“Caravaggio – L’Anima e il Sangue” al cinema il 19, 20 e 21 febbraio
Miracoli della computer grafica: la Madonna dei Palafrenieri torna virtualmente a San Pietro
Ricostruzione dell'originario collocamento della pala della Madonna dei Parafrenieri realizzata da Caravaggio. L'immagine è tratta dal film "CAravaggio - L'Anima e il Sangue", nelle sale il 19, 20 e 21 febbraio.
Gianni Pittiglio
09/02/2018
La Madonna dei Palafrenieri è uno dei dipinti d'altare più celebri di Caravaggio. Pare che Scipione Borghese, sempre privo di scrupoli pur di ottenere le opere per impinguare la propria collezione d’arte, avesse messo in atto una serie di sotterfugi per riuscire a ottenere l’opera.
La grande tela, che misura quasi 3 x 2 metri, fu richiesta a Michelangelo Merisi dalla Confraternita dei Parafrenieri per l'altare di Sant'Anna nell'allora nuovissima Basilica di San Pietro, dove però rimase per pochi giorni: venne subito trasferita nella pontificia Chiesa di Sant’Anna dei Parafrenieri, luogo decisamente meno in vista e da cui il cardinal nipote di Paolo V (1605-21) poté agevolmente ottenerla acquistandola per soli 100 scudi, andando ad arricchire la sua collezione di dipinti del Caravaggio. L’opera oggi fa parte della prestigiosa collezione della Galleria Borghese.
La Madonna dei Palafrenieri protagonista nel film “Caravaggio – L’Anima e il Sangue”,
Oggi, grazie al film “Caravaggio – l’Anima e il Sangue”, del regista Jesus Garcés Lambert e prodotto da SKY (con Magnitudo Film in collaborazione con Vatican Media e distribuito da Nexo Digital), nelle sale il 19, 20 e 21 febbraio 2018, sarà possibile ammirare per la prima volta il dipinto, anche se virtualmente, nel luogo per il quale era stato concepito in origine: l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro.
Attraverso il lavoro di Computer Graphic in fase di postproduzione, come ci spiega Vincenzo Cilurzo, membro del Production Creative Hub di Sky e art director del film, “la sequenza che vede protagonista La Madonna dei Palafrenieri, oltre a mostrare il dipinto ad altissima risoluzione consentendo di ammirarne ogni singolo dettaglio, dà vita ad un gioco visivo che consiste nella transizione sull’altare della Basilica di San Pietro tra il dipinto oggi alla Galleria Borghese e quello che lo ha sostituito”.
Già perché La Madonna dei Palafrenieri fu sostituita con la tela del San Michele Arcangelo del Cavalier d’Arpino, a sua volta derivato dal dipinto su seta di Guido Reni. Una doppia ironia della sorte per Caravaggio, rimpiazzato da una composizione del pittore che gli fece da maestro a Roma, raffigurante il santo di cui porta il nome, Michelangelo appunto.
Per Cilurzo si è trattato dell’intervento più emozionante del film:“L’effetto ottenuto è quello di una vera e propria mescolanza di colori simile all’inchiostro che viene assorbito dalla carta”.
La frase è detta con giustificato orgoglio, poiché in fondo, per la prima volta dopo oltre quattro secoli, il dipinto che Caravaggio realizzò tra 1605 e 1606 è stato “rimesso nel posto per cui era stato creato”, anche se ‘virtualmente’.
Perché la tela è stata rifiutata
Il pretesto addotto per la rimozione della tela da San Pietro è stato probabilmente di natura etico-teologica, ma dietro tutto questo, come in altri celebri “rifiuti” caravaggeschi, in realtà, doveva esserci la lunga mano di Scipione a cui nessuno poteva dire di no così facilmente.
Il soggetto, intriso di cultura religiosa e non solo, è apprezzabile a diversi livelli di lettura.
Il primo vede la Vergine, aiutata dal Figlio, schiacciare un serpente secondo il motivo iconografico della calcatio classica, rituale trionfale dell'imperatore vittorioso sullo sconfitto. Poco più in là, ad osservare ciò che accade, una meditativa sant'Anna, già messa in relazione con un’antica statua di Demostene.
Il secondo livello di interpretazione attribuisce un significato allegorico ai personaggi: la Vergine, personificazione della Chiesa, abbatte il Peccato originale simboleggiato dal serpente, in un gesto amplificato dall'intervento di Cristo; sant'Anna, invece, è la Grazia che non viene coinvolta nell'azione. L’iconografia è ispirata al passo della Genesi «questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen. 3, 15). Calare questa raffigurazione nel contesto romano di inizio Seicento, dopo un secolo caratterizzato da contrasti teologici, è la chiave del terzo e ultimo grado di lettura.
