Giulio Crisanti. Correva l’anno 1978
Dal 26 Settembre 2020 al 08 Ottobre 2020
Mantova
Luogo: Galleria Arianna Sartori
Indirizzo: via Ippolito Nievo 10
Orari: dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso festivi
Curatori: Carlo Catiri
La Galleria Arianna Sartori di Mantova, nella sala di via Ippolito Nievo 10, presenterà la mostra personale dell’artista Giulio Crisanti “Correva l’anno 1978”, curata da Carlo Catiri, dal 26 settembre all’ 8 ottobre.
L’inaugurazione si terrà sabato 26 settembre alle ore 17.30, alla presenza dell’artista.
Giulio Crisanti ha già esposto alla Galleria Arianna Sartori nel 2013 con la personale “Percorsi della creazione” che aveva suscitato interesse di pubblico e critica.
…correva l’anno
“La storia più recente del nostro Paese è costellata di fatti tragici che hanno segnato la nostra coscienza civile e il nostro senso dello Stato. Ci sono momenti in cui la vita sociale viene messa a dura prova, così come il nostro atteggiamento di fiducia nei confronti delle istituzioni democratiche.
Apparentemente e contemporaneamente invece, la sicurezza nel progresso del vivere civile e il diffuso benessere economico, dopo i disastri della guerra, avevano fino a quel momento consolidato nella gente un senso di sicurezza e di positività nel vivere quotidiano, senza confronti rispetto alla storia dei decenni precedenti.
Questa situazione di rinascita e di ricostruzione venne bruscamente recisa con l’uccisione a Roma dello statista Aldo Moro da parte delle Brigate rosse.
Correva l’anno 1978.
Giulio Crisanti, nel pieno della sua maturità creativa e al culmine della sua ricerca artistica iniziata negli anni Sessanta, inaugurava in quei giorni a Frascati presso il Centro Arte Altair una importante mostra monografica, curata dal critico Vito Riviello, che segnava un punto fermo del suo percorso pittorico.
Sicuramente anche Giulio, in quei tristi giorni, sentiva che qualcosa in Italia stava cambiando e ogni recupero della vita precedente sarebbe risultato impossibile.
Si delineava così un momento molto drammatico ed emotivamente di non ritorno.
Oltretutto poco dopo, nel 1980 l’Artista si trasferirà in Brianza e questo avvenimento segnerà per lui una cesura che avrà anche importanti conseguenze nella sua produzione artistica.
Eppure, come talvolta curiosamente avviene, la memoria restituisce frammenti del nostro passato che riemergono allo stato di coscienza improvvisi ed inaspettati.
Dopo quarant’anni Crisanti rivede casualmente quelle opere degli anni Settanta che aveva depositato nella sua casa in Abruzzo, terremotata dal 2016, le sente vicine a sé, ancora coerenti con la sua vita odierna, più di quanto si sarebbe mai aspettato. Da qui la voglia di toccarle, restaurarle e restituirgli quella vita che sembrava definitivamente interrotta e perduta.
Stilisticamente notevole e filologicamente corretto questo suo desiderio di attualizzare il passato e ridare senso e valore ad un ciclo omogeneo di opere, che l’Artista vorrebbe ora collegare con le tematiche delle sue ultime scelte pittoriche.
Ritrovare un filo conduttore nel proprio lavoro è importante.
L’esperienza è nella vita di un artista come il tessuto connettivo che ne costituisce la continuità creativa; la stessa manifesta la densità e lo spessore della ricerca che ne contraddistingue l’essenza e il divenire.
Da queste premesse nasce così un progetto che ripropone alla nostra vista quelle opere sopra citate, nella città di Mantova presso la Galleria Arianna Sartori che le ospiterà.
Una mostra che permetterà all’Artista di realizzare quanto detto e concretizzare appunto quella continuità espressiva, quel ritornare sui propri passi e, attraverso un percorso circolare, ricucire con il presente un’esperienza passata e da tempo abbandonata.
Così scriveva il critico Vito Riviello nel catalogo della mostra del 1978 a proposito delle opere dell’Artista “Quello che affascina in Lui è il pudore con cui cerca il contatto, ma anche il rigore col quale vuole stabilirlo… preferisce le pause, le visibili interruzioni, i bui sofferti… che servono ad ampliare le intenzioni più che le sensazioni.”
