Sid Avery. Hollywood Snapshot
Dal 13 Febbraio 2015 al 01 Marzo 2015
Bologna
Luogo: Ono Arte Contemporanea
Indirizzo: via S. Margherita 10
Orari: mar-mer 10-13 / 15-19.30; gio-ven 10-13 / 15-21.30; sab 10-21.30; dom 16-21
Enti promotori:
- Comune di Bologna
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 051 262465
E-Mail info: vittoria@onoarte.com
Sito ufficiale: http://www.onoarte.com
ONO arte contemporanea presenta Hollywood Snapshot. Sid Avery Photographs personale di Sid Avery (1918 – 2002), il fotografo americano che negli anni ‘50 ci ha restituito il ritratto più intimo dei divi hollywoodiani. Sessant’anni fa, nel 1955 moriva James Dean, il bello e dannato di Hollywood, vero e proprio simbolo di quella Gioventù Bruciata che aveva incarnato nel film omonimo uscito nelle sale proprio in quello stesso anno.
E a immortalare il mito, era presente Sid Avery, fotografo statunitense che seppe fare della snapshot il suo marchio di fabbrica, realizzando alcuni degli scatti più iconici dei più grandi divi hollywoodiani del dopoguerra. Audrey Hepburn, Marlon Brando, Paul Newman, Elizabeth Taylor o Frank Sinatra, tutti vengono ritratti con la stessa intensità, a metà strada tra lo scatto rubato e la foto posata, caratteristica che da sempre è stata peculiare di Avery, tanto che può essere considerato un pioniere dell’istantanea nel patinato mondo di Hollywood, introducendo uno stile “candid” inusuale per il ritratto divistico. Facendo incursione nella vita ordinaria e privata delle star, ne mostra il lato più intimo, quello che normalmente rimaneva nascosto dietro alle luci dei riflettori. Negli anni Cinquanta infatti, la ritrattistica più patinata e tradizionale non ha più l’appeal di un tempo e Avery sa cogliere in pieno questa inversione di rotta: nelle sue immagini, lo iato tra persona e personaggio che fino a qualche anno prima era stato enfatizzato da suoi colleghi come George Hurrell e Laszlo Willinger, lascia il posto ad un clima quasi familiare che pone l’accento sull’umanità dei divi ritratti e non più sul loro essere “dei” da adorare.
Nonostante questo Hollywood è sempre Hollywood, una fabbrica di sogni che possiede nel suo DNA quell’idealizzazione e quella tensione verso un mondo da favola perfetto che faceva però parte di quella stessa cultura, fatta di «normalità fuori dal comune», di quello stesso mito che Avery ha contribuito a costruire: “[Avery’s] photo shoots ... did their part to create a Hollywood star mythology suitable for the family-friendly Eisenhower era”. E questa costruzione del mito è stata resa possibile anche e soprattutto dall’intimità stessa che legava Avery alle star di Hollywood, con le quali aveva rapporti veri e propri di stima e di amicizia, che gli permettevano quel punto di vista privilegiato, dall’interno, che ci ha restituito poi nei nelle sue, davvero innumerevoli, immagini. Sono infatti oltre 350.000 quelle realizzate tra il 1946 al 1961, poi comparse nei più popolari magazine dell’epoca, come Look, Life, Saturday Evening Post, Silver Screen e Colliers. Alla fine della sua carriera fonda “Hollywood Photographer's Archive (HPA)” oggi MPTV dai cui archivi queste immagini provengono, con l'intento di preservare il lavoro dei primi fotografi professionisti di Hollywood. Una collezione dei suoi lavori è stata raccolta nel libro Hollywood at Home: A Family Album 1950-1965 (Crown, 1990), dove i divi vengono catturati nella loro quotidianità, lontani dal glamour e dalla fama.
E a immortalare il mito, era presente Sid Avery, fotografo statunitense che seppe fare della snapshot il suo marchio di fabbrica, realizzando alcuni degli scatti più iconici dei più grandi divi hollywoodiani del dopoguerra. Audrey Hepburn, Marlon Brando, Paul Newman, Elizabeth Taylor o Frank Sinatra, tutti vengono ritratti con la stessa intensità, a metà strada tra lo scatto rubato e la foto posata, caratteristica che da sempre è stata peculiare di Avery, tanto che può essere considerato un pioniere dell’istantanea nel patinato mondo di Hollywood, introducendo uno stile “candid” inusuale per il ritratto divistico. Facendo incursione nella vita ordinaria e privata delle star, ne mostra il lato più intimo, quello che normalmente rimaneva nascosto dietro alle luci dei riflettori. Negli anni Cinquanta infatti, la ritrattistica più patinata e tradizionale non ha più l’appeal di un tempo e Avery sa cogliere in pieno questa inversione di rotta: nelle sue immagini, lo iato tra persona e personaggio che fino a qualche anno prima era stato enfatizzato da suoi colleghi come George Hurrell e Laszlo Willinger, lascia il posto ad un clima quasi familiare che pone l’accento sull’umanità dei divi ritratti e non più sul loro essere “dei” da adorare.
Nonostante questo Hollywood è sempre Hollywood, una fabbrica di sogni che possiede nel suo DNA quell’idealizzazione e quella tensione verso un mondo da favola perfetto che faceva però parte di quella stessa cultura, fatta di «normalità fuori dal comune», di quello stesso mito che Avery ha contribuito a costruire: “[Avery’s] photo shoots ... did their part to create a Hollywood star mythology suitable for the family-friendly Eisenhower era”. E questa costruzione del mito è stata resa possibile anche e soprattutto dall’intimità stessa che legava Avery alle star di Hollywood, con le quali aveva rapporti veri e propri di stima e di amicizia, che gli permettevano quel punto di vista privilegiato, dall’interno, che ci ha restituito poi nei nelle sue, davvero innumerevoli, immagini. Sono infatti oltre 350.000 quelle realizzate tra il 1946 al 1961, poi comparse nei più popolari magazine dell’epoca, come Look, Life, Saturday Evening Post, Silver Screen e Colliers. Alla fine della sua carriera fonda “Hollywood Photographer's Archive (HPA)” oggi MPTV dai cui archivi queste immagini provengono, con l'intento di preservare il lavoro dei primi fotografi professionisti di Hollywood. Una collezione dei suoi lavori è stata raccolta nel libro Hollywood at Home: A Family Album 1950-1965 (Crown, 1990), dove i divi vengono catturati nella loro quotidianità, lontani dal glamour e dalla fama.
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