La favola di Latona di Orazio De Ferrari

Orazio De Ferrari, La favola di Latona. Olio su tela, cm 193 x 261

 

Dal 11 Marzo 2016 al 08 Maggio 2016

Genova

Luogo: Musei di Strada Nuova - Palazzo Bianco

Indirizzo: via Garibaldi 11

Orari: martedì, mercoledì, giovedì 9-19; venerdì 9-21 (il 1° e il 4° di ogni mese); sabato e domenica 10-19.30; lunedì chiuso

Telefono per informazioni: +39 010 2759185

Sito ufficiale: http://www.museidigenova.it/



Il ritorno di un capolavoro

La favola di Latona
Olio su tela, cm 193 x 261
Firmato sul bastone del contadino a destra “HORAT. FERRAR. GENO”
Milano, Giorgio Baratti Antiquario
Esposto ai Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco, fino all’8 maggio 2016       

Nell’occasione sarà presentato il volume
La favola di Latona di Orazio De Ferrari. Il ritorno di un capolavoro
Con aggiunte al catalogo del pittore

a cura di Anna Orlando
Sagep Editori
 
IL QUADRO
Questa tela di grande impatto scenografico, oltre che dimensionale, è ricordata nel componimento poetico I Raguagli di Cirpo del ligure Luca Assarino, stampato nel 1642.
La descrizione del dipinto obbliga a ritenere che si tratti proprio del nostro quadro: "Una tela ove si vedeva Latona che, oltraggiata nell’acqua da alcuni villani, alzava gli occhi al cielo per domandar vendetta ed essi intanto rimaneano a poco a poco
tramutati in rane. Era indicibile vedere con quale stupenda maestria havea la mano operatrice saputo esprimere gli affetti della Dea, e la confusione di quei malnati. Con quale industria in un solo individuo havea moltiplicato l’essenza di due differentissimi animali, e con qual ingegno, inserendo in un collo umano il capo d’una bestia, gli era riuscito il dinudar altrui un piede, e calzarlo colla zampa d’un mostro acquatile".

Sappiamo dunque per certo che l’opera fu eseguita entro il 1642 da Orazio De Ferrari, che la firma, suggerendo così che si trattava di una commissione importante. Ma quando fu dipinta? E per chi?
Il capolavoro, prima di pervenire a Giorgio Baratti, attuale proprietario, è acquistato nel 2005 dagli antiquari madrileni Jorge Coll e Nicolás Cortés presso i discendenti di Rodrigo Díaz de Vivar y Mendoza VII Duca dell’Infantado e pubblicato nel catalogo della mostra Maestros del Barroco Europeo, Madrid, Galleria Coll&Cortés, 2005 con una scheda curata dalla storica dell’arte genovese Elena De Laurentiis. 
Le ricerche condotte sulla provenienza da Piero Boccardo, direttore dei Musei di Strada Nuova, permettono ragionevolmente di individuare la tela con quella che nel 1653 si trovava nella collezione del defunto Manuel Alonso de Fonseca Fuentes de Zúñiga Acevedo (ca. 1590-1653), conte di Fuentes e VI conte di Monterrey, nel cui inventario è descritto "un quadro grande de una fabula con una muger, dos ninos y un hombre conbertido en rrana", ovvero una favola con una donna, due bambini e un uomo trasformato in rana, senza un preciso riferimento attributivo, ma con la eccezionale stima di 2.750 reales.
Il conte di Monterrey, era stato ambasciatore straordinario a Roma nel 1621 e nel 1628, e poi Viceré di Napoli dal 1631 al 1637. A Genova soggiorna al momento del suo arrivo in Italia, probabilmente via mare, nel 1621, nuovamente nel 1628 e poi, alla fine della sua residenza a Napoli, nel febbraio 1638.
A lui e a questo anno si devono far risalire le circostanze di esecuzione del capolavoro qui esposto, riapparso dopo secoli nei meandri del collezionismo privato ed eccezionalmente esposto al pubblico nella città in cui fu dipinto.
(Anna Orlando)
 
