Fino al 18 marzo
Dalle stoffe pregiate agli abiti proibiti: l'arte del tessuto in mostra a Firenze
Pourpoint di Charles de Blois, Francia, 1364 circa, seta e oro, lino e cotone, Lyon, Musée des Tissus
Samantha De Martin
06/12/2017
Firenze - L’abitino in lana di una bambina, recuperato in Groenlandia, accanto a sete e velluti proibiti di una Firenze sfarzosa, tessuti preziosi, riprodotti anche sulle tavole e negli affreschi di illustri maestri.
Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura, più che una mostra è un viaggio nell’economia di una città che ha fatto della propria produzione tessile un’arte, oltre che un business.
Fino al 18 marzo, la Galleria dell’Accademia diventa l’atelier trecentesco della città del Giglio, nella quale la qualità della lana e, in seguito, della seta raggiunse, nonostante i costi molto alti delle materie prime e dei coloranti, un livello di eccellenza tale da imporsi in Europa, a dispetto di conflitti e crisi finanziarie. Dal Medio Oriente all’Asia, dalla Spagna al mar Baltico le lussuose stoffe di Firenze andavano a ruba un po’ ovunque. D’altronde, le grandi corporazioni del settore, della Lana e della Seta, l’Arte di Calimala e di Por Santa Maria, oltre ad essere strutture portanti dell’economia fiorentina, erano divenute autentiche detentrici del potere politico e, allo stesso tempo, straordinari committenti d’arte.
Il percorso espositivo, simile a un raffinato intreccio di trama e ordito, racchiude ora le cosiddette geometrie mediterranee - che rimandano al mondo musulmano e che lasciano il posto al lusso dall’Asia mongola con i piccoli motivi vegetali e animali - ora le creature alate che testimoniano la forte influenza cinese. E poi ci sono le invenzioni pittoriche, che sbrigliano la fantasia con i disegni delle sete pregiate, o ancora i rimandi al lusso proibito, che prende spunto dal registro che dal 1343 al 1345 annovera le vesti tabù, elencate nella cosiddetta Prammatica delle vesti.
Chiudono il percorso i velluti di seta che anticipano gli sviluppi della moda nel secolo successivo.
Sicuramente non passeranno inosservati in mostra il grazioso vestitino in lana prestato dal National Museum di Copenhagen, confezionato sulla metà del XIV secolo per una bimba e recuperato dagli archeologi in Groenlandia, o il corpetto in seta e oro - proveniente dal Musée des Tissus di Lione - che la tradizione vuole fosse stato indossato proprio da Charles de Châtillon, conte di Blois quando, fu ucciso durante la guerra dei Cento anni.
Tra i dipinti più importanti ospitati nella mostra a cura della direttrice della Galleria dell’Accademia, Cecilie Hollberg, l’Incoronazione della Vergine e quattro angeli di Gherardo di Jacopo, detto Starnina, proveniente dalla Galleria Nazionale di Parma e il grande Crocifisso del tardo Duecento - appartenente alla Galleria dell’Accademia e restaurato per l’occasione - che testimonia la ricchezza delle stoffe islamiche riscontrabili in alcuni tessuti presenti in Spagna alla metà del Trecento.
Leggi anche:
• Tessuti e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura
• Il tessuto come arte. Antonio Ratti imprenditore e mecenate
Tessuto e ricchezza a Firenze nel Trecento. Lana, seta, pittura, più che una mostra è un viaggio nell’economia di una città che ha fatto della propria produzione tessile un’arte, oltre che un business.
Fino al 18 marzo, la Galleria dell’Accademia diventa l’atelier trecentesco della città del Giglio, nella quale la qualità della lana e, in seguito, della seta raggiunse, nonostante i costi molto alti delle materie prime e dei coloranti, un livello di eccellenza tale da imporsi in Europa, a dispetto di conflitti e crisi finanziarie. Dal Medio Oriente all’Asia, dalla Spagna al mar Baltico le lussuose stoffe di Firenze andavano a ruba un po’ ovunque. D’altronde, le grandi corporazioni del settore, della Lana e della Seta, l’Arte di Calimala e di Por Santa Maria, oltre ad essere strutture portanti dell’economia fiorentina, erano divenute autentiche detentrici del potere politico e, allo stesso tempo, straordinari committenti d’arte.
Il percorso espositivo, simile a un raffinato intreccio di trama e ordito, racchiude ora le cosiddette geometrie mediterranee - che rimandano al mondo musulmano e che lasciano il posto al lusso dall’Asia mongola con i piccoli motivi vegetali e animali - ora le creature alate che testimoniano la forte influenza cinese. E poi ci sono le invenzioni pittoriche, che sbrigliano la fantasia con i disegni delle sete pregiate, o ancora i rimandi al lusso proibito, che prende spunto dal registro che dal 1343 al 1345 annovera le vesti tabù, elencate nella cosiddetta Prammatica delle vesti.
Chiudono il percorso i velluti di seta che anticipano gli sviluppi della moda nel secolo successivo.
Sicuramente non passeranno inosservati in mostra il grazioso vestitino in lana prestato dal National Museum di Copenhagen, confezionato sulla metà del XIV secolo per una bimba e recuperato dagli archeologi in Groenlandia, o il corpetto in seta e oro - proveniente dal Musée des Tissus di Lione - che la tradizione vuole fosse stato indossato proprio da Charles de Châtillon, conte di Blois quando, fu ucciso durante la guerra dei Cento anni.
Tra i dipinti più importanti ospitati nella mostra a cura della direttrice della Galleria dell’Accademia, Cecilie Hollberg, l’Incoronazione della Vergine e quattro angeli di Gherardo di Jacopo, detto Starnina, proveniente dalla Galleria Nazionale di Parma e il grande Crocifisso del tardo Duecento - appartenente alla Galleria dell’Accademia e restaurato per l’occasione - che testimonia la ricchezza delle stoffe islamiche riscontrabili in alcuni tessuti presenti in Spagna alla metà del Trecento.
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