Parlano Giacomo Mattioli e Danka Giacon
La Collezione Mattioli al Museo del Novecento: il racconto dei protagonisti
Umberto Boccioni, Materia, 1912. Olio su tela, 226 x 150 cm. Collezione Gianni Mattioli, Museo del Novecento, Milano
Francesca Grego
27/10/2022
Milano - Il momento è arrivato: da domani la straordinaria Collezione Mattioli, tra le prime al mondo per le opere del Futurismo, sarà esposta al Museo del Novecento. Per anni gli eredi di Gianni Mattioli hanno cercato di collocarla in un museo di Milano e di realizzare così il desiderio del collezionista, ma non è stato semplice. Poi l’accordo, siglato nel settembre 2021 tra Giacomo Mattioli e Palazzo Marino: le 26 opere della raccolta, dichiarata indivisibile già nel ’73 perché “di eccezionale interesse artistico e storico”, sono state concesse in comodato per cinque anni al Museo del Novecento. Finalmente, potremo ammirare dal vivo dipinti come Mercurio passa davanti al Sole di Giacomo Balla, L’amante dell’ingegnere di Carlo Carrà, Bottiglie e fruttiera di Morandi, e la strepitosa Ballerina blu di Gino Severini dialogherà la Ballerina bianca, già nelle raccolte del museo dell’Arengario. Nella Galleria del Futurismo riallestita per l’occasione, un posto speciale è riservato alle opere di Umberto Boccioni: il percorso di visita si aprirà infatti con la scultura Forme uniche della continuità nello spazio e si chiuderà con Materia, rivoluzionario ritratto della madre dell’artista.
Ed è proprio durante la lavorazione del documentario FORMIDABILE BOCCIONI, scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, diretto da Franco Rado e prodotto da ARTE.it Originals con ITsART e Rai Cultura, ora disponibile sulla piattaforma ITsART, che abbiamo incontrato due protagonisti centrali di questa vicenda: Giacomo Mattioli, nipote del grande collezionista Gianni, e Danka Giacon, curatrice del Museo del Novecento. Ecco che cosa ci hanno raccontato.
Da sinistra: Fortunato Depero, il giovane Gianni Mattioli (al centro con il berretto) e Filippo Tommaso Marinetti I Public Domain Wikimedia Commons
“Mio nonno iniziò a comprare quadri nel secondo dopoguerra, ma fu amico dei Futuristi per tutta la sua giovinezza”, ricorda Giacomo Mattioli: “Era un ragazzo povero, scappato di casa a 16 anni. Nei Futuristi, e in particolare in Fortunato Depero, trovò quasi la figura di un padre. Amava i Futuristi perché rappresentavano la modernità, la rottura con i valori borghesi tradizionali che lui non sopportava in quanto protestante e figlio di genitori separati. Ma non aveva soldi per comprare i dipinti, faceva fatica a mangiare. Nel dopoguerra cominciò come tanti collezionisti milanesi: erano appassionati d'arte, erano amici degli artisti, e investivano in opere d’arte. A differenza di altri, tuttavia, Mattioli pensava che una collezione dovesse avere anche uno scopo sociale”.
Come mai?
“Era un'idea che aveva maturato durante la guerra insieme a Fernanda Wittgens, sua cugina, amica e in seguito soprintendente di Milano, con la quale era riuscito a salvare diversi ebrei dalla deportazione. Mattioli era rimasto profondamente colpito dalle stragi dei nazisti, specie da quella di Meina che visse in modo molto drammatico. Pensava che l'arte potesse aiutare le persone a rimanere più umane, più vere. Così con Fernanda accesero quella che chiamavano ‘la fiaccola dell’arte’. Mattioli prese in affitto un appartamento in via Senato, che apriva personalmente al pubblico il sabato, la domenica o su richiesta, per mostrare alle persone cose che non erano ancora nei musei . Aveva capito che il Futurismo e la Metafisica sarebbero stati i due movimenti protagonisti dell'arte moderna italiana. Non a caso costruì la collezione in pochissimo tempo, segno che aveva le idee molto chiare sulla storia dell'arte all’inizio del Novecento”.
