Le paysage est passage
Dal 15 Marzo 2024 al 04 Maggio 2024
Roma
Luogo: Galleria La Nica
Indirizzo: Via dei Banchi Nuovi 22
Orari: dal martedì al sabato 11.30 – 19
Curatori: Cristina Liscaio e Maria Vittoria Marchetta
Telefono per informazioni: +39 06 44235025
E-Mail info: info@gallerialanica.it
Sito ufficiale: http://www.gallerialanica.it
Venerdì 15 marzo 2024 alle ore 18.30 verrà inaugurata alla Galleria La Nica di Roma, sita in via dei Banchi Nuovi 22, la mostra collettiva “Le paysage est passage”, che vedrà esposte opere legate al tema del paesaggio ed il suo saper mettere insieme le intenzioni del passato, la forza del presente ed i desideri di futuri possibili. Gli artisti esposti, tra storicizzati ed emergenti, saranno: Luca Alinari,Renato Birolli, Pierluigi Delutti, Tano Festa, Ugur Gallenkus, Lorenzo Gramaccia, Piero Guccione, Umberto Lilloni, Ottone Rosai, Mimmo Rotella, Giovanni Stradone, Nino Tirinnanzi, Francesco Trombadori, Jacopo Truffa, Renzo Vespignani e Giovanni Viola.
Da sempre uno dei temi cardine della Storia dell’arte, il paesaggismo ha rappresentato per centinaia di anni lo sguardo dell’uomo sul mondo, su ciò che lo circonda, finanche a diventare nel tempo metafora di uno spazio interiore, nelle sue infinite potenzialità di trasformarsi da veduta a specchio dell’anima. Quello che gli artisti moderni avevano cominciato ad intuire in maniera romantica e che oggi appare pressoché scontato è che esiste una profonda comprensione e compenetrazione tra uomo e paesaggio: noi siamo il paesaggio ed il paesaggio è noi. Una relazione, questa, che oltre a venire interiorizzata a livello artistico è stata sottolineata altresì nel 2000 nella Convenzione europea del Paesaggio, documento che è parte del lavoro del Consiglio d'Europa sul patrimonio culturale e naturale, la quale ha dato una nuova definizione di paesaggio: “designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Durante iI XXVI Convegno nazionale del FAI (febbraio 2022)1, Bertrand Folléa, architetto paesaggista ed urbanista nonché docente all’École nationale supérieure de paysage, commenta proprio la definizione di paesaggio della Convenzione europea, asserendo che:
“Personalmente, ciò che più mi colpisce della definizione di paesaggio ivi espressa è la sua dimensione doppiamente relazionale. Riguarda infatti le relazioni tra gli elementi oggettivi e tangibili di un territorio – campi, quartieri, strade, ma anche edifici, infrastrutture, suolo, geologia, clima – e gli elementi sensibili, che riguardano le relazioni affettive, soggettive, culturali tra le popolazioni e il territorio. La virtù della nozione di paesaggio è quella di non separare queste due dimensioni relazionali. Nel paesaggio non si ha mai una separazione tra cultura e natura, tra scienze oggettive e scienze umane, e non c’è alcuna separazione tra il contesto in cui viviamo e il nostro stile di vita.”
Sono tematiche, queste, che Follèa aveva trattato già nel 2019 nel suo testo “L'archipel des métamorphoses: La Transition par le paysage”, nel quale l'autore chiede un completo rovesciamento di prospettiva, di dimenticare quindi lo status di ‘conseguenza accidentale’ del paesaggio, affinché esso possa diventare un mondo da vivere e plasmare, un mondo desiderato di cui siamo responsabili. Il titolo della mostra, “Le paysage est passage”2, letteralmente “Il paesaggio è passaggio”, è una citazione tratta dal testo di Bertrand Folléa che rappresenta sia il punto di vista dell’architetto – che la Galleria La Nica sposa pienamente – sia la chiave di lettura dell’intera mostra. Partendo dalle vedute più tradizionali, passando per le ferite che le molteplici guerre hanno inferto al paesaggio, finanche alle opere più oniriche, la mostra presenta disegni, dipinti, sculture e new media che percorrono un arco di tempo che va dalla prima metà del Novecento ai giorni nostri, sottolineando proprio la dimensione relazionale esistente tra uomo e paesaggio e come il nostro“passaggio” abbia mutato nel tempo le vedute e soprattutto le prospettive sullostesso, poiché come sostiene sempre Folléa: “Il paesaggio è uno specchio che riflette le questioni più globali del nostro tempo”3. Su quest’ultimo punto, in particolare, ragionerà la prima sala espositiva della galleria, presentando un accostamento stridente tra una selezione di paesaggi della tradizione e l’opera “+ 1.5°” di Jacopo Truffa, finalista dello Yicca International Contest of Contemporary Art 2022, unica opera presente in mostra che pone l’accento sul cambiamento climatico e le sue inevitabili conseguenze.
