Padiglione Granada - 59. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia | An Unknown that Does Not Terrify
Dal 23 Aprile 2022 al 27 Novembre 2022
Venezia
Luogo: Giardino Bianco Art Space
Indirizzo: Via Giuseppe Garibaldi - Castello 1814
Orari: Mar - Dom 11 - 19 | Lun chiuso
Costo del biglietto: Ingresso libero
E-Mail info: startsrls2015@gmail.com
Sito ufficiale: http://www.grenadavenice.org
Inaugurerà il prossimo 23 aprile e sarà visitabile fino al 27 novembre 2022, la 59esima Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, posticipata di un anno causa pandemia, con un titolo evocativo Il latte dei sogni, a cura di Cecilia Alemani.
Tra le partecipazioni ufficiali anche in questa edizione è presente il Padiglione Nazionale Grenada, ospitato ne Il Giardino Bianco Art Space, diretto dal Commissario Susan Mains, che indaga il tema generale indirizzando la creatività su tematiche universali quali multietnicità, plurilinguismo e integrazione.
La mostra dal titolo An Unknown that Does Not Terrify, partirà dall’analisi dello Shakespeare Mas per ragionare sul “diritto all’opacità” teorizzato dal filosofo e scrittore della Martinica Edouard Glissant, inteso, secondo l’intellettuale, come diritto a “non essere compresi totalmente e non comprendere totalmente l’altro perché ogni esistenza ha un fondo complesso ed oscuro che non può e non deve essere attraversato dai raggi X di una pretesa conoscenza totale.”
In armonia con lo spirito della rassegna artisti autoctoni o originari del posto (Cypher Art Collective of Grenada: Oliver Benoit, Billy Gerard Frank, Ian Friday, Asher Mains, Susan Mains, Angus Martin, Samuel Ogilvie) e internazionali (Giancarlo Flati; Anna Maria Li Gotti; Nino Perrone; Rossella Pezzino de Geronimo; Marialuisa Tadei; Identity Collective: Ezio Balliano, Cristina Corvino, Franca D’Alfonso, Elia Inderle, Fernando Mangone, Peter Nussbaum, Fedora Spinelli, Armando Velardo) si confronteranno sul tema con un linguaggio cosmopolita che vedrà video art, realtà aumentata, pittura, scultura e performance.
A tal proposito appare significativa l’installazione Empathy of Place di Asher Mains del collettivo Cypher Art Collective of Grenada che seppur analizzi l’esperienza materiale ed estetica generata dallo Shakespeare Mas, con oggetti che richiamano il rituale (reti da pesca, remi, spugne…), in realtà rappresenterà un’esplorazione sulla propria identità e sulla percezione della realtà attraverso l’interazione tra ambiente e oggetti di un luogo, nonostante la consapevolezza di comprendere pienamente se stessi e gli altri. A tal proposito scrive Glissant: “Ogni realtà è un arcipelago; vivere significa errare da un’isola all’altra, ognuna delle quali diventa un po’ la nostra patria.”
Da una prospettiva volta all’integrazione, senza trascurare la propria singolarità, nasce la metafora del viaggio. A tal proposito la mostra esorta a tagliare gli ormeggi lasciando il porto sicuro di una tradizione e di un'appartenenza culturale, per navigare in mare aperto, con animo accogliente verso il "diverso", dando voce a tutte le culture che costituiscono insieme la Totalità. A tal proposito un’intera sala espositiva sarà destinata a ospitare opere fotografiche di realtà aumentata della fotoreporter e visual artist Rossella Pezzino de Geronimo, sempre vicina alla salvaguardia della biodiversità e alla tutela delle minoranze. Gli scatti, della serie Liquid Chaos, indagheranno l’elemento acqua concepita sia come entità pura e primigenia, da cui tutto origina, sia come elemento instabile nel suo eterno fluire. Da qui una riflessione universale sulla profonda necessità di come l’essere umano debba destrutturarsi per potersi superare e rinascere diverso e aperto all’alterità. Messaggio quest’ultimo ribadito da Anna Maria Li Gotti, Peter Nussbaum, Nino Perrone, Fedora Spinelli, Marialuisa Tadei che muovono da una ricerca contemplativa, mediante il linguaggio del colore, per consegnare al fruitore una dimensione spirituale e altamente simbolica.