IL VOLUME
Il volume, in italiano e in inglese, nasce da un importante ritrovamento di un capolavoro internazionale di Orazio De Ferrari (Genova 1606-1657), rientrato in Italia dalla Spagna, dove si trovava probabilmente dal XVII secolo. Si tratta della Latona che trasforma i contadini di Licia in rane, firmato (olio su tela, cm 193 x 261), che sarà esposto ai Musei di Strada Nuova a Genova, in Palazzo Bianco, all’interno del percorso espositivo e in particolare nella sala dedicata all’artista (dal 23 marzo all’8 maggio 2016).
Il libro, curato da Anna Orlando, ha il pregio di offrire non solo un importante affondo critico sul quel capolavoro – con saggi di Raffaella Besta, Piero Boccardo, Agnese Marengo, Simona Morando, Franco Vazzoler – ma anche un repertorio di circa 50 dipinti del pittore in gran parte inediti e riapparsi dopo la pubblicazione della monografia di Piero Donati (pubblicata sempre da Sagep nel 1997).
A vent’anni da quel catalogo ragionato si offre così un consistente aggiornamento sul corpus pittorico dell’artista, protagonista della stagione del naturalismo del primo Seicento genovese.
 
Biografia di Orazio De Ferrari
Orazio De Ferrari nasce nel 1606 a Voltri, sobborgo dell’immediato ponente genovese, in una famiglia di umili origini. Il nonno esercitava il mestiere di fabbro (ferrè), da cui probabilmente il suo cognome, da non confondersi con quello della nobile casata.
Documentato come pittore nel 1627, è allievo di Andrea Ansaldo, anch’egli voltrese, di cui Orazio sposerà la nipote nel 1631.
Dopo la nascita della primogenita nel 1633, si trasferisce a Genova nel 1634 e battezza in S. Giorgio il figlio Andrea che diventerà suo allievo e collaboratore.
È possibile che Orazio abbia soggiornato a Napoli e conosciuto da vicino l’opera del Ribera, ma non vi sono documenti e ciò si ipotizza solo per ragioni stilistiche.
Dal 1639 è nuovamente documentato a Genova nella parrocchia di S. Lorenzo, dove sono battezzati gli altri figli.
Molte le opere pubbliche datate o documentate del quarto e quinto decennio del secolo, soprattutto pale d’altare, non solo per le chiese della nativa Voltri, ma anche in cittadine dell’entroterra (Mele), del Ponente ligure (Varazze, Celle, Albisola Superiore, Pietra Ligure, Loano, Toirano, Ceriale, Albenga, Diano Marina, Rezzo), della Liguria di Levante (Chiavari, Lavagna, Sestri Levante, Levanto,) o di Genova e del suburbio (Molassana, Pontedecimo, Cogoleto).
Attivo soprattutto per ordini religiosi e confraternite, dipinge più raramente soggetti profani come il Ratto delle Sabine datato 1640 in collezione privata e La favola di Latona celebrata nel 1642 dal poeta Luca Assarino qui esposta.
Il quinto decennio del secolo è quello in cui si registra il maggior numero di opere datate e firmate, per importanti committenze religiose soprattutto a Genova: l’oratorio di S. Giacomo della Marina; la chiesa degli Eremitani e la basilica di S. Siro, per esempio.
Intorno al 1650 Orazio entra in contatto con il Principe di Monaco Onorato II Grimaldi, per il quale è artista e intermediario. Nel 1652 è nominato dal principe cavaliere dell’ordine di S. Michele, titolo che accompagna la sua firma nel 1653 sul Presepe dell’Albergo dei Poveri e ancora nel 1654 sul Transito di San Giuseppe di Sestri Levante.
Il 18 ottobre 1654 è a Monaco come padrino del figlio di uno degli interpreti del balletto Le vittorie di Minerva, rappresentato nel 1655 per iniziativa di Aurelia Spinola, con scene di Orazio che disegna anche un’incisione per il resoconto.
La terribile peste che a Genova decima la popolazione graverà anche sul pittore e su tutta la sua famiglia, morta in quel terribile 1657.


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