Caravaggio, infatti, con La Madonna dei Palafrenieri realizza un dipinto in cui la Vergine è determinante per l'eliminazione del Peccato, come la Chiesa romana aveva stabilito in antitesi ai protestanti che avevano fortemente sminuito il suo ruolo.
Sull’argomento Pio V Ghislieri promulgò persino una bolla nel 1569 in cui si precisava che il serpente veniva schiacciato da Cristo aiutato da Maria. D’altronde il soggetto era già stato così delineato da Ambrogio Figino nella sua Madonna del serpe, dipinta nel 1583 a Milano per la Chiesa di San Fedele (oggi visibile nel vicino oratorio dell'Immacolata), tela sicuramente vista negli anni della sua formazione milanese presso Simone Peterzano dal giovane Caravaggio.
Pietro Bellori, nelle Vite, fornì motivazioni ben più prosaiche al rifiuto. Come permettere, infatti, che nella basilica più importante del mondo campeggiasse una Vergine popolana che si china mostrando una così ampia scollatura? Tanto più se la modella è Maddalena Antognetti, detta Lena, molto nota a Roma come prostituta? E, infine, come giustificare la nudità di un Gesù Bambino non proprio infante?
Una delle più accreditate teorie in merito alla questione del rifiuto, oggi, oltre al probabile intervento di Scipione Borghese, è quindi attribuita al ruolo di sant'Anna, protettrice della confraternita committente, che non prende parte all'azione. La sua distanza dalla scena di redenzione poteva essere guardata con sospetto dopo il Concilio di Trento, che aveva sostenuto l’importanza delle azioni dell'uomo in merito alla salvezza dell’anima, in contrapposizione con quanto affermato dai protestanti che ne limitavano la responsabilità alla sola Grazia.
La tecnologia al servizio dell’arte
Più in generale il lavoro di Computer Grafica applicato ai tanti dipinti mostrati nel documentario “Caravaggio – L’Anima e il Sangue” ha come obiettivo quello di esaltare le caratteristiche già presenti nella poetica di Caravaggio, come i tagli di luce, gli elementi che si spengono gradualmente nell’ombra, fino a dare sostanza ai neri più cupi e alla trama della tela.
Cilurzo, a tal proposito, racconta il grande lavoro fatto sulla resa dell’immagine: “Lo staff di Sky ha lavorato in animazione CGI (Computer Generated Imagery), con una qualità di scansione quattro volte superiore al normale HD, creando di fatto la possibilità di vedere i dettagli ad un livello paragonabile al 3D, ma senza l’ausilio degli appositi occhiali”.
In sala vedremo un Caravaggio che finora solo i restauratori hanno potuto apprezzare da così vicino.
La grande tela, che misura quasi 3 x 2 metri, fu richiesta a Michelangelo Merisi dalla Confraternita dei Parafrenieri per l'altare di Sant'Anna nell'allora nuovissima Basilica di San Pietro, dove però rimase per pochi giorni: venne subito trasferita nella pontificia Chiesa di Sant’Anna dei Parafrenieri, luogo decisamente meno in vista e da cui il cardinal nipote di Paolo V (1605-21) poté agevolmente ottenerla acquistandola per soli 100 scudi, andando ad arricchire la sua collezione di dipinti del Caravaggio. L’opera oggi fa parte della prestigiosa collezione della Galleria Borghese.
La Madonna dei Palafrenieri protagonista nel film “Caravaggio – L’Anima e il Sangue”,
Oggi, grazie al film “Caravaggio – l’Anima e il Sangue”, del regista Jesus Garcés Lambert e prodotto da SKY (con Magnitudo Film in collaborazione con Vatican Media e distribuito da Nexo Digital), nelle sale il 19, 20 e 21 febbraio 2018, sarà possibile ammirare per la prima volta il dipinto, anche se virtualmente, nel luogo per il quale era stato concepito in origine: l’attuale Altare di San Michele Arcangelo nella Basilica di San Pietro.
Attraverso il lavoro di Computer Graphic in fase di postproduzione, come ci spiega Vincenzo Cilurzo, membro del Production Creative Hub di Sky e art director del film, “la sequenza che vede protagonista La Madonna dei Palafrenieri, oltre a mostrare il dipinto ad altissima risoluzione consentendo di ammirarne ogni singolo dettaglio, dà vita ad un gioco visivo che consiste nella transizione sull’altare della Basilica di San Pietro tra il dipinto oggi alla Galleria Borghese e quello che lo ha sostituito”.
