Viaggio nella Roma degli anni Trenta e Quaranta attraverso le foto dell’archivio Agi

© Archivio Vitullo - Agi Agenzia Italia | Veduta della "Spina di Borgo" prima della demolizione. In primo piano Statua di Ponte Sant'Angelo. Roma, 29 ottobre 1936
Dal 15 Aprile 2019 al 15 Aprile 2019
Roma
Luogo: Cinema The Space Moderno
Indirizzo: piazza della Repubblica
Sito ufficiale: http://www.agi.it
Sarà il Cinema The Space Moderno di Piazza della Repubblica a Roma ad ospitare, lunedì 15 aprile, quello che è un vero e proprio tuffo nel passato della Capitale d’Italia. Una collezione inedita di fotografie, tratte dall’Archivio Vitullo di Agi Agenzia Italia, selezionate da Riccardo Luna e Marco Pratellesi, che accompagnano il visitatore in un percorso che si snoda lungo i luoghi simbolo della città di Roma: da Piazza Navona al Colosseo, da Castel Sant’Angelo a Ponte Milvio, passando per Piazza del Popolo e Fontana di Trevi.
La mostra s’inserisce nell’ambito delle celebrazioni dei 100 anni della nascita di Federico Fellini, che ricorreranno nel 2020, dove in due serate eccezionali al Cinema The Space Moderno a Roma, Videocittà in partnership con Eni proietterà “Roma” di Federico Fellini nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna, insieme alle prime immagini in movimento realizzate sulla Capitale da fine 800, fra cui anche una rarissima sequenza girata dai Fratelli Lumière. Verranno proiettati anche il Corto inedito sulla I edizione di Videocittà, realizzato dagli studenti dell’Istituto Rossellini, con l’amichevole supervisione di Pappi Corsicato e il Making of de “Il Primo Re” di Matteo Rovere.
Tantissimi gli ospiti che interverranno nel corso dell’evento di inaugurazione del 15 aprile condotto da Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano- Premi David di Donatello e Riccardo Luna, direttore Agi, tra cui Luca Bergamo, Vice Sindaco e Assessore alla crescita culturale di Roma, Eleonora Giorgi, attrice e comparsa nel Roma di Fellini, Matteo Rovere, regista e sceneggiatore de “Il Primo Re” e Francesco Rutelli, Presidente Videocittà.
Un capolavoro, quello del Maestro riminese, che racconta la Città Eterna in un geniale caleidoscopio di episodi dove l’Italia dell’epoca fascista è confrontata a quella dei primi anni Settanta, in luoghi e riti emblematici.
Come ricorda Riccardo Luna: “L’archivio Vitullo dell’Agi è un pezzo della storia che da oggi entra nella storia. Grazie al digitale, esce dall’oblio per diventare patrimonio di tutti. La prima foto è del 28 novembre 1929 (la vigilia della visita del Papa al Quirinale dopo Porta Pia). L’ultima è del 7 giugno 1944, due dopo l’arrivo degli Alleati a Roma. Sono in tutto 14.594 scatti, quasi tutti su lastre di vetro più diverse centinaia di negativi alla gelatina. Ancora qualche anno e non ne sarebbe rimasto nulla: la chimica e il tempo sanno essere implacabili.
Si chiama Archivio Vitullo dal nome del fotografo. Per la verità conosciamo solo il suo cognome. Aveva lo studio vicino a Fontana di Trevi. A casa Vitullo i fotografi erano più di uno. Nell’archivio è conservata la foto di un certo Vittorio Vitullo: giovane, papillon a pois bianchi, doppio petto abbottonato e gelatina per dividere i capelli scuri con una riga netta. Chissà se è lui il nostro Vitullo: era un fotografo del Popolo di Roma, ma non famoso come Adolfo Porry Pastorel che in quegli anni passa alla storia come il “papà dei paparazzi”. Era uno scattino, un fotoreporter d’assalto. Nell’archivio ci sono molte foto in un certo senso già viste, perché magari scattate da altri fotografi che erano accanto a Vitullo; ma ci sono anche moltissime foto non ufficiali, quelle scartate, quelle dove il Duce non era venuto abbastanza bene, quelle dove si vedeva che la propaganda era fatta di cartapesta. Sono le migliori.
Non sappiamo cosa ne sia stato di Vitullo dopo la Liberazione. Ma sappiamo che il suo archivio, completo dei registri autografi con le didascalie, è stato acquistato nel 1961 dal fondatore dell’Eni Enrico Mattei. Da allora le foto sono rimaste al sicuro in un magazzino ma di fatto inaccessibili. Fino ad oggi. Un appassionato lavoro di digitalizzazione le ha riportate alla luce. Non sono solo reperti del passato. Sono foto vive perché ciascuna di esse racconta una storia, un’altra storia”.
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