del linguaggio viene percepita dai futuristi come un elemento di estrema modernità”.
La mostra da Bottegantica è una cavalcata lungo quarant’anni di Divisionismo, alla scoperta delle sue numerose declinazioni. Può portarci qualche esempio?
“Già nella prima fase del Divisionismo i maestri storici come Segantini, Pellizza, de Grubicy sperimentano linguaggi molto diversi tra loro. Negli anni successivi il movimento si espanderà in modo capillare in tutta Italia, dando vita a molte varianti. Il Divisionismo ligure e toscano di Plinio Nomellini, Cornelio Geranzani e Sexto Canegallo, per esempio, presenta esiti di grande decoratività, intesa come armonia nella pennellata, nei colori, nei rapporti tra gli elementi pittorici, mentre il Divisionismo istriano di pittori come Pietro Persicalli risente moltissimo della cultura delle Secessioni di area austriaca. Il Divisionismo romano a sua volta si distingue per il rigore e per l’esaltazione dei valori timbrici in senso decorativo. In mostra abbiamo cercato di offrire un campionario il più possibile esaustivo, soprattutto per quanto riguarda le sperimentazioni portate avanti nei primi due decenni del Novecento. In questa fase il Futurismo è solo uno degli esiti del Divisionismo: altri pittori svilupperanno in modo diverso le intuizioni dei primi maestri, tracciando altre strade per l’avanguardia italiana”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Quali opere consiglia di guardare con particolare attenzione lungo il percorso della mostra?
“Sicuramente un prezioso ritrovamento: un Morbelli del 1890, versione iniziale del celebre dipinto Mi ricordo quand’ero fanciulla: un’opera fondamentale perché tra i primissimi esperimenti divisionisti di Morbelli. E poi due capolavori di Boccioni - il disegno Ritratto della madre del 1907 e un pastello realizzato negli stessi giorni, il Ritratto della sorella Amelia - ma anche Madame Declide di Severini e un bellissimo Carrà del 1909. Oltre ai quadri dei maestri più famosi, la mostra offrirà l’occasione di scoprire artisti molto interessanti ma meno noti. Accanto alle meravigliose Caravelle genovesi di Previati, a un bellissimo Segantini, a due capolavori di Pellizza, troveremo perciò opere di Geranzani, Canegallo, Persicalli, Adriano Baracchini Caputi, Benvenuto Benvenuti, rappresentanti di una generazione di artisti che all’inizio del Novecento interpreta il Divisionismo con approccio fortemente sperimentale”.
Sexto Canegallo, Studio per La nostra luce, 1919-20. Olio su cartone pressato
“Il percorso della mostra si snoda dalle esperienze dei maestri storici del movimento - Segantini, Morbelli, Previati, Longoni, Pellizza da Volpedo - negli anni Novanta dell’Ottocento, fino al Futurismo, con le sperimentazioni di artisti come Balla, Boccioni, Russolo, a metà degli anni Venti del XX secolo”, racconta il curatore Niccolò D’Agati. “L’obiettivo è indagare sull’eredità del Divisionismo nella pittura del Novecento italiano. Come suggerisce l’idea di un’altra modernità presente nel titolo, il Divisionismo fu, ben prima del Futurismo, una forma di avanguardia”.
“L’impressione è già evidente nei commenti dei contemporanei”, prosegue D’Agati: “Nel 1904 a Roma si tiene un’esposizione di amatori e cultori a cui partecipa anche Balla, che ovviamente non è ancora un futurista. Un critico parla dei divisionisti romani come alfieri di un’avanguardia alla conquista della Capitale, considerata allora una città piuttosto attardata dal punto di vista artistico”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Che cosa fa dei divisionisti un’avanguardia? In che modo questi pittori rompono con il passato?
“Quando guardiamo un quadro dipinto prima della fine dell’Ottocento ciò che balza all’occhio è il soggetto, solo in seguito ci soffermiamo a osservarne la tecnica. Con i divisionisti per la prima volta la materialità diventa l’essenza della pittura, la tecnica diventa il contenuto dell’opera d’arte. Quello che prima era solo un mezzo, ora è il messaggio. Anche qui sono significativi i commenti dell’epoca: i critici parlano di una pittura ‘ricamata’, fatta di puntini, trattini, conchigliette, margheritine, come se per la prima volta un diaframma si interponesse tra l’occhio e il contenuto del quadro. Con i divisionisti, insomma, si afferma il concetto di opacità della pittura, un’idea inedita che sarà alla base di tutto il Modernismo”.
Come si arriva a un’innovazione così radicale?
