Oltre l’attesa
Dal 30 Ottobre 2021 al 14 Novembre 2021
Tuscania | Viterbo
Luogo: Ex Chiesa di Santa Croce
Indirizzo: Piazza F. Basile 41
Orari: 15.30/18.30; sabato e domenica 11.00/13.00 e 15.30/18.30
Curatori: Giuseppe Salerno
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Sabato 30 ottobre si aprirà a Tuscania, presso l’ex Chiesa di Santa Croce, la mostra Oltre l’attesa a cura di Giuseppe Salerno.
L’introduzione alla mostra avverrà alle ore 15.30 presso il Foyer del Teatro Comunale Il Rivellino “Veriano Luchetti”, in un incontro di Fiorenzo Mascagna con il critico d’arte Giuseppe Salerno, che nell’occasione presenterà il suo più recente libro “Io Curatore”. Seguirà alle ore 17.00 l’apertura della mostra.
Sarà protagonista l’arte contemporanea in tante sue espressioni all’interno dell’ex chiesa e nei suoi giardini, dove sculture e installazioni dialogheranno con gli spazi e i sarcofagi etruschi allineati lungo il muro di cinta.
Differenti fra loro per sensibilità, formazione e modalità espressive, i dodici artisti impegnati sono: Tonina Cecchetti, Eva Gerd, Petra de Goede, Ambra Loreti, Lughia, Mirna Manni, Roberto Marino, Elsa Mencagli, Overlab Project, Luigi Riccioni, Tiziana Rivoni, Maria Grazia Tata.
Così scrive Giuseppe Salerno:
“Nessuno mai avrebbe immaginato che saremmo stati catapultati in un tempo sospeso, una condizione mai prima vissuta, nella quale l’intera umanità si sarebbe trovata a condividere quella situazione di attesa che, nel sottrarre a milioni e milioni di esseri sulla terra la possibilità di sentirsi protagonisti del proprio futuro, ci avrebbe messi, a muso duro, di fronte agli interrogativi fondamentali dell’esistenza. Quella nella quale siamo da tempo immersi è una realtà artefatta, determinata da un’organizzazione sociale non al servizio dell’individuo ma orientata al controllo ed asservente, da un sistema economico non a supporto delle necessità umane ma unicamente finalizzato a perpetrare se stesso, da un rapporto con la terra non di appartenenza e rispetto ma di spregio e sfruttamento.
Un costrutto, quello che l’umanità ha edificato nei secoli, che ci ha progressivamente allontanato da quella corporeità a noi propria, che troverebbe appagamento nella soddisfazione di poche esigenze primarie. Attribuendo ruoli e definendo categorie di appartenenza, l’organizzazione degli uomini ha sancito la diversità non sulla base di ciò che siamo, ma con riferimento a ciò cui ambiamo e che proclamiamo essere. Lo status, sociale e di censo, ci ha indotti a rimuovere il pensiero della comune natura favorendo comportamenti ad essa non confacenti, come non fossimo tutti nati allo stesso modo, per poi allo stesso modo tutti morire.
Oggi che, mai come prima, i popoli della terra sono tra loro tutti connessi, una concomitanza di fattori ha messo a nudo l’umana fragilità. Interrogati su questa condizione dodici artisti presentano i risultati delle loro riflessioni.
