Milk Revolution / Prex Gemina / Material Narratives / Dislodging the Silence: Public Art Intervening in Mussolini's Foro Italico / Satellites
Dal 30 Gennaio 2015 al 01 Marzo 2015
Roma
Luogo: American Academy in Rome
Indirizzo: via Angelo Masina 5
Orari: venerdì, sabato e domenica 16-19
Curatori: Ilaria Marotta, Andrea Baccin
Telefono per informazioni: +39 06 5846459
E-Mail info: info@aarome.org
Sito ufficiale: http://www.aarome.org
Milk Revolution
a cura di Ilaria Marotta e Andrea Baccin di CURA.
Artisti: Artie Vierkant, Vanessa Safavi, Bunny Rogers, Alessandro Piangiamore, Abinadi Meza, Cynthia Madansky, Adam Kuby, Corin Hewitt, Keith Hennessy, Elias Hansen, Francesca Grilli, Carin Goldberg, Martino Gamper, Anna Franceschini, Luca Francesconi, Andrea De Stefani, Gabriele De Santis, Tomaso De Luca.
Quando nel 1985 Allen Ginsberg, scrittore e poeta della beat generation, fotografava al Breslin Hotel di Manhattan, l’amico Harry Smith – pittore, archivista, antropologo e regista – nell’intento di trasformare il latte in latte, restituiva in un’immagine sintetica gli esiti di un’intera generazione chiamata a confrontarsi con grandi cambiamenti e lotte, attraverso il gesto sovversivo di una impossibile alchimia. L’impatto di un’azione artistica può assumere talvolta una propria forza rivoluzionaria per quanto transitoria, fugace, leggera. Come scriveva Bachelard, i poeti e gli alchimisti sono coloro i quali traducono in immagini l’incantesimo che l’immagine stessa esercita sulla psiche, incantesimo tanto più forte quanto più profonda è la loro confidenza con le sostanze elementari che determinano gli umori e la loro capacità nel manipolarle, elaborarle, trasmutarle. Nell’ambito di questa rèverie di connessioni alchemiche, milk revolution mette in relazione il lavoro di artisti residenti all’Accademia Americana e una selezione di artisti internazionali non residenti, delineando un percorso asistematico, anti-narrativo, fluido, un dispositivo aperto, che contravviene al senso comune di un pensiero sintetico e amalgama temperamenti e umori legati al passaggio di stato, alla metamorfosi, al tempo dell’opera, in una anarchica opposizione degli elementi all’omologazione e al controllo. Nella dimensione astratta dello spazio espositivo, il processo mutante e regressivo fa da controcanto a un’ambivalenza estetizzante, atemporale e sospesa, sondando pulsioni di resistenza, autonomia e fuga, ma anche empatia e sgradevolezza, fascinazione e ripugnanza verso gli elementi. La mostra anela dunque alla definizione di un microsistema in cui la mutazione della materia, la colatura di un dripping, il percorso indefinibile della cera, il perpetuo cambiamento di stato degli elementi, il gesto liberatorio di una pennellata ripetitiva, l’impalpabile trasparenza di un tulle, le inattese venature di un finto marmo, il suono che arriva incontrollato da un luogo remoto, un rapace che agisce istintivo e fuori controllo diventano rappresentazione di un immaginario chiamato a perlustrare le pieghe recondite dell’essere umano e il “delicato nonsenso di essere sempre se stessi, diventando continuamente altro.”
Prex Gemina
È anti oggettuale invece il progetto dell’ambient electronic artist Lakshmi Ramgopal aka Lykanthea e la musicista, fellow in Accademia, Paula Matthusen, intitolato Prex Gemina. A partire dalle figure femminili rappresentate come martiri nelle Catacombe Cristiane, Prex Gemina esplora le affinità spettrali di questi spazi, esaminando i silenzi che li avvolgono. La musica elettronica realizzata con EVP (Electronic Voice Phenomenon) diventa il mezzo dell’analisi critica del tema proposto, amplificando registrazioni ambientali con l’obiettivo di ascoltare il soprannaturale. Si tratta di registrazioni di silenzi distesi, posti tra parantesi, tra domande che si perdono nell’aere, condotte usando le pareti di uno spazio delimitato, nel quale i visitatori ascoltano e si perdono, come catturati.
