Universo Parisi. I vetri e le ceramiche di Ico e Luisa
Dal 21 Dicembre 2022 al 28 Maggio 2023
Como
Luogo: Pinacoteca Civica
Indirizzo: Via Diaz 84
Orari: da martedì a domenica 10-18. Chiusa 25, 26 dicembre e 1° gennaio. Aperta 6 gennaio 24 e 31 dicembre 10-14
Curatori: Roberta Lietti
Enti promotori:
- Comune di Como
- Musei Civici Como
Costo del biglietto: Tariffa intera € 5 | Tariffa ridotta/gruppi € 3 | Biglietto cumulativo € 12 | Family pass € 12
Telefono per informazioni: +39 031 269869
E-Mail info: pinacoteca@comune.como.it
Sito ufficiale: http://www.visitcomo.eu
La Pinacoteca Civica di Como organizza nelle sue sale al primo piano, dal 22 dicembre 2022 al 28 maggio 2023, la mostra “Universo Parisi. I vetri e le ceramiche di Ico e Luisa”, con la curatela di Roberta Lietti e il progetto espositivo di Cristiana Lopes e Giacomo Brenna.
La figura di Domenico (Ico) Parisi è tra le più eclettiche e le più creativamente prolifiche nel panorama della ricerca progettuale italiana dal dopoguerra in poi. Palermitano di nascita ma comasco d’adozione, Parisi, formato nello studio di Terragni, già dalla fine degli anni Trenta opera in una dimensione interdisciplinare che va dall’essere architetto e designer ma anche art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e artista puro.
Centrale, anche nella sua vita professionale, la figura della moglie Luisa Aiani con la quale inaugura, nell’aprile del 1948, lo studio La Ruota in via Diaz a Como, punto di riferimento, cenacolo progettuale e culturale della vita artistica della città. Da La Ruota passano Melotti, Munari, Fontana, Radice e, contemporaneamente, Luisa integra gli arredi di Ico e le opere degli amici artisti, frutto di un linguaggio creativo d’avanguardia, con piccoli pezzi d’antiquariato, argenti antichi e vetri del XX secolo che ‘addomesticano’ le idee più radicali, forse cosciente che la rivoluzione del gusto dell’abitare può avvenire in Italia solo attraverso piccoli passi. Ben presto però a questi oggetti, trovati negli studi degli artisti o presso qualche antiquario, Parisi e Luisa aggiungono le loro creazioni, frutto della collaborazione con abilissimi maestri del vetro e della ceramica, piccoli pezzi d’arte che sono il tema di questa esposizione.
La mostra, infatti, con un centinaio di opere esposte provenienti dalle collezioni della Pinacoteca e da prestatori privati, ripercorre la ricerca dei Parisi sulle arti minori, dal vetro alla ceramica, come espressione di scelte moderne e funzionali dell’oggettistica e dei complementi d’arredo. Nascono così, già a metà anni ’60, i primi progetti di vasi in vetro muranese, di forma elementare ed essenziale, realizzati dalla vetreria d’arte Barovier&Toso. In mostra, il primo vetro disegnato da Parisi nel 1956 e rielaborato negli anni ‘70: un elegante alto vaso da terra a forma cilindrica, colorato e sfumato, retto da una base in acciaio spazzolato. A questo primo vetro si aggiungono i “cachepot Luisa”, una serie di secchielli in vetro trasparente blu, verde, bianco giocati su un perfetto rapporto tra diametro e altezza e, negli anni a seguire, le sculture soprammobile denominate “vetri crudeli”: piccole opere d’arte dal significato fortemente concettuale caratterizzate dal contrasto nell’utilizzo dei materiali. La scultura più nota di questa serie, presente in mostra, è senza dubbio l’iperrealista “polentina” in pasta di vetro gialla, con tanto di forchetta inclusa.