Paradigmatico è poi il film di Billy Gerard Frank che rifletterà, con uno sguardo storico, sulla vita dell’abolizionista Cugoano, John Stuart. Ridotto in schiavitù in Africa, portato a Grenada e poi in Inghilterra, tutta la produzione letteraria di cui fu autore, rappresenta oggi una delle critiche più dirette alla schiavitù mossa da uno scrittore di origini africane.
L’esposizione seguirà quindi due filoni narrativi, il primo verterà sulla metamorfosi e sul travestimento. A tal proposito è necessario citare le composizioni pittoriche di Susan Mains ispirate al rituale dello Shakespeare Mas dove i soggetti sono le maschere del Carnevale a Carriacou. Tale produzione è testimonianza di un’espressione culturale unica derivata dalla colonizzazione dell’isola da parte dei francesi e dall’imposizione del cattolicesimo su gran parte della popolazione ridotta in schiavitù in base al Codice Nero del 1685. E ancora tralasciando citazioni storiche, emblematiche saranno le narrazioni estetiche di Cristina Corvino, Alfonso Mangone, Armando Velardo, Giancarlo Flati che, seppur con materiali e stili eterogenei, indagheranno sul concetto di trasformazione e nuovi linguaggi al fine di comprendere l’umano nella sua interezza.
Secondo aspetto della mostra sarà la riflessione sull’identità culturale e sullo specifico patrimonio mnemonico di ogni Stato, popolo o tribù. A tal proposito Oliver Benoit decostruirà il rituale dello Shakespeare Mas per svelarne i significati nascosti sfuggiti nel corso degli anni, che verranno da lui proposti in composizioni acriliche; Ian Friday e Samuel Ogilvie attraverso una video performance coniugheranno l’energia ritualistica dello Shakespeare Mas a elementi attuali, dando origine a un linguaggio comune che nasce dal cambiamento dei tempi. John Angus Martin invece porterà avanti il suo studio - basato su un progetto multidisciplinare che vede coinvolti Paesi e professionisti di origini diverse – basato sugli impatti dell’invasione europea delle Americhe dopo il 1492, in particolare verso le popolazioni indigene e le terre caraibiche. Infine Ezio Balliano, Franca D’Alfonso, Elia Inderle con un medium pittorico soffice e poetico guarderanno a un mondo passato di reminiscenze con uno spirito desideroso di riscrivere la storia, attraverso un pensiero che travalichi ogni limite o contingenza per farsi universale.
Tra le partecipazioni ufficiali anche in questa edizione è presente il Padiglione Nazionale Grenada, ospitato ne Il Giardino Bianco Art Space, diretto dal Commissario Susan Mains, che indaga il tema generale indirizzando la creatività su tematiche universali quali multietnicità, plurilinguismo e integrazione.
La mostra dal titolo An Unknown that Does Not Terrify, partirà dall’analisi dello Shakespeare Mas per ragionare sul “diritto all’opacità” teorizzato dal filosofo e scrittore della Martinica Edouard Glissant, inteso, secondo l’intellettuale, come diritto a “non essere compresi totalmente e non comprendere totalmente l’altro perché ogni esistenza ha un fondo complesso ed oscuro che non può e non deve essere attraversato dai raggi X di una pretesa conoscenza totale.”
In armonia con lo spirito della rassegna artisti autoctoni o originari del posto (Cypher Art Collective of Grenada: Oliver Benoit, Billy Gerard Frank, Ian Friday, Asher Mains, Susan Mains, Angus Martin, Samuel Ogilvie) e internazionali (Giancarlo Flati; Anna Maria Li Gotti; Nino Perrone; Rossella Pezzino de Geronimo; Marialuisa Tadei; Identity Collective: Ezio Balliano, Cristina Corvino, Franca D’Alfonso, Elia Inderle, Fernando Mangone, Peter Nussbaum, Fedora Spinelli, Armando Velardo) si confronteranno sul tema con un linguaggio cosmopolita che vedrà video art, realtà aumentata, pittura, scultura e performance.
