Le regole cambiano per contrastare la manipolazione delle immagini
World Press Photo e la lotta al fotoritocco
2013 World Press Photo of the Year, Spot News, 1st prize singles, Paul Hansen
Ludovica Sanfelice
10/12/2013
World Press Photo, il più prestigioso concorso internazionale di fotogiornalismo del mondo, serra le linee annunciando un irrigidimento delle regole relative alla postproduzione delle immagini che potranno essere ammesse in gara a partire dalla prossima edizione.
La decisione è la coda della polemica che ha travolto la fotografia vincitrice per l’anno 2013, realizzata dal reporter svedese Paul Hansen. Lo scatto che ritraeva i cadaveri di due bambini della striscia di Gaza trasportati dai familiari alla moschea per il rito della sepoltura, aveva sollevato critiche molto dure all’indirizzo dell’autore, incolpato di aver utilizzato Photoshop per montare immagini raccolte in diversi momenti.
Per sottrarsi alla bufera, World Press Photo ha prima di tutto dato avvio ad un indagine che ha dimostrato come le accuse di manipolazione fossero prive di fondamento, ammettendo comunque un intervento di postproduzione nel trattamento della luce. In secondo luogo, per evitare nuovi episodi simili, l’organizzazione ha stabilito un protocollo più severo che imporrà ai candidati di presentare i negativi. Una squadra di esperti sarà quindi chiamata a produrre delle perizie volte a certificare il grado di ritocchi che separano l’originale dal risultato finale. Le informazioni raccolte da questa commissione indipendente verranno successivamente trasmesse al giurato che le terrà in considerazione al momento di esprimersi su opere che saranno premiate come di consueto per il loro valore di notizia, per la composizione, lo stile e l’impatto.
Un comunicato stampa ha accompagnato l’annuncio: "Ci aspettiamo che i fotoreporter professionali rispettino gli standard etici del giornalismo e non manomettano il contenuto delle loro immagini con l'aggiunta o la rimozione di elementi".
Pur non respingendo nettamente l'impiego di Photoshop, la decisione si inserisce nel sempre vivo dibattito sulla fotografia nell'era del digitale e avvia un percorso che fissa nel proprio obiettivo maggiore trasparenza.
La decisione è la coda della polemica che ha travolto la fotografia vincitrice per l’anno 2013, realizzata dal reporter svedese Paul Hansen. Lo scatto che ritraeva i cadaveri di due bambini della striscia di Gaza trasportati dai familiari alla moschea per il rito della sepoltura, aveva sollevato critiche molto dure all’indirizzo dell’autore, incolpato di aver utilizzato Photoshop per montare immagini raccolte in diversi momenti.
Per sottrarsi alla bufera, World Press Photo ha prima di tutto dato avvio ad un indagine che ha dimostrato come le accuse di manipolazione fossero prive di fondamento, ammettendo comunque un intervento di postproduzione nel trattamento della luce. In secondo luogo, per evitare nuovi episodi simili, l’organizzazione ha stabilito un protocollo più severo che imporrà ai candidati di presentare i negativi. Una squadra di esperti sarà quindi chiamata a produrre delle perizie volte a certificare il grado di ritocchi che separano l’originale dal risultato finale. Le informazioni raccolte da questa commissione indipendente verranno successivamente trasmesse al giurato che le terrà in considerazione al momento di esprimersi su opere che saranno premiate come di consueto per il loro valore di notizia, per la composizione, lo stile e l’impatto.
Un comunicato stampa ha accompagnato l’annuncio: "Ci aspettiamo che i fotoreporter professionali rispettino gli standard etici del giornalismo e non manomettano il contenuto delle loro immagini con l'aggiunta o la rimozione di elementi".
Pur non respingendo nettamente l'impiego di Photoshop, la decisione si inserisce nel sempre vivo dibattito sulla fotografia nell'era del digitale e avvia un percorso che fissa nel proprio obiettivo maggiore trasparenza.
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