Ospite al Castello | La Raccolta della Manna di Paolo Fiammingo
Dal 12 Ottobre 2023 al 17 Marzo 2024
Monselice | Padova
Luogo: Castello di Monselice
Indirizzo: Via del Santuario 17
Enti promotori:
- Fondazione Giorgio Cini
- Regione del Veneto
- Veneto Edifici Monumentali
E-Mail info: info@roccadimonselice.it
Sito ufficiale: http://www.cini.it
Dal 12 ottobre 2023 al 17 marzo 2024 verrà ospitato nella Sala Marcello del Castello di Monselice La raccolta della manna di Paolo Fiammingo. L’iniziativa, nata in seno a un accordo di collaborazione tra Fondazione Giorgio Cini, Regione del Veneto e Veneto Edifici Monumentali, che ha in gestione il complesso monumentale, sarà presentata l’11 ottobre alle ore 11 presso l’Aula Aldo Businaro del Castello con una conferenza della storica dell’arte Mari Pietrogiovanna specialista e docente di pittura olandese e fiamminga dell’Università di Padova, introdotta da Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Fondazione Giorgio Cini.
Tra i dipinti di maggior pregio di proprietà della Fondazione Giorgio Cini, La raccolta della manna è un’opera della maturità di Pauwels Franck o Francken, più noto in Italia come Paolo Fiammingo. Il maestro anversese fu collaboratore di Jacopo Tintoretto e si specializzò a Venezia con una prolifica bottega e una produzione di genere orientata sul paesaggio nella quale la tradizione fiamminga si mescola con quella veneziana. La tela torna al Castello di Monselice per la prima volta da quando, negli anni Settanta, Vittorio Cini ne fece dono alla Fondazione Giorgio Cini.
L’opera fu acquisita nel 1941 con l’attribuzione al celebre Jacopo Tintoretto; Adolfo Venturi prima e Bernard Berenson poi certificarono l’autografia del maestro della pittura veneziana del medio Cinquecento. Fu l’occhio acutissimo di Federico Zeri a suggerire che la tela «prim’ordine del tardo ‘500» dovesse essere stata realizzata da un maestro tintorettesco piuttosto che da Jacopo stesso. Gli studi successivi, infatti, riconobbero nel dipinto la mano tarda del pittore Paolo Fiammingo, la cui articolata fisionomia artistica fu ricostruita solo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
Nato intorno agli anni Quaranta del Cinquecento ad Anversa, fulcro commerciale delle Fiandre del Rinascimento, Paolo si trasferì, come molti altri artisti a lui conterranei, in Italia. Nella Serenissima, l’artista entrò presto in contatto con Jacopo Tintoretto il cui stile pastoso e ricco ebbe su di lui una grandissima influenza. Allo stesso tempo, nella bottega del Robusti, Paolo si distinse nella realizzazione di paesaggi, arrivando a esercitare un forte ascendente nelle scene di carattere biblico pastorale di un altro maestro del genere, Leandro Bassano.
L’episodio dipinto sulla tela esposta ora a Monselice raffigura il momento in cui gli Israeliti raccolgono dal suolo la manna, il cibo divino inviato loro da Dio nel deserto del Sin, nei pressi del Monte Sinai. Ai lati del quadro si notano due possenti personaggi, uno nerboruto visto di spalle, e uno più esile, elegantemente panneggiato di bianco: la posa serpentinata di entrambe le figure, tradisce la forte influenza tintorettiana, mentre la loro collocazione entro zone ombreggiate, ad inquadrare la scena principale dell’opera, richiama una delle cifre stilistiche di Paolo. Protagonisti dell’episodio sono Mosè e Aronne che discutono, con aspetto nobile, circa la natura divina dell’avvenimento mentre, tutt’intorno, il popolo ebraico è affaccendato nella raccolta della manna in quello che è diventato uno scintillante paesaggio boschivo.
Tra i dipinti di maggior pregio di proprietà della Fondazione Giorgio Cini, La raccolta della manna è un’opera della maturità di Pauwels Franck o Francken, più noto in Italia come Paolo Fiammingo. Il maestro anversese fu collaboratore di Jacopo Tintoretto e si specializzò a Venezia con una prolifica bottega e una produzione di genere orientata sul paesaggio nella quale la tradizione fiamminga si mescola con quella veneziana. La tela torna al Castello di Monselice per la prima volta da quando, negli anni Settanta, Vittorio Cini ne fece dono alla Fondazione Giorgio Cini.
L’opera fu acquisita nel 1941 con l’attribuzione al celebre Jacopo Tintoretto; Adolfo Venturi prima e Bernard Berenson poi certificarono l’autografia del maestro della pittura veneziana del medio Cinquecento. Fu l’occhio acutissimo di Federico Zeri a suggerire che la tela «prim’ordine del tardo ‘500» dovesse essere stata realizzata da un maestro tintorettesco piuttosto che da Jacopo stesso. Gli studi successivi, infatti, riconobbero nel dipinto la mano tarda del pittore Paolo Fiammingo, la cui articolata fisionomia artistica fu ricostruita solo tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.
Nato intorno agli anni Quaranta del Cinquecento ad Anversa, fulcro commerciale delle Fiandre del Rinascimento, Paolo si trasferì, come molti altri artisti a lui conterranei, in Italia. Nella Serenissima, l’artista entrò presto in contatto con Jacopo Tintoretto il cui stile pastoso e ricco ebbe su di lui una grandissima influenza. Allo stesso tempo, nella bottega del Robusti, Paolo si distinse nella realizzazione di paesaggi, arrivando a esercitare un forte ascendente nelle scene di carattere biblico pastorale di un altro maestro del genere, Leandro Bassano.
L’episodio dipinto sulla tela esposta ora a Monselice raffigura il momento in cui gli Israeliti raccolgono dal suolo la manna, il cibo divino inviato loro da Dio nel deserto del Sin, nei pressi del Monte Sinai. Ai lati del quadro si notano due possenti personaggi, uno nerboruto visto di spalle, e uno più esile, elegantemente panneggiato di bianco: la posa serpentinata di entrambe le figure, tradisce la forte influenza tintorettiana, mentre la loro collocazione entro zone ombreggiate, ad inquadrare la scena principale dell’opera, richiama una delle cifre stilistiche di Paolo. Protagonisti dell’episodio sono Mosè e Aronne che discutono, con aspetto nobile, circa la natura divina dell’avvenimento mentre, tutt’intorno, il popolo ebraico è affaccendato nella raccolta della manna in quello che è diventato uno scintillante paesaggio boschivo.
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