A tal proposito appare significativa l’installazione Empathy of Place di Asher Mains del collettivo Cypher Art Collective of Grenada che seppur analizzi l’esperienza materiale ed estetica generata dallo Shakespeare Mas, con oggetti che richiamano il rituale (reti da pesca, remi, spugne…), in realtà rappresenterà un’esplorazione sulla propria identità e sulla percezione della realtà attraverso l’interazione tra ambiente e oggetti di un luogo, nonostante la consapevolezza di comprendere pienamente se stessi e gli altri. A tal proposito scrive Glissant: “Ogni realtà è un arcipelago; vivere significa errare da un’isola all’altra, ognuna delle quali diventa un po’ la nostra patria.”
Da una prospettiva volta all’integrazione, senza trascurare la propria singolarità, nasce la metafora del viaggio. A tal proposito la mostra esorta a tagliare gli ormeggi lasciando il porto sicuro di una tradizione e di un'appartenenza culturale, per navigare in mare aperto, con animo accogliente verso il "diverso", dando voce a tutte le culture che costituiscono insieme la Totalità. A tal proposito un’intera sala espositiva sarà destinata a ospitare opere fotografiche di realtà aumentata della fotoreporter e visual artist Rossella Pezzino de Geronimo, sempre vicina alla salvaguardia della biodiversità e alla tutela delle minoranze. Gli scatti, della serie Liquid Chaos, indagheranno l’elemento acqua concepita sia come entità pura e primigenia, da cui tutto origina, sia come elemento instabile nel suo eterno fluire. Da qui una riflessione universale sulla profonda necessità di come l’essere umano debba destrutturarsi per potersi superare e rinascere diverso e aperto all’alterità. Messaggio quest’ultimo ribadito da Anna Maria Li Gotti, Peter Nussbaum, Nino Perrone, Fedora Spinelli, Marialuisa Tadei che muovono da una ricerca contemplativa, mediante il linguaggio del colore, per consegnare al fruitore una dimensione spirituale e altamente simbolica.
Paradigmatico è poi il film di Billy Gerard Frank che rifletterà, con uno sguardo storico, sulla vita dell’abolizionista Cugoano, John Stuart. Ridotto in schiavitù in Africa, portato a Grenada e poi in Inghilterra, tutta la produzione letteraria di cui fu autore, rappresenta oggi una delle critiche più dirette alla schiavitù mossa da uno scrittore di origini africane.
L’esposizione seguirà quindi due filoni narrativi, il primo verterà sulla metamorfosi e sul travestimento. A tal proposito è necessario citare le composizioni pittoriche di Susan Mains ispirate al rituale dello Shakespeare Mas dove i soggetti sono le maschere del Carnevale a Carriacou. Tale produzione è testimonianza di un’espressione culturale unica derivata dalla colonizzazione dell’isola da parte dei francesi e dall’imposizione del cattolicesimo su gran parte della popolazione ridotta in schiavitù in base al Codice Nero del 1685. E ancora tralasciando citazioni storiche, emblematiche saranno le narrazioni estetiche di Cristina Corvino, Alfonso Mangone, Armando Velardo, Giancarlo Flati che, seppur con materiali e stili eterogenei, indagheranno sul concetto di trasformazione e nuovi linguaggi al fine di comprendere l’umano nella sua interezza.
Secondo aspetto della mostra sarà la riflessione sull’identità culturale e sullo specifico patrimonio mnemonico di ogni Stato, popolo o tribù. A tal proposito Oliver Benoit decostruirà il rituale dello Shakespeare Mas per svelarne i significati nascosti sfuggiti nel corso degli anni, che verranno da lui proposti in composizioni acriliche; Ian Friday e Samuel Ogilvie attraverso una video performance coniugheranno l’energia ritualistica dello Shakespeare Mas a elementi attuali, dando origine a un linguaggio comune che nasce dal cambiamento dei tempi. John Angus Martin invece porterà avanti il suo studio - basato su un progetto multidisciplinare che vede coinvolti Paesi e professionisti di origini diverse – basato sugli impatti dell’invasione europea delle Americhe dopo il 1492, in particolare verso le popolazioni indigene e le terre caraibiche. Infine Ezio Balliano, Franca D’Alfonso, Elia Inderle con un medium pittorico soffice e poetico guarderanno a un mondo passato di reminiscenze con uno spirito desideroso di riscrivere la storia, attraverso un pensiero che travalichi ogni limite o contingenza per farsi universale.
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