Alla donna in attesa di liberazione rivolge le sue attenzioni Tonina Cecchetti che la rappresenta, seppur vestita d’oro, costretta da società dal pensiero corto in una gabbia di ferro. Eva Gerd proietta invece se stessa in oggetti depositari di memoria, di cui amorevolmente si prende cura nella speranza di sottrarli ad una inevitabile fine. Con una installazione Petra de Goede esprime, attraverso l’aratura di un campo incolto, la fine di una personale attesa ed il recupero di una parte vitale di sé. Ambra Loreti allude con le sue ragnatele di fili intrecciati, “Pieghe del tempo”, ad un sentire che non si lascia irretire ed è pronto a sgorgare, oltre l’attesa, brillante e leggero, finalmente libero. Il tema della vita come viaggio e dell’ansia anticipatoria del futuro è trattato nelle due opere di Lughia. Dopo aver rappresentato in un corpo ripiegato su se stesso la piccolezza umana, il senso di smarrimento, la paura e l’incertezza, Mirna Manni apre alla solidarietà ed alla speranza sostenute dal linguaggio del cuore evocato da una grande croce. Incurante degli accadimenti e unicamente immerso nella sua ricerca interiore, Roberto Marino raggiunge l’atteso obiettivo di dare voce a sculture plasmate nel ferro. Avvalendosi di modalità e linguaggi diversi (installazione, video e testi poetici) Elsa Mencagli mette in scena i vuoti, il non detto, ciò che indugia sulla soglia della percezione. Overlab Project (Davide Coluzzi, Davide di Camillo e Maurizio Prochilo) mette in connessione, in sintonia con il carattere del nostro tempo e con riferimento agli eventi vissuti, immagini virtuali con accadimenti reali. Un ramoscello di ulivo, simbolo di rinascita, si libera dalle morse del ghiaccio che nel liquefarsi lacrima in un sottostante catino. Luigi Riccioni rappresenta l’essere umano che, attraverso un gioco di rimandi di specchi, interiorizza il mondo circostante e dà corpo alla visione individuale. Estranea all’attesa si dichiara Tiziana Rivoni la quale scopre nel tempo “rallentato” la dimensione ideale grazie alla quale dà vita a volti scultorei capaci di rendere il sempre di un’identità. Maria Grazia Tata con le “Finestre di notte” rappresenta il vissuto di un edificio, metafora di quella luce interiore che si contrappone al buio, al silenzio ed al vuoto imperante nelle strade.
Fede, speranza, consapevolezza, ribellione, impegno, estraneità e mai accettazione sono le istanze che animano questa pregevole ed assai variegata esposizione di opere”.
Organizzata dall’associazione culturale Magazzini della Lupa con il Patrocinio del Comune di Tuscania la mostra sarà aperta al pubblico dal 30 ottobre alle ore 17.00 fino al 14 novembre 2021 (tutti i giorni dalle ore 15.30 alle 18.30; sabato e domenica 11.00 - 13.00 e 15.30 -18.30) presso la Ex Chiesa di Santa Croce, Piazza F. Basile 41, Tuscania.
L’introduzione alla mostra avverrà alle ore 15.30 presso il Foyer del Teatro Comunale Il Rivellino “Veriano Luchetti”, in un incontro di Fiorenzo Mascagna con il critico d’arte Giuseppe Salerno, che nell’occasione presenterà il suo più recente libro “Io Curatore”. Seguirà alle ore 17.00 l’apertura della mostra.
Sarà protagonista l’arte contemporanea in tante sue espressioni all’interno dell’ex chiesa e nei suoi giardini, dove sculture e installazioni dialogheranno con gli spazi e i sarcofagi etruschi allineati lungo il muro di cinta.
Differenti fra loro per sensibilità, formazione e modalità espressive, i dodici artisti impegnati sono: Tonina Cecchetti, Eva Gerd, Petra de Goede, Ambra Loreti, Lughia, Mirna Manni, Roberto Marino, Elsa Mencagli, Overlab Project, Luigi Riccioni, Tiziana Rivoni, Maria Grazia Tata.
Così scrive Giuseppe Salerno:
“Nessuno mai avrebbe immaginato che saremmo stati catapultati in un tempo sospeso, una condizione mai prima vissuta, nella quale l’intera umanità si sarebbe trovata a condividere quella situazione di attesa che, nel sottrarre a milioni e milioni di esseri sulla terra la possibilità di sentirsi protagonisti del proprio futuro, ci avrebbe messi, a muso duro, di fronte agli interrogativi fondamentali dell’esistenza. Quella nella quale siamo da tempo immersi è una realtà artefatta, determinata da un’organizzazione sociale non al servizio dell’individuo ma orientata al controllo ed asservente, da un sistema economico non a supporto delle necessità umane ma unicamente finalizzato a perpetrare se stesso, da un rapporto con la terra non di appartenenza e rispetto ma di spregio e sfruttamento.
