Il clown della contemporaneità
Spettacolo di clown
01/04/2004
L’artista che ritrae se stesso nelle vesti di clown è il filo conduttore di una bellissima mostra curata da Jean Clair e Didier Ottinger: “La Grande Parade – Portrait de l’artiste en clown”, che si tiene alla Galerie nationales du Grand Palais di Parigi fino al 31 maggio e che successivamente sarà trasferita al Musée des beaux-arts di Ottawa in Canada, cui si deve peraltro l’organizzazione.
Nel periodo preso in considerazione, un lungo arco temporale ai cui estremi troviamo Antoine Watteau e Cindy Sherman, si assiste ad un lento ma netto cambiamento della posizione sociale dell’artista, che non vede più se stesso accanto ai Grandi di questo mondo, ma piuttosto si ritrova estromesso e relegato ad un ruolo marginale, senza voce, spesso costretto ad ingegnarsi per attirare l’attenzione. Proprio come accade a giocolieri, acrobati ed artisti del circo quando per appagare il pubblico impostano il loro spettacolo sul rischio. Questi mutamenti sono evidenti negli autoritratti in mostra, in cui la tradizionale solennità diviene caricatura, derisione di sé e infine raffigurazione dichiaratamente clownesca, dove confluiscono la critica sociale del ruolo dell’artista ed i toni malinconici tipicamente evocati dalla figura del clown.
Ma la mostra, che riunisce quasi duecento opere tra dipinti, sculture, installazioni, disegni e video non si concentra solo sugli autoritratti, si articola in una miriade di riferimenti attorno al tema del circo, intorno al quale il mondo dell’arte si è a lungo interrogato. Forse perché, come dice Jean Clair, andare al circo è un po’ come ritornare alle origini per avventurarsi nel silenzio di un mondo senza parole. Jacques Prévert considerava il famoso clown Grock (che compare nelle foto in mostra di Izis) un metafisico, mentre Alexander Calder si ispirava al circo Medrano per mettere in scena nel suo atelier a Montaparnasse Le Cirque Calder, spettacolo in miniatura presto divenuto una tra le maggiori attrazioni negli ambienti artistici e letterari parigini.
Nel 1926 lo stesso Calder invitò il clown Paul Fratellini ad assistere alla rappresentazione e gli regalò un’opera. Il Cirque Calder è presente in mostra attraverso un video di Carlos Vilarderbò. Se di Picasso sono note le opere giovanili dedicate ai personaggi delle compagnie circensi, la mostra sembra piuttosto mettere in luce il suo specifico interesse per la figura di Arlecchino. Nadar nel 1845 fotografa un Pierrot che sembra a sua volta puntare l’obbiettivo sul pubblico, mentre Toulouse-Lautrec oltre a ritrarre più volte la clownessa Cha-U-Kao, nel 1899 dedica al circo addirittura un album di 40 disegni eseguiti a memoria durante il periodo di internamento in una clinica per salute mentale. Disegni che dimostreranno l’avvenuta guarigione. Christian Boltanski nel 1974 mette in scena attraverso una serie di disegni la vita di un malvagio clown chiamato... Christian Boltanski.
Anche Paul Klee è affascinato dalle sottili linee di equilibrio tracciate dagli acrobati che riproduce in alcuni disegni. Per Francis Picabia invece, raffigurare frontalmente i volti dei clown è la via giusta per coglierne i moti interiori. La mostra riunisce queste e molte altre esperienze di avvicinamento metaforico e letterale al mondo del circo. Il catalogo, edito da Gallimard, oltre ad approfondire esaurientemente questi percorsi artistici, presenta una bibliografia aggiornata sul tema del circo che, unita ai lavori fotografici presenti in mostra, ci consentono di familiarizzare con i personaggi e le storie di questa particolarissima manifestazione della contemporaneità: una Grande Parade chiassosa e senza memoria, destinata a non durare più del tempo di una grassa risata.
La Grande Parade – Portrait de l’artiste en clown
Fino al 31 maggio
Galerie nationales du Grand Palais – Parigi
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