Surrealismo, il sogno e l’inconscio
Dal 31 Maggio 2014 al 26 Luglio 2014
Livorno
Luogo: Guastalla Centro Arte
Indirizzo: via Roma 45
Orari: da lunedì a venerdì 10-13 / 16,30-20; sabato 10-12,30
Curatori: Emanuele Greco
Telefono per informazioni: +39 0586 808518
E-Mail info: info@guastallacentroarte.com
Sito ufficiale: http://www.guastallacentroarte.com
La galleria Guastalla Centro Arte propone, in questa occasione, un nuovo interessante appuntamento con la grafica d’autore di maestri internazionali del Novecento, ospitando un’affascinante mostra collettiva dal titolo Surrealismo, il sogno e l’inconscio. L’esposizione comprende circa 40 opere grafiche originali su carta (in prevalenza litografie, acqueforti, acquetinte), di dieci importanti maestri che hanno fatto parte – in vario modo e in vari momenti storici – del Surrealismo, il movimento d’avanguardia guidato da André Bre- ton. Tra gli artisti surrealisti presenti in mostra si trovano: Hans Bellmer, Salvador Dalì, Max Ernst, Leonor Fini, Wifredo Lam, René Magritte, Henri Masson, Sebastian Matta, Joan Miró, ma anche giorgio de chirico, il quale, pur non avendo fatto parte del gruppo, ha comunque avuto contatti diretti con esso, in primo luogo perché fu ritenuto dagli stessi surrealisti un ispiratore, con la sua pittura metafisica, del movimento, e, in secondo luogo, perché espose nella prima grande mostra collettiva surrealista tenutasi a Parigi nel 1925, salvo poi allontanarsene subito dopo.
La mostra è concepita come un percorso ideale tra le tematiche più caratteristiche, come appunto quel- le legate al sogno e alle pulsioni dell’inconscio, comuni agli artisti aderenti al movimento. Un movimento, quello surrealista, esplicitamente rivoluzionario (e non soltanto dal punto di vista artistico), che ha segnato in maniera profonda l’arte del Novecento per la libertà dei mezzi espressivi utilizzati, tra cui caratteristico è stato l’uso della scrittura automatica, e dei temi affrontati, in primo luogo per quell’impulso a ricercare una realtà oltre quella puramente esteriore, sovvertendo i rapporti convenzionali delle cose, ma anche per l’importanza dell’eredità che ha rappresentato per le ricerche artistiche successive, e specialmente per l’espressionismo astratto americano.
Dal punto di vista dell’arte figurativa, il Surrealismo, definendosi come un atteggiamento dello spirito verso la realtà e la vita, più che un insieme di regole formali ed estetiche, non ha prodotto un unico linguag- gio espressivo, bensì ha permesso ad ogni artista del movimento di sviluppare un proprio stile. In generale, però, sono due le direzioni stilistiche che sembrano delinearsi: una più figurativa, in cui l’immagine, dall’aspetto insolito, e lo spazio in cui essa è immersa, derivano da una realtà ipnotica, a diretto contatto con il mondo delle apparenze; l’altra – che può anche coesistere in uno stesso autore – più evocativa, in cui l’immagine, sempre dall’apparenza insolita, nasce inconsapevolmente dal lavoro che l’artista intraprende su una forma o su una materia, divenendo così un’analogia di una proiezione fantasmagorica.
Questa dualità di linguaggi si ritrova anche nella selezione di artisti presenti in mostra. Al primo gruppo, quello “figurativo”, appartiene in primo luogo il metafisico Giorgio de Chirico, con le sue memorie malin- coniche e misteriose dell’antico; Salvador Dalì, con le sue allucinazioni “paranoiche”, dove le figure quasi liquide sorprendono per il virtuoso illusionismo; René Magritte, che induce a riflettere, tramite gli accosta- menti insoliti di oggetti riprodotti realisticamente, sull’irrealtà dell’apparenza; Hans Bellmer, famoso per le sue bambole a grandezza naturale dalle pose non convenzionali e per le tematiche erotiche; e, infine, la pittrice argentina di origine italiana Leonor Fini, con le sue figure leggere e minute dalla delicata ele- ganza. Nel secondo gruppo, quello più “evocativo” e in un certo senso più sperimentale, troviamo, invece, Marx Ernst, il ricercatore instancabile di tecniche sempre nuove atte a stimolare la sua capacità inventivo- immaginativa; il cubano Wifredo Lam, che fa rivivere nella sua figurazione arcaizzante, ma in un’atmosfera fantastica e surreale, i miti e le tradizioni della propria terra caraibica; Henri Masson, che utilizza un tipo di scrittura automatica immediata, veloce e convulsa, e che rasenta quasi l’astrazione; il cileno Sebastian Matta, che rappresenta forme organiche, ma in alcuni casi anche esplicitamente antropomorfiche, immer- se in uno spazio multidimensionale e senza tempo, pervaso da una frenesia meccanica, quasi elettrica; ed infine Joan Miró – «il più surrealista di noi tutti», come lo definì Breton – che specialmente nella sua opera grafica matura, crea con estrema libertà le sue favole incantevoli e gioiose, dove la linea flessuosa sembra danzare serenamente tra i colori puri e accesi.