Material Narratives
Diversamente Material Narratives, progetto di Anna Serotta, assistente al dipartimento di conservazione del Metropolitan Museum di New York, coinvolge gli l'artista Adam Kuby, e le scrittrici Krys Lee e Liz Moore. Il progetto cerca di esplorare l’interpretazione della cultura, materiale frammentario, condensando in una azione il ciclo di creazione, distruzione e ricreazione. Quattro partecipanti metteranno, infatti, in atto una performance live in cui un testo inedito, scritto grazie al contributo di diversi borsisti dell’American Academy in Rome, sarà scolpito in un blocco di marmo di Carrara. Nel corso della performance il blocco sarà frammentato e il testo ripensato attraverso brani di prosa composti estemporaneamente alla presenza di due scrittori.
Guarda alla Capitale A Roma, la mostra dei borsisti in architettura del paesaggio Daniel Phillips e Kim Karlsrud, COMMONstudio, a partire dalla bellezza dei monumenti di Roma: questi ormai diventati iconici sono stati ripresi, reinterpretati, fotografati in tutto il mondo in formati che vanno dalle composizioni drammatiche delle stampe di Piranesi ai film di Fellini, dalle pagine degli opuscoli turistici alle immagini digitali, fino agli scatti della quotidianità che fanno da sfondo agli irrinunciabili selfie. Eppure, insistendo sulla lettura di questi siti unicamente come reliquie del passato ci si preclude la possibilità di costruire conversazioni vitali su come questi monumenti continuano a vivere, respirare ed esistere al giorno d’oggi. A Roma vuole essere un riesame dei luoghi rappresentativi di Roma attraverso una celebrazione sensoriale alternativa di elementi che sono troppo spesso trascurati. Materiale vivo proveniente dalle varie ecologie vegetali di tre siti romani è stato raccolto, catalogato ed elaborato mediante la distillazione a vapore per estrarre ed interpretare ogni luogo come essenza unica che può essere vissuta a livello olfattivo.
Dislodging the Silence: Public Art Intervening in Mussolini’s Foro Italico
Anche l’intervento di Max Page, Rome Prize Fellow in Historic Preservation and Conservation parte dalla Capitale per proporre una riflessione universale, attraverso la mostra Dislodging the Silence: Public Art Intervening in Mussolini’s Foro Italico che invita al confronto artisti contemporanei quali Francesco Arena, Lorenzo Romito, il collettivo Stalker, Dario Scaravelli e il gruppo Startt, Renata Stih e Frieder Schnock; Stefano Canto, Cynthia Madansky. Il Foro Italico è uno dei siti di propaganda più interessanti ed inquietanti dell’epoca fascista. Racconta, grazie ad una vasta teoria di mosaici che ne decorano gli spazi, la campagna italiana in Etiopia, lo sport, attraverso monumentali figure maschili in campi da tennis e piste da corsa, ma soprattutto catturano l’ideologia e la visione di Mussolini, tutta concentrata sull’ideale di un nuovo Impero Romano. Nonostante ciò, l’apparato contenuto in queste immagini non compie alcuno sforzo per invitare i visitatori, a migliaia per l’epoca, a confrontarsi con l’ideologia fascista che campeggia ovunque. Nonostante ciò e tutta la sua magniloquenza imperiale, il Foro Italico resta muto sul suo passato.
Satellites
Satellites, infine, di Firat Erdim e Olivia Valentine riunisce la documentazione di performance su due terreni lontani: processioni, marce, pellegrinaggi e sfilate sono modi collettivi per un continuo riaffermare o ridefinire il significato di spazio civico. Le azioni documentate in Satellites sono tentativi di affrontare tale massa a livello individuale. In Segovia, una topografia della città è tracciata attraverso la circumnavigazione di un campanile centrale. In Cappadocia, il paesaggio viene delineato in una singola figura camminando ai bordi di una montagna piatta. Il risultato di questo percorso, evocando l’idea di orizzonte, sarà un grande disegno a parete che animerà lo scalone interno dell’American Academy in Rome.
a cura di Ilaria Marotta e Andrea Baccin di CURA.