Oggi rileggendo quelle parole e guardando le opere dell’ultimo progetto artistico di Crisanti sullo sciagurato crollo del ponte Morandi di Genova avvenuto nell’estate del 2018 – sono passati quarant’anni – ritroviamo in queste, così come allora, lo stesso rigore compositivo, le stesse pause narrative, le stesse fratture grafiche e le stesse buie sofferenze che servono ad ampliare ed a rafforzare l’intenzione di denuncia del fatto funesto presentato.
Vediamo ora di determinare le radici stilistiche di Giulio Crisanti e di identificare quegli artisti che ne hanno segnato la formazione. Per fare questo dobbiamo calarci nell’ambiente accademico italiano dei primi anni del dopoguerra e contemporaneamente analizzare le aspettative ed i fermenti più innovativi degli artisti di quel periodo.
Volendo semplificare, negli anni Cinquanta in Italia ritroviamo due schieramenti culturali contrapposti, che vedevano da una parte gli artisti del socialismo realista, legati alla sinistra militante e dall’altra un gruppo più eterogeneo di autori, meno politicamente allineati, che guardavano soprattutto alle sperimentazioni segniche ed informali dell’Espressionismo Astratto americano. Opere queste, che negli anni Cinquanta e Sessanta cominciavano a circolare anche da noi. Nascevano così anche in Italia diversi movimenti legati all’Astrattismo Informale che si muovevano all’interno dell’Arte Materica, dell’Arte Segnica e dello Spazialismo. Ed è proprio in questo dibattito critico molto acceso e vivace che sicuramente il giovane Giulio si è formato.
Artisti come Hartung, Pollock, Scanavino, Moreni e Celiberti sono stati inizialmente dei sicuri punti di riferimento. Ancora più alla radice del suo linguaggio sono le avanguardie artistiche del primo Novecento nelle figure di Klee e di Kandinskij.
Penso inoltre che in particolare, e molto più da vicino, ha guardato al lavoro di Emilio Vedova e a quelle sue composizioni cariche di energia vitale che nel loro insieme sono percorse da linee aspre e taglienti. Un certo modo di campire per decise pennellate oblique, caratterizzate da neri profondi e alternate da squarci compositivi segnicamente definiti.
Però mentre in Vedova il segno è istintivo, materico e quasi automatico nel suo farsi, le opere di Crisanti invece sono più progettate e razionali; nonostante i colori spesso acidi, il segno lascia intravvedere degli oggetti, talvolta figure, e sempre rende visibile e palese una rappresentazione geometrica e sintetica della realtà.
Nelle sue composizioni l’Artista cerca sempre un equilibrio tra ispirazione e rappresentazione, emozione cromatica e razionalità della linea, visione e organicità delle forme. Elementi questi che entrano in dialogo in modo serrato tra loro, formando un tessuto espressivo molto intenso.
Il suo operare, talvolta frenetico e istintivo rallenta improvvisamente nello studio delle forme che evidenziano sempre una lontana matrice realistica.
Scomposizione e ricomposizione della forma sono il “modus operandi” che permette all’Artista ogni volta di riplasmare il reale a seconda della sua visione creativa ed in relazione agli obiettivi di comunicazione che si prefigge di ottenere.
Da notare anche la libertà di pensiero e l’impegno sociale che lo caratterizza e che traspare dalle tematiche e dai soggetti delle sue opere. Crisanti è sempre attento alla storia dell’uomo ed in particolare alle vicende che lo hanno colpito più da vicino.
I bombardamenti delle città, il fuoco, le distruzioni, la morte, le tragedie ambientali, l’aggressività dello sfruttamento urbanistico e le negligenze della politica.
Artista colto e, artisticamente aggiornato, dimostra grande sensibilità per l’arte del passato ed è attento alla sua storicizzazione nel contemporaneo.
Negli anni ha dimostrato di possedere un linguaggio originale e sofisticato che tiene conto delle diverse tendenze che hanno caratterizzato il mondo dell’arte nella sua evoluzione e che ha interpretato e filtrato attraverso una propria personalissima visione.
Un’altra caratteristica importante dell’Artista è la sperimentazione tecnica che spazia con grande versatilità dalla scultura alla pittura ad olio, dal polimaterico ai collages, dall’acrilico agli smalti, utilizzando inoltre supporti diversi come la tela, il legno, i materiali plastici e il cartone.