La mostra, quindi, è un viaggio assolutamente da non perdere, tra le fantasie oniriche e le visioni incon- sce più profonde di alcuni importanti artisti surrealisti.
La mostra è concepita come un percorso ideale tra le tematiche più caratteristiche, come appunto quel- le legate al sogno e alle pulsioni dell’inconscio, comuni agli artisti aderenti al movimento. Un movimento, quello surrealista, esplicitamente rivoluzionario (e non soltanto dal punto di vista artistico), che ha segnato in maniera profonda l’arte del Novecento per la libertà dei mezzi espressivi utilizzati, tra cui caratteristico è stato l’uso della scrittura automatica, e dei temi affrontati, in primo luogo per quell’impulso a ricercare una realtà oltre quella puramente esteriore, sovvertendo i rapporti convenzionali delle cose, ma anche per l’importanza dell’eredità che ha rappresentato per le ricerche artistiche successive, e specialmente per l’espressionismo astratto americano.
Dal punto di vista dell’arte figurativa, il Surrealismo, definendosi come un atteggiamento dello spirito verso la realtà e la vita, più che un insieme di regole formali ed estetiche, non ha prodotto un unico linguag- gio espressivo, bensì ha permesso ad ogni artista del movimento di sviluppare un proprio stile. In generale, però, sono due le direzioni stilistiche che sembrano delinearsi: una più figurativa, in cui l’immagine, dall’aspetto insolito, e lo spazio in cui essa è immersa, derivano da una realtà ipnotica, a diretto contatto con il mondo delle apparenze; l’altra – che può anche coesistere in uno stesso autore – più evocativa, in cui l’immagine, sempre dall’apparenza insolita, nasce inconsapevolmente dal lavoro che l’artista intraprende su una forma o su una materia, divenendo così un’analogia di una proiezione fantasmagorica.
Questa dualità di linguaggi si ritrova anche nella selezione di artisti presenti in mostra. Al primo gruppo, quello “figurativo”, appartiene in primo luogo il metafisico Giorgio de Chirico, con le sue memorie malin- coniche e misteriose dell’antico; Salvador Dalì, con le sue allucinazioni “paranoiche”, dove le figure quasi liquide sorprendono per il virtuoso illusionismo; René Magritte, che induce a riflettere, tramite gli accosta- menti insoliti di oggetti riprodotti realisticamente, sull’irrealtà dell’apparenza; Hans Bellmer, famoso per le sue bambole a grandezza naturale dalle pose non convenzionali e per le tematiche erotiche; e, infine, la pittrice argentina di origine italiana Leonor Fini, con le sue figure leggere e minute dalla delicata ele- ganza. Nel secondo gruppo, quello più “evocativo” e in un certo senso più sperimentale, troviamo, invece, Marx Ernst, il ricercatore instancabile di tecniche sempre nuove atte a stimolare la sua capacità inventivo- immaginativa; il cubano Wifredo Lam, che fa rivivere nella sua figurazione arcaizzante, ma in un’atmosfera fantastica e surreale, i miti e le tradizioni della propria terra caraibica; Henri Masson, che utilizza un tipo di scrittura automatica immediata, veloce e convulsa, e che rasenta quasi l’astrazione; il cileno Sebastian Matta, che rappresenta forme organiche, ma in alcuni casi anche esplicitamente antropomorfiche, immer- se in uno spazio multidimensionale e senza tempo, pervaso da una frenesia meccanica, quasi elettrica; ed infine Joan Miró – «il più surrealista di noi tutti», come lo definì Breton – che specialmente nella sua opera grafica matura, crea con estrema libertà le sue favole incantevoli e gioiose, dove la linea flessuosa sembra danzare serenamente tra i colori puri e accesi.
La mostra, quindi, è un viaggio assolutamente da non perdere, tra le fantasie oniriche e le visioni incon- sce più profonde di alcuni importanti artisti surrealisti.
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