#foodporninUTILE n.2. Cibo da spogliare
Dal 22 Gennaio 2015 al 25 Gennaio 2015
Bologna
Luogo: Ex Movida Club
Indirizzo: via San Felice 6 /b
Curatori: Fulvio Chimento
Enti promotori:
- Comune di Bologna
Telefono per informazioni: +39 051 282111
E-Mail info: artefiera@bolognafiere.it
Sito ufficiale: http://www.artefiera.bolognafiere.it
I volti nel mirino sono quelli che quotidianamente dal mondo “oltre gli schermi” armeggiano orgogliosi tra pentole e mestoli, nuovi scettri di potere mediatico:gli osannati conduttori televisivi dei programmi di cucina che quotidianamente ci bombardano di trucchi, segreti e ricette per diventare chef provetti. Un bersaglio ironico, da colpire con una scarica di freccette in un gesto liberatorio e dissacratorio: è uno dei momenti interattivi della nuova installazione #foodporninUTILE, “Cibo da spogliare”, del gruppo artistico bolognese degli inUTILI, che inaugurerà giovedì 22 gennaio alle ore 17 negli spazi dell’ex Movida Club di via San Felice 6/b a Bologna. La mostra, patrocinata dal Comune di Bologna, è parte del circuito di Art City White Night e di SetUp Plus, i circuiti di eventi culturali dislocati per la città in occasione di ArteFiera 2015 e SetUp Art Fair.
Dopo la fortunata collettiva alle Torri dell’Acqua di Budrio (Bo) lo scorso settembre, in cui le opere degli artisti inUTILI componevano un’articolata riflessione sugli aspetti sociali del cibo, l’ossessione consumistica e la relazione tra corpo (sessualità o sensualità) e nutrimento, questo secondo momento espositivo si compone di diverse tappe che costruiscono, nelle varie stanze che ospitano l’installazione, un vero e proprio viaggio dal sapore quasi dantesco. Dall’inferno/purgatorio del cibo virtuale, bulimico, orgiastico e spettacolarizzato -ben sintetizzato dall’hashtag #foodporn che categorizza, ad oggi, oltre 43 milioni di immagini relative al cibo condivise sui social network- alparadiso laico, umano e ancestrale del cibo reale, cui restituire il suo senso più profondo di nutrimento vitale.
Ecco allora una galleria di bocche che masticano e inghiottono i visitatori all’ingresso, mentre il tappeto sonoro riproduce i rumori della masticazione, fino alla prima sala dove le immagini food della rete si rincorrono nell’ambiente: cibi, piatti elaborati, composizioni gastronomiche raffinate o junk food, food design, immagini di sploshing (il cibo spalmato sul corpo, atto ludico/erotico) si affastellano e bombardano lo spettatore, creando un senso di straniamento. Nella seconda sala il tiro al bersaglio, dove i visitatori muniti di freccette potranno sfogare, in un atto di ludica leggerezza le proprie ironiche pulsioni “distruttive” contro gli idoli del cibo in tv. Atto catartico che precede l’immersione nel tempio del cibo reale, dove pochi elementi fortemente simbolici ed essenziali posti su un tavolo/altare, richiameranno il pubblico ad una riflessione sul senso più profondo del nutrimento, che depurato di ogni pornografia ritorna a essere parte del ciclo vitale, riacquisendo il suo senso più profondo e primigenio.
“Cos’è che spinge a fotografare il cibo e a condividerne gli scatti sui social network?
Per cercare delle risposte gli inUTILI hanno realizzato una serie di installazioni collettive intorno al binomio che correla il cibo reale, (vero) nutrimento per il corpo, e il cibo virtuale, nutrimento per gli occhi e la mente. Lo spettatore, con ironia e un pizzico di sarcasmo, è chiamato a interagire in diversi modi con le opere esposte.