Alla progettazione dell’arte vetraria si affianca l’esperienza con la ceramica, che prende avvio dall’incontro che Parisi ebbe, nei primi anni ’60, con Pompeo Pianezzola, artista e art director di una delle più storiche manifatture di ceramica artistica del vicentino, la Zanolli&Sebellin. Per loro disegna una serie di oggetti giocati su forme geometriche solide come il cubo, la sfera e il cono che sembrano evocare, nella loro semplicità, i giochi dei bambini. Una ceramica “pop”, ironica e originale caratterizzata da scelte cromatiche forti e contrastanti: il bianco che si scontra con il colore rosso vivo, i cubi colorati che si sovrappongono, i fumetti, gli occhi, le labbra rosse di Marylin che mettono in mostra l’attrazione di Parisi (quasi ossessiva) per il corpo umano. Ne sono esempio il vaso “Bocca”, le sfere “Occhi”, la scultura vaso e la ciotola “Impronta” che riproducono, in positivo e in negativo, il disegno di una mano. Successivi di pochi anni e presenti nella personale, due contenitori (una bacinella da sviluppo fotografico e una grande ciotola asimmetrica) realizzati in collaborazione con Giuliano Collina, nei quali Parisi interviene attivamente colando il colore sull’oggetto e una serie di vasi, sempre in ceramica, caratterizzanti dall’inserimento di una o più fasce in acciaio inox.
L’ultimo sguardo del percorso espositivo è rivolto alla fine degli anni ’80 e agli inizi degli anni ’90 con un ritorno di Parisi all’architettura e al design, dopo una pausa di più di un decennio prevalentemente dedicato alla ricerca utopico-esistenziale attraverso numerose esperienze artistiche (mostre e installazioni) che culminano nel progetto interdisciplinare “Operazione Arcevia”, presentato alla 76esima Biennale di Venezia del 1976.
A quest’ultimo periodo risale l’ideazione di una serie di nuovi oggetti in ceramica eseguiti in collaborazione con la Fornace Ibis di Giorgio Robustelli: tazze, piatti, zuppiere (rotti, bucati, piegati, tutti volutamente inutilizzabili) fino alla radio (la famosissima “Cubo” di Zanuso) abitati da personaggi grotteschi o da creature dalla bocca aperta, a volte più inquietanti che ironiche, con il sapore di fedeli compagni di vita quotidiana. A questi si uniscono nuovi meravigliosi oggetti in vetro come bicchieri -fiori, animali, personaggi fantastici realizzati grazie all’incontro con Pino Signoretto, grande maestro ed interprete del vetro muranese, oggetti che documentano, ancora una volta, la continuità che nell’opera di Parisi esiste tra le diverse forme di applicazione della creatività.
A corollario della mostra, nell’area più riservata e intima di Campo Quadro, si possono ammirare i ritratti, raramente esposti, di Ico e Luisa Parisi. Le due opere, prestate dagli eredi per l’occasione, facevano parte dell’arredamento di casa Parisi come testimoniano le foto d’epoca. Luisa, giovane trentenne, è ritratta dal marito Ico, mentre Ico è il soggetto di un’opera caricaturale eseguita da Giuseppe Terragni alla fine degli anni ‘30.
La peculiarità di questi quadri si ricollega alla tradizione comasca della ritrattistica antica (di cui la Pinacoteca ha numerosi esempi in particolare riconducibili alla collezione di Paolo Giovio) ma anche all’abitudine degli artisti e architetti del cosiddetto Gruppo Como di ritrarsi vicendevolmente. A questo proposito si veda la recente donazione del ritratto di Mario Radice eseguito da Giuseppe Terragni esposto nella sala permanente dedicata a Radice.
"Non servono parole per descrivere Ico Parisi - commenta l’Assessore alla Cultura Enrico Colombo - anche perchè gli architetti parlano attraverso un'altra lingua: quella del disegno. La mostra, curata da Roberta Lietti e dal settore Musei del Comune di Como, ripercorre questa forma di linguaggio andando ad approfondire uno degli aspetti meno noti e più intimi dell'Opera di Parisi, ossia il suo rapporto con la moglie Luisa ed il loro disegno sui vetri e le ceramiche. Per l'amministrazione comunale è un onore offrire alla comunità comense, e a quanti verranno in Pinacoteca, l'opera meno nota, e forse più iconica, di uno dei protagonisti della nostra storia, pilastro di quel movimento che ha contribuito a disegnare il nome di Como nella Storia dell'Arte e dell’Architettura."
“La mostra svela opere preziose donate dallo stesso Parisi alla Amministrazione comunale nel 1995 e si inserisce nel cammino programmato di valorizzazione dei maestri comaschi, anche d’adozione, avviato nel 2019 dalla Pinacoteca con le mostre dedicate a Giuseppe Terragni e all'Asilo Sant'Elia, a Mario Radice e al rapporto con l'architettura, a Manlio Rho e al suo archivio” - afferma Veronica Vittani Responsabile della Pinacoteca - “All’esposizione seguirà un lavoro di revisione allestitiva dello spazio a lui dedicato nella sezione del Novecento, come già avvenuto per le nuove sale di Terragni e Radice”.
