Per la prima volta un’artista franco-algerina alla guida del padiglione nazionale
"I sogni non hanno titolo". Il Padiglione Francese di Zineb Sedira alla Biennale
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Francesca Grego
21/02/2022
Venezia - Attinge all’immaginario del cinema per parlare di temi universali il progetto di Zineb Sedira, prima artista franco-algerina a rappresentare la Francia alla Biennale d’Arte di Venezia. In bilico tra realtà e finzione, l’installazione cinematografica Les rêves n’ont pas de titre / Dreams have no title darà forma al Padiglione Francese inglobando la storica architettura dei Giardini in un microcosmo pregno di ricordi e domande lanciate verso il futuro. Memorie autobiografiche e scene di film iconici sono pronti a mescolarsi intrecciando la dimensione personale dell’artista al vissuto collettivo, in un’opera improntata ai valori di un moderno umanesimo che tocca temi come la lotta contro le discriminazioni e il razzismo, la decolonizzazione, la solidarietà, la libertà, l’identità, la famiglia.
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Da sempre impegnata a riflettere sulla ricchezza e sulle difficoltà degli incroci culturali che hanno segnato la sua vita, a Venezia Sedira riapre una pagina di storia del cinema sconosciuta al grande pubblico. Siamo negli anni Sessanta e Settanta del Novecento e la giovanissima Repubblica d’Algeria è un vivace laboratorio della settima arte: registi e creativi europei collaborano con i colleghi nordafricani in un clima di scambio e sperimentazione, tra spaghetti western, produzioni storiche, documentari e film impegnati o di attualità. Nasceranno così lungometraggi come Z di Costa-Gavras, Tre pistole contro Cesare di Enzo Peri, Elise, or Real Life di Michel Drach, Les passagers di Annie Tresgo, Les Ramparts d’argile di Jean-Louis Bertucelli, Ballando ballando di Ettore Scola. Ma Zineb è affascinata da un titolo in particolare: si tratta di Les Mains libres o Tronc de figueir (Le mani libere o Tronco di fico) del 1964, il primo documentario algerino girato dopo l’indipendenza, in cui il regista e attivista italiano Ennio Lorenzin racconta la vita di un paese che ha conquistato la libertà da appena due anni.
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Per Sedira, che ha trascorso l’infanzia nel sobborgo parigino di Gennevilliers frequentando il cinema Jean-Vigo e si è poi trasferita in Inghilterra, dove vive tuttora, il film è il punto di partenza per un viaggio tra Storia e storie, che a 60 anni esatti dall’indipendenza dell’Algeria dà voce a domande ancora aperte: chi ha diritto di raccontare il passato in un contesto post-coloniale? Quali strascichi ha lasciato il colonialismo in Algeria, in Francia e nelle vite di milioni di persone che, in modi diversi, sono state coinvolte? Qual è oggi l’eredità degli anni delle lotte? Come è cambiata e come cambierà ancora la vita di chi vive tra più culture?
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Come nella sua celebre installazione Mother Tongue del 2002, l’avventura artistica e personale di Sedira è l’immagine di una mappa in mutazione che abbraccia l’Africa e l’Europa. “Le storie raccontate da Zineb sono le sue, quelle della sua famiglia, della Francia, dell’Algeria - il paese dei suoi genitori - e della decolonizzazione, mentre si interroga su fenomeni come le migrazioni, le discriminazioni, il razzismo”, spiega Eva Nguyen Binh, presidente dell’institut Français: “Ma, al di là di tutto questo, Zineb mostra solidarietà, libertà, orgoglio e speranza. E un umorismo discreto, un piccolo tocco di luce”.
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
“Il progetto di Zineb Sedira per il Padiglione Francese ha il battito del nostro tempo”, aggiungono i curatori Yasmina Reggad, Sam Bardaouil e Till Fellrath: “Ripercorrendo un’epoca di coproduzioni cinematografiche feconde tra Algeri, la Francia e l’Italia, Zineb sottolinea l’influenza di un certo cinema degli anni Sessanta sul desiderio di emancipazione presente in molti progetti postcoloniali. Al centro della mostra, una magistrale alternanza tra realtà e finzione fa sì che gli elementi personali della biografia dell’artista si mescolino con le scene dei film emblematici di quel periodo. Da questo insieme di scene cinematografiche, fotografie, suoni, sculture e collage, emerge uno scenario immersivo che, partendo da un passato che non è poi così lontano, si adopera per decostruire le politiche contestate del presente”.