Come detto precedentemente, in questa mostra mantovana presso la Galleria Arianna Sartori sono presenti una trentina di opere dell’artista tra cui “Vorrei vedere il cielo” del 1978 che ben identifica il tema della mostra: la dimensione del vivere umano.
Il quadro è sentito come spazio rappresentativo della nostra esistenza, dove intrecci lineari carichi di energia vitale, ampie profondità cromatiche, gesti rapidi e segni incisivi, sono gli elementi identificativi che lo costituiscono.
Appare allora chiaro come l’Artista attraverso le sue opere cerchi un dialogo serrato con il suo pubblico. Il terreno su cui si muove e si confronta sono i grandi ideali sociali che sempre animano la sua coscienza e la città, ambiente umano per eccellenza, diventa così il suo terreno di scontro.
A questo riguardo Crisanti afferma “La città come contenitore di dolore e incomprensione, come alveare di aspettative effimere ed irreali… la città come proiezione di allucinazione collettiva in cui l’individuo assume il ruolo di elemento passivo… la città è per me quel complesso di situazioni e di espressioni che costituiscono, ed in cui si agitano, i gruppi sociali”.
In questa dimensione umana ritroviamo lo spirito più autentico dell’Artista che attraverso linee, segni e colori rappresenta il suo universo poetico che sempre si rinnova e sempre ritorna”.
Carlo Catiri
GIULIO CRISANTI
Nasce a Frascati (Roma) nel 1932. Vive e lavora nella Brianza lecchese dal 1981. Completa gli studi superiori con un diploma di Perito Industriale quindi rivolge la sua attenzione al'arte frequentando la Libera Accademia d’Arte Romana seguito dagli artisti Oreste Dorbes, Gino Cilio, Coriolano Campitelli, Lorenzo Guerrini, Gino Bogoni. Nel pieno della sua ricerca artistica iniziata negli anni Sessanta vediamo di determinare le radici stilistiche di Giulio Crisanti e di identificare quegli artisti che ne hanno segnato la formazione e contemporaneamente analizzare le aspettative ed i fermenti più innovativi di quel periodo. Alla radice del suo creare sono le avanguardie artistiche del primo Novecento ma poi artisti come Hartung, Pollock, Scanavino, Moreni e Celiberti sono stati dei validi punti di riferimento senza dimenticare l’incontro a Biel/Bienne nel 1971, durante la sua mostra personale alla Galerie Lydie Ray, con Joan Mirò che lo invita all’ XI Premi de Dibuix di Barcellona del 1972; di sicuro, più da vicino, ha guardato al lavoro di Emilio Vedova e a quelle composizioni cariche di energia vitale e nel loro insieme percorse da linee aspre e taglienti. Mentre però in Vedova il segno è istintivo, materico e quasi automatico nel suo farsi, le opere di Crisanti invece sono più progettate e razionali: nonostante i colori spesso acidi, il segno lascia intravvedere degli oggetti, talvolta figure e sempre rende visibile e palese una rappresentazione geometrica e sintetica della realtà. Nelle sue composizioni l’artista cerca sempre un equilibrio tra ispirazione e rappresentazione, emozione cromatica e razionalità della linea, visione e organicità delle forme. Da notare anche la libertà di pensiero e l’impegno sociale che lo caratterizza e che traspare dalle tematiche e dai soggetti delle sue opere. Crisanti è sempre attento alla storia dell’uomo ed in particolare alle vicende che lo hanno colpito più da vicino. Artista colto e artisticamente aggiornato dimostra grande sensibilità per l'arte del passato e attento alla sua storicizzazione nel contemporaneo.
Nei suoi sessanta anni di attività, divisi tra Lazio e Lombardia ha partecipato a innumerevoli mostre collettive, a rassegne ufficiali e premi nazionali ed europei vincendone alcuni; ha presentato sculture, dipinti e vetrate artistiche per bandi promossi dallo stato e dalla CEI.
Sue opere sono in collezioni e musei pubblici e privati, tra queste la Telecom Italia, il Museo della Permanente di Milano, i MAC di Cliveland - Ohio, la raccolta Lydie Ray di Disney.
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