La Pinacoteca infatti conserva, oltre ai vetri e le ceramiche oggetto della mostra, un cospicuo numero di lavori di Ico e Luisa Parisi, facenti parte di un fondo che contempla fotografie, schizzi, bozzetti, disegni, opere pittoriche, mobili e documenti d’archivio.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.
Domenico Parisi, chiamato Ico, nasce a Palermo, il 23 settembre 1916 da genitori siciliani, allora già residenti in Piemonte. Nel 1925 la famiglia Parisi si trasferisce a Como dove Ico, nel 1936, si diploma perito edile e svolge un periodo di apprendistato presso lo studio Terragni. Qui ha l’occasione di conoscere e frequentare personalità dell’architettura e dell’arte quali Cattaneo, Lingeri, Radice, Rho, Persico e Sartoris. Appassionato di cinema e di fotografia, realizza, su richiesta di Giuseppe Terragni, le immagini fotografiche della Casa del Fascio. Congedato dal fronte nel 1943 rientra a Como e riprende l’attività progettuale, occupandosi prevalentemente della realizzazione di singoli arredi, di allestimenti espositivi e di architetture d’interni. Con lui collabora Luisa Aiani, che sposerà nel 1947 e con la quale aprirà lo studio La Ruota, luogo di progettazione ma anche luogo d’arte, di esposizione e di cultura. A partire dai primi anni ‘50 l’attività di Parisi si fa sempre più prolifica sia in ambito architettonico che di design. Progetta arredi, prima in pezzo unico con artigiani brianzoli e, in seguito per la produzione industriale, con aziende come Cassina, e numerosi oggetti di arte decorativa quali ceramiche e vetri. La fine degli anni ‘60 segna un preciso punto di svolta nella sua ricerca progettuale. Con i “Contenitoriumani”, realizzati in collaborazione con lo scultore Francesco Somaini e presentati per la prima volta al Salone del Mobile di Milano nel 1968, Parisi, inizia un nuovo percorso d’indagine volto a definire un’idea utopico-esistenziale del vivere. Il culmine della sua ricerca progettuale ed esistenziale è tra il 1974 e il 1976, con l’“Operazione Arcevia”, affrontata in modo corale e interdisciplinare e finalizzata alla progettazione di una intera comunità. Il lavoro viene presentato nell’ambito della 76ª Biennale di Venezia e successivamente esposto presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1979). Da tale esperienza socio-urbanistica, fortemente utopica, derivano le successive ricerche grafiche, tema di innumerevoli mostre collettive e personali.
Muore a Como il 19 dicembre 1996.
Inaugurazione | 21 dicembre ore 18.00
La figura di Domenico (Ico) Parisi è tra le più eclettiche e le più creativamente prolifiche nel panorama della ricerca progettuale italiana dal dopoguerra in poi. Palermitano di nascita ma comasco d’adozione, Parisi, formato nello studio di Terragni, già dalla fine degli anni Trenta opera in una dimensione interdisciplinare che va dall’essere architetto e designer ma anche art director, fotografo, regista cinematografico, pittore e artista puro.
Centrale, anche nella sua vita professionale, la figura della moglie Luisa Aiani con la quale inaugura, nell’aprile del 1948, lo studio La Ruota in via Diaz a Como, punto di riferimento, cenacolo progettuale e culturale della vita artistica della città. Da La Ruota passano Melotti, Munari, Fontana, Radice e, contemporaneamente, Luisa integra gli arredi di Ico e le opere degli amici artisti, frutto di un linguaggio creativo d’avanguardia, con piccoli pezzi d’antiquariato, argenti antichi e vetri del XX secolo che ‘addomesticano’ le idee più radicali, forse cosciente che la rivoluzione del gusto dell’abitare può avvenire in Italia solo attraverso piccoli passi. Ben presto però a questi oggetti, trovati negli studi degli artisti o presso qualche antiquario, Parisi e Luisa aggiungono le loro creazioni, frutto della collaborazione con abilissimi maestri del vetro e della ceramica, piccoli pezzi d’arte che sono il tema di questa esposizione.
