Carlo Valsecchi. San Luis
C-Print, 180 x 230 cm. Collezione privata, Italia
Dal 19 Novembre 2011 al 26 Febbraio 2012
Rovereto | Trento
Luogo: Mart di Rovereto
Indirizzo: Corso Bettini, 43
Orari: mar-dom 10.00-18.00 ven 10.00-21.00.
Curatori: Gabriella Belli
Costo del biglietto: Intero 11 Euro Ridotto: 7 Euro
Telefono per informazioni: .+39 0464 454 154-108
E-Mail info: info@mart.trento.it
Sito ufficiale: http://www.mart.trento.it
Il Mart di Rovereto presenta "Carlo Valsecchi. San Luis", a cura di Gabriella Belli, dal 19 novembre 2011 al 26 febbraio 2012. Il progetto comprende 36 grandi opere fotografiche realizzate tra il 2007 e il 2008 in alcuni dei luoghi più sperduti dell’Argentina.
Carlo Valsecchi (Brescia 1965), tra i maggiori fotografi italiani, ha concepito questa serie come “una sorta di Land Art”: gli scatti fotografici veri e propri sono stati il punto di arrivo di un intenso lavoro di ricerca e analisi sui segni, tracce, spostamenti minimi generati dal passaggio umano e animale in un territorio sconfinato. In "San Luis" si vedono campi arati, oppure spazi aperti mai toccati da mano umana; rettilinei stradali, o lunghissimi canali di irrigazione. In tutti questi casi Valsecchi mostra di voler indagare il rapporto tra spazio mentale e spazio fisico. Un tema, questo, centrale nella ricerca dell’artista, anche in lavori che hanno per soggetto scenari di tipo industriale e architettonico/urbano.
Nel caso di San Luis, la relazione tra ciò che esiste e ciò che si conosce rispetto alla realtà diviene estremamente articolata: il tipo di estensione a cui queste immagini si riferiscono, infatti, per un occidentale è quasi impossibile da decodificare. Ad esempio nella monumentale “# 0507 San Luis” (2007), larga un metro e mezzo e lunga ben sedici metri e mezzo, un paesaggio sterminato è sormontato da una striscia azzurra. Per un europeo, una visione di questo tipo suggerisce la lontananza del mare. A San Luis, tuttavia, il mare è talmente lontano da essere radicalmente assente. L’azzurro è in realtà un effetto ottico generato da altre terre all’orizzonte che l’occhio non riesce a risolvere.
“La questione – sintetizza Walter Guadagnini nel testo in catalogo (Silvana Editoriale) – è quanto vedere, sino a che punto il vedere può essere spinto prima di trasformarsi nel contrario da sé, nella pura invisibilità”.
Una specie di corpo a corpo con l’idea stessa del limite, del confine quindi, descritta sempre in catalogo da Tobia Bezzola come “la vertigo dell’orizzontalità”. Il riferimento è alla celeberrima scena hitchcockiana di “Intrigo Internazionale” (in originale “North by Northwest”), in cui Cary Grant viene inseguito da un aereo in un campo che sembra precipitare in orizzontale.
“L’incontro con la vertigo dell’orizzontalità – spiega Valsecchi – è di una forza inaudita, lascia senza respiro. Devi dimenticarti di essere un abitante del vecchio mondo e farti avvolgere dagli spazi della natura. Di fronte alla natura noi uomini dimostriamo spesso una “transitoria arroganza” attraverso la quale diveniamo non-vedenti. Riuscire ad immaginare una relazione con la Natura primordiale di questi luoghi, per il sottoscritto è stato assai complesso, ma allo stesso tempo un desiderio insopprimibile”
Le fotografie di Valsecchi testimoniano quindi anche un tentativo di immaginare la natura senza l’uomo. A questo proposito nel suo testo Bezzola cita Joseph Brodsky e scrive “la vita senza di noi è concepibile. Giusto, ma è immaginabile?”
Carlo Valsecchi
Carlo Valsecchi nasce a Brescia il 30 gennaio 1965. Vive e lavora a Milano.
Dai primi anni Novanta ad oggi, ha compiuto campagne di documentazione e di screening dei luoghi della produzione, sfociate in mostre personali e collettive in Italia e all'estero, in spazi privati e pubblici.