Suo nonno ha compreso il valore del Futurismo prima dei critici e degli storici dell’arte…
“Mio nonno aveva capito che il Futurismo poneva una domanda teorica fondamentale: che cosa è arte? Che cosa significa fare un'opera d’arte? I Futuristi erano stati i primi a chiederselo, anticipando un po’ tutte le avanguardie del Novecento. Mattioli aveva iniziato come giornalista ed era interessato al rapporto dell'arte con il pubblico, con la società. Il Futurismo era la modernità perché parlava a tutti, aprendo l’arte a nuove domande”.
Un'immagine del documentario "FORMIDABILE BOCCIONI": Giacomo Mattioli con un dipinto della collezione del nonno
Tra i capolavori della Collezione Mattioli c’è Materia, il dipinto di Umberto Boccioni che da domani chiuderà la Galleria dei Futuristi al Museo del Novecento…
“Mio nonno comprò Materia perché lo considerava il grande capolavoro, l’opera simbolo di Boccioni. Fu un'operazione molto difficile ed economicamente impegnativa. Poi comprò quei Boccioni legati alla grande esposizione nel 1912 a Parigi. Cercò di acquistare almeno un'opera di ciascuno degli artisti che avevano esposto alla Galerie Barnheim Jeune: Solidità nella nebbia di Russolo, la Ballerina di Severini…”.
Dopo un lungo percorso, la Collezione Mattioli ha trovato casa a Milano. Nelle sale del Museo del Novecento potrà finalmente parlare a un vasto pubblico come desiderava il suo fondatore…
“Ne sono molto contento, perché mio nonno fu anche protagonista dell’arrivo del primissimo nucleo di opere dei Futuristi nei musei pubblici milanesi. Sto parlando della raccolta di Felice Azzari, un futurista vicino a Depero che morì suicida. Negli anni Trenta Mattioli fece da intermediario nell’operazione tra il padre di Azzari, il Comune di Milano e l’industriale di Torino Ausonio Canavese, che accettò di comprare le opere e di donarle alla città”.
“Oltre a essere la città di Mattioli, Milano ha giocato un ruolo da protagonista nell’arte del XX secolo, in particolare delle avanguardie a partire dal Futurismo”, osserva Danka Giacon, curatrice del Museo del Novecento. E per una fortunatissima coincidenza, Piazza Duomo - dove ha sede il museo - è stata il cuore della vita dei Futuristi in città. “Intorno a Piazza Duomo”, prosegue la curatrice, “c’erano i principali luoghi di ritrovo degli artisti del movimento: il Caffè Salvini e la Pasticceria Marchesi, dove si riunivano a discutere animatamente, le prime gallerie, la Società della Famiglia Artistica, che supportava gli artisti non ancora affermati. In Piazza Duomo si trovava anche lo studio di Gaetano Previati, che per la generazione dei Futuristi fu un grande maestro e un punto di riferimento. Sappiamo per esempio che Umberto Boccioni era solito frequentarlo…”.
Dal documentario "FORMIDABILE BOCCIONI": la curatrice Danka Giacon nella Galleria del Futurismo del Museo del Novecento
Il Museo del Novecento dispone da sempre di una raccolta di opere futuriste di eccezionale valore…
“Il Museo del Novecento ha la fortuna di raccogliere una collezione unica al mondo di opere d’arte futuriste, in particolare di Umberto Boccioni: è la collezione pubblica che conserva il maggior numero di opere dell’artista. La raccolta, in realtà, ha iniziato a formarsi all’inizio del XX secolo, ben prima della nascita del museo. Il primo dipinto fu il Ritratto della signora Virginia, proprio di Boccioni, acquisito per la GAM intorno al 1916. Un’opera dai modi ancora divisionisti, perché era sì, audace, comprare a quel tempo i quadri di un artista d’avanguardia, ma si preferiva ancora la pacatezza di un soggetto riconoscibile. I veri capolavori futuristi entreranno in collezione negli anni Trenta grazie al lascito Canavese. Nello stesso periodo, con l’intermediazione di Marinetti, il Comune di Milano acquisisce due bronzi fondamentali di Boccioni: Forme uniche della continuità nello spazio e Sviluppo di una bottiglia. Marinetti, che aveva ereditato i modelli in gesso delle sculture, era riuscito grazie a una sovvenzione pubblica a realizzare le fusioni nella fonderia Battaglia di Milano. Degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, infine, sono l’acquisto dell’importante collezione di Riccardo e Magda Jucker, con opere fondamentali come Elasticità e il Bevitore, e la donazione di Pina Antonini, con il capolavoro di inizio Novecento Il crepuscolo“.