La mostra, infatti, con un centinaio di opere esposte provenienti dalle collezioni della Pinacoteca e da prestatori privati, ripercorre la ricerca dei Parisi sulle arti minori, dal vetro alla ceramica, come espressione di scelte moderne e funzionali dell’oggettistica e dei complementi d’arredo. Nascono così, già a metà anni ’60, i primi progetti di vasi in vetro muranese, di forma elementare ed essenziale, realizzati dalla vetreria d’arte Barovier&Toso. In mostra, il primo vetro disegnato da Parisi nel 1956 e rielaborato negli anni ‘70: un elegante alto vaso da terra a forma cilindrica, colorato e sfumato, retto da una base in acciaio spazzolato. A questo primo vetro si aggiungono i “cachepot Luisa”, una serie di secchielli in vetro trasparente blu, verde, bianco giocati su un perfetto rapporto tra diametro e altezza e, negli anni a seguire, le sculture soprammobile denominate “vetri crudeli”: piccole opere d’arte dal significato fortemente concettuale caratterizzate dal contrasto nell’utilizzo dei materiali. La scultura più nota di questa serie, presente in mostra, è senza dubbio l’iperrealista “polentina” in pasta di vetro gialla, con tanto di forchetta inclusa.
Alla progettazione dell’arte vetraria si affianca l’esperienza con la ceramica, che prende avvio dall’incontro che Parisi ebbe, nei primi anni ’60, con Pompeo Pianezzola, artista e art director di una delle più storiche manifatture di ceramica artistica del vicentino, la Zanolli&Sebellin. Per loro disegna una serie di oggetti giocati su forme geometriche solide come il cubo, la sfera e il cono che sembrano evocare, nella loro semplicità, i giochi dei bambini. Una ceramica “pop”, ironica e originale caratterizzata da scelte cromatiche forti e contrastanti: il bianco che si scontra con il colore rosso vivo, i cubi colorati che si sovrappongono, i fumetti, gli occhi, le labbra rosse di Marylin che mettono in mostra l’attrazione di Parisi (quasi ossessiva) per il corpo umano. Ne sono esempio il vaso “Bocca”, le sfere “Occhi”, la scultura vaso e la ciotola “Impronta” che riproducono, in positivo e in negativo, il disegno di una mano. Successivi di pochi anni e presenti nella personale, due contenitori (una bacinella da sviluppo fotografico e una grande ciotola asimmetrica) realizzati in collaborazione con Giuliano Collina, nei quali Parisi interviene attivamente colando il colore sull’oggetto e una serie di vasi, sempre in ceramica, caratterizzanti dall’inserimento di una o più fasce in acciaio inox.
L’ultimo sguardo del percorso espositivo è rivolto alla fine degli anni ’80 e agli inizi degli anni ’90 con un ritorno di Parisi all’architettura e al design, dopo una pausa di più di un decennio prevalentemente dedicato alla ricerca utopico-esistenziale attraverso numerose esperienze artistiche (mostre e installazioni) che culminano nel progetto interdisciplinare “Operazione Arcevia”, presentato alla 76esima Biennale di Venezia del 1976.
A quest’ultimo periodo risale l’ideazione di una serie di nuovi oggetti in ceramica eseguiti in collaborazione con la Fornace Ibis di Giorgio Robustelli: tazze, piatti, zuppiere (rotti, bucati, piegati, tutti volutamente inutilizzabili) fino alla radio (la famosissima “Cubo” di Zanuso) abitati da personaggi grotteschi o da creature dalla bocca aperta, a volte più inquietanti che ironiche, con il sapore di fedeli compagni di vita quotidiana. A questi si uniscono nuovi meravigliosi oggetti in vetro come bicchieri -fiori, animali, personaggi fantastici realizzati grazie all’incontro con Pino Signoretto, grande maestro ed interprete del vetro muranese, oggetti che documentano, ancora una volta, la continuità che nell’opera di Parisi esiste tra le diverse forme di applicazione della creatività.
A corollario della mostra, nell’area più riservata e intima di Campo Quadro, si possono ammirare i ritratti, raramente esposti, di Ico e Luisa Parisi. Le due opere, prestate dagli eredi per l’occasione, facevano parte dell’arredamento di casa Parisi come testimoniano le foto d’epoca. Luisa, giovane trentenne, è ritratta dal marito Ico, mentre Ico è il soggetto di un’opera caricaturale eseguita da Giuseppe Terragni alla fine degli anni ‘30.