Tra le prime, ricordiamo le personali all’Istituto Italiano di Cultura di New York nel 1999, alla Fondazione Guggenheim di Venezia nel 2000, alla Galerie 213 di Parigi nel 2001 e nel 2003, allo Studio Casoli di Milano nel 2001, da Guido Costa Projects di Torino nel 2003 e nel 2006, alla GAMeC di Bergamo nel 2003 e alla Fondazione Rosselli di Torino nel 2005. Del 2006 è il suo progetto sull’industria siderurgica, culminato in una grande mostra alla Triennale di Milano. Nel 2009 ha allestito la mostra Lumen al Musée de l’Elysèe di Losanna e alla Kellerkunst Gallery di Zurigo. Nel 2011, da segnalare “Lumen” alla Galleria Carla Sozzani di Milano, con il Musèe de l’Elysée – Losanna.
Tra le collettive è da menzionare la sua partecipazione alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1992, alla Triennale di Milano nel 1996, alla Semaines européennes de l’image - Le bàti, le vivant alla Chapelle du Rham di Luxembourg nel 2002, a Il fantasma della libertà, la sparizione dell’immagine nella fotografia italiana allo Spazio Erasmus di Milano nel 2002, Past, Present, Future alla Bank Austria Kunstforum di Vienna nel 2009 e al Palazzo della Ragione di Verona nel 2010. Nel 2011, Valsecchi è stato invitato da Norman Foster a partecipare al Padiglione Italia della Biennale di Venezia.
Numerosi i suoi libri e gli interventi critici sul suo lavoro: Tector - The architecture of an engine built for reliability, testi di Guido Costa, IVECO,Torino, 2000; Porto Vado, testi di Guido Costa, GF Group, Albenga, 2002; # 0148 Dalmine, testi di Giacinto di Pietrantonio, Skira, Milano, 2003; 2797°F, testi di Marco Meneguzzo e Javier Barreiro Cavestany, 5 Continents, Milano, 2006; Frutta e Verdura, testi di Luca Massimo Barbero e Giuseppe Barbera, 5 Continents, Milano, 2008 e Lumen, testi di Nathalie Herschdorfer e Hatje Cantz, Ostfildern (Germany), 2009.
Ultima pubblicazione in ordine di tempo è il libro “Carlo Valsecchi Fotografie. Architetture Caruso e Torricella.”, da poco uscito per Electa.
Sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche sia in Italia, che all'estero.
Carlo Valsecchi vive e lavora a Milano.
Carlo Valsecchi (Brescia 1965), tra i maggiori fotografi italiani, ha concepito questa serie come “una sorta di Land Art”: gli scatti fotografici veri e propri sono stati il punto di arrivo di un intenso lavoro di ricerca e analisi sui segni, tracce, spostamenti minimi generati dal passaggio umano e animale in un territorio sconfinato. In "San Luis" si vedono campi arati, oppure spazi aperti mai toccati da mano umana; rettilinei stradali, o lunghissimi canali di irrigazione. In tutti questi casi Valsecchi mostra di voler indagare il rapporto tra spazio mentale e spazio fisico. Un tema, questo, centrale nella ricerca dell’artista, anche in lavori che hanno per soggetto scenari di tipo industriale e architettonico/urbano.
Nel caso di San Luis, la relazione tra ciò che esiste e ciò che si conosce rispetto alla realtà diviene estremamente articolata: il tipo di estensione a cui queste immagini si riferiscono, infatti, per un occidentale è quasi impossibile da decodificare. Ad esempio nella monumentale “# 0507 San Luis” (2007), larga un metro e mezzo e lunga ben sedici metri e mezzo, un paesaggio sterminato è sormontato da una striscia azzurra. Per un europeo, una visione di questo tipo suggerisce la lontananza del mare. A San Luis, tuttavia, il mare è talmente lontano da essere radicalmente assente. L’azzurro è in realtà un effetto ottico generato da altre terre all’orizzonte che l’occhio non riesce a risolvere.
“La questione – sintetizza Walter Guadagnini nel testo in catalogo (Silvana Editoriale) – è quanto vedere, sino a che punto il vedere può essere spinto prima di trasformarsi nel contrario da sé, nella pura invisibilità”.