Artisti: Artie Vierkant, Vanessa Safavi, Bunny Rogers, Alessandro Piangiamore, Abinadi Meza, Cynthia Madansky, Adam Kuby, Corin Hewitt, Keith Hennessy, Elias Hansen, Francesca Grilli, Carin Goldberg, Martino Gamper, Anna Franceschini, Luca Francesconi, Andrea De Stefani, Gabriele De Santis, Tomaso De Luca.
Quando nel 1985 Allen Ginsberg, scrittore e poeta della beat generation, fotografava al Breslin Hotel di Manhattan, l’amico Harry Smith – pittore, archivista, antropologo e regista – nell’intento di trasformare il latte in latte, restituiva in un’immagine sintetica gli esiti di un’intera generazione chiamata a confrontarsi con grandi cambiamenti e lotte, attraverso il gesto sovversivo di una impossibile alchimia. L’impatto di un’azione artistica può assumere talvolta una propria forza rivoluzionaria per quanto transitoria, fugace, leggera. Come scriveva Bachelard, i poeti e gli alchimisti sono coloro i quali traducono in immagini l’incantesimo che l’immagine stessa esercita sulla psiche, incantesimo tanto più forte quanto più profonda è la loro confidenza con le sostanze elementari che determinano gli umori e la loro capacità nel manipolarle, elaborarle, trasmutarle. Nell’ambito di questa rèverie di connessioni alchemiche, milk revolution mette in relazione il lavoro di artisti residenti all’Accademia Americana e una selezione di artisti internazionali non residenti, delineando un percorso asistematico, anti-narrativo, fluido, un dispositivo aperto, che contravviene al senso comune di un pensiero sintetico e amalgama temperamenti e umori legati al passaggio di stato, alla metamorfosi, al tempo dell’opera, in una anarchica opposizione degli elementi all’omologazione e al controllo. Nella dimensione astratta dello spazio espositivo, il processo mutante e regressivo fa da controcanto a un’ambivalenza estetizzante, atemporale e sospesa, sondando pulsioni di resistenza, autonomia e fuga, ma anche empatia e sgradevolezza, fascinazione e ripugnanza verso gli elementi. La mostra anela dunque alla definizione di un microsistema in cui la mutazione della materia, la colatura di un dripping, il percorso indefinibile della cera, il perpetuo cambiamento di stato degli elementi, il gesto liberatorio di una pennellata ripetitiva, l’impalpabile trasparenza di un tulle, le inattese venature di un finto marmo, il suono che arriva incontrollato da un luogo remoto, un rapace che agisce istintivo e fuori controllo diventano rappresentazione di un immaginario chiamato a perlustrare le pieghe recondite dell’essere umano e il “delicato nonsenso di essere sempre se stessi, diventando continuamente altro.”
Prex Gemina
È anti oggettuale invece il progetto dell’ambient electronic artist Lakshmi Ramgopal aka Lykanthea e la musicista, fellow in Accademia, Paula Matthusen, intitolato Prex Gemina. A partire dalle figure femminili rappresentate come martiri nelle Catacombe Cristiane, Prex Gemina esplora le affinità spettrali di questi spazi, esaminando i silenzi che li avvolgono. La musica elettronica realizzata con EVP (Electronic Voice Phenomenon) diventa il mezzo dell’analisi critica del tema proposto, amplificando registrazioni ambientali con l’obiettivo di ascoltare il soprannaturale. Si tratta di registrazioni di silenzi distesi, posti tra parantesi, tra domande che si perdono nell’aere, condotte usando le pareti di uno spazio delimitato, nel quale i visitatori ascoltano e si perdono, come catturati.