Quale sarà il valore aggiunto dalla Collezione Mattioli nel percorso di visita al Museo del Novecento?
“La Collezione Mattioli è una raccolta molto ricca e importante, che aggiunge al patrimonio del Museo del Novecento grandissimi capolavori futuristi. Andrà a dialogare con un’altra importante collezione dello stesso periodo, quella messa insieme da Riccardo Jucker appunto nel secondo dopoguerra”.
Umberto Boccioni, Dinamismo di un ciclista, 1913. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
Leggi anche:
• I gioielli di Gianni Mattioli: una collezione milionaria in arrivo al Museo del Novecento
• Gino Agnese racconta Boccioni, il talento bocciato in disegno che vinse la sfida del Novecento
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• Quella volta che i futuristi, sconosciuti e incompresi, esposero alla Galleria Barnheim-Jeune (vendendo un solo quadro)
• "FORMIDABILE BOCCIONI": il genio futurista in un docufilm
• I capolavori di Boccioni da vedere in Italia
• In viaggio con Boccioni. I capolavori da ammirare nel mondo
Ed è proprio durante la lavorazione del documentario FORMIDABILE BOCCIONI, scritto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà, diretto da Franco Rado e prodotto da ARTE.it Originals con ITsART e Rai Cultura, ora disponibile sulla piattaforma ITsART, che abbiamo incontrato due protagonisti centrali di questa vicenda: Giacomo Mattioli, nipote del grande collezionista Gianni, e Danka Giacon, curatrice del Museo del Novecento. Ecco che cosa ci hanno raccontato.
Da sinistra: Fortunato Depero, il giovane Gianni Mattioli (al centro con il berretto) e Filippo Tommaso Marinetti I Public Domain Wikimedia Commons
“Mio nonno iniziò a comprare quadri nel secondo dopoguerra, ma fu amico dei Futuristi per tutta la sua giovinezza”, ricorda Giacomo Mattioli: “Era un ragazzo povero, scappato di casa a 16 anni. Nei Futuristi, e in particolare in Fortunato Depero, trovò quasi la figura di un padre. Amava i Futuristi perché rappresentavano la modernità, la rottura con i valori borghesi tradizionali che lui non sopportava in quanto protestante e figlio di genitori separati. Ma non aveva soldi per comprare i dipinti, faceva fatica a mangiare. Nel dopoguerra cominciò come tanti collezionisti milanesi: erano appassionati d'arte, erano amici degli artisti, e investivano in opere d’arte. A differenza di altri, tuttavia, Mattioli pensava che una collezione dovesse avere anche uno scopo sociale”.
Come mai?
“Era un'idea che aveva maturato durante la guerra insieme a Fernanda Wittgens, sua cugina, amica e in seguito soprintendente di Milano, con la quale era riuscito a salvare diversi ebrei dalla deportazione. Mattioli era rimasto profondamente colpito dalle stragi dei nazisti, specie da quella di Meina che visse in modo molto drammatico. Pensava che l'arte potesse aiutare le persone a rimanere più umane, più vere. Così con Fernanda accesero quella che chiamavano ‘la fiaccola dell’arte’. Mattioli prese in affitto un appartamento in via Senato, che apriva personalmente al pubblico il sabato, la domenica o su richiesta, per mostrare alle persone cose che non erano ancora nei musei . Aveva capito che il Futurismo e la Metafisica sarebbero stati i due movimenti protagonisti dell'arte moderna italiana. Non a caso costruì la collezione in pochissimo tempo, segno che aveva le idee molto chiare sulla storia dell'arte all’inizio del Novecento”.
Suo nonno ha compreso il valore del Futurismo prima dei critici e degli storici dell’arte…
“Mio nonno aveva capito che il Futurismo poneva una domanda teorica fondamentale: che cosa è arte? Che cosa significa fare un'opera d’arte? I Futuristi erano stati i primi a chiederselo, anticipando un po’ tutte le avanguardie del Novecento. Mattioli aveva iniziato come giornalista ed era interessato al rapporto dell'arte con il pubblico, con la società. Il Futurismo era la modernità perché parlava a tutti, aprendo l’arte a nuove domande”.