Già perché La Madonna dei Palafrenieri fu sostituita con la tela del San Michele Arcangelo del Cavalier d’Arpino, a sua volta derivato dal dipinto su seta di Guido Reni. Una doppia ironia della sorte per Caravaggio, rimpiazzato da una composizione del pittore che gli fece da maestro a Roma, raffigurante il santo di cui porta il nome, Michelangelo appunto.
Per Cilurzo si è trattato dell’intervento più emozionante del film:“L’effetto ottenuto è quello di una vera e propria mescolanza di colori simile all’inchiostro che viene assorbito dalla carta”.
La frase è detta con giustificato orgoglio, poiché in fondo, per la prima volta dopo oltre quattro secoli, il dipinto che Caravaggio realizzò tra 1605 e 1606 è stato “rimesso nel posto per cui era stato creato”, anche se ‘virtualmente’.
Perché la tela è stata rifiutata
Il pretesto addotto per la rimozione della tela da San Pietro è stato probabilmente di natura etico-teologica, ma dietro tutto questo, come in altri celebri “rifiuti” caravaggeschi, in realtà, doveva esserci la lunga mano di Scipione a cui nessuno poteva dire di no così facilmente.
Il soggetto, intriso di cultura religiosa e non solo, è apprezzabile a diversi livelli di lettura.
Il primo vede la Vergine, aiutata dal Figlio, schiacciare un serpente secondo il motivo iconografico della calcatio classica, rituale trionfale dell'imperatore vittorioso sullo sconfitto. Poco più in là, ad osservare ciò che accade, una meditativa sant'Anna, già messa in relazione con un’antica statua di Demostene.
Il secondo livello di interpretazione attribuisce un significato allegorico ai personaggi: la Vergine, personificazione della Chiesa, abbatte il Peccato originale simboleggiato dal serpente, in un gesto amplificato dall'intervento di Cristo; sant'Anna, invece, è la Grazia che non viene coinvolta nell'azione. L’iconografia è ispirata al passo della Genesi «questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen. 3, 15). Calare questa raffigurazione nel contesto romano di inizio Seicento, dopo un secolo caratterizzato da contrasti teologici, è la chiave del terzo e ultimo grado di lettura.
Caravaggio, infatti, con La Madonna dei Palafrenieri realizza un dipinto in cui la Vergine è determinante per l'eliminazione del Peccato, come la Chiesa romana aveva stabilito in antitesi ai protestanti che avevano fortemente sminuito il suo ruolo.
Sull’argomento Pio V Ghislieri promulgò persino una bolla nel 1569 in cui si precisava che il serpente veniva schiacciato da Cristo aiutato da Maria. D’altronde il soggetto era già stato così delineato da Ambrogio Figino nella sua Madonna del serpe, dipinta nel 1583 a Milano per la Chiesa di San Fedele (oggi visibile nel vicino oratorio dell'Immacolata), tela sicuramente vista negli anni della sua formazione milanese presso Simone Peterzano dal giovane Caravaggio.
Pietro Bellori, nelle Vite, fornì motivazioni ben più prosaiche al rifiuto. Come permettere, infatti, che nella basilica più importante del mondo campeggiasse una Vergine popolana che si china mostrando una così ampia scollatura? Tanto più se la modella è Maddalena Antognetti, detta Lena, molto nota a Roma come prostituta? E, infine, come giustificare la nudità di un Gesù Bambino non proprio infante?
Una delle più accreditate teorie in merito alla questione del rifiuto, oggi, oltre al probabile intervento di Scipione Borghese, è quindi attribuita al ruolo di sant'Anna, protettrice della confraternita committente, che non prende parte all'azione. La sua distanza dalla scena di redenzione poteva essere guardata con sospetto dopo il Concilio di Trento, che aveva sostenuto l’importanza delle azioni dell'uomo in merito alla salvezza dell’anima, in contrapposizione con quanto affermato dai protestanti che ne limitavano la responsabilità alla sola Grazia.
La tecnologia al servizio dell’arte
Più in generale il lavoro di Computer Grafica applicato ai tanti dipinti mostrati nel documentario “Caravaggio – L’Anima e il Sangue” ha come obiettivo quello di esaltare le caratteristiche già presenti nella poetica di Caravaggio, come i tagli di luce, gli elementi che si spengono gradualmente nell’ombra, fino a dare sostanza ai neri più cupi e alla trama della tela.
Cilurzo, a tal proposito, racconta il grande lavoro fatto sulla resa dell’immagine: “Lo staff di Sky ha lavorato in animazione CGI (Computer Generated Imagery), con una qualità di scansione quattro volte superiore al normale HD, creando di fatto la possibilità di vedere i dettagli ad un livello paragonabile al 3D, ma senza l’ausilio degli appositi occhiali”.
In sala vedremo un Caravaggio che finora solo i restauratori hanno potuto apprezzare da così vicino.
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