Portrait of Zineb Sedira © Thierry Bal e Zineb Sedira
“I sogni non hanno titolo - conclude Eva Nguyen Binh - è un’opera che ci parla del mondo, e ognuno di noi può riconoscervi parti della propria esperienza. Zineb Sedira indaga il nostro tempo, le sue contraddizioni e le sue lotte. Sebbene sia affascinata dagli anni Sessanta, è un'artista decisamente contemporanea, che presenta l’immagine di una Francia aperta, al lavoro per un umanesimo fondato sulla condivisione, sul pluralismo e sulla diversità”.
Il Padiglione Francese ai Giardini della Biennale © DR
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Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Da sempre impegnata a riflettere sulla ricchezza e sulle difficoltà degli incroci culturali che hanno segnato la sua vita, a Venezia Sedira riapre una pagina di storia del cinema sconosciuta al grande pubblico. Siamo negli anni Sessanta e Settanta del Novecento e la giovanissima Repubblica d’Algeria è un vivace laboratorio della settima arte: registi e creativi europei collaborano con i colleghi nordafricani in un clima di scambio e sperimentazione, tra spaghetti western, produzioni storiche, documentari e film impegnati o di attualità. Nasceranno così lungometraggi come Z di Costa-Gavras, Tre pistole contro Cesare di Enzo Peri, Elise, or Real Life di Michel Drach, Les passagers di Annie Tresgo, Les Ramparts d’argile di Jean-Louis Bertucelli, Ballando ballando di Ettore Scola. Ma Zineb è affascinata da un titolo in particolare: si tratta di Les Mains libres o Tronc de figueir (Le mani libere o Tronco di fico) del 1964, il primo documentario algerino girato dopo l’indipendenza, in cui il regista e attivista italiano Ennio Lorenzin racconta la vita di un paese che ha conquistato la libertà da appena due anni.
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Per Sedira, che ha trascorso l’infanzia nel sobborgo parigino di Gennevilliers frequentando il cinema Jean-Vigo e si è poi trasferita in Inghilterra, dove vive tuttora, il film è il punto di partenza per un viaggio tra Storia e storie, che a 60 anni esatti dall’indipendenza dell’Algeria dà voce a domande ancora aperte: chi ha diritto di raccontare il passato in un contesto post-coloniale? Quali strascichi ha lasciato il colonialismo in Algeria, in Francia e nelle vite di milioni di persone che, in modi diversi, sono state coinvolte? Qual è oggi l’eredità degli anni delle lotte? Come è cambiata e come cambierà ancora la vita di chi vive tra più culture?
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
Come nella sua celebre installazione Mother Tongue del 2002, l’avventura artistica e personale di Sedira è l’immagine di una mappa in mutazione che abbraccia l’Africa e l’Europa. “Le storie raccontate da Zineb sono le sue, quelle della sua famiglia, della Francia, dell’Algeria - il paese dei suoi genitori - e della decolonizzazione, mentre si interroga su fenomeni come le migrazioni, le discriminazioni, il razzismo”, spiega Eva Nguyen Binh, presidente dell’institut Français: “Ma, al di là di tutto questo, Zineb mostra solidarietà, libertà, orgoglio e speranza. E un umorismo discreto, un piccolo tocco di luce”.
Zineb Sedira, Les reves n'ont pas de titre © Thierry Bal e Zineb Sedira
“Il progetto di Zineb Sedira per il Padiglione Francese ha il battito del nostro tempo”, aggiungono i curatori Yasmina Reggad, Sam Bardaouil e Till Fellrath: “Ripercorrendo un’epoca di coproduzioni cinematografiche feconde tra Algeri, la Francia e l’Italia, Zineb sottolinea l’influenza di un certo cinema degli anni Sessanta sul desiderio di emancipazione presente in molti progetti postcoloniali. Al centro della mostra, una magistrale alternanza tra realtà e finzione fa sì che gli elementi personali della biografia dell’artista si mescolino con le scene dei film emblematici di quel periodo. Da questo insieme di scene cinematografiche, fotografie, suoni, sculture e collage, emerge uno scenario immersivo che, partendo da un passato che non è poi così lontano, si adopera per decostruire le politiche contestate del presente”.
Portrait of Zineb Sedira © Thierry Bal e Zineb Sedira
“I sogni non hanno titolo - conclude Eva Nguyen Binh - è un’opera che ci parla del mondo, e ognuno di noi può riconoscervi parti della propria esperienza. Zineb Sedira indaga il nostro tempo, le sue contraddizioni e le sue lotte. Sebbene sia affascinata dagli anni Sessanta, è un'artista decisamente contemporanea, che presenta l’immagine di una Francia aperta, al lavoro per un umanesimo fondato sulla condivisione, sul pluralismo e sulla diversità”.
Il Padiglione Francese ai Giardini della Biennale © DR
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