Oreficeria e scultura

Cluny
14/11/2001
Tutta l’attività legata alla lavorazione dei metalli preziosi nel medioevo era incentrata in un'unica figura di artigiano che era insieme orefice, gioielliere e smaltatore. La ragione va ricercata nel fatto che i reliquiari e gli strumenti di culto associavano smalti e metalli preziosi e anche i gioielli profani erano prevalentemente costituiti da pietre sbozzate a cabochon che mettevano in risalto le opere di oreficeria quali il bordo di una rilegatura o la parte superiore di un reliquiario.
Numerose e di pregevole fattura anche gli oggetti in rame dorato, metallo che sostituiva l’oro per i committenti meno ricchi o, specie nelle botteghe di Limoges, supporto ideale per le creazioni degli orefici.
Sono pochi gli artisti dei quali viene ricordato il nome, come nel caso di Guillame Julien, uno degli orefici del re Filippo il Bello, e di Roger di Helmarshauen. Per lo più si tratta di nomi desunti dai contratti di committenza o dalla contabilità dei committenti stessi, grazie alla quale sappiamo che uno dei capolavori presenti nel museo, la Rosa d’oro, è opera di Minuccio da Siena.
L’oreficeria medievale è in gran parte caratterizzata dall’aggiunta di smalti, opachi o traslucidi, che avevano la funzione di decorazione degli elementi secondari.
Splendida è l’urna istoriata con storie di San Thomas Becket, l’arcivescovo assassinato mentre celebrava la messa nel 1170, il quale fu tra i martiri più raffigurati nelle famose botteghe di Limoges, poiché la sua tragica fine divenne uno dei principali argomenti di propaganda ecclesiastica contro la dinastia dei Plantageneti.
In Germania l’adorazione popolare prediligeva la figura di Sant’Anna e l'iconografia tradizionale la rappresenta con la Vergine Maria e il Bambino Gesù in grembo, come nella statua di Hans Greiff proveniente da Ingolstadt.
Per quanto riguarda la scultura, salta subito agli occhi la grande varietà di materie prime utilizzate, minerali e vegetali.
Oltre alla pietra, troviamo oggetti intagliati nel marmo, nell’alabastro o nel cristallo e in legni differenti in funzione della loro abbondanza o scarsità nelle eterogenee aree geografiche dell’Europa.
Lo stesso discorso si può fare per alcune materie di derivazione animale, come l’avorio d’elefante o di tricheco. Dal “Libro dei mestieri” della Parigi del XIII secolo sappiamo che quello dello scultore era considerato un mestiere di lusso e la corporazione degli scultori era esentata da alcune tasse che gravavano sui lavoratori.
Lo scultore singolo doveva avere come caratteristica la poliedricità poiché la produzione su larga scala nello stesso materiale era appannaggio delle grandi botteghe organizzate. Un'informazione che si evince dalle sculture in alabastro di Nottingham e dalle realizzazioni di pale d’altare in osso o legno da parte della bottega di Baldassarre Embriachi a Firenze.
Di eccezionale valore è il busto di Santa Mabille proveniente da Siena, perché l’ottimo stato di conservazione permette di apprezzare la policromia, grazie alla quale venivano resi i particolari del volto.
Tra le opere in avorio di assoluto valore è un trittico della fine del XIII secolo, con sportelli mobili che una volta aperti permettono di leggere sei scene della vita di Cristo.
Testimonianza principale della scultura fiamminga è la Pala del Santo Sacramento di Jan di Molder proveniente dall’abbazia di Averbode, con tutta l’iconografia tradizionalmente legata all’eucarestia. La pala è rappresentativa della produzione delle botteghe di Anversa, a conferma della quale vi è il marchio bruciato nel legno dello stemma comunale di Anversa.
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