La peculiarità di questi quadri si ricollega alla tradizione comasca della ritrattistica antica (di cui la Pinacoteca ha numerosi esempi in particolare riconducibili alla collezione di Paolo Giovio) ma anche all’abitudine degli artisti e architetti del cosiddetto Gruppo Como di ritrarsi vicendevolmente. A questo proposito si veda la recente donazione del ritratto di Mario Radice eseguito da Giuseppe Terragni esposto nella sala permanente dedicata a Radice.
"Non servono parole per descrivere Ico Parisi - commenta l’Assessore alla Cultura Enrico Colombo - anche perchè gli architetti parlano attraverso un'altra lingua: quella del disegno. La mostra, curata da Roberta Lietti e dal settore Musei del Comune di Como, ripercorre questa forma di linguaggio andando ad approfondire uno degli aspetti meno noti e più intimi dell'Opera di Parisi, ossia il suo rapporto con la moglie Luisa ed il loro disegno sui vetri e le ceramiche. Per l'amministrazione comunale è un onore offrire alla comunità comense, e a quanti verranno in Pinacoteca, l'opera meno nota, e forse più iconica, di uno dei protagonisti della nostra storia, pilastro di quel movimento che ha contribuito a disegnare il nome di Como nella Storia dell'Arte e dell’Architettura."
“La mostra svela opere preziose donate dallo stesso Parisi alla Amministrazione comunale nel 1995 e si inserisce nel cammino programmato di valorizzazione dei maestri comaschi, anche d’adozione, avviato nel 2019 dalla Pinacoteca con le mostre dedicate a Giuseppe Terragni e all'Asilo Sant'Elia, a Mario Radice e al rapporto con l'architettura, a Manlio Rho e al suo archivio” - afferma Veronica Vittani Responsabile della Pinacoteca - “All’esposizione seguirà un lavoro di revisione allestitiva dello spazio a lui dedicato nella sezione del Novecento, come già avvenuto per le nuove sale di Terragni e Radice”.
La Pinacoteca infatti conserva, oltre ai vetri e le ceramiche oggetto della mostra, un cospicuo numero di lavori di Ico e Luisa Parisi, facenti parte di un fondo che contempla fotografie, schizzi, bozzetti, disegni, opere pittoriche, mobili e documenti d’archivio.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.
Domenico Parisi, chiamato Ico, nasce a Palermo, il 23 settembre 1916 da genitori siciliani, allora già residenti in Piemonte. Nel 1925 la famiglia Parisi si trasferisce a Como dove Ico, nel 1936, si diploma perito edile e svolge un periodo di apprendistato presso lo studio Terragni. Qui ha l’occasione di conoscere e frequentare personalità dell’architettura e dell’arte quali Cattaneo, Lingeri, Radice, Rho, Persico e Sartoris. Appassionato di cinema e di fotografia, realizza, su richiesta di Giuseppe Terragni, le immagini fotografiche della Casa del Fascio. Congedato dal fronte nel 1943 rientra a Como e riprende l’attività progettuale, occupandosi prevalentemente della realizzazione di singoli arredi, di allestimenti espositivi e di architetture d’interni. Con lui collabora Luisa Aiani, che sposerà nel 1947 e con la quale aprirà lo studio La Ruota, luogo di progettazione ma anche luogo d’arte, di esposizione e di cultura. A partire dai primi anni ‘50 l’attività di Parisi si fa sempre più prolifica sia in ambito architettonico che di design. Progetta arredi, prima in pezzo unico con artigiani brianzoli e, in seguito per la produzione industriale, con aziende come Cassina, e numerosi oggetti di arte decorativa quali ceramiche e vetri. La fine degli anni ‘60 segna un preciso punto di svolta nella sua ricerca progettuale. Con i “Contenitoriumani”, realizzati in collaborazione con lo scultore Francesco Somaini e presentati per la prima volta al Salone del Mobile di Milano nel 1968, Parisi, inizia un nuovo percorso d’indagine volto a definire un’idea utopico-esistenziale del vivere. Il culmine della sua ricerca progettuale ed esistenziale è tra il 1974 e il 1976, con l’“Operazione Arcevia”, affrontata in modo corale e interdisciplinare e finalizzata alla progettazione di una intera comunità. Il lavoro viene presentato nell’ambito della 76ª Biennale di Venezia e successivamente esposto presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1979). Da tale esperienza socio-urbanistica, fortemente utopica, derivano le successive ricerche grafiche, tema di innumerevoli mostre collettive e personali.
Muore a Como il 19 dicembre 1996.
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