Material Narratives
Diversamente Material Narratives, progetto di Anna Serotta, assistente al dipartimento di conservazione del Metropolitan Museum di New York, coinvolge gli l'artista Adam Kuby, e le scrittrici Krys Lee e Liz Moore. Il progetto cerca di esplorare l’interpretazione della cultura, materiale frammentario, condensando in una azione il ciclo di creazione, distruzione e ricreazione. Quattro partecipanti metteranno, infatti, in atto una performance live in cui un testo inedito, scritto grazie al contributo di diversi borsisti dell’American Academy in Rome, sarà scolpito in un blocco di marmo di Carrara. Nel corso della performance il blocco sarà frammentato e il testo ripensato attraverso brani di prosa composti estemporaneamente alla presenza di due scrittori.
Guarda alla Capitale A Roma, la mostra dei borsisti in architettura del paesaggio Daniel Phillips e Kim Karlsrud, COMMONstudio, a partire dalla bellezza dei monumenti di Roma: questi ormai diventati iconici sono stati ripresi, reinterpretati, fotografati in tutto il mondo in formati che vanno dalle composizioni drammatiche delle stampe di Piranesi ai film di Fellini, dalle pagine degli opuscoli turistici alle immagini digitali, fino agli scatti della quotidianità che fanno da sfondo agli irrinunciabili selfie. Eppure, insistendo sulla lettura di questi siti unicamente come reliquie del passato ci si preclude la possibilità di costruire conversazioni vitali su come questi monumenti continuano a vivere, respirare ed esistere al giorno d’oggi. A Roma vuole essere un riesame dei luoghi rappresentativi di Roma attraverso una celebrazione sensoriale alternativa di elementi che sono troppo spesso trascurati. Materiale vivo proveniente dalle varie ecologie vegetali di tre siti romani è stato raccolto, catalogato ed elaborato mediante la distillazione a vapore per estrarre ed interpretare ogni luogo come essenza unica che può essere vissuta a livello olfattivo.
Dislodging the Silence: Public Art Intervening in Mussolini’s Foro Italico
Anche l’intervento di Max Page, Rome Prize Fellow in Historic Preservation and Conservation parte dalla Capitale per proporre una riflessione universale, attraverso la mostra Dislodging the Silence: Public Art Intervening in Mussolini’s Foro Italico che invita al confronto artisti contemporanei quali Francesco Arena, Lorenzo Romito, il collettivo Stalker, Dario Scaravelli e il gruppo Startt, Renata Stih e Frieder Schnock; Stefano Canto, Cynthia Madansky. Il Foro Italico è uno dei siti di propaganda più interessanti ed inquietanti dell’epoca fascista. Racconta, grazie ad una vasta teoria di mosaici che ne decorano gli spazi, la campagna italiana in Etiopia, lo sport, attraverso monumentali figure maschili in campi da tennis e piste da corsa, ma soprattutto catturano l’ideologia e la visione di Mussolini, tutta concentrata sull’ideale di un nuovo Impero Romano. Nonostante ciò, l’apparato contenuto in queste immagini non compie alcuno sforzo per invitare i visitatori, a migliaia per l’epoca, a confrontarsi con l’ideologia fascista che campeggia ovunque. Nonostante ciò e tutta la sua magniloquenza imperiale, il Foro Italico resta muto sul suo passato.
Satellites
Satellites, infine, di Firat Erdim e Olivia Valentine riunisce la documentazione di performance su due terreni lontani: processioni, marce, pellegrinaggi e sfilate sono modi collettivi per un continuo riaffermare o ridefinire il significato di spazio civico. Le azioni documentate in Satellites sono tentativi di affrontare tale massa a livello individuale. In Segovia, una topografia della città è tracciata attraverso la circumnavigazione di un campanile centrale. In Cappadocia, il paesaggio viene delineato in una singola figura camminando ai bordi di una montagna piatta. Il risultato di questo percorso, evocando l’idea di orizzonte, sarà un grande disegno a parete che animerà lo scalone interno dell’American Academy in Rome.
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