Un costrutto, quello che l’umanità ha edificato nei secoli, che ci ha progressivamente allontanato da quella corporeità a noi propria, che troverebbe appagamento nella soddisfazione di poche esigenze primarie. Attribuendo ruoli e definendo categorie di appartenenza, l’organizzazione degli uomini ha sancito la diversità non sulla base di ciò che siamo, ma con riferimento a ciò cui ambiamo e che proclamiamo essere. Lo status, sociale e di censo, ci ha indotti a rimuovere il pensiero della comune natura favorendo comportamenti ad essa non confacenti, come non fossimo tutti nati allo stesso modo, per poi allo stesso modo tutti morire.
Oggi che, mai come prima, i popoli della terra sono tra loro tutti connessi, una concomitanza di fattori ha messo a nudo l’umana fragilità. Interrogati su questa condizione dodici artisti presentano i risultati delle loro riflessioni.
Alla donna in attesa di liberazione rivolge le sue attenzioni Tonina Cecchetti che la rappresenta, seppur vestita d’oro, costretta da società dal pensiero corto in una gabbia di ferro. Eva Gerd proietta invece se stessa in oggetti depositari di memoria, di cui amorevolmente si prende cura nella speranza di sottrarli ad una inevitabile fine. Con una installazione Petra de Goede esprime, attraverso l’aratura di un campo incolto, la fine di una personale attesa ed il recupero di una parte vitale di sé. Ambra Loreti allude con le sue ragnatele di fili intrecciati, “Pieghe del tempo”, ad un sentire che non si lascia irretire ed è pronto a sgorgare, oltre l’attesa, brillante e leggero, finalmente libero. Il tema della vita come viaggio e dell’ansia anticipatoria del futuro è trattato nelle due opere di Lughia. Dopo aver rappresentato in un corpo ripiegato su se stesso la piccolezza umana, il senso di smarrimento, la paura e l’incertezza, Mirna Manni apre alla solidarietà ed alla speranza sostenute dal linguaggio del cuore evocato da una grande croce. Incurante degli accadimenti e unicamente immerso nella sua ricerca interiore, Roberto Marino raggiunge l’atteso obiettivo di dare voce a sculture plasmate nel ferro. Avvalendosi di modalità e linguaggi diversi (installazione, video e testi poetici) Elsa Mencagli mette in scena i vuoti, il non detto, ciò che indugia sulla soglia della percezione. Overlab Project (Davide Coluzzi, Davide di Camillo e Maurizio Prochilo) mette in connessione, in sintonia con il carattere del nostro tempo e con riferimento agli eventi vissuti, immagini virtuali con accadimenti reali. Un ramoscello di ulivo, simbolo di rinascita, si libera dalle morse del ghiaccio che nel liquefarsi lacrima in un sottostante catino. Luigi Riccioni rappresenta l’essere umano che, attraverso un gioco di rimandi di specchi, interiorizza il mondo circostante e dà corpo alla visione individuale. Estranea all’attesa si dichiara Tiziana Rivoni la quale scopre nel tempo “rallentato” la dimensione ideale grazie alla quale dà vita a volti scultorei capaci di rendere il sempre di un’identità. Maria Grazia Tata con le “Finestre di notte” rappresenta il vissuto di un edificio, metafora di quella luce interiore che si contrappone al buio, al silenzio ed al vuoto imperante nelle strade.
Fede, speranza, consapevolezza, ribellione, impegno, estraneità e mai accettazione sono le istanze che animano questa pregevole ed assai variegata esposizione di opere”.
Organizzata dall’associazione culturale Magazzini della Lupa con il Patrocinio del Comune di Tuscania la mostra sarà aperta al pubblico dal 30 ottobre alle ore 17.00 fino al 14 novembre 2021 (tutti i giorni dalle ore 15.30 alle 18.30; sabato e domenica 11.00 - 13.00 e 15.30 -18.30) presso la Ex Chiesa di Santa Croce, Piazza F. Basile 41, Tuscania.
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