Un robot scopre 1000 anfore negli abissi: nuove prospettive per l'archeologia subacquea

Isola del Tino
 

27/10/2012

La Spezia - Una distesa di anfore in terracotta: questo è quello che apparso agli occhi dei sommozzatori, impegnati ad indagare nel relitto di una nave romana inabissatasi tra il IV e il III secolo avanti Cristo nel mare di Porto Venere, 17 miglia a sud dell'Isola del Tino.

Il ritrovamento è avvenuto sul fondale, a una profondità di circa 400 metri. L’autore della scoperta è l’archeologo subacqueo Guido Gai, coadiuvato da un amico dall’intelligenza artificiale, il robot sottomarino soprannominato Pluto Palla. I filmati del rinvenimento sono stati proiettati al pubblico.

Le anfore, secondo gli archeologi, sono del tipo greco- italico, prodotte molto probabilmente nel territorio laziale e destinate, col loro contenuto in vino, alle regioni della Gallia. Anche se diverse anfore sono state ridotte in pezzi per effetto del passaggio delle reti a strascico, si tratta di una scoperta importante per l'archeologia subacquea, ha spiegato il Soprintendente ai Beni Archeologici della Liguria, Bruno Massabò, sia per l’importanza del sito archeologico, sia per le prospettive aperte dal metodo di ricerca utilizzato in aree marine così profonde, finora precluse all’esplorazione. Attraverso la  sofisticata tecnologia messa a punto da Gai si spera ora di arrivare ad poter studiare le antiche rotte d’altura e ad ottenere una mappatura dei relitti antichi presenti sui fondali del Mar Ligure.

N.S.

 
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