“Nel titolo della mostra si parla di Divisionismi al plurale, sottolineando l’idea di un movimento tutt’altro che unitario. Come per gli impressionisti o i puntinisti francesi, non esiste un manifesto del Divisionismo che ne regoli le espressioni: ogni autore porta avanti le proprie ricerche, dando luogo a un fenomeno estremamente complesso, che varia nel tempo e nello spazio oltre che a livello individuale. I libri di storia dell'arte hanno spesso confinato il Divisionismo nell’ultimo decennio dell’Ottocento, quando pionieri come Segantini, Pellizza, de Grubicy portano avanti le prime sperimentazioni. In realtà ha una vita molto più lunga, nel corso della quale va incontro a profonde trasformazioni. La fortissima base teorica degli inizi - cioè l’idea di una pittura basata su un procedimento scientifico - gradualmente si ammorbidisce: i pittori che si avvicinano al Divisionismo all’inizio del Novecento lo fanno in modo molto più istintuale, seguendo i valori emotivi del colore. Una libertà che porta a sperimentazioni sempre più audaci, fino agli albori del Futurismo. Molti maestri futuristi - Balla, Boccioni, Russolo - provengono da esperienze divisioniste. Per loro il Divisionismo non è una teoria, ma pura intuizione, pura espressione dei concetti di luce, energia, movimento… Dopo quarant’anni di trasformazioni, il Divisionismo potrà a pieno titolo definirsi il linguaggio dell’avanguardia italiana”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Insomma, senza il Divisionismo il Futurismo non sarebbe esistito?
“Proprio così. L’idea futurista della pittura come espressione delle dissonanze del mondo moderno trova nella libertà del segno e del colore, nell’esasperazione della luce divisionista, l’unico mezzo in grado di realizzarla. Nel tempo il linguaggio dei divisionisti cambia pelle, incarnandosi nel complementarismo congenito futurista. Come affermano i futuristi stessi, il Divisionismo è la base imprescindibile, il sostrato senza il quale la pittura futurista non sarebbe mai esistita. La sua enfasi sulla specificità del linguaggio viene percepita dai futuristi come un elemento di estrema modernità”.
La mostra da Bottegantica è una cavalcata lungo quarant’anni di Divisionismo, alla scoperta delle sue numerose declinazioni. Può portarci qualche esempio?
“Già nella prima fase del Divisionismo i maestri storici come Segantini, Pellizza, de Grubicy sperimentano linguaggi molto diversi tra loro. Negli anni successivi il movimento si espanderà in modo capillare in tutta Italia, dando vita a molte varianti. Il Divisionismo ligure e toscano di Plinio Nomellini, Cornelio Geranzani e Sexto Canegallo, per esempio, presenta esiti di grande decoratività, intesa come armonia nella pennellata, nei colori, nei rapporti tra gli elementi pittorici, mentre il Divisionismo istriano di pittori come Pietro Persicalli risente moltissimo della cultura delle Secessioni di area austriaca. Il Divisionismo romano a sua volta si distingue per il rigore e per l’esaltazione dei valori timbrici in senso decorativo. In mostra abbiamo cercato di offrire un campionario il più possibile esaustivo, soprattutto per quanto riguarda le sperimentazioni portate avanti nei primi due decenni del Novecento. In questa fase il Futurismo è solo uno degli esiti del Divisionismo: altri pittori svilupperanno in modo diverso le intuizioni dei primi maestri, tracciando altre strade per l’avanguardia italiana”.
Divisionismi. Un'altra modernità. Milano, Bottegantica I Foto Niccolò D'Agati
Quali opere consiglia di guardare con particolare attenzione lungo il percorso della mostra?
“Sicuramente un prezioso ritrovamento: un Morbelli del 1890, versione iniziale del celebre dipinto Mi ricordo quand’ero fanciulla: un’opera fondamentale perché tra i primissimi esperimenti divisionisti di Morbelli. E poi due capolavori di Boccioni - il disegno Ritratto della madre del 1907 e un pastello realizzato negli stessi giorni, il Ritratto della sorella Amelia - ma anche Madame Declide di Severini e un bellissimo Carrà del 1909. Oltre ai quadri dei maestri più famosi, la mostra offrirà l’occasione di scoprire artisti molto interessanti ma meno noti. Accanto alle meravigliose Caravelle genovesi di Previati, a un bellissimo Segantini, a due capolavori di Pellizza, troveremo perciò opere di Geranzani, Canegallo, Persicalli, Adriano Baracchini Caputi, Benvenuto Benvenuti, rappresentanti di una generazione di artisti che all’inizio del Novecento interpreta il Divisionismo con approccio fortemente sperimentale”.
Sexto Canegallo, Studio per La nostra luce, 1919-20. Olio su cartone pressato
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