Un'immagine del documentario "FORMIDABILE BOCCIONI": Giacomo Mattioli con un dipinto della collezione del nonno
Tra i capolavori della Collezione Mattioli c’è Materia, il dipinto di Umberto Boccioni che da domani chiuderà la Galleria dei Futuristi al Museo del Novecento…
“Mio nonno comprò Materia perché lo considerava il grande capolavoro, l’opera simbolo di Boccioni. Fu un'operazione molto difficile ed economicamente impegnativa. Poi comprò quei Boccioni legati alla grande esposizione nel 1912 a Parigi. Cercò di acquistare almeno un'opera di ciascuno degli artisti che avevano esposto alla Galerie Barnheim Jeune: Solidità nella nebbia di Russolo, la Ballerina di Severini…”.
Dopo un lungo percorso, la Collezione Mattioli ha trovato casa a Milano. Nelle sale del Museo del Novecento potrà finalmente parlare a un vasto pubblico come desiderava il suo fondatore…
“Ne sono molto contento, perché mio nonno fu anche protagonista dell’arrivo del primissimo nucleo di opere dei Futuristi nei musei pubblici milanesi. Sto parlando della raccolta di Felice Azzari, un futurista vicino a Depero che morì suicida. Negli anni Trenta Mattioli fece da intermediario nell’operazione tra il padre di Azzari, il Comune di Milano e l’industriale di Torino Ausonio Canavese, che accettò di comprare le opere e di donarle alla città”.
“Oltre a essere la città di Mattioli, Milano ha giocato un ruolo da protagonista nell’arte del XX secolo, in particolare delle avanguardie a partire dal Futurismo”, osserva Danka Giacon, curatrice del Museo del Novecento. E per una fortunatissima coincidenza, Piazza Duomo - dove ha sede il museo - è stata il cuore della vita dei Futuristi in città. “Intorno a Piazza Duomo”, prosegue la curatrice, “c’erano i principali luoghi di ritrovo degli artisti del movimento: il Caffè Salvini e la Pasticceria Marchesi, dove si riunivano a discutere animatamente, le prime gallerie, la Società della Famiglia Artistica, che supportava gli artisti non ancora affermati. In Piazza Duomo si trovava anche lo studio di Gaetano Previati, che per la generazione dei Futuristi fu un grande maestro e un punto di riferimento. Sappiamo per esempio che Umberto Boccioni era solito frequentarlo…”.
Dal documentario "FORMIDABILE BOCCIONI": la curatrice Danka Giacon nella Galleria del Futurismo del Museo del Novecento
Il Museo del Novecento dispone da sempre di una raccolta di opere futuriste di eccezionale valore…
“Il Museo del Novecento ha la fortuna di raccogliere una collezione unica al mondo di opere d’arte futuriste, in particolare di Umberto Boccioni: è la collezione pubblica che conserva il maggior numero di opere dell’artista. La raccolta, in realtà, ha iniziato a formarsi all’inizio del XX secolo, ben prima della nascita del museo. Il primo dipinto fu il Ritratto della signora Virginia, proprio di Boccioni, acquisito per la GAM intorno al 1916. Un’opera dai modi ancora divisionisti, perché era sì, audace, comprare a quel tempo i quadri di un artista d’avanguardia, ma si preferiva ancora la pacatezza di un soggetto riconoscibile. I veri capolavori futuristi entreranno in collezione negli anni Trenta grazie al lascito Canavese. Nello stesso periodo, con l’intermediazione di Marinetti, il Comune di Milano acquisisce due bronzi fondamentali di Boccioni: Forme uniche della continuità nello spazio e Sviluppo di una bottiglia. Marinetti, che aveva ereditato i modelli in gesso delle sculture, era riuscito grazie a una sovvenzione pubblica a realizzare le fusioni nella fonderia Battaglia di Milano. Degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, infine, sono l’acquisto dell’importante collezione di Riccardo e Magda Jucker, con opere fondamentali come Elasticità e il Bevitore, e la donazione di Pina Antonini, con il capolavoro di inizio Novecento Il crepuscolo“.
Quale sarà il valore aggiunto dalla Collezione Mattioli nel percorso di visita al Museo del Novecento?
“La Collezione Mattioli è una raccolta molto ricca e importante, che aggiunge al patrimonio del Museo del Novecento grandissimi capolavori futuristi. Andrà a dialogare con un’altra importante collezione dello stesso periodo, quella messa insieme da Riccardo Jucker appunto nel secondo dopoguerra”.
Umberto Boccioni, Dinamismo di un ciclista, 1913. Collezione Mattioli I Jackrosso, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons
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