Sfamarsi è prima di tutto un dovere, un atto sacro: la nascita di ogni seme in agricoltura è determinata dall’interazione tra la volontà umana e gli elementi della natura.
Al contrario, il concetto di cibo legato all’appagamento momentaneo dei sensi ha come estrema conseguenza la trasformazione dell’individuo in consumatore acritico e, grazie anche ai social network, in promotore inconsapevole di un marchio e di un’idea di mondo.
Tutto ciò si carica di significato nel momento in cui la scarsità di cibo, in gran parte dell’Occidente, non rappresenta più un indicatore reale di povertà. È sul valore delle idee e sulla creazione di una coscienza comune che si misurerà la possibilità concreta di nutrire il pianeta negli anni a venire”.
(Fulvio Chimento, curatore)
Dopo la fortunata collettiva alle Torri dell’Acqua di Budrio (Bo) lo scorso settembre, in cui le opere degli artisti inUTILI componevano un’articolata riflessione sugli aspetti sociali del cibo, l’ossessione consumistica e la relazione tra corpo (sessualità o sensualità) e nutrimento, questo secondo momento espositivo si compone di diverse tappe che costruiscono, nelle varie stanze che ospitano l’installazione, un vero e proprio viaggio dal sapore quasi dantesco. Dall’inferno/purgatorio del cibo virtuale, bulimico, orgiastico e spettacolarizzato -ben sintetizzato dall’hashtag #foodporn che categorizza, ad oggi, oltre 43 milioni di immagini relative al cibo condivise sui social network- alparadiso laico, umano e ancestrale del cibo reale, cui restituire il suo senso più profondo di nutrimento vitale.
Ecco allora una galleria di bocche che masticano e inghiottono i visitatori all’ingresso, mentre il tappeto sonoro riproduce i rumori della masticazione, fino alla prima sala dove le immagini food della rete si rincorrono nell’ambiente: cibi, piatti elaborati, composizioni gastronomiche raffinate o junk food, food design, immagini di sploshing (il cibo spalmato sul corpo, atto ludico/erotico) si affastellano e bombardano lo spettatore, creando un senso di straniamento. Nella seconda sala il tiro al bersaglio, dove i visitatori muniti di freccette potranno sfogare, in un atto di ludica leggerezza le proprie ironiche pulsioni “distruttive” contro gli idoli del cibo in tv. Atto catartico che precede l’immersione nel tempio del cibo reale, dove pochi elementi fortemente simbolici ed essenziali posti su un tavolo/altare, richiameranno il pubblico ad una riflessione sul senso più profondo del nutrimento, che depurato di ogni pornografia ritorna a essere parte del ciclo vitale, riacquisendo il suo senso più profondo e primigenio.
“Cos’è che spinge a fotografare il cibo e a condividerne gli scatti sui social network?
Per cercare delle risposte gli inUTILI hanno realizzato una serie di installazioni collettive intorno al binomio che correla il cibo reale, (vero) nutrimento per il corpo, e il cibo virtuale, nutrimento per gli occhi e la mente. Lo spettatore, con ironia e un pizzico di sarcasmo, è chiamato a interagire in diversi modi con le opere esposte.
Sfamarsi è prima di tutto un dovere, un atto sacro: la nascita di ogni seme in agricoltura è determinata dall’interazione tra la volontà umana e gli elementi della natura.
Al contrario, il concetto di cibo legato all’appagamento momentaneo dei sensi ha come estrema conseguenza la trasformazione dell’individuo in consumatore acritico e, grazie anche ai social network, in promotore inconsapevole di un marchio e di un’idea di mondo.
Tutto ciò si carica di significato nel momento in cui la scarsità di cibo, in gran parte dell’Occidente, non rappresenta più un indicatore reale di povertà. È sul valore delle idee e sulla creazione di una coscienza comune che si misurerà la possibilità concreta di nutrire il pianeta negli anni a venire”.
(Fulvio Chimento, curatore)
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