Il paesaggio deve diventare uno stimolo, un pretesto, un luogo per conoscere meglio il mondo e sé stessi, ma anche per mettersi in gioco ed affrontare le sfide che si rivelano urgenti e che continuano a sorprenderci e a ferirci. E cosa meglio dell’arte può aiutarci in tal senso?
Da sempre uno dei temi cardine della Storia dell’arte, il paesaggismo ha rappresentato per centinaia di anni lo sguardo dell’uomo sul mondo, su ciò che lo circonda, finanche a diventare nel tempo metafora di uno spazio interiore, nelle sue infinite potenzialità di trasformarsi da veduta a specchio dell’anima. Quello che gli artisti moderni avevano cominciato ad intuire in maniera romantica e che oggi appare pressoché scontato è che esiste una profonda comprensione e compenetrazione tra uomo e paesaggio: noi siamo il paesaggio ed il paesaggio è noi. Una relazione, questa, che oltre a venire interiorizzata a livello artistico è stata sottolineata altresì nel 2000 nella Convenzione europea del Paesaggio, documento che è parte del lavoro del Consiglio d'Europa sul patrimonio culturale e naturale, la quale ha dato una nuova definizione di paesaggio: “designa una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni”. Durante iI XXVI Convegno nazionale del FAI (febbraio 2022)1, Bertrand Folléa, architetto paesaggista ed urbanista nonché docente all’École nationale supérieure de paysage, commenta proprio la definizione di paesaggio della Convenzione europea, asserendo che:
“Personalmente, ciò che più mi colpisce della definizione di paesaggio ivi espressa è la sua dimensione doppiamente relazionale. Riguarda infatti le relazioni tra gli elementi oggettivi e tangibili di un territorio – campi, quartieri, strade, ma anche edifici, infrastrutture, suolo, geologia, clima – e gli elementi sensibili, che riguardano le relazioni affettive, soggettive, culturali tra le popolazioni e il territorio. La virtù della nozione di paesaggio è quella di non separare queste due dimensioni relazionali. Nel paesaggio non si ha mai una separazione tra cultura e natura, tra scienze oggettive e scienze umane, e non c’è alcuna separazione tra il contesto in cui viviamo e il nostro stile di vita.”
Sono tematiche, queste, che Follèa aveva trattato già nel 2019 nel suo testo “L'archipel des métamorphoses: La Transition par le paysage”, nel quale l'autore chiede un completo rovesciamento di prospettiva, di dimenticare quindi lo status di ‘conseguenza accidentale’ del paesaggio, affinché esso possa diventare un mondo da vivere e plasmare, un mondo desiderato di cui siamo responsabili. Il titolo della mostra, “Le paysage est passage”2, letteralmente “Il paesaggio è passaggio”, è una citazione tratta dal testo di Bertrand Folléa che rappresenta sia il punto di vista dell’architetto – che la Galleria La Nica sposa pienamente – sia la chiave di lettura dell’intera mostra. Partendo dalle vedute più tradizionali, passando per le ferite che le molteplici guerre hanno inferto al paesaggio, finanche alle opere più oniriche, la mostra presenta disegni, dipinti, sculture e new media che percorrono un arco di tempo che va dalla prima metà del Novecento ai giorni nostri, sottolineando proprio la dimensione relazionale esistente tra uomo e paesaggio e come il nostro“passaggio” abbia mutato nel tempo le vedute e soprattutto le prospettive sullostesso, poiché come sostiene sempre Folléa: “Il paesaggio è uno specchio che riflette le questioni più globali del nostro tempo”3. Su quest’ultimo punto, in particolare, ragionerà la prima sala espositiva della galleria, presentando un accostamento stridente tra una selezione di paesaggi della tradizione e l’opera “+ 1.5°” di Jacopo Truffa, finalista dello Yicca International Contest of Contemporary Art 2022, unica opera presente in mostra che pone l’accento sul cambiamento climatico e le sue inevitabili conseguenze.
Il paesaggio deve diventare uno stimolo, un pretesto, un luogo per conoscere meglio il mondo e sé stessi, ma anche per mettersi in gioco ed affrontare le sfide che si rivelano urgenti e che continuano a sorprenderci e a ferirci. E cosa meglio dell’arte può aiutarci in tal senso?
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