Una specie di corpo a corpo con l’idea stessa del limite, del confine quindi, descritta sempre in catalogo da Tobia Bezzola come “la vertigo dell’orizzontalità”. Il riferimento è alla celeberrima scena hitchcockiana di “Intrigo Internazionale” (in originale “North by Northwest”), in cui Cary Grant viene inseguito da un aereo in un campo che sembra precipitare in orizzontale.
“L’incontro con la vertigo dell’orizzontalità – spiega Valsecchi – è di una forza inaudita, lascia senza respiro. Devi dimenticarti di essere un abitante del vecchio mondo e farti avvolgere dagli spazi della natura. Di fronte alla natura noi uomini dimostriamo spesso una “transitoria arroganza” attraverso la quale diveniamo non-vedenti. Riuscire ad immaginare una relazione con la Natura primordiale di questi luoghi, per il sottoscritto è stato assai complesso, ma allo stesso tempo un desiderio insopprimibile”
Le fotografie di Valsecchi testimoniano quindi anche un tentativo di immaginare la natura senza l’uomo. A questo proposito nel suo testo Bezzola cita Joseph Brodsky e scrive “la vita senza di noi è concepibile. Giusto, ma è immaginabile?”
Carlo Valsecchi
Carlo Valsecchi nasce a Brescia il 30 gennaio 1965. Vive e lavora a Milano.
Dai primi anni Novanta ad oggi, ha compiuto campagne di documentazione e di screening dei luoghi della produzione, sfociate in mostre personali e collettive in Italia e all'estero, in spazi privati e pubblici.
Tra le prime, ricordiamo le personali all’Istituto Italiano di Cultura di New York nel 1999, alla Fondazione Guggenheim di Venezia nel 2000, alla Galerie 213 di Parigi nel 2001 e nel 2003, allo Studio Casoli di Milano nel 2001, da Guido Costa Projects di Torino nel 2003 e nel 2006, alla GAMeC di Bergamo nel 2003 e alla Fondazione Rosselli di Torino nel 2005. Del 2006 è il suo progetto sull’industria siderurgica, culminato in una grande mostra alla Triennale di Milano. Nel 2009 ha allestito la mostra Lumen al Musée de l’Elysèe di Losanna e alla Kellerkunst Gallery di Zurigo. Nel 2011, da segnalare “Lumen” alla Galleria Carla Sozzani di Milano, con il Musèe de l’Elysée – Losanna.
Tra le collettive è da menzionare la sua partecipazione alla Biennale di Architettura di Venezia nel 1992, alla Triennale di Milano nel 1996, alla Semaines européennes de l’image - Le bàti, le vivant alla Chapelle du Rham di Luxembourg nel 2002, a Il fantasma della libertà, la sparizione dell’immagine nella fotografia italiana allo Spazio Erasmus di Milano nel 2002, Past, Present, Future alla Bank Austria Kunstforum di Vienna nel 2009 e al Palazzo della Ragione di Verona nel 2010. Nel 2011, Valsecchi è stato invitato da Norman Foster a partecipare al Padiglione Italia della Biennale di Venezia.
Numerosi i suoi libri e gli interventi critici sul suo lavoro: Tector - The architecture of an engine built for reliability, testi di Guido Costa, IVECO,Torino, 2000; Porto Vado, testi di Guido Costa, GF Group, Albenga, 2002; # 0148 Dalmine, testi di Giacinto di Pietrantonio, Skira, Milano, 2003; 2797°F, testi di Marco Meneguzzo e Javier Barreiro Cavestany, 5 Continents, Milano, 2006; Frutta e Verdura, testi di Luca Massimo Barbero e Giuseppe Barbera, 5 Continents, Milano, 2008 e Lumen, testi di Nathalie Herschdorfer e Hatje Cantz, Ostfildern (Germany), 2009.
Ultima pubblicazione in ordine di tempo è il libro “Carlo Valsecchi Fotografie. Architetture Caruso e Torricella.”, da poco uscito per Electa.
Sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche sia in Italia, che all'estero.
Carlo Valsecchi